Le vignette di Giannelli su Corriere della sera.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 24 maggio 2011
lunedì 23 maggio 2011
Se il Paese deraglia.
Mentre la destra di governo, a Milano, scopre l’esistenza del Mullah Pisapiah diretta emanazione, secondo Bossi, di Al Qaeda (praticamente l’erede meneghino di Bin Laden, meno male che dovevano abbassare i toni e limitare almeno il ridicolo) l’Italia disinteressata all’indiscutibile e concreto pericolo che drogati e musulmani occupino palazzo Marino - gay mancini e ladri d’auto albini nelle retrovie, anziani terroristi a far da palo - l’Italia vera, dicevo, arranca nel disastro economico con un piede nella povertà e l’altro nella trincea della sopravvivenza.
L’Italia che non ne può più nemmeno dei pistolotti in tv, che tanto poi le multe dell’Agcom alla Rai le paghiamo sempre noi col canone e con le tasse di cui Berlusconi sembra disporre come di un balzello personale, qui le metto, qui le tolgo, se state buoni le cancello e sennò le raddoppio. L’Italia delle donne che mandano avanti la baracca mettendo il vestito da lavoro in ufficio e togliendo i tacchi per le scale di casa, che dentro aspettano i figli e i nonni da accudire senza nemmeno il tempo di dire come va: due miliardi di ore di cura di bambini e anziani, l’Istat lo chiama “aiuto informale”, così, una mano tanto per passare il tempo, lieto volontariato, piacere puro e generoso, niente di che. Figuratevi, anzi: c’è bisogno d’altro? Possiamo forse esservi utili a ripianare le buche nelle strade, sulla via del rientro, o a togliere due sacchi d’immondizia di quelli abbandonati davanti a casa, visto che l’amministrazione pubblica non ce la fa?
In questa Italia, che di tutto avrebbe bisogno tranne che di una classe politica che si balocca con la paura dell’Islam mentre invita minorenni marocchine a casa sua, succedono cose di cui nessuno parla e che fanno paura davvero, invece, perchè parlano di omertà e di omissioni, di potere che difende se stesso, di bugie che lasciano una scia di morte e di dolore. Di solito non sono nella scaletta dei tg, nessuna multa sarà dovuta in questo caso.
Dedichiamo la nostra copertina, oggi, all’inchiesta di Roberto Rossi sulla strage di Viareggio: un treno carico di gas liquido deraglia ed esplode il 29 giugno 2009, 32 morti. Le carte della procura di Lucca e i controlli incrociati ci dicono che il carrello che si è spezzato, quello le cui immagini vedete per la prima volta in prima pagina, era arrugginito. L’esplosione lo ha lanciato lontano dalle fiamme, lo vedete così come era quel giorno, come quando si è rotto: “In gravi condizioni di deterioramento”.
E’ molto improbabile, concludono gli inquirenti, che sia stato revisionato 8 mesi prima dell’incidente, come la ditta austriaca che li produce e che avrebbe dovuto a norma di legge fare i controlli sostiene. Le parti sottoposte a controllo - dopo essere state revisionate - sono sabbiate, riverniciate. Questo con tutta evidenza non lo è. Il carrello si è rotto, il treno ha deragliato, il gas è esploso, 32 persone sono morte. Per sovrapprezzo dai contratti di cui siamo in possesso risulta che il gas trasportato non costituiva per le Ferrovie un affare vantaggioso: anzi, era un business in perdita. Costava più di quanto rendeva. Il gas così generosamente fatto recapitare a domicilio era destinato alla Aversana Petroli di Casal di Principe, società della famiglia Cosentino. Quel Cosentino, quella famiglia. Ma parliamo ancora del Mullah Pisapiah e del pericolo islamico, conviene.
Berlusconi 'delocalizza' i ministeri, ma dimentica i call center.
Il sogno di un contratto a tempo indeterminato che si realizza, ma ora lo spettro del ritorno al precariato a 3 euro l’ora. E’ quello che stanno vivendo centinaia di dipendenti diTeleperformance, il colosso francese specializzato nei call center per aziende come:Vodafone, Alitalia, Eni, Enel, Sky e Mediaset. L’azienda, infatti, ha annunciato un piano di ristrutturazione che prevede oltre 700 esuberi solo tra Taranto e provincia, ma che si raddoppiano con quelli previsti per Roma. Molti servizi verranno delocalizzati in Albania.Teleperformance per legge si è dovuta adeguare alla direttiva del 2006 dell’ex ministro del Lavoro di centrosinistra, Cesare Damiano, e ha trasformato i rapporti di lavoro a tempo determinato in contratti stabili. Ora, però, la società dice di essere poco competitiva con quelle aziende che offrono costi stracciati e si ritorna così, grazie anche alle norme varate dal governo, ai contratti a progetto. Tutto a partire dal prossimo primo luglio. “Berlusconi – dichiara l’on. Damiano – vuole ‘delocalizzare’ i ministeri e non si rende conto che è il problema dei precari che per primo deve essere trattato”. Nel tarantino le aziende che si occupano di servizi al call center sono in alcune zone l’unica vera risorsa lavorativa per i giovani in una città, Taranto, che su 500mila abitanti conta circa 70mila disoccupati.
Servizio di David Perluigi, montaggio Paolo Dimalio
FINCANTIERI: UILM, AZIENDA ANNUNCIA 2.551 ESUBERI E CHIUSURA 3 IMPIANTI
(ASCA) - Roma, 23 mag - Fincantieri annuncia un piano di efficientamento e ridimensionamento per tutto il Gruppo dichiarando 2551 eccedenti in tutta l'azienda con la chiusura di tre Stabilimenti: Sestri Ponente, Castellamare di Stabia e Riva Trigoso dove per quest'ultimo e' previsto lo spostamento delle attivita' a Muggiano (la Spezia). Lo rendenoto, in un comunicato, Mario Ghini, segretario Nazionale Uilm e responsabile del Settore della cantieristica spiegando che il piano prevede che, da un'analisi della situazione di mercato per i prossimi 3/4 anni, ci sara' una insaturazione produttiva per circa 4-4,5 milioni di ore annue lavorate e quindi l'Azienda ritiene, per salvaguardare la stabilita' del Gruppo, la necessita' di avviare una fase di ridimensionamento produttivo (riducendo la capacita produttiva di 3 cantieri) e di conseguenza con forti impatti sugli assetti occupazionali, infatti mentre l'annunciata chiusura riguarda circa 1400 lavoratori (lo spostamento di lavoratori da riva Trigoso a Muggiano non viene considerato esubero), il piano prevede anche una riduzione occupazionale nei rimanenti Siti per circa 1150 persone.
''Non possiamo accettare - sottolinea Ghini - un piano in cui la soluzione del rilancio di Fincantieri passi attraverso la riduzione dei Siti del Gruppo e la sua conseguente riduzione occupazionale. Pur riconoscendo la difficile situazione di mercato internazionale che ad oggi e' priva di segnali positivi per il futuro, per la Uilm e' necessario salvaguardare un Gruppo industriale che ha sempre tratto la sua forza dalla sua integrazione produttiva e dall'unicita' dell'Azienda, per questo siamo disponibili ad un percorso che renda Fincantieri piu' competitiva sui mercati, piu' efficiente sul prodotto ma nello stesso tempo dovranno essere salvaguardati gli assetti occupazionali e tutti gli insediamenti industriali del Gruppo''.
E' inoltre necessario per la Uilm, anche alla luce dell'annuncio di oggi da parte di Fincantieri, che ''si riprenda il confronto al Mise perche' anche il Governo deve fare la sua parte per salvaguardare il piu' grande Gruppo navalmeccanico nazionale''.
''Non possiamo accettare - sottolinea Ghini - un piano in cui la soluzione del rilancio di Fincantieri passi attraverso la riduzione dei Siti del Gruppo e la sua conseguente riduzione occupazionale. Pur riconoscendo la difficile situazione di mercato internazionale che ad oggi e' priva di segnali positivi per il futuro, per la Uilm e' necessario salvaguardare un Gruppo industriale che ha sempre tratto la sua forza dalla sua integrazione produttiva e dall'unicita' dell'Azienda, per questo siamo disponibili ad un percorso che renda Fincantieri piu' competitiva sui mercati, piu' efficiente sul prodotto ma nello stesso tempo dovranno essere salvaguardati gli assetti occupazionali e tutti gli insediamenti industriali del Gruppo''.
E' inoltre necessario per la Uilm, anche alla luce dell'annuncio di oggi da parte di Fincantieri, che ''si riprenda il confronto al Mise perche' anche il Governo deve fare la sua parte per salvaguardare il piu' grande Gruppo navalmeccanico nazionale''.
Tracce suo sperma su abiti cameriera.
'Risulta da test del Dna effettuati a New York'. Lo dice un sito francese. In e-mail rivela: 'Sono triste'.
PARIGI - I primi test del Dna effettuati dalla polizia di New York avrebbero individuato tracce di sperma di Dominique Strauss-Kahn sugli abiti della cameriera dell'hotel Sofitel che lo ha denunciato per violenza sessuale. Lo rivela il sito francese Atlantico.fr, citando il rapporto fornito dalle autorità americane a quelle parigine, che "dovrebbe essere reso pubblico nelle prossime ore". I test, precisa il sito, sono stato effettuati sui campioni raccolti dopo la presunta aggressione da parte dell'unità vittime.
IN E-MAIL A FMI RIVELA FRUSTRAZIONE E TRISTEZZA - In una e-mail diretta ai suoi ex collaboratori del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn esprime la sua "profonda tristezza e frustrazione nell'aver dovuto lasciare in queste circostanze". La notizia viene diffusa dalla Cnn. "Respingo nel modo più assoluto le accuse che mi trovo a dover affrontare", scrive DSK, che afferma di essere sicuro che sarà prosciolto dalle accuse, ma spiega che non poteva accettare che il "Fondo monetario Internazionale - e voi cari colleghi - doveste in alcun modo condividere il mio incubo personale. Per questo motivo ho dovuto lasciare".
IN E-MAIL A FMI RIVELA FRUSTRAZIONE E TRISTEZZA - In una e-mail diretta ai suoi ex collaboratori del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn esprime la sua "profonda tristezza e frustrazione nell'aver dovuto lasciare in queste circostanze". La notizia viene diffusa dalla Cnn. "Respingo nel modo più assoluto le accuse che mi trovo a dover affrontare", scrive DSK, che afferma di essere sicuro che sarà prosciolto dalle accuse, ma spiega che non poteva accettare che il "Fondo monetario Internazionale - e voi cari colleghi - doveste in alcun modo condividere il mio incubo personale. Per questo motivo ho dovuto lasciare".
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Pil, Istat: “Italia fanalino di coda dell’Ue” Crescita peggiore di tutti nell’ultimo decennio.
L'istituto ha presentato i suoi dati sulla situazione del paese nel 2010. Un italiano su quattro ha sperimentato il rischio di povertà. In due anni 500 mila giovani hanno perso il lavoro. L’8,7 per cento delle lavoratrici racconta di essere stata allontanata perché incinta e i lavoratori stranieri vengono pagati il 24 per cento in meno degli italiani
“Nel decennio 2001-2010 l’Italia ha realizzato la performance di crescita peggiore tra tutti i paesi dell’Unione europea“. Questo il giudizio dell’Istatsulla situazione economica della penisola, che emerge dai dati contenuti nel rapporto annuale ‘La situazione del paese nel 2010′, presentato oggi alla Camera dei deputati. L’Italia, nella definizione dell’istituto, è il “fanalino di coda nell’Ue per la crescita”, con un tasso medio annuo di appena lo 0,2 per cento contro l’1,3 registrato dall’Ue e l’1,1 dell’Uem. ”La crisi ha portato indietro le lancette della crescita di ben 35 trimestri, quasi dieci anni”, si legge nel documento, e l’attuale “moderata ripresa” ne ha fatti recuperare ancora solo tredici. Anche l’inflazione continua a crescere: nella media dell’anno scorso l’aumento è stato dell’1,5 per cento, sette decimi di punto in più rispetto al 2009. Nell’anno in corso la tendenza sembra restare in rialzo. Per l’Istat, nei primi mesi del 2011, fino ad aprile, il tasso d’inflazione è aumentato al 2,6 per cento. Un terzo della risalita, secondo l’istituto, è dovuto alla sola componente energetica. Unica nota positiva contenuta nel rapporto: “A differenza di molte economie europee”, l’Italia non ha avuto bisogno durante la crisi “di interventi di salvataggio del sistema finanziario”. La situazione economica ha portato un italiano su quattro - il 24,7 per centodella popolazione, più o meno 15 milioni di persone – a “sperimentare il rischio di povertà o di esclusione sociale”. Un valore superiore alla media europea, che è del 23,1 per cento. Così una famiglia italiana su dieci è in arretrato nei pagamenti del mutuo o delle bollette, e quattro su dieci non si possono permettere una settimana di vacanza lontano da casa. Secondo l’Istat, quello concluso con il 2010, per l’Italia è stato un “decennio perduto”.
L’occupazione e istruzione. ”In Italia l’impatto della crisi sull’occupazione è stato pesante”, conferma l’Istat. Nel biennio 2009-2010 il numero di occupati è diminuito di 532 mila unità. Tra questi, 501 mila sono giovani tra i 15 e i 29 anni. C’è chi non lavora, chi non studia né frequenta un corso di formazione: i giovani inattivi in Italia – con un calcolo al 2010 – sono più di due milioni, 134 mila in più rispetto a un anno prima. E insieme ai disoccupati, giovani e adulti, crescono anche gli scoraggiati. Nel 2010 sono stati circa 2 milioni gli italiani che hanno rinunciato a cercare un lavoro: 500mila tra loro sono però in attesa di una risposta di passate ricerche. Anche in questo caso l’Italia registra un primato negativo, con un’incidenza più che doppia del fenomeno “rispetto all’insieme dei Paesi dell’Unione”. La caduta dell’occupazione non è però uguale in tutta la penisola. Nel Mezzogiorno la discesa della manodopera industriale è doppia rispetto al centro-nord e anche l’impego della cassa integrazione è più massiccio. Nel sud, inoltre, si registra il minor numero di rientri sul posto di lavoro: il 33,6 per cento in confronto al 64,2 del nord. Per quanto riguarda ancora i giovani, resta preoccupante il numero di abbandoni scolastici prematuri nel Paese. Nel 2010 il 18,8 per cento dei ragazzi iscritti ha lasciato gli studi senza conseguire un diploma di scuola superiore. Una soglia molto più alta del limite del 10 per centofissato come obiettivo nella Strategia Europa 2020, e comunque più di quattro punti in rialzo rispetto alla media europea.
Le questione femminile. Secondo i dati Istat, il ruolo svolto dalle donne italiane all’interno della famiglia condiziona ancora la possibilità di lavorare. E, soprattutto, di ricoprire incarichi qualificati. Nel 2009 più di un quinto delle donne con meno di 65 anni - che lavorano o hanno lavorato – ha interrotto l’attività per il matrimonio, una gravidanza o altri motivi familiari. Per il 30 per cento si tratta di madri e l’interruzione del lavoro è dovuta nella metà dei casi alla nascita di un nuovo figlio. Nella metà dei casi, secondo l’istituto, non si tratta di scelte volontarie. Circa 800 mila donne - l’8,7 per cento di quelle che lavorano o hanno lavorato – hanno dichiarato di essere state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere, nel corso della loro vita lavorativa, a causa di una gravidanza. L’abbandono femminile del posto di lavoro diminuisce man mano che dalle generazioni più anziane si guarda alle più giovani: un trend dovuto alla diminuzione delle interruzioni per matrimonio. Sottolinea ancora l’Istat, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro italiano, confrontata con il resto dell’Europa, continua a essere “molto più bassa”. Nel 2010 il tasso di occupazione femminile è stato del 46,1 per cento, 12 punti percentuali in meno di quello medio europeo. A incidere negativamente sulla performance italiana è soprattutto il dato relativo al Mezzogiorno: sono circa tre su dieci le donne occupate al sud, contro le quasi sei del nord. Un altro indicatore del “peggioramento della qualità del lavoro femminile – si legge nel rapporto – riguarda poi la crescita delle donne sovraistruite“. Tra le lavoratrici laureate il 40 per cento – contro il 31 per cento degli uomini – svolge un lavoro sottoqualificato.
Il lavoro straniero in Italia. Le buste paga più leggere della penisola toccano ai lavoratori stranieri. A parità di professione, la retribuzione mensile netta dei migranti è stata del 24 per cento in meno rispetto a quella degli italiani: rispettivamente 973 euro contro 1.286. La differenza aumenta ancora di più se si considera la retribuzione delle donne straniere, inferiore del 30 per cento. “Le disuguaglianze – spiega l’istituto – tendono a differenziarsi a livello territoriale passando da circa il 22 per cento nel nord a poco meno del 34 del Mezzogiorno”. In generale, il tasso di occupazione degli stranieri è sceso dal 64,5 per cento del 2009 al 63,1 del 2010, “un calo più che doppio in confronto a quello degli italiani”, riferiscono gli esperti Istat. Allo stesso tempo, il tasso di disoccupazione è passato dall’11,2 all’11,6 per cento: la crescita dell’occupazione straniera ha riguardato però, in più della metà dei casi, le professioni non qualificate. Dal manovale edile all’addetto nelle imprese di pulizie, dal collaboratore domestico al bracciante agricolo, dall’assistente familiare al portantino. Ma, sottolinea l’Istat, “sono 880 mila gli stranieri che hanno un livello d’istruzione e un profilo culturale più elevato rispetto a quello richiesto dal lavoro svolto”. Si tratta del 42,3 per cento degli occupati: una quota più che doppia di quella degli italiani con le stesse caratteristiche.
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