mercoledì 25 maggio 2011

Le mani dei boss sulle sale da gioco. - di Piera Farinella


Blitz della Dia porta in carcere 10 persone, tra cui funzionari dei Monopoli corrotti, secondo l'accusa con vacanze ed escort per accelerare le pratiche per le concessioni di sale giochi.

Cosa nostra corrompeva funzionari dei Monopoli di Stato per ottenere in tempi rapidi concessioni e licenze. Lo ha scoperto la Direzione investigativa Antimafia di Palermo che, con l'accusa di corruzione aggravata ha arrestato 10 persone. In carcere sono finiti l'ex direttore dell'agenzia dei Monopoli siciliani,Nicola Andreozzi, il vicedirettore della sede siciliana, Salvatore Magno, un dipendente, Giovanni Polizzi, e una donna, Maria Franca Simula, impiegata alla direzione Nazionale dei Monopoli e insignita nel 2003 del titolo di Cavaliere della Repubblica.
Secondo gli investigatori per accelerare le pratiche per le concessioni di sale giochi i prestanome dei boss offrivano ad alcuni funzionari vacanze, escort, cene e anche somme di denaro. Uno dei dipendenti arrestati,Polizzi, in meno di un anno avrebbe intascato 40 mila euro. I soldi sarebbero stati accreditati su conti segreti tramite bonifici. La corruzione funzionava anche per conoscere in anticipo i controlli che i Monopoli avevano intenzione di fare.
Tra i corruttori l'imprenditore Michele Spina, titolare della Primal, una società catanese aggiudicataria di 24 sale giochi e 71 punti Snai. Dietro Spina ci sarebbe Sebastiano Scuto, proprietario di una serie di supermercati e condannato per associazione mafiosa. Ai domiciliari, invece, è finito Francesco Casarubea, ex amministratore della sala bingo Las Vegas, a Palermo, confiscata dagli inquirenti in un'indagine sul riciclaggio di denaro da parte della mafia. L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dal pmSergio De Montis.



Istat: in calo vendite al dettaglio Ocse: in Italia ripresa più lenta.


L'Istituto rileva soprattutto la contrazione nel comparto alimentare. L'organismo per la cooperazione economica europea ritocca al ribasso la crescita del Pil per quest'anno e prevede un più lento assorbimento della disoccupazione. Giudizio positivo sull'immigrazione. Conti pubblici: vigilare su rapporto debito/Pil

ROMA - Le vendite al dettaglio a marzo sono calate del 2,0% rispetto allo stesso mese del 2010 e dello 0,2% rispetto a febbraio. Lo rileva l'Istat, aggiungendo che la discesa registrata su base annua è la più marcata dal gennaio del 2010. Sulla contrazione, sia tendenziale che congiunturale, pesa soprattutto la negativa performance del comparto alimentare. Rispetto a febbraio 2011, le vendite di prodotti alimentari diminuiscono dello 0,3% e quelle di non alimentari dello 0,2%; a confronto con marzo 2010 la differenza è ancora più ampia, -2,6% per i primi e -1,6% per i secondi. Sempre su base annua, nella grande distribuzione le vendite segnano variazioni negative sia per il 'food' (-2,9%), dove il ribasso è più accentuato, sia per il 'non food' (-1,2%). Anche per le imprese operanti su piccole superfici, si registra una diminuzione (con un calo dell'1,9% sia per i prodotti alimentari, sia per quelli non alimentari).

Il dato è l'ennesimo segnale di una ripresa economica che in Italia fatica a decollare. Esattamente quanto certifica l'Ocse nel suo Economic Look di primavera, in cui si sottolinea il rafforzamento della "ripresa da quella che è stata la recessione più profonda degli ultimi decenni", con "progressi diseguali" da paese a paese. Al capitolo Italia, l'organismo per la cooperazione economica dell'Ue parla di "lenta ripresa", che "continuerà" nel 2011, ma in cui si registra un leggero ribasso all'1,1% la crescita del Pil di quest'anno, contro il +1,3% stimato in autunno, lasciando invariata a +1,6% la previsione per il 2012.

Impietoso il confronto con la crescita del Pil nell'Eurozona. L'Ocse prevede un Pil in crescita del 2% nel 2011, meglio del +1,7% stimato a novembre, e un altro +2% nel 2012. In evidenza soprattutto la Germania, la cui crescita è stimata del 3,4% nel 2011 e del 2,5% nel 2012, meglio della Francia (+2,2% e +2,1%) e della Gran Bretagna (+1,4% e +1,8%). Per quanto riguarda le maggiori economie mondiali, negli Usa l'Ocse prevede un Pil in frenata nel 2011, a +2,6% contro il +2,9% del 2010, ma meglio del 2,2% previsto a novembre, mentre per il 2012 conferma una crescita del 3,1%. Per il Giappone del dopo terremoto l'Ocse prevede una contrazione del Pil che dal +4% del 2010 passa a -0,9% nel 2011, per poi riprendersi nel 2012 a +2,2%.

Tornando all'Italia, secondo l'Ocse la buona domanda mondiale stimolerà le esportazioni e anche gli investimenti sono destinati ad accelerare. La disoccupazione calerà "solo in parte", attestandosi all'8,4% nel 2011 e all'8,1% nel 2012, meglio delle stime autunnali rispettivamente dell'8,5% e dell'8,3%. "L'iniziale miglioramento della domanda di lavoro - si legge nel rapporto - sarà assorbita da un ridotto utilizzo del lavoro a tempo".

L'Inflazione crescerà dall'1,6% del 2010 al 2,4% del 2011, per calare all'1,7% nel 2012, "non appena diminuirà l'impatto dell'aumento dei prezzi dell'energia e dei beni alimentari". Per il 2011 'l'Ocse prevede un calo dello 0,2% dell'export, inferiore a quello dello 0,4% del 2010 e una ripresa a +0,4% nel 2012. Per quanto riguarda la domanda interna, l'Ocse stima una crescita dello 0,8% quest'anno e dell'1,2% il prossimo. Stabile la spesa per consumi che passerà dall'1% del 2010 a +0,9% nel 2009 e a +1,2% nel 2012. Le giacenze di magazzino sono previste in calo dallo 0,7% del 2010 allo 0,6% nel 2011, mentre resteranno invariate nel 2012.

Positivo il giudizio dell'organismo europeo sugli effetti dell'immigrazione. "L'impatto del basso tasso di produttività - si legge nel rapporto - e il tasso negativo dell'aumento della popolazione sono stati riequilibrati degli alti livelli di immigrazione della gente in età da lavoro. L'immigrazione netta è salita di circa 400 mila unità negli ultimi 3 anni e, in base alle proiezioni a lungo termine di Eurostato, tra il 205-60 gli immigrati cresceranno in media di 230 mila unità l'anno".

Capitolo conti pubblici. L'Ocse promuove la politica di bilancio del governo italiano e lo invita a "implementare effettivamente" le riforme che si è impegnato a realizzare e a esercitare "uno stretto controllo sulla spesa" e a "migliorare ulteriormente la riscossione delle tasse" se vuole raggiungere i target di bilancio per il 2011 e il 2012. Vigilanza, secondo l'Ocse, necessaria a causa dell'elevato rapporto tra debito e Pil, anche se questo diminuirà nel 2012 e per il probabile aumento del costo del servizio del debito legato all'aumento dei tassi di lungo termine atteso nel medio periodo.

Il piano nazionale di riforma varato dal governo italiano - nota ancora l'organismo europeo - contiene "una lista impressionante di priorità di riforma". L'importante è che queste vengano realizzate in modo efficace per rafforzare il potenziale dell'economia a ridurre il peso del debito attraverso la crescita. Nel rapporto Ocse, il debito pubblico italiano è previsto in crescita nel 2011 al 129% del Pil dal 126,8 del 2010, per poi rallentare al 128,4% nel 2012. Per quest'anno l'Ocse prevede un deficit in calo dal 5,3% del 2009 e dal 4,5% del 2010 al 3,9% del 2011 e al 2,6% del 2012. Secondo l'Ocse, gli obiettivi di deficit previsti dal programma di stabilità "dovrebbero essere più facili da raggiungere grazie al miglioramento" già ottenuto nel 2010. E' inoltre "un obiettivo importante" - ai fini della riduzione del debito - l'avere confermato che il governo cercherà di portare i conti in equilibrio entro il 2014".



Oltre la metà dei pensionati non arriva a 500 euro al mese.


Presentati i numeri dell'Inps, boom degli assegni di anzianità: +73%. Il presidente Mastrapasqua: "Sistema solido e in equilibrio anche per i giovani, ma bisogna lavorare più a lungo". Gianni Letta: "Il Paese non è allo sfascio"

ROMA - Oltre la metà delle pensioni erogate dall'Inps, precisamente il 50,8%, non arriva a 500 euro al mese. E' quanto emerge dal Rapporto annuale dell'istituto. La quota sale al 79% se si considera la soglia dei 1.000 euro lordi mensili. L'11,1% presenta importi compresi tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili e il 9,9% superiori ai 1.500 euro. Per quanto riguarda le pensioni da 500 a 1.000 euro mensili, continuano a prevalere le pensioni femminili con il 30,5% rispetto al 24,9% delle pensioni maschili. La tendenza si inverte nelle classi di importo più elevato, laddove le pensioni dei titolari maschi presentano pesi percentuali nettamente più significativi: il 18,9% tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili (contro il 5,6% per le donne) e il 20,2% con importi superiori ai 1.500 euro mensili (a fronte di appena il 2,6% per le pensioni erogate alle donne).

Sempre secondo il rapporto la spesa pensionistica nel 2010 è aumentata del 2,3 per cento con un imponente aumento del 73% delle pensioni di anzianità. In tutto sono stati liquidati infatti 174.729 trattamenti a fronte dei 100.880 registrati nel 2009. La crescita ha seguito un anno, il 2009, nel quale a causa del passaggio dei requisiti da 58 a 59 anni a fronte di 35 di contributi il numero di pensioni di anzianità era stato molto basso. Nel 2011 con il nuovo "scalino" (da 59 a 60 anni) e l'entrata in vigore della finestra mobile si prevede un nuovo calo. Nel 2010 l'età media per la pensione di anzianità è stata di 58,3 anni per i lavoratori dipendenti e di 59,1 per gli autonomi.

Il rapporto è stato presentato alla Camera dal presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua. Il sistema previdenziale, ha assicurato, è in equilibrio e le pensioni delle giovani generazioni non sono a rischio. Secondo Mastrapasqua "l'equilibrio e la stabilità raggiunte dal sistema non sono stati conseguiti a scapito delle giovani generazioni. La pensione ci sarà - ha sostenuto - anche per i giovani. Ma la qualità della loro pensione di domani si costruisce oggi, agganciata sempre più al destino del Sistema Paese". Accanto alla necessità di una crescita economica del sistema, ha ricordato Mastrapasqua, c'è una necessità che e deve essere ribadita ai giovani e ai meno giovani: bisogna lavorare più a lungo. La fuga dal lavoro è un approccio incompatibile con l'allungamento dell'età anagrafica. Non è mai troppo presto per pensare alla pensione ma non è mai troppo tardi per lasciare il lavoro, anche quando è discontinuo e flessibile".

Rassicurazioni, quelle di Mastrapasqua, condivise dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Il sistema previdenziale, ha affermato, è "stabile e non ci sono ragioni" per nuovi interventi. Una stabilità del sistema, ha aggiunto, riconosciuta da tutte le istituzioni e pertanto non ci sarà "nessun nuovo intervento nel settore pensionistico". Intervenendo alla presentazione della relazione annuale della Covip, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, Sacconi ha evidenziato "la necessità di pervenire ad un compattamento di un sistema che si configura come atomizzato. Troppi fondi, sono più di 500, significa impossibilità di pervenire a quella massa critica che consente, da una parte, di conseguire economie di scale nella gestione e di ampliare il novero di attività possibili per ciascun fondo, a tutto vantaggio degli iscritti; e, dall'altra, ai fondi stessi di rappresentare sempre più degli attori centrali nel mercato dei capitali". Quanto alla pensione integrativa, ha osservato, "è sempre più importante, se non necessaria, per le giovani generazioni".

All'evento a Montecitorio ha partecipato anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. "Non è vero - ha voluto sottolineare - che il Paese è allo sfascio". L'Italia, ha osservato, "ha tanti problemi antichi, che derivano dal passato, e problemi attuali, che derivano dalla crisi mondiale. Problemi che riguardano anche il nostro domani ma se li sapremo affrontare, ognuno per la propria responsabilità, il nostro Paese ne uscirà e ne uscirà bene".

In crescita stando al rapporto Inps anche gli assegni di invalidità civile (+2,9% rispetto al 2009) che ammontano oggi a 2.713.282 (nel 2009 erano 2.638.042). Complessivamente la spesa "in termini di pensioni, assegni e indennità" è stata "pari a 16,570 miliardi di euro" lo 0,7% in più dell'anno precedente.

In particolare "3,808 miliardi di euro si riferiscono a pensioni e assegni di invalidità civile e 12,762 miliardi di euro a indennità di accompagnamento". Spiega l'Istituto che "il 2010 è stato caratterizzato dall'avvio" di un radicale processo di riforma per il riconoscimento della prestazione "che ha comportato la ridefinizione della complessa macchina organizzativa e gestionale, a partire da una rigorosa attività di controllo dell'accertamento e della valutazione sanitaria, della concessione delle prestazioni e dei ricorsi in giudizio".



Sallusti: “Moratti? Non ha speranza di vincere”


Il direttore del quotidiano di casa Berlusconi si dice convinto che il sindaco uscente di Milano non sarà riconfermata. Poi critica la campagna elettorale del premier, "ha sbagliato a dare ai giudici dei brigatisti". E su Nicole Minetti dice: "Inquietante"

Alla Moratti al primo turno “è già andata di culo” e al ballottaggio “secondo me, no” non ha speranza di vincere. Parola di Alessandro Sallusti. Sì, il direttore de Il Giornale, quotidiano di casa Berlusconi, nonché “amico” della pasionaria del Pdl, Daniela Santanchè, in un’intervista a Vanity Fair in edicola domani smonta gli entusiasmi della maggioranza. E critica persino Silvio Berlusconi. Il premier, afferma Sallusti, “ha sbagliato a dare ai giudici dei brigatisti o a fare i comizi sotto Palazzo di Giustizia”. Non solo. Perché il Sallusti che proprio non ti aspetti, dopo aver difeso negli ultimi mesi il Presidente del Consiglio in ogni modo, mettendo persino in dubbio l’esistenza del bunga bunga, oggi ne condanna velatamente i comportamenti. Bollando come “inquietante” la carriera dorata di Nicole Minetti, l’ex ballerina televisiva diventata consigliere regionale dopo una breve esperienza da igienista dentale. Di Minetti penso sia “inquietante, adesso sappiamo perché è andata a occupare quel posto. Non è un bell’esempio”.

L’attenzione è comunque rivolta a Milano. Secondo Sallusti come candidatura quella della Moratti “era debole. Negli ultimi sei mesi non ho incontrato una persona di centrodestra disposta a votarla. Ha visioni, penso all’urbanistica e all’Expo soprattutto, che la gente non capisce. Troppi cantieri non finiti, troppe cose fatte solo per le minoranze: le piste ciclabili, per esempio”. E nel partito, rivela Sallusti, “si è pensato alle alternative: Confalonieri era forse la più forte. Ma a Milano non si può far fuori un sindaco che si chiama Moratti”. Quindi, chiede Vanity, sta dicendo che il Pdl è andato consapevole verso la batosta? “No, ma siccome il partito si è abituato ad avere uno con la criptonite che risolve tutte le situazioni, c’è stata l’incoscienza di dire: ‘Tanto ci pensa Berlusconi’”. Ma “è evidente che le vicende dell’ultimo anno hanno lasciato il segno, soprattutto nell’elettorato femminile”.

Anche Sallusti dunque critica Berlusconi, chiede il giornalista. “Se non lo critico quasi mai non è perché penso che non abbia difetti, ma perché lo reputo un talento che alimenta la sua genialità anche con i vizi, come Maradona o Michael Jackson. Fondamentalmente sono dei pazzi”.

Non pensa che un politico dovrebbe avere uno stile di vita più sobrio? Soprattutto se, come Berlusconi, si erge a guardiano della famiglia tradizionale? “Berlusconi si è impegnato a fare una politica a sostegno delle famiglie, non a salvare la sua, di famiglia, o a non scopare”.

Nell’intervista c’è poi una parentesi personale, sul rapporto tra Sallusti e Santanché. Il direttore del Giornale descrive la pasionaria del Pdl come una donna “molto dolce” che “passa le serate a lavorare a maglia per il figlio”. Santanché “odia uscire e andare alle feste, ma anche lei ha un ruolo”. Ma, garantisce Sallusti, “Non siamo fidanzati, se è quello che vuole sapere. Ma siamo sicuramente più che amici”.





Spunta la contabilità di Anemone: ci sarebbe anche la caparra per la casa di Scajola.


Dopo qualche mese di silenzio, si torna a parlare dell'imprenditoreDiego Anemone e della sua lista. Stavolta, però, si tratta di un nuovo elenco, trovato nel computer della sua segretaria Alida Lucci: nella lista apparirebbero acquisti di elettrodomestici e pezzi di arredamento, ma anche pagamenti di bollette e case, a favore di politici, ma non solo.

Secondo indiscrezioni di stampa, ci sarebbe anche un documento che attesterebbe uno stanziamento di 900mila euro per l'acquisto della casa dell'allora ministro Claudio Scajola vicino al Colosseo, di cui Anemone versò anche la caparra di 200mila euro. A favore di Scajola ci sarebbe anche un versamento di un milione di lire, risalente al 2001, per saldare i conti dell'autista dell'ex ministro.

Nella lista appaiono anche i nomi dell'ex ministro dei Trasporti Pietro Lunardi, di monsignor Francesco Camaldo, del cardinale Crescenzio Sepe e della figlia dell'ex capo della Protezione Civile, Giulia Bertolaso.

La Procura di Perugia: «Non c'è nessun nuovo indagato»
Non cambia al momento la posizione dei politici, funzionari e personaggi pubblici indicati nella lista dei presunti regali del costruttore Diego Anemone emersa dai computer della sua segretaria, Alida Lucci. Nessun nuovo indagato figura infatti nell'indagine condotta dalla procura di Perugia sugli appalti per i cosiddetti Grandi eventi. Nelle prossime ore l'analisi compiuta sui file del pc della Lucci sarà inviata ai pm di Roma da quelli di Perugia Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi per valutare eventuali ipotesi di reato.
I magistrati perugini decideranno invece successivamente se sentire qualcuno dei personaggi citati. Nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta cricca degli appalti, i pubblici ministeri Sottani e Tavarnesi hanno chiesto il rinvio a giudizio di 19 indagati. L'inizio dell'udienza preliminare è previsto per il 15 giugno prossimo. Nei giorni scorsi ha invece patteggiato una condanna a 11 mesi di reclusione (pena sospesa) l'architetto Angelo Zampolini accusato di favoreggiamento per avere aiutato Anemone «ad assicurare il prezzo del reato di corruzione, rendendosi disponibile ad effettuare cambio di contanti con assegni circolari». Alcuni dei quali risultati utilizzati anche nell'acquisto della casa in via del Fagutale dell'ex ministro Claudio Scajola (mai indagato dalla procura perugina).
Richiesta di patteggiamento per rivelazione di segreto di ufficio è stata avanzata anche dall'ex procuratore aggiunto di Roma Achille Toro e il procedimento approderà davanti al gip di Perugia poco dopo la metà del prossimo mese. La procura è intanto in attesa della decisione del Parlamento sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro Pietro Lunardi nel filone d'inchiesta che coinvolge anche il cardinale Crescenzio Sepe.

La reazione di Scajola: «Notizie prive di fondamento, pronta la querela»
«Ancora una volta leggo notizie prive di fondamento sul mio conto. Si tratta di episodi già passati al vaglio dell'autorità giudiziaria che non mi riguardano e per i quali è stata ritenuta la mia totale estraneità». Lo afferma in una nota Claudio Scajola nuovamente al centro di indiscrezioni di stampa in merito all'inchiesta sugli appalti del G8. Si tratta, sottolinea l'esponente del Pdl, di «un inaccettabile accanimento persecutorio, che non ha trovato alcun fondamento di verità». «Continuo senza tentennamenti e senza timori - prosegue Scajola - il mio impegno politico a difesa delle istituzioni, delle regole e della dignità della persona, contro le falsità e le intimidazioni. Ho dimostrato sino ad oggi il massimo rispetto per il lavoro dei magistrati e persino per gli operatori dell'informazione con le mie dimissioni ed il mio silenzio senza mai alzare i toni».
«Oggi - aggiunge - di fronte all'ingiustificato perseverare nella diffusione di notizie, già ritenute irrilevanti dagli stessi magistrati, confuse e prive di fondamento, che determinano una percezione distorta della mia persona presso l'opinione pubblica, non trovo altra via che procedere senza indugio a perseguire in sede giudiziaria chiunque si sia reso responsabile di aver perpetrato questa diffamazione non più sostenibile».

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-05-25/spunta-nuova-lista-anemone-084832.shtml



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martedì 24 maggio 2011

Altro che Bat-Casa, il vero affare di Letizia Moratti è la sua casa. - di Vittorio Malagutti



Milano - Una casa da sogno in pieno centro di Milano. Piscina in terrazzo e giardino pensile con tanto di orto botanico a pochi metri in linea d’aria dalle guglie del Duomo. E poi arredi opulenti, Tintoretto alle pareti e mobili di gran pregio. Il tutto per centinaia di metri quadrati disposti su più piani. Ecco la casa di Letizia Moratti, descritta da chi la frequenta. Lusso fine a se stesso, direte voi. Roba da super ricchi. Non solo. Perché questa dimora sfarzosa è diventata anche una macchina da soldi. Decine di milioni di euro che sono serviti a coprire i buchi in bilancio della Securfin, la holding controllata dal sindaco di Milano e dal marito, il petroliere Gianmarco Moratti.

Possibile? Eccome: i Moratti, una delle famiglie più ricche d’Italia, una fortuna miliardaria costruita sul marchio delle raffinerie Saras, hanno cavalcato alla grande una norma contenuta nel decreto anti-crisi varato nell’autunno di tre anni fa da Silvio Berlusconi. Una norma studiata per dare una mano ai piccoli e medi imprenditori messi alle strette dalla crisi. E invece è andata diversamente. Letizia e Gianmarco Moratti hanno rivalutato in un colpo solo di ben 55 milioni gli immobili che fanno capo alla Securfin. Tra questi anche la casa dove abitano insieme alla figlia, alla nipotina e svariati gatti e cani. L’altro figlio Gabriele si è nel frattempo dedicato a costruirsi una dimora su misura, l’ormai celebre “casa di Batman”, finendo sotto inchiesta penale per abusi edilizi.

Tutto secondo legge, invece, per Moratti mamma e papà. Con il piccolo particolare che gli aiuti pensati per dare ossigeno al sistema produttivo in crisi sono andati anche al petroliere e alla consorte. I quali, a occhio e croce, non sembrano esattamente sull’orlo del fallimento. Giusto per dare un’idea della situazione, va segnalato che Gianmarco Moratti e il fratello Massimo (il presidente dell’Inter) nel 2006 si sono spartiti quasi 2 miliardi di euro frutto del collocamento in Borsa delle azioni Saras. L’operazione si è risolta in un disastro per gli investitori, tra cui migliaia di piccoli risparmiatori che hanno visto colare a picco nel giro di poche settimane le quotazioni dei titoli. In compenso i Moratti hanno fatto il pieno di milioni. E già che c’erano, Lady Letizia e il marito hanno pensato bene di attingere agli aiuti di Stato.

È andata così. Nell’autunno del 2008 il crac della finanza mondiale colpisce pesantemente l’economia reale. I governi corrono ai ripari. E anche Roma si muove. Soldi pubblici per aiutare le aziende in crisi. Sgravi fiscali per dare una mano agli imprenditori. La retorica di governo, copyright Giulio Tremonti, descrive così l’intervento dell’esecutivo per rilanciare il sistema produttivo. C’è il bonus per invalidi e pensionati, il tetto ai mutui, nuovi fondi per scuole. Di più: a quei tempi il ministro Tremonti si dilettava con la cosiddetta Robin Hood tax, che, diceva lui, doveva servire a tagliare gli scandalosi profitti dei petrolieri. Compresi, ovviamente, anche i Moratti. La tassa inventata dal ministro di Sherwood non ha dato i frutti sperati. In compenso i padroni della Saras sono riusciti a rimettere in sesto i conti di famiglia con i soldi garantiti dal decreto anticrisi. La notizia si nasconde tra le pieghe del bilancio della Securfin, la società di Letizia Moratti e del marito Gianmarco. Nella relazione che accompagna i conti del 2008 si legge che “è stata operata la rivalutazione sugli immobili patrimoniali posseduti dalla società” così come previsto dal decreto legge 185/2008, meglio conosciuto come decreto anti-crisi. Significa che palazzi e terreni di proprietà di Securfin alla fine del 2007 erano iscritti a bilancio a costi storici, meno di 10 milioni di euro.

La norma sponsorizzata da Tremonti consente di rivalutare i beni immobili delle aziende adeguandoli ai prezzi di mercato. Il gioco è fatto, allora. Ai Moratti è bastato sfoderare la perizia ad hoc di un esperto che fissasse i valore dei loro palazzi. Ed ecco che la voce immobili si è rivalutata di ben 55 milioni. Colpo grosso, insomma. E senza pagare neppure un euro di tasse sulla rivalutazione, perché così stabilisce il decreto.

Come si spiega la manovra? Perchè mai i Moratti hanno scelto di sfruttare gli aiuti anticrisi? Semplice. Come il Fatto Quotidiano ha raccontato la settimana scorsa, la Securfin holding ha perso centinaia di milioni a causa del disastroso andamento della controllata Syntek, la società tedesca fondata nel 2000 da Letizia Moratti in persona. Nel 2008 Securfin ha chiuso il bilancio in rosso per 44 milioni, dopo aver perso 112 milioni l’anno precedente. Ecco allora a che cosa serviva la rivalutazione degli immobili. Quei 55 milioni, dedotti gli ammortamenti, sono finiti in un’apposita riserva di bilancio per 40 milioni. Una riserva prosciugata per far fronte alle perdite del 2008. Missione compiuta. Grazie a Tremonti, il ministro Robin Hood.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/24/altro-che-bat-casa-il-vero-affare-di-letizia-moratti-e-la-sua/113347/