domenica 19 dicembre 2010

Lega, sicurezza: finiscono i soldi, scompare il problema.



Nel bilancio della regione Veneto la sicurezza scompare dai capitoli di spesa. Emergenza finita? Per i politici sì, ma in realtà sono i soldi ad essere finiti

Nella patria dei sindaci sceriffi, delle ronde, delle campagne elettorali passate più a parlare di immigrati che di politica, la sicurezza non è più un problema. Almeno, non lo è per la Lega. Siamo in Veneto e, dopo l’approvazione di un bilancio “lacrime e sangue”, come l’ha definito il governatore (leghista) Luca Zaia, che assegna zero euro al tema della sicurezza, a dare l’annuncio di un problema che non esiste più è il capo del partito, la Liga Veneta, Gian Paolo Gobbo, ascoltato come un vate in Nordest e secondo per preferenze (quando c’erano) solo aUmberto Bossi.

“Soldi non ce ne sono”, ha detto Gobbo. “La madre di tutto è il federalismo e tutto il resto va da sé, per cui si cerca di fare il meglio con quello che si ha. Non so se verranno tempi migliori, ma oggi come oggi la situazione è questa. Per cui quello che si può fare, si fa. Per il resto invece, se non ce n’è, non ce n’è. Sociale e sanità sono stati salvaguardati e credo che già questo sia molto importante. Dopodiché evidentemente la sicurezza non è più un’emergenza in Veneto”.

Un cambio storico per la Lega. Difficile, nella prossima campagna elettorale, continuare a stuzzicare gli umori col problema della sicurezza, con questi immigrati che rubano e sono un peso per la società. E singolare è che a dirlo sia proprio Gobbo che, per colpa dei “ladri” venuti da lontano ha sulle spalle un’imputazione per banda armata. Ma Gobo non è il solo. Gobbo, a gennaio è stato rinviato a giudizio insieme a 36 militanti e esponenti della Lega Nord nell’inchiesta della procura della Repubblica di Verona riguardo le Camicie Verdi e la Guardia Nazionale Padana. L’inchiesta è stata avviata per indagare su fatti risalenti al periodo 1996/97, secondo l’accusa quella delle Camicie Verdi sarebbe stata un’associazione a carattere militare e quella cosa chiamata Guardia nazionale padana sarebbe stata istituita con il solo scopo di organizzare la secessione del Nord dal resto d’Italia”. Ma i 36 della Lega probabilmente non verranno mai condannati, visto che dallo scorso 9 ottobre il reato di banda armata è stato depenalizzato. Se Gobbo lascia un piccolo margine d’interpretazione alle sue parole (“evidentemente non è più un problema”) è molto più esplicito Gianpaolo Vallardi, il leghista che i pattugliamenti dei cittadini se li è praticamente inventati: “La sicurezza per noi sarà sempre uno dei temi principali. Ma dopo due anni di governo Berlusconi possiamo dire che il Veneto adesso vive una situazione felice”.

Tutti parlano, nessuno presenta dati credibili. Ma è politica, of course. Sicuramente la Lega, “il partito della gente”, non ha fatto i conti con quello che ha detto l’Istat dieci giorni fa durante la presentazione del rapporto su “Reati, vittime e percezione della sicurezza”, secondo cui è diminuito negli ultimi anni il numero di italiani che si sentono “molto sicuri”, e le zone di maggiore criticità risultano Campania, Lazio e Puglia al sud e, appunto, il Veneto per le regioni del nord. “Nel territorio”, spiega l’Istat, “emergono alcuni luoghi di maggiore criticità: la Campania, il Lazio e la Puglia si posizionano sempre nei livelli più alti della graduatoria sia rispetto ai reati subiti, che al timore di subirli nonché in relazione alla percezione di insicurezza e al degrado della zona.

Tra le regioni del nord invece è il Veneto a mostrare i “livelli più elevati di paura tra i cittadini“. I reati per cui è cresciuta la preoccupazione sono rapine e aggressioni, scippi e borseggi, e soprattutto le violenze sessuali, di cui ha paura più del 50% delle donne. E’ cresciuta l’influenza della criminalità sulle abitudini di vita, salita dal 46,3% al 48,5%. Tra i cambiamenti di questi anni, il miglioramento del giudizio sul lavoro delle forze dell’ordine, apprezzate in egual misura da nord a sud. Di conseguenza, se ne deduce, che non siano le ronde a risolvere i problemi né Berlusconi con la bacchetta magica, ma forze qualche merito ce l’hanno le forze dell’ordine, nonostante anche loro siano alla canna del gas e in aperta contestazione di questo governo. E comunque la percezione della sicurezza in Veneto è un problema che rimane serio.

D’altronde Zaia è stato chiaro fin dall’inizio nel presentare il bilancio ai suoi alleati: “Soldi non ce ne sono, riduciamo tutto, ma la sanità non si tocca. La Sicurezza, che ha anche un assessorato, avrebbe dovuto prendere qualche fondo in meno, ma alla fine, con una coperta corta, è finita a zero euro. E come per magia si è risolto il problema.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12/19/la-lega-e-il-problema-sicurezza-irrisolto/82782/


La Lega pronta a staccare la spina.


Approvato l'ultimo decreto legislativo alla legge delega il Carroccio invoca le urne: ci sono timori per il passaggio in commissione bicamerale dove la maggioranza non c'è più. Meglio le elezioni per tornare al governo in tempo per il via libero definitivo

“Abbiamo perso tempo, sono tre mesi che dico di andare al voto”. A meno di 24 ore dall’approvazione da parte del Consiglio dei ministri dell’ultimo dei decreti legislativi per il federalismo, la Lega torna a invocare con forza le elezioni anticipate. Umberto Bossi si rimangia anche l’apertura all’ingresso dell’Udc nell’attuale maggioranza, passando dal “nessun veto da parte nostra” di martedì al “non si fa entrare chi ti vuole morto” di oggi. E boccia anche l’ipotesi dell’arrivo dei deputati di salvataggio dei finiani delusi che corrono in soccorso del governo. “Non vedo nuove alleanze che si stanno costruendo”, dice il Senatur. “C’è il rischio di instabilità più che di una stabilità”. La soluzione è il voto anticipato.

La Lega ha atteso fin troppo. E’ da giugno che invoca le elezioni. Ha aspettato la fiducia ai cinque punti programmatici di fine settembre prima e quella al governo, il 14 dicembre. Prove superate, ma con margini sempre minori. Ora, incassato il sì definitivo all’ultimo degli otto decreti, vede la strada spianata al federalismo. Rimane l’ultimo passaggio: i pareri delle commissioni, in particolare la commissione bicamerale presieduta da Enrico La Loggia che deve esprimersi sul federalismo fiscale. Commissione in cui la maggioranza è scesa a 14 componenti contro i 16 dell’opposizione. Equilibrio che è cambiato dopo la nascita di Fli in cui è confluito Mario Baldassarri, componente della commissione. E Baldassarri ha già più volte espresso le sue perplessità. “Voglio che le cose siano fatte per bene e su questo decreto qualcosa non mi torna”, ha ripetuto anche ieri dopo il consiglio dei ministri.

I pareri non sono vincolanti ma, da procedura parlamentare, nel caso in cui il rilievo fosse negativo l’esecutivo dovrebbe adeguarsi. Il governo può anche non tenerne conto ma deve presentarsi in parlamento per giustificare la decisione di non allinearsi con le indicazioni della commissione. In entrambi i casi ci sarebbe un aggravamento di tempo. E di tempo non ce n’è, visto che la legge delega per il federalismo scade il 31 maggio 2011. Termine che può essere prorogato, ma per farlo serve una legge parlamentare. Strada difficile da percorrere oggi, con una maggioranza di appena tre deputati a Montecitorio.

“Il problema è a livello politico, il consiglio dei ministri ha approvato tutti gli otto decreti in via definitiva ora ci sono i pareri parlamentari ed è un passaggio molto delicato”. A spiegarlo è Luca Antonini, ordinario di diritto costituzionale all’università di Padova, presidente della commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale e super esperto della legge. Antonini è stato il braccio destro di Roberto Calderoli nella stesura del testo. In casa Lega è considerato il professore della materia, dopo il ministro delle riforme ovviamente. “Il problema è tutto politico, se cadesse il governo l’esame può andare avanti anche a Camere sciolte ma i rischi sono alti. Fino a ora abbiamo fatto un lavoro enorme, raccogliendo solo pareri positivi ma con questi equilibri instabili è difficile prevedere cosa accadrà”. Quindi “anche se sarebbe meglio portare a casa tutto subito – aggiunge Antonini – per valutazioni politiche” i leader del Carroccio spingono per il voto. Per tornare al governo con una maggioranza più ampia dell’attuale.

Bossi è convinto di stravincere, lo ripete da giugno e sa che il Carroccio farebbe un notevole balzo in avanti. Non solo al nord, tanto che in estate ha lanciato l’avanzata nelle regioni del centro. Con le elezioni in primavera il nuovo governo può insediarsi prima del 31 maggio 2011, in tempo per approvare senza nessun problema la proroga della legge delega. Queste le “valutazioni politiche” di via Bellerio. Così i tre ministri leghisti oggi hanno invocato le urne. In un crescendo di dichiarazioni aperto da Calderoli, in mattinata. “Se dovessero arrivare altre adesioni” al governo “saranno benvenute, altrimenti c’è solo il voto”. Poi è stata la volta del titolare dell’Interno,Roberto Maroni, più stringente. “In assenza di una maggioranza forte è meglio andare al voto”. Infine la sintesi di Bossi: “Sono tre mesi che dico che l’unica igiene è andare al voto”. E la crisi economica, sbandierata dal premier come spauracchio contro chi vuole le elezioni anticipate, per Bossi “è soltanto un alibi”. Del resto il federalismo ormai, scriveva stamani La Padania, “è cosa fatta”. Per Calderoli è “il più bel regalo di natale che si potesse fare al paese”. Ora dunque si può pensare alla elezioni, così da festeggiarle a pasqua.




sabato 18 dicembre 2010

Quando mancano le parole. - di Marco Travaglio.




Molti sono rimasti colpiti da quel che è accaduto ad Annozero, al netto delle scalmane del cosiddetto ministro Ignazio La Rissa. Colpiti dal reportage di Ruotolo sugli scontri del 14 dicembre, dove migliaia di studenti solidarizzavano con i pochi violenti. Colpiti dall’atteggiamento dei politici, che pretendevano dagli studenti un’abiura della violenza come precondizione per discutere con loro. Colpiti dall’atteggiamento degli studenti, che non prendevano affatto le distanze, anzi rilanciavano:“Sono due anni che protestiamo pacificamente contro la legge e i tagli della Gelmini e il sottostante progetto di precarizzazione sociale, ma nessuno ci ha ascoltati, nessuno ha parlato con noi. Vi accorgete di noi solo ora che abbiamo abbandonato le buone maniere” .

In una situazione così bloccata, di incomunicabilità totale, cercavo le parole per dire qualcosa, e non mi venivano. Le ha trovate Santoro: “Se chiediamo agli studenti una risposta sulla violenza, dobbiamo prepararci ad accettare qualsiasi risposta, anche quelle che non ci piacciono e non condividiamo”. Altrimenti, se non c’è un luogo in cui si possano esprimere anche le idee più estreme e meno condivisibili, chi le ha in gola si rassegnerà all’idea malsana di incappucciarsi e unirsi, la prossima volta, ai violenti che finora si è limitato ad applaudire o a non condannare.

Certo, sarebbe stato più consolatorio per tutti se i tre studenti ospiti di Annozero avessero accreditato la tesi delle poche mele marce, delle minoranze facinorose infiltrate (magari dai servizi deviati) fra 100mila pacifici manifestanti, pescando fra i luoghi comuni che ricorrono in questi casi: “Pochi imbecilli e delinquenti non devono infangare il buon nome degli studenti”. Non l’hanno detto. Perché non lo pensano e perché non è così. Anzi, han fatto notare che le violenze di martedì non hanno affatto alienato simpatie e consensi al “movimento”, anzi ne hanno ingrossato vieppiù le file: “All’assemblea di martedì sera alla Sapienza c’era molta più gente delle altre volte”. Anche questo è un fatto e chi fa informazione deve anzitutto raccontarlo per quello che è, prima di commentarlo.

In questa constatazione, La Russa ha visto addirittura un’apologia di reato e un insulto alle forze dell’ordine e ha chiesto di togliere il microfono agli studenti. Mirabile sintesi dell’atteggiamento del governo. Che non giustifica la violenza, ma aiuta a spiegarla. C’è un luogo in cui questi giovani, che un po’ pomposamente si definiscono “un’intera generazione”, possono parlare e trovare qualcuno che li ascolti? No, non c’è. Raggiungerli sui tetti in extremis per raccattare qualche voto è solo un’offesa, l’ultima. Lanciare appelli paternalistici a “isolare i pochi imbecilli che rovinano la protesta pacifica”, con un linguaggio da colonnelli in pensione, non funziona, non attacca. Ammonire contro il ritorno degli anni di piombo, peggio che mai.

Questi ragazzi rivendicano una specificità e una novità che in parte sono infondate (“diversamente dagli anni ‘70, a noi non ci rappresenta nessuno”: ma anche trent’anni fa era così, anche se un ministro dell’Interno che chiede la galera per i giovani accusati di resistenza a pubblico ufficiale avendo una condanna definitiva per resistenza a pubblico ufficiale, è una novità assoluta). Ma in parte sono reali: è vero che “questa generazione è senza speranze” dunque non ha nulla da perdere, condannata in partenza a scegliere fra precariato selvaggio e disoccupazione, fra disagio alienante ed espatrio, fra rabbia interiore e violenza esteriore.

Fermo restando che è sempre giusto farlo, condannare la violenza non basta più. Occorrono parole nuove e luoghi non comuni per comunicare, al di là della retorica e delle frasi fatte. Da oggi, con l’intervista a Barbara Spinelli e il forum aperto sul nostro sito, proviamo umilmente a cercarli insieme.


La grande arte di farsi male da soli del Pd. - di Luca Telese




Contrordine compagni. Addio alle primarie e addio anche al “Nuovo Ulivo”, o come cavolo si chiamava: Pierluigi Bersani ha cambiato di nuovo idea.

Ma perchè Bersani e gli altri dirigenti del Pd sono così cattivi con i loro elettori? A furia di dire una cosa (possibilmente in modo fumoso), e poi fare esattamente il contrario, infatti, hanno portato il partito al 23% nei sondaggi. Esempi di scuola? La coalizione e il candidato premier. Il governo Berlusconi è in agonia, ma i leader del Pd decidono che non vogliono costituire una nuova alleanza (e infatti ad oggi non c’è). Perché? Evidentemente per tenersi le mani libere, in attesa di un grande accordo di Palazzo (che però non arriva). Alla fine dell’estate, Bersani fa una intervistona aLa Repubblica per dire che occorrono “un nuovo Ulivo e una Alleanza Democratica”. Sono così urgenti che non convocano nemmeno uno straccio di vertice. Poi Enrico Letta prospetta un accordo con i centristi che tagli fuori Idv e Sel. Poi Bersani corregge e dice che vuole che si alleino “Tutti quelli che sono contro Berlusconi” (da Casini a Ferrero?). Poi Franceschini dice che ci vuole dentro anche Futuro e libertà. Poi è Fini che dice che non entra nemmeno morto.

Con le primarie è peggio. Il Pd è l’unico partito che le ha addirittura nello Statuto: un ottimo motivo per non farle. Quando ad agosto Nichi Vendola si candida, il solito Bersani commenta: “Sono premature”. Poi cambiato idea, di nuovo. A ottobre dice, sorridente e sicuro, dopo un lungo pranzo con Vendola: “Le faremo!” (Wow!). Poi ieri cambia ancora idea. E consegna a Goffredo De Marchis un tortuoso giro di parole: “Rinunciare alle primarie? In nome di una strategia che chiede a ogni forza politica di non peccare di egoismo e di dare qualcosa, siamo pronti a mettere in discussione anche i nostri strumenti”. Forse occorre tradurre, come nel vecchio Parla come mangidi Cuore: i leader del Pd non fanno le primarie perchè pensano di non arrivare primi e non costruiscono la coalizione di centrosinistra perché convinti di perdere (peccato che allearsi con i centristi farebbe perdere voti anche a loro). Ma se uno è così certo della sconfitta come mai può vincere? L’unica verità è nel teorema-Nanni Moretti: “Con questi dirigenti non vinceremo mai”.




Scandalo al gelo. Italia ancora in tilt per una nevicata.




Decine di automobilisti sono rimasti bloccati al freddo sulla A1 per tutta la notte. "Scene apocalittiche, famiglie senza generi di conforto" racconta un testimone. La Protezione civile: "I nostri allarmi inascoltati". L'Enac convoca Alitalia.


Italia al gelo, mai vista così tanta neve: FOTO
L'Italia e l'Europa sotto la neve: FOTO
Da Ostia al Colosseo: Roma è sotto la neve
Neve e gelo: anche l'Europa è bloccata

Ci sono le immagini dell'autostrada bloccata e ci sono le testimonianze, come quella del giornalista di Sky(guarda il video nel player in fondo all'articolo). Ma a rendere più chiara l'immagine della Toscana messa in ginocchio dalla neve adesso arrivano anche i numeri: 2721 telefonate al 118 dalle 13 di venerdì alle 8 di oggi, 18 dicembre. Quasi tremila richieste di intervento arrivate a Firenze da chi è rimasto vittima dei disagi causati dal maltempo.
Il sito di Autostrade per l'Italia segnala che è stato riaperto il tratto dell'autosole chiuso tra il bivio dell'A1 con l'A11 e Valdichiana. Ma non basta ancora per smaltire le lunghe code, soprattutto fuori dai caselli. Sembra invece essere tornata alla normalità la situazione dei treni dopo la riapertura del traffico ferroviario della stazione Santa Maria Novella. Ma il blocco alla circolazione di venerdì 17 non placa la rabbia dei cittadini rimasti bloccati e delle autorità. E' sul piede di guerra Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, che in un'intervista a SkyTG24 annuncia: "Porterò tutti in Tribunale". Sotto accusa ci sono la società autostrade, le ferrovie di Mauro Moretti e il ministero dei Trasporti.
Polemico anche il capo della Protezione civile Franco Gabrielli che ai microfoni di Sky dichiara: "I nostri allarmi sono rimasti inascoltati". Il numero uno della Protezione Civile punta il dito contro "un' utenza che non si preoccupa di essere preventivamente informata sulle condizioni delle strade, entra in autostrada senza avere le catene a bordo e che tuttavia in una sorta di riffa accetta il rischio di poter continuare".

La situazione è critica anche a Roma dove la nevicata ha paralizzato il traffico automobilistico. A sollevare critiche sulla gestione della emergenza sono in questo caso le associazioni dei consumatori. Il Codacons "annuncia l'avvio di una class action in favore degli automobilisti e dei passeggeri dei treni rimasti coinvolti nei disagi legati alla neve". "Quanto accaduto "è vergognoso per un paese civile", commenta il presidente Codacons, Carlo Rienzi, invitando "tutti gli automobilisti e i passeggeri delle ferrovie che nella giornata di ieri hanno subito ritardi, disagi, stress o altri danni" ad "aderire alla class action contro Trenitalia e contro i gestori delle strade coinvolte".

Anche le associazioni dei consumatori Adusbef e Federconsumatori, che "ritengono scandaloso quanto accaduto ieri ed in queste ore a causa di una lieve ed annunciata nevicata", pensano ad una "eventuale class action". Chiedono "le immediate dimissioni" del presidente dell'Anas Pietro Ciucci", alle autostrade che non venga chiesto il pagamento del pedaggio agli automobilisti che hanno subito disagi, ed un risarcimento per i passeggeri dei treni "con un bonus forfettario di almeno 4 volte il costo del biglietto, salvo danni piu' gravi". Offrono inoltre "assistenza legale ai cittadini che hanno subito danni e disagi.
L'Italia non è l'unico Paese a subire le conseguenze del maltempo. Le nevicate hanno creato più di una difficoltà anche in altri paesi europei, dalla Francia alla Gran Bretagna.

"Mai visto nulla del genere" - Tra i passeggeri rimasti bloccati al gelo sull'autostrada dalle 15 di venerdì anche un neonato di appena un mese. Lo ha riferito un automobilista coinvolto nell'ingorgo, confermando l'estrema difficoltà, anche per la protezione civile, di insinuarsi nel serpentone di macchine. Molti anche i camion e le autovetture abbandonati lungo la strada da chi ha preferito raggiungere a piedi l'abitato più vicino.
"Non ho mai visto nulla del genere", ha detto l' automobilista, raccontando di aver visto passare un dipendente della società di gestione dell'Autostrada con dell'acqua e zucchero per il neonato.
Gli uomini della protezione civile in alcuni casi hanno raggiunto a piedi, per quanto possibile, gli automobilisti vicini ai caselli, data l'impossibilità di raggiungerli coi mezzi di soccorso. E in mattinata si registrava ancora una lunga coda di auto, tra il Valdarno aretino e Firenze sud, con migliaia di vetture coinvolte.

I treni - Sul fronte del trasporto ferroviario, le Fs fanno sapere che la situazione si sta normalizzando. I tecnici, spiega una nota, hanno lavorato tutta la notte per riportare la situazione alla normalità, in particolare sulla dorsale tirrenica in prossimità di Livorno dove il gelo ha determinato la formazione sulla linea elettrica di spessi strati di ghiaccio condizionando la circolazione. Venerdì il presidente della Toscana, Enrico Rossi, ha annunciato una class action contro le Fs. Resta ancora chiusa intanto la stazione di Santa Maria Novella a Firenze.

I voli - Per quanto riguarda il trasporto aereo, invece, l'Enac ha convocato Alitalia e Aeroporti di Roma dopo i disservizi di venerdì negli scali nazionali a causa delle condizioni meteo. Secondo l'Ente responsabile per l'aviazione civile, vi sarebbe stata una "mancata informazione ai passeggeri in merito ad alcuni voli". L'Enac - si legge in una nota - pur consapevole delle difficoltà generate dall'intensa ondata di maltempo, ha convocato Adr, società di gestione degli aeroporti romani, e Alitalia al fine di verificare l'efficienza dei piani di emergenza e soprattutto le modalità di informazione ai passeggeri".



Scontri a Roma, 15enne colpito al volto con un casco. La polizia sulle tracce dell’aggressore.



Chi lo ha colpito faceva parte di un gruppo di tre ragazzi stranamente a difesa di un blindato dei carabinieri. Uno di loro, dopo il colpo a Cristiano, si esibisce in un saluto fascista. Nei giorni precedenti, alcune informative delle Digos parlavano di gruppi di infiltrati dell'estrema destra legati alle curve.


Le telecamere di Youreporter, martedì scorso, lo hanno ripreso in faccia durante gli scontri di Roma. Ma ancora nessuno conosce l’identità dell’aggressore che ha colpito con un casco e in pieno volto un giovane di quindici anni. La vittima si chiama Cristiano. Da quattro giorni è ricoverato all’ospedale San Giovanni della Capitale con un grave bollettino medico: frattura del setto nasale, della mandibola oltre a un grave trauma cranico con ematoma all’interno del cervello.

Eppure, proprio grazie al video pubblicato su Internet è possibile ricostruire la dinamica dei fatti. Sono le 12.30 del 14 dicembre e il corteo sta sfilando per le vie della città. Si vedono chiaramente tre ragazzi che cercano di fermare l’assalto dei manifestanti a un blindato dei carabinieri posizionato fra via delle Botteghe Oscure e piazza Venezia. Quando Cristiano appare nell’inquadratura lo si vede raccogliere da terra un oggetto e lanciarlo verso il cordone di polizia. Passano pochi secondi e, dopo un breve conciliabolo, uno dei tre ragazzi a guardia dei blindati dei militari, si stacca dal gruppo e parte all’assalto dello studente colpendolo in pieno volto con un casco integrale. La vittima sviene e cade a terra. L’aggressore si allontana uscendo dall’inquadratura e un altro dei tre si avvicina a Cristiano. In un primo momento pare voglia soccorrerlo. Non sarà così. Perché, una volta a ridosso del giovane si copre il volto con una sciarpa e alza il braccio, in un modo che a molti è sembrato simile a un saluto romano. Quindi si allontana. La vittima resta a terra con il naso fratturato e un trauma cranico con conseguente ematoma all’interno del cervello.

Raggiunto ieri in ospedale da ilfattoquotidiano.it, il ragazzo ha spiegato che cosa abbia tirato alle forze dell’ordine: una mela, perché assieme ai suoi compagni di scuola aveva deciso di mandare un segnale ironico a un “governo oramai alla frutta”.

Come spiegano i genitori, Cristiano dell’aggressione e soprattutto degli aggressori non ricorda quasi niente: solo di essere caduto a terra, di esser stato soccorso da alcuni studenti di medicina che erano vicino a lui e quindi trasportato in ambulanza verso l’ospedale più vicino. Dentro l’ambulanza, assieme al giovane, c’era un altro ferito: uno studente di Pisa colpito da un candelotto di gas lacrimogeno in un occhio.

Alcuni manifestanti che hanno visto la scena riferiscono che gli amici dell’aggressore, una volta che Cristiano è a terra con il volto tumefatto e ricoperto di sangue, cominciano a urlargli contro “frasi fasciste”.

Al momento i tre non sono stati ancora identificati ma, con il passare del tempo, un fotografo contatta la famiglia e invia una foto del presunto aggressore. Ora i genitori hanno qualche speranza in più di risalire all’identità di chi ha sfigurato il loro figlio.

Ma gli interrogativi rimangono. Dai filmati si vede chiaramente il volto di tutti e tre i ragazzi. Eppure se non fosse stato per la tenacia dei genitori nel cercare la persona che ha colpito il loro ragazzo, questa storia forse non sarebbe stata mai raccontata. E poi la difesa del blindato dagli altri manifestanti, l’aggressione e, infine, il presunto saluto romano. In alcune informative di polizia è emerso che a partecipare ai disordini di martedì scorso c’erano anche esponenti delle tifoserie ultras

di Valeria Brigida (articolo aggiornato il 18 dicembre alle ore 16.15)

Dai mitra ai 10 milioni in piazza, Bossi e venti anni di “sparate”



Umberto Bossi che si dice pronto a portare dieci milioni di persone in piazza e risponde con una pernacchia all’ipotesi che il presidente della Camera Fini non si dimetta, sono solo le ultime di una lunga serie di “sparate”, dal 1993 a oggi. Ecco un piccolo estratto dal vasto repertorio.

23 settembre 1993 – “Quando avremo perso tutto, quando ci avranno messo con le spalle al muro, resta il fatto che le pallottole costano 300 lire”.

29 agosto 1994 – “Se non avessimo impedito la rivolta si sarebbe incendiato tutto il Nord. E se in Sardegna, un’area isolata, qualche mitra lo puoi trovare, in Lombardia trovi tutto, dai cannoni agli aeroplani, tutto quello che vuoi. Se esplodeva la rivolta nella bergamasca, spazzava via la Lombardia che al quinto giorno si sarebbe sollevata in armi contro il regime”.

9 agosto 1996 - “I ripetitori sono i nuovi carri armati del colonialismo romano, per quelli veri basterebbero le armi anticarro e con 100 mila lire gliene buchi uno, ma contro quelli non basta non pagare il canone, vanno buttati giù, perché non devono più trasmettere a spese nostre”.

26 ottobre 1996 – “Il processo storico va avanti verso il cambiamento con o senza violenza, io spero senza violenza inutile. Prima della fine del ’97 l’Italia come la conosciamo non ci sarà più, ci sarà la Padania”.

12 aprile 1997 – “Se il governo padano ci dovesse ordinare che è giunto il momento di prendere tutto (dico per esempio), non attenderemmo un momento a obbedire. E se qualche magistrato osasse toccarlo, la reazione della Padania sarebbe immediata. Sarebbe un attacco etnico, razzista e coloniale contro ognuno di noi, sarebbe l’insurrezione popolare”.

18 aprile 1998 – “Amici magistrati, il rischio è che ci sia una Pasquetta, ma più che una Pasquetta come quella del 1916 in Irlanda: non verrebbero 1.500 uomini a imbracciare il fucile; saranno 150.000 e il giorno dopo un milione e poi… verrà la libertà della Padania. Non obbligate il popolo in un vicolo chiuso, perché è molto più forte di voi”.

25 settembre 2003 – “La gente che votava democristiani, socialisti e comunisti, e che va avanti a votarli invece di spazzarli via a calci in culo, questi partiti che fecero fallire il Paese, merita anche quello per cui ha agito, per cui ha votato. Questa era gente da tirar giu’, da portare in piazza e fucilare, perché quando uno fa fallire un paese lo si fucila”.

26 agosto 2007 – ”Non abbiamo mai tirato fuori fucili, ma c’è sempre una prima volta”.

29 settembre 2007 - “Da qui possono partire ordini di attacco dal Nord. Io sono certo di avere dieci milioni di lombardi e veneti pronti a lottare per la libertà”.

23 gennaio 2008 – ”Se non si va al voto facciamo la rivoluzione, vuol dire che mettiamo in piedi la polizia del Veneto, della Lombardia, del Piemonte. Certo ci mancano un po’ di armi, ma prima o poi quelle le troviamo”.

26 gennaio 2008 – “Il coccodrillo è l’animale più pericoloso ma è il più paziente, il più tranquillo sino a che non viene stuzzicato. Noi siamo come il coccodrillo, calmi sino a quando arriva il momento giusto”.

30 gennaio 2008 – “Meno male che Napolitano ha dato solo un mandato esplorativo… perché qui stanno comunque cercando di far passare il tempo e adesso e’ il momento di dire basta ai giochi di prestigio”.

27 marzo 2008 - “La legge sul federalismo fiscale dovrà essere per il prossimo governo una priorità assoluta altrimenti il paese rischia di saltare”.

4 aprile 2008 – “Vogliamo il federalismo fiscale con le buone finché c’è tempo, fino a che non ci incazziamo davvero”.

6 aprile 2008 – “Se necessario, per fermare i romani che hanno stampato queste schede elettorali che sono una vera porcata e non permettono di votare in semplicita’ e chiarezza, potremmo anche imbracciare i fucili”.

29 aprile 2008 – ”Non so cosa vuole la sinistra, noi siamo pronti, se vogliono fare gli scontri io ho 300 mila uomini sempre a disposizione, se vogliono accomodarsi…”.

20 luglio 2008 – “Non dobbiamo piu’ essere schiavi di Roma. Dobbiamo lottare contro la canaglia centralista. Ci sono 15 milioni di uomini disposti a battersi per la loro libertà”.

18 agosto 2008 – “Speriamo che questa volta sia la volta buona altrimenti dovremo pensare ad altre soluzioni, molto piu’ sbrigative. La volonta’ popolare di conquistare la liberta’ puo’ avvenire anche attraverso i mezzi che sa usare il popolo”.

14 giugno 2009 – “Finché c’è la Lega la democrazia non corre rischi. La Lega è una forza radicata sul territorio, la Lega è democrazia, la Lega vigila e finché ci siamo noi la democrazia non corre rischi”.

7 ottobre 2009 – “Se il Lodo sarà bocciato? No, non credo. Ma non ho segnali. Io sono per la saggezza: chi è che vuole sfidare l’ira dei popoli?”.

22 giugno 2010 – ”Ci sono grosso modo 10 milioni di persone disposte a battersi per la Padania, vuol dire che la Padania esiste. Non c’e’ uno Stato padano, ma la Padaniaesiste”.

31 luglio 2010 – “La Lega fortunatamente ha qualcosa come 20 milioni di uomini pronti a battersi fino alla fine. Se non c’è democrazia nel Paese, la portiamo noi”.

19 agosto 2010 – “Ora dobbiamo portare a casa tutto il possibile democraticamente. Per i fucili c’e’ tempo, abbiamo comunque milioni di uomini che vogliono liberarsi e che vogliono il cambiamento per loro e per i loro figli”.