giovedì 26 maggio 2011

Propaganda tossica. - di BARBARA SPINELLI



SOSTIENE Berlusconi: "Con la sinistra Milano diverrebbe una città islamica". O "diverrebbe Zingaropoli". O cadrebbe nelle mani violente dei centri sociali. O peggio ancora, senza più condizionale: "Sarà Stalingrado". La campagna del premier non potrebbe essere più tossica, menzognera. Ancora una volta, tenta la seduzione degli elettori immettendoli in una bolla d'inganni: non idilliaca stavolta ma cupa, sinistra. Nella sua retorica, idillio e fiele combaciano, l'insulto si fa incontinente. La bolla è chimerica anche quando non offre una vita al riparo da crisi e mutamenti (una sorta di Milano-2 allargata, tranquillizzata dal recinto che la protegge da incursioni straniere), perché il miraggio della vita in nero non è meno scollato dall'oggi.

Non ha rapporto con la crisi economica cominciata nel 2007, e dal premier sempre negata, né col disastro che colpisce ormai più generazioni - di ventenni, trentenni, perfino quarantenni - condannate a un precariato senza futuro in cui sperare. Non ha rapporto con quello che sta accadendo in tanti paesi, da Spagna a Islanda: l'onda di collera verso politici incapaci di dominare, spiegare, intuire quel che la stasi della crescita rende necessario nei paesi sviluppati: più competizione ma trasparente, più bisogno di veder riconosciuto il merito, più giustizia e dunque legalità. Gli indignados delle amministrative italiane, lo vedremo, hanno ritenuto che il Nuovo stesse in luoghi inesplorati della politica.

La chimera unita all'insulto ha come scopo quello di produrre allucinazioni, immagini distorte delle realtà vissute. È ancora peggio dell'illusione, perché l'allucinazione è una droga che ti mangia da dentro. I dizionari spiegano che è una percezione di sensazioni senza alcun oggetto esteriore che la faccia nascere. Chi è in preda all'allucinazione non vede il tempo scorrere o lo vede correre caoticamente, non è in grado di smascherare l'inganno che l'ha cattivato, e incattivito. Vive come il popolo imprigionato nei sotterranei del film di Kusturica: sulla superficie la terra è cambiata, il Muro è caduto. Underground, sottoterra, è sempre Stalin contro Hitler, e guerra fredda infinita. Il cattivato voterebbe perfino Jack lo Squartatore, se gli dicessero che in cambio non ci saranno Zingaropoli, centri sociali, Stalingrado.

Così nella propaganda di Berlusconi: nulla sulla superficie della terra conferma l'esistenza di orde di zingari che premono alle porte delle città con il coltello fra i denti, nulla fa pensare a Stalingrado (icona della seconda guerra mondiale e della guerra fredda), con le bandiere rosse sventolanti ovunque. Ma l'allucinato non se ne cura: sullo schermo vede proiettato non l'oggetto delle vere paure quotidiane ma una paura cosmica, così potente che oltrepassando la realtà cerca nemici fittizi per placarsi. Hai paura dell'inferno? chiede Berlusconi: non ci siamo che noi per tenerlo a bada, riscattarti, redimerti. Continua a spaventarti, perché lo spavento è la tua e quindi la mia forza. Solo noi, Uomini Nuovi, abbiamo la tenacia e la faccia di bronzo per sventare il caos. Hayek chiama tutto questo fatal conceit. È l'idea che "l'uomo sia capace di forgiare il mondo che gli sta intorno secondo i propri desideri". Accusava il comunismo, ma ogni ideologia monocratica si nutre della paura del diverso, è concezione fatale insidiata dall'errore.

Il fatto è che quelli che si presentano come Uomini Nuovi o non lo sono più, o non lo sono mai stati. Non lo è Berlusconi: affermando che Mani Pulite fu un atto sovversivo inteso a liquidare i partiti che avevano dato all'Italia benessere e progresso, si è dichiarato l'erede, se non la reincarnazione, del vecchio regime eroso da corruzione e patti mafiosi. La Lega è un caso diverso: quando nacquero le leghe, negli Anni 80, la novità c'era anche se colorata di populismo e razzismo d'altri tempi: vituperare Roma ladrona indicava desiderio di disfarsi delle partitocrazie rivelandone corruttele e doppi Stati.

Secondo la ricostruzione di Roberto Biorcio, professore di sociologia a Milano, la Lega contribuì in maniera decisiva non solo a Mani Pulite, ma al successo popolare delle inchieste giudiziarie (La rivincita del Nord, Laterza 2010). Accettare che si parli di quei magistrati e di quelli che oggi indagano su corruzione e mafia come di brigatisti, di un cancro, di gente antropologicamente diversa, è per la Lega un rinnegare se stessa. (Rinnegamento assente, invece, nella destra di Fini).
Progressivamente i leghisti si son trasformati in tutori di interessi particolari, bigotti, ostili al cambiamento, sia quando il nuovo si presenta come società non più omogenee, già multiculturali, sia quando si presenta come società della crisi, di giovani tagliati ormai fuori non solo dal lavoro ma anche dagli studi (2,1 milioni, secondo l'Istat). È quello che si fatica a capire, alla vigilia del ballottaggio di domenica prossima. Il Nuovo che berlusconiani e leghisti promettevano non ha dato risultati. Delle promesse non resta che una smorfia: altro non è la pernacchia di Bossi teletrasmessa lunedì. I votanti magari premieranno tale degenerazione ma credo che pochi lo faranno sperando alcunché.

Il primo turno ha mostrato quali possono essere i volti nuovi, dopo falsi inizi e tracolli della seconda Repubblica. Nuovi non solo rispetto a berlusconiani e leghisti, ma anche a una sinistra che per 17 anni ha sottovalutato l'anomalia di Berlusconi, legittimandone l'ascesa, il successo, l'intreccio (mai percepito davvero come conflitto) fra l'utile personale-aziendale e l'utile politico. Non è un caso che le novità appaiano nelle due città più inferme d'Italia: Milano e Napoli. Milano secolarmente allettata dall'estraneità al bene pubblico e allo Stato unitario. Napoli infiltrata dalla camorra, guastata da giunte di destra e di sinistra. L'appoggio dato per anni a Bassolino ha fatto un male incalcolabile al Pd, ed è grave che questi se ne sia accorto solo fra il primo e il secondo turno di queste elezioni.

Certo non sono ancora chiari, i programmi di Pisapia o De Magistris. Ancor meno lo erano quelli della Lega, nei primi Anni 90. Ma la rottura di continuità c'è, e assai meno equivoca di allora. Così come c'è rottura di continuità in Fini, che ha scelto di ricostruire una destra fondata sull'unità nazionale e la legalità. Quando Beppe Grillo dice che Pisapia e Moratti sono la stessa cosa è anch'egli parte del vecchio, pur respinto da tanti suoi elettori. Di un vecchio che trascura le mutazioni economiche nel loro insieme e non cerca la soluzioni adatte. Che tuona contro Marchionne senza provare a udirne gli argomenti, con la stessa foga con cui i sindacati difesero la vecchia Alitalia nel governo Prodi.

Il vecchio è un Paese malato non solo a causa di Berlusconi, ma di una classe dirigente che non affronta le cose come stanno, lavorando sull'armonizzazione tra necessità economiche, tutela dei diritti della persona, equità e legalità da resuscitare. Che non dice quel che andrebbe detto: una società che vuol guarire dovrà nascere dall'insieme di culture e religioni che ormai la compongono, e sentirsi responsabile di una gioventù minacciata, che la generazione del '68 ha sacrificato pur di attribuirsi buone pensioni. Se c'è una cosa che in Italia è mancata non è la concordia, ma un vero conflitto di generazioni. Ne aveva e ne ha bisogno, per non patire degli odierni ingiusti squilibri. Invece di un sano conflitto generazionale abbiamo avuto per quasi un ventennio il malsano, osceno conflitto d'interessi. E abbiamo, in fine corsa, la pernacchia di Bossi. L'appello del card. Bagnasco a destra e sinistra, perché smettano "risse inguardabili e noiose" e approvino il testamento biologico, è fuorviante. Un appello morale alla responsabilità non può sorvolare, oggi, sull'essenziale: la riscoperta del bene comune e della legalità, a Milano e Napoli.

Tre marce su Roma sono partite da Milano (Mussolini, Craxi, Berlusconi) e hanno portato o alla guerra o alla stasi. Forse è venuta l'ora di rompere la bolla, di capire che ripetere il passato è solo distruttivo. Non ha senso ripetere il '68, incurante della legalità e non ancora messo alla prova dall'immigrazione. Né ripetere il voto del '48, gridando al lupo comunista. Stalingrado è spettro del mondo di ieri, non di oggi. Del mondo che vive underground, convinto che nessun muro è ancora caduto.



in metro a Roma pro referendum.





mercoledì 25 maggio 2011

Ciancimino: " Ecco chi è Mister X". - di Giuseppe Pipitone



"Giancarlo Rossetti o Carlo Rosselli" sarebbero le possibili identità di Mister X, il puparo che ha avrebbe fornito documenti falsi a Massimo Ciancimino.

Continuano i colpi di scena in quello che è diventato l'affaire Ciancimino. Dopo il provvedimento del gip di Palermo Riccardo Ricciardi - che ha negato la scarcerazione del figlio di don Vito per il rischio di reiterazione del reato - adesso all'orizzone si fa più nitida l' indentità del presunto Mister X, il burattinaio che a detta dello stesso Massimo Ciancimino gli avrebbe fornito documenti dall'aprile del 2010.

Massimo Ciancimino, attualmente ristretto nel carcere palermitano Pagliarelli, ha detto di non ricordare esattamente il nome dell'uomo, indicando due nomi: "Giancarlo Rossetti o Carlo Rosselli". Ciancimino Juonior, accusato di calunnia e detenzione d'esplosivo, ha confermato che si tratterebbe di un colonnello dei Carabinieri in passato autista del generale Giacinto Paolantonio, conosciuto nell'aprile 2010 a Palazzo Steri, a Palermo, dopo la presentazione del libro Don Vito, scritto insieme a Francesco La Licata.

Rossetti / Rosselli avrebbe fornito a Massimo Ciancimino una serie di documenti tra cui anche il falso elenco di funzionari dello Stato in cui è annotato anche il nome di de Gennaro, che è costato il carcere al figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo.

ARTICOLI CORRELATI



Inquietanti messaggi intimidatori prima dell'agguato a Rostagno. - di Gianfranco Criscenti



Nel 1988 Puccio Bulgarella, editore della tv dove lavorava Mauro, avrebbe riferito ai collaboratori dell’emittente di ”stare attenti” perchè ”c’è qualcuno che si sta incazzando”. Lo ha rivelato per la prima volta il cronista Ninni Ravazza che ha deposto come teste stamattina al processo per l'omicidio di Rostagno il 26 settembre del 1988, che vede imputati Vincenzo Virga e Vito Mazzara. Un altro giornalista di Rtc, Salvatore Vassallo, era stato avvicinato da un impiegato di banca vicino agli ambienti mafiosi della provincia, che gli disse: "Rostagno deve stare attento, sarà spento entro un mese"

Il giornalista trapanese Salvatore Vassallo avrebbe ricevuto una telefonata di minacce tra aprile e giugno del 1988. "Quello vestito di bianco parla troppo" avrebbe riferito una voce ignota al giornalista, riferendosi a Mauro Rostagno, ucciso il 26 settembre dello stesso anno e all'epoca collega a Rtc di Vassallo. Il giornalista trapanese ha testimoniato stamattina al processo per l'assassinio di Rostagno, che vede imputati davanti la corte d'assise di Trapani il boss di Cosa Nostra Vincenzo Virga, come mandante, e il killer Vito Mazzara, come esecutore.

Rispondendo alle domande dell'accusa, rappresentata in aula dai pmFrancesco Del Bene e Gaetano Paci, Vassallo ha anche aggiunto che sempre nel 1988 l'impiegato di bancaIgnazio Piacenza gli avrebbe riferito che "Rostagno ave stare attento, parla troppo, sarà spento entro un mese". Piacenza, secondo le parole del teste, era sposato con la figlia di una persona vicina agli ambienti mafiosi del piccolo comune du Buseto Palizzolo, a pochi chilometri da Trapani.

Pochi mesi prima dell’agguato a Mauro Rostagno, Puccio Bulgarella, l’editore di Rtc, disse ai collaboratori dell’emittente di ”stare attenti” perchè ”c’è qualcuno che si sta incazzando”. La circostanza è stata riferita oggi - per la prima volta - dal giornalista Ninni Ravazza (all’epoca collaboratore dell’emittente televisiva trapanese) deponendo come teste dinanzi la Corte di Assise di Trapani. L’editore, secondo Ravazza, avrebbe anche rassicurato la redazione sostenendo che si trattasse soltanto di ”un’incazzatura” e che ”non ci sono pericoli”. Ravazza non ha mai riferito questo particolare agli investigatori, nè gli venne in mente di riparlarne con Bulgarella all’indomani del delitto: ”l’avevo dimenticato”, ha risposto al pm Francesco Del Bene che gli ha posto la domanda.

A riferire a Bulgarella dell’incazzatura sarebbe stato Angelo Siino: il collaboratore, infatti, lo ha raccontato ai magistrati della Dda di Palermo, sostenendo di averlo appreso nel corso di un summit a casa del boss Filippo Guttadauro.
Siino e Bulgarella erano in buoni rapporti: dopo il delitto Rostagno, i due, assieme a Giovanni Brusca (all’epoca latitante) si sarebbero pure incontrati a Roma.



Le mani dei boss sulle sale da gioco. - di Piera Farinella


Blitz della Dia porta in carcere 10 persone, tra cui funzionari dei Monopoli corrotti, secondo l'accusa con vacanze ed escort per accelerare le pratiche per le concessioni di sale giochi.

Cosa nostra corrompeva funzionari dei Monopoli di Stato per ottenere in tempi rapidi concessioni e licenze. Lo ha scoperto la Direzione investigativa Antimafia di Palermo che, con l'accusa di corruzione aggravata ha arrestato 10 persone. In carcere sono finiti l'ex direttore dell'agenzia dei Monopoli siciliani,Nicola Andreozzi, il vicedirettore della sede siciliana, Salvatore Magno, un dipendente, Giovanni Polizzi, e una donna, Maria Franca Simula, impiegata alla direzione Nazionale dei Monopoli e insignita nel 2003 del titolo di Cavaliere della Repubblica.
Secondo gli investigatori per accelerare le pratiche per le concessioni di sale giochi i prestanome dei boss offrivano ad alcuni funzionari vacanze, escort, cene e anche somme di denaro. Uno dei dipendenti arrestati,Polizzi, in meno di un anno avrebbe intascato 40 mila euro. I soldi sarebbero stati accreditati su conti segreti tramite bonifici. La corruzione funzionava anche per conoscere in anticipo i controlli che i Monopoli avevano intenzione di fare.
Tra i corruttori l'imprenditore Michele Spina, titolare della Primal, una società catanese aggiudicataria di 24 sale giochi e 71 punti Snai. Dietro Spina ci sarebbe Sebastiano Scuto, proprietario di una serie di supermercati e condannato per associazione mafiosa. Ai domiciliari, invece, è finito Francesco Casarubea, ex amministratore della sala bingo Las Vegas, a Palermo, confiscata dagli inquirenti in un'indagine sul riciclaggio di denaro da parte della mafia. L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dal pmSergio De Montis.



Istat: in calo vendite al dettaglio Ocse: in Italia ripresa più lenta.


L'Istituto rileva soprattutto la contrazione nel comparto alimentare. L'organismo per la cooperazione economica europea ritocca al ribasso la crescita del Pil per quest'anno e prevede un più lento assorbimento della disoccupazione. Giudizio positivo sull'immigrazione. Conti pubblici: vigilare su rapporto debito/Pil

ROMA - Le vendite al dettaglio a marzo sono calate del 2,0% rispetto allo stesso mese del 2010 e dello 0,2% rispetto a febbraio. Lo rileva l'Istat, aggiungendo che la discesa registrata su base annua è la più marcata dal gennaio del 2010. Sulla contrazione, sia tendenziale che congiunturale, pesa soprattutto la negativa performance del comparto alimentare. Rispetto a febbraio 2011, le vendite di prodotti alimentari diminuiscono dello 0,3% e quelle di non alimentari dello 0,2%; a confronto con marzo 2010 la differenza è ancora più ampia, -2,6% per i primi e -1,6% per i secondi. Sempre su base annua, nella grande distribuzione le vendite segnano variazioni negative sia per il 'food' (-2,9%), dove il ribasso è più accentuato, sia per il 'non food' (-1,2%). Anche per le imprese operanti su piccole superfici, si registra una diminuzione (con un calo dell'1,9% sia per i prodotti alimentari, sia per quelli non alimentari).

Il dato è l'ennesimo segnale di una ripresa economica che in Italia fatica a decollare. Esattamente quanto certifica l'Ocse nel suo Economic Look di primavera, in cui si sottolinea il rafforzamento della "ripresa da quella che è stata la recessione più profonda degli ultimi decenni", con "progressi diseguali" da paese a paese. Al capitolo Italia, l'organismo per la cooperazione economica dell'Ue parla di "lenta ripresa", che "continuerà" nel 2011, ma in cui si registra un leggero ribasso all'1,1% la crescita del Pil di quest'anno, contro il +1,3% stimato in autunno, lasciando invariata a +1,6% la previsione per il 2012.

Impietoso il confronto con la crescita del Pil nell'Eurozona. L'Ocse prevede un Pil in crescita del 2% nel 2011, meglio del +1,7% stimato a novembre, e un altro +2% nel 2012. In evidenza soprattutto la Germania, la cui crescita è stimata del 3,4% nel 2011 e del 2,5% nel 2012, meglio della Francia (+2,2% e +2,1%) e della Gran Bretagna (+1,4% e +1,8%). Per quanto riguarda le maggiori economie mondiali, negli Usa l'Ocse prevede un Pil in frenata nel 2011, a +2,6% contro il +2,9% del 2010, ma meglio del 2,2% previsto a novembre, mentre per il 2012 conferma una crescita del 3,1%. Per il Giappone del dopo terremoto l'Ocse prevede una contrazione del Pil che dal +4% del 2010 passa a -0,9% nel 2011, per poi riprendersi nel 2012 a +2,2%.

Tornando all'Italia, secondo l'Ocse la buona domanda mondiale stimolerà le esportazioni e anche gli investimenti sono destinati ad accelerare. La disoccupazione calerà "solo in parte", attestandosi all'8,4% nel 2011 e all'8,1% nel 2012, meglio delle stime autunnali rispettivamente dell'8,5% e dell'8,3%. "L'iniziale miglioramento della domanda di lavoro - si legge nel rapporto - sarà assorbita da un ridotto utilizzo del lavoro a tempo".

L'Inflazione crescerà dall'1,6% del 2010 al 2,4% del 2011, per calare all'1,7% nel 2012, "non appena diminuirà l'impatto dell'aumento dei prezzi dell'energia e dei beni alimentari". Per il 2011 'l'Ocse prevede un calo dello 0,2% dell'export, inferiore a quello dello 0,4% del 2010 e una ripresa a +0,4% nel 2012. Per quanto riguarda la domanda interna, l'Ocse stima una crescita dello 0,8% quest'anno e dell'1,2% il prossimo. Stabile la spesa per consumi che passerà dall'1% del 2010 a +0,9% nel 2009 e a +1,2% nel 2012. Le giacenze di magazzino sono previste in calo dallo 0,7% del 2010 allo 0,6% nel 2011, mentre resteranno invariate nel 2012.

Positivo il giudizio dell'organismo europeo sugli effetti dell'immigrazione. "L'impatto del basso tasso di produttività - si legge nel rapporto - e il tasso negativo dell'aumento della popolazione sono stati riequilibrati degli alti livelli di immigrazione della gente in età da lavoro. L'immigrazione netta è salita di circa 400 mila unità negli ultimi 3 anni e, in base alle proiezioni a lungo termine di Eurostato, tra il 205-60 gli immigrati cresceranno in media di 230 mila unità l'anno".

Capitolo conti pubblici. L'Ocse promuove la politica di bilancio del governo italiano e lo invita a "implementare effettivamente" le riforme che si è impegnato a realizzare e a esercitare "uno stretto controllo sulla spesa" e a "migliorare ulteriormente la riscossione delle tasse" se vuole raggiungere i target di bilancio per il 2011 e il 2012. Vigilanza, secondo l'Ocse, necessaria a causa dell'elevato rapporto tra debito e Pil, anche se questo diminuirà nel 2012 e per il probabile aumento del costo del servizio del debito legato all'aumento dei tassi di lungo termine atteso nel medio periodo.

Il piano nazionale di riforma varato dal governo italiano - nota ancora l'organismo europeo - contiene "una lista impressionante di priorità di riforma". L'importante è che queste vengano realizzate in modo efficace per rafforzare il potenziale dell'economia a ridurre il peso del debito attraverso la crescita. Nel rapporto Ocse, il debito pubblico italiano è previsto in crescita nel 2011 al 129% del Pil dal 126,8 del 2010, per poi rallentare al 128,4% nel 2012. Per quest'anno l'Ocse prevede un deficit in calo dal 5,3% del 2009 e dal 4,5% del 2010 al 3,9% del 2011 e al 2,6% del 2012. Secondo l'Ocse, gli obiettivi di deficit previsti dal programma di stabilità "dovrebbero essere più facili da raggiungere grazie al miglioramento" già ottenuto nel 2010. E' inoltre "un obiettivo importante" - ai fini della riduzione del debito - l'avere confermato che il governo cercherà di portare i conti in equilibrio entro il 2014".



Oltre la metà dei pensionati non arriva a 500 euro al mese.


Presentati i numeri dell'Inps, boom degli assegni di anzianità: +73%. Il presidente Mastrapasqua: "Sistema solido e in equilibrio anche per i giovani, ma bisogna lavorare più a lungo". Gianni Letta: "Il Paese non è allo sfascio"

ROMA - Oltre la metà delle pensioni erogate dall'Inps, precisamente il 50,8%, non arriva a 500 euro al mese. E' quanto emerge dal Rapporto annuale dell'istituto. La quota sale al 79% se si considera la soglia dei 1.000 euro lordi mensili. L'11,1% presenta importi compresi tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili e il 9,9% superiori ai 1.500 euro. Per quanto riguarda le pensioni da 500 a 1.000 euro mensili, continuano a prevalere le pensioni femminili con il 30,5% rispetto al 24,9% delle pensioni maschili. La tendenza si inverte nelle classi di importo più elevato, laddove le pensioni dei titolari maschi presentano pesi percentuali nettamente più significativi: il 18,9% tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili (contro il 5,6% per le donne) e il 20,2% con importi superiori ai 1.500 euro mensili (a fronte di appena il 2,6% per le pensioni erogate alle donne).

Sempre secondo il rapporto la spesa pensionistica nel 2010 è aumentata del 2,3 per cento con un imponente aumento del 73% delle pensioni di anzianità. In tutto sono stati liquidati infatti 174.729 trattamenti a fronte dei 100.880 registrati nel 2009. La crescita ha seguito un anno, il 2009, nel quale a causa del passaggio dei requisiti da 58 a 59 anni a fronte di 35 di contributi il numero di pensioni di anzianità era stato molto basso. Nel 2011 con il nuovo "scalino" (da 59 a 60 anni) e l'entrata in vigore della finestra mobile si prevede un nuovo calo. Nel 2010 l'età media per la pensione di anzianità è stata di 58,3 anni per i lavoratori dipendenti e di 59,1 per gli autonomi.

Il rapporto è stato presentato alla Camera dal presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua. Il sistema previdenziale, ha assicurato, è in equilibrio e le pensioni delle giovani generazioni non sono a rischio. Secondo Mastrapasqua "l'equilibrio e la stabilità raggiunte dal sistema non sono stati conseguiti a scapito delle giovani generazioni. La pensione ci sarà - ha sostenuto - anche per i giovani. Ma la qualità della loro pensione di domani si costruisce oggi, agganciata sempre più al destino del Sistema Paese". Accanto alla necessità di una crescita economica del sistema, ha ricordato Mastrapasqua, c'è una necessità che e deve essere ribadita ai giovani e ai meno giovani: bisogna lavorare più a lungo. La fuga dal lavoro è un approccio incompatibile con l'allungamento dell'età anagrafica. Non è mai troppo presto per pensare alla pensione ma non è mai troppo tardi per lasciare il lavoro, anche quando è discontinuo e flessibile".

Rassicurazioni, quelle di Mastrapasqua, condivise dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Il sistema previdenziale, ha affermato, è "stabile e non ci sono ragioni" per nuovi interventi. Una stabilità del sistema, ha aggiunto, riconosciuta da tutte le istituzioni e pertanto non ci sarà "nessun nuovo intervento nel settore pensionistico". Intervenendo alla presentazione della relazione annuale della Covip, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, Sacconi ha evidenziato "la necessità di pervenire ad un compattamento di un sistema che si configura come atomizzato. Troppi fondi, sono più di 500, significa impossibilità di pervenire a quella massa critica che consente, da una parte, di conseguire economie di scale nella gestione e di ampliare il novero di attività possibili per ciascun fondo, a tutto vantaggio degli iscritti; e, dall'altra, ai fondi stessi di rappresentare sempre più degli attori centrali nel mercato dei capitali". Quanto alla pensione integrativa, ha osservato, "è sempre più importante, se non necessaria, per le giovani generazioni".

All'evento a Montecitorio ha partecipato anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. "Non è vero - ha voluto sottolineare - che il Paese è allo sfascio". L'Italia, ha osservato, "ha tanti problemi antichi, che derivano dal passato, e problemi attuali, che derivano dalla crisi mondiale. Problemi che riguardano anche il nostro domani ma se li sapremo affrontare, ognuno per la propria responsabilità, il nostro Paese ne uscirà e ne uscirà bene".

In crescita stando al rapporto Inps anche gli assegni di invalidità civile (+2,9% rispetto al 2009) che ammontano oggi a 2.713.282 (nel 2009 erano 2.638.042). Complessivamente la spesa "in termini di pensioni, assegni e indennità" è stata "pari a 16,570 miliardi di euro" lo 0,7% in più dell'anno precedente.

In particolare "3,808 miliardi di euro si riferiscono a pensioni e assegni di invalidità civile e 12,762 miliardi di euro a indennità di accompagnamento". Spiega l'Istituto che "il 2010 è stato caratterizzato dall'avvio" di un radicale processo di riforma per il riconoscimento della prestazione "che ha comportato la ridefinizione della complessa macchina organizzativa e gestionale, a partire da una rigorosa attività di controllo dell'accertamento e della valutazione sanitaria, della concessione delle prestazioni e dei ricorsi in giudizio".