lunedì 6 giugno 2011

Batterio killer. Miracolo: c'è il vaccino!.


E' davvero un grande miracolo. Un miracolo italiano. E la cosa più miracolosa, è che l'annuncio dell'imminente vaccino contro la malefica Escherichia Coli sia arrivato circa un anno PRIMA dell'epidemia che è scoppiata in Europa.

Le vie della Provvidenza sono davvero infinite.

Come infinita è la gratitudine che dobbiamo nutrire verso la Novartis, che dopo averci salvato tutti dall'epidemia di suina con un tempestivo vaccino, ecco che in quel di Siena nel 4 maggio scorso annuncia di aver identificato antigeni di E.Coli mai scoperti prima (prima della seguente epidemia) e quindi di essere sulla buona strada per produrre il fatidico vaccino.

Ma le mirabilie non finiscono qui. Anche una compagnia canadese ha appena comunicato di aver pronto il vaccino, proprio lì nel cassetto,quello giusto giusto per la variante O157:H7 tedesca, che servirà per inoculare le Nmiliardi di vacche residenti sul pianeta e renderle inabili a produrre il batterio.

Davvero noi comuni mortali dobbiamo stupire ed inchinarci davanti alla scienza, che riesce persino a prevedere il futuro grazie ai suoi misteriosi esoterici poteri.


http://crisis.blogosfere.it/2011/06/batterio-killer-miracolo-ce-il-vaccino.html


Vertice Bossi-Berlusconi ad Arcore Alfano: “Alleanza rafforzata, finirà legislatura”.


All'incontro a villa San Martino presente anche l'ex ministro Aldo Brancher, condannato a due anni per appropriazione indebita e ricettazione

L’alleanza tra Lega e Pdl “è rafforzata, la maggioranza è solida” e lo sarà “fino al 2013″. E’ affidato al segretario politico Angelino Alfano il compito di comunicare l’esito del vertice ad Arcore traUmberto Bossi e Silvio Berlusconi. “La maggioranza – ha garantito l’ex guardasigilli – è in grado di dare stabilità e portare avanti le riforme”. Come previsto, dunque, ufficialmente l’asse della maggioranza rimane saldo. Almeno fino a dopo il referendum. Perché i tempi dell’alleanza di ferro sono ormai finiti.

Il leader leghista, dopo la sberla del ballottaggio, non si accontenta delle rassicurazioni e ha alzato la posta. Il senatùr si è presentato ad Arcore invocando la garanzia che il premier rinunci a candidarsi alle prossime politiche, pretendendo il trasferimento di almeno un ministero a Milano nel più breve tempo possibile, chiedendo la poltrona di Guardasigilli per il Carroccio e si aspetta un’apertura su fisco e alleanze. Con questo menu il leader leghista si è presentato a villa San Martino con tre ore di ritardo, accompagnato dal ministro Roberto Calderoli, il capogruppo dei deputati della Lega Nord alla Camera Marco Reguzzoni, la mente economica della LegaGiancarlo Giorgetti e il figlio del senatur, Renzo Bossi. Lo stato maggiore del Carroccio è arrivato poco prima delle quattordici. Ad accoglierli, insieme al Presidente del Consiglio, hanno trovato Alfano, l’avvocato del premier, Niccolò Ghedini, e Aldo Brancher. L’ex ministro,condannato a due anni per appropriazione indebita e ricettazione , è stato tra i primi a raggiungere la residenza del premier ed è rimasto anche dopo il termine dell’incontro tra Berlusconi e Bossi.

Una riunione solo apparentemente rituale. Intanto perché con la Lega ha voluto un chiarimento post-elettorale. Berlusconi era preparato sulle richieste dell’alleato storico e, a quanto si apprende, ha mostrato piena disponibilità a un costante confronto per poter arrivare al termine naturale della legislatura nel 2013. Sulla questione della guida del partito, invece, ha lasciato parlare Alfano prospettando in modo concreto la possibilità di adottare le primarie. Per il Cavaliere, del resto, l’importante era riuscire a mostrare un’alleanza almeno all’apparenza solida. Così ha assecondato molto.

“Abbiamo ulteriormente ricordato come questa sia la coalizione in grado di assicurare all’Italia governi che durano cinque anni e che sono in grado di assicurare una stagione di riforme, a differenza della sinistra”, ha sintetizzato Alfano. “Non c’è una verifica a cui siamo sottoposti nel rapporto tra Pdl e Lega”. Gli “amici leghisti” hanno lasciato Arcore per raggiungere il quartier generale in via Bellerio, senza rilasciare alcun commento. Dal punto di vista del Carroccio, al momento, la giornata rimane “calda”, così come aveva annunciato stamani Gianni Letta. Aprendo i lavori di un convegno, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha detto, scusandosi: “Dovrò uscire un pò prima”, e ha aggiunto con una battuta: “Come avrete letto sui giornali, la giornata si preannuncia calda non solo dal punto di vista metereologico”.

Toccherà ora alla Lega decidere cosa fare. E i nodi saranno sciolti solo dopo il risultato del referendum e soprattutto dopo Pontida, domenica 19 giugno, quando Bossi capirà a pieno il polso della base.





Arezzo 13 maggio 2011 - Andrea Scanzi



Pungente intervento del noto giornalista Andrea Scanzi durante il comizio finale del Movimento 5 Stelle di Arezzo per le Elezioni Amministrative del 2011.


Referendum, quattro sì per voltare pagina.





Allarme NUCLEARE altro che GIAPPONE Lannes



http://informarexresistere.fr/category/lotte-resistenze/gianni-lannes-lotte-r...
IL giornalista Gianni Lannes è stato a Caorso, nella più importante centrale nucleare e qui ha scoperto entrando di nascosto, senza autorizzazione, che il governo Berlusconi ha affidato lo smantellamento delle centrali nucleari alla ndrangheta, che sta dietro una società che si chiama Ecoge che ha sede a Genova. Questa società carica i rifiuti nucleari in dei container che da Caorso vanno a Genova e poi a La Spezia, in attesa di navi su cui caricarli e verranno affondate.

La Stampa ha impedito a Lannes di pubblicare l'inchiesta e nessun altro giornale l'ha voluta questa inchiesta.

Guarda anche la video-inchiesta:

http://www.youtube.com/watch?v=xATSW_xDI80

Per saperne di più:
http://www.giornalettismo.com/archives/51594/nave-veleni-lannes/2/

Tutte le inchieste censurate di Gianni Lannes
http://congiannilannes.blogspot.com/

Articoli di Gianni Lannes
http://informarexresistere.fr/category/lotte-resistenze/gianni-lannes-lotte-r...


Gruppo du Facebook ufficiale:
http://www.facebook.com/pages/ItaliaTerraNostra-II/203013339718910



Il sorpasso. - di Tommaso Labate



Azzurri in allarme. In un foglietto sulla scrivania del Cav. c’è scritto che, se si votasse domani, per lui sarebbe la fine. L’era Alfano inquieta Tremonti.

L’allarme rosso ha la forma di un foglietto di carta, che venerdì è passato da Palazzo Grazioli allo stanzone del Pdl che attende il neo-segretario Alfano. Sul foglietto c’è scritto: Pd 29,2 per cento, Pdl 27,5 per cento.
Fossero veri i dati in possesso dei vertici berlusconiani (Ipsos), per la prima volta il Partito democratico avrebbe sorpassato il Popolo delle libertà. E le “sorprese” contenute nella rilevazione demoscopica non sono finite. Basta guardare il capitolo sulla popolarità dei leader. Crolla quella di Silvio Berlusconi (l’asticella è ferma al 26,9 per cento), cresce quella del leader democratico Pier Luigi Bersani (45 per cento).
Sull’asse che unisce la war room del presidente del Consiglio e il sancta sanctorum pidiellino di via dell’Umiltà, il morale è sotto i tacchi. E al dramma dei numeri si aggiunge la paura per quello che potrebbe succedere la settimana prossima se, come gli sherpa del Cavaliere cominciano a sospettare, la percentuale degli italiani che si recherà alle urne «sarà tale da superare il quorum», che a quel punto determinerebbe la validità della consultazione referendaria.
Chi ha avuto occasione di confrontarsi col «Capo» nelle ultime quaratott’ore giura che «Berlusconi è disperato». I numeri dei sondaggi, che hanno orientato tutte le sue mosse dal 1994, stavolta lo stanno spingendo verso un cul de sac.
C’è un esempio che vale più di molti altri. Come spiega un ministro a lui vicino, «durante la sua ormai lunga carriera da presidente del Consiglio, in ogni momento di grave difficoltà il Presidente ha minacciato il ricorso alle elezioni anticipate». Stavolta, invece, «della minaccia di “provocare” lo scioglimento anticipato della legislatura non c’è traccia da nessuna parte». Niente. La solita arma fine-di-mondo, che Berlusconi usava puntualmente per mettere paura all’opposizione, è scomparsa da tempo da qualsiasi radar.
Il perché sta nel «foglietto di carta» di cui sopra, nel capitoletto dedicato al «testa a testa» tra centrosinistra e centrodestra. La forbice tra le due coalizioni vede lo schieramento trainato dal Pd in vantaggio di 9 punti rispetto a quello “capitanato” dal Pdl. Un vantaggio che, nel caso in cui il «Terzo Polo» si schierasse col Nuovo Ulivo (Pd, Sel, Idv), salirebbe addirittura a 17 punti percentuale.
E non è tutto. Il primo «sondaggio riservato» del dopo-amministrative fa paura al Cavaliere anche perché alle difficoltà di un Pdl al 27,5 per cento si accompagna una sostanziale “tenuta” del Carroccio. La Lega, infatti, rimane comunque ancorata alla doppia cifra (poco più del 10%). Uno score, spiegano da via Bellerio, che ovviamente «crescerebbe a dismisura qualora la nostra strada si separasse da quella di Berlusconi».
Alla débâcle post-elettorale dei berluscones si accompagna un centrosinistra trainato dall’effetto-amministrative. Pd al 29.2, Sinistra e libertà al 9, Italia dei valori al 6, Udc al 5.5. E, al di là delle cifre attribuite ai singoli partiti, nel sondaggio in questione si annota che la percentuale degli italiani convinti che «sarà il centrosinistra a vincere le prossime elezioni» (42%) è superiore a quella degli elettori che scommettono su una riconferma dell’attuale maggioranza berlusconiana (solo il 31,9% degli interpellati è convinto che, se si votasse domani, il centrodestra rivincerebbe le elezioni).
Tolta la nomina di Alfano a segretario, nel Pdl le contromosse sembrano toppe peggiori del buco. Intervistato da Repubblica, Claudio Scajola ha invitato a «buttare via» la creatura politica del Cavaliere. «Serve una casa dei moderati che ci riunifichi all’Udc», è l’opinione dell’ex ministro. Non quella di Fabrizio Cicchitto, però. «Il Pdl va rinnovato, non smontato», ha messo a verbale il capogruppo a Montecitorio.
La proposta di Scajola, tra l’altro, è stata respinta al mittente dal Terzo Polo. Con un coro di niet che ha raggiunto la vetta massima con un caustico commento che Enzo Carra ha pubblicato sul suo blog. «In case pagate da ignoti, noi dell’Udc non vogliamo abitarci», ha scritto il deputato centristra evocando lo scandalo di Affittopoli che l’anno scorso costrinse Scajola a dimettersi dal governo.
Intanto Alfano ha affidato a un’intervista al Corriere della sera il suo manifesto sulla forma-partito del Pdl. Primarie e congressi sì, «e subito». Correnti «no». Sembra di rivivere, anche nell’utilizzo dei termini, lo stesso calvario attraversato dal Pd fino all’anno scorso. Con una differenza. Nell’eterogeneo mondo del berlusconismo, ci sono big che ancora non hanno mostrato le loro carte. Uno su tutti, Giulio Tremonti.
Il ministro dell’Economia, che nei desiderata del Cavaliere dovrebbe “accontentarsi” di un posto da vicepremier (insieme a Roberto Calderoli) e in cambio sotterrare l’ascia di guerra, ha liquidato i cronisti che gli chiedevano di Alfano facendo ricorso al «cuius regio, eius religio». Significa che il suddito deve conformarsi alla religione del principe dello Stato in cui vive. Ma nel gruppetto (bipartisan) di parlamentari con cui si confronta spesso, c’è chi giura che l’ultimo successore di Quintino Sella ha timore di finire risucchiato dentro «una nuova Democrazia cristiana», come si configurerebbe quel partito «che ha Alfano alla segreteria». Da qui i rumors, che si faranno sempre più insistenti, sulla possibilità che «Giuletto» abbandoni il Pdl con un gesto plateale. Magari all’indomani dei referendum.




Il referendum dei pasticci. - di Flavia Amabile


Esclusi dal voto gli studenti Erasmus e i cooperanti. Sugli italiani all'estero ancora confusione.

Un pasticcio così non si vedeva da un po'. Solo in Italia si poteva creare una situazione così equivoca in nome della libertà di scelta e in queste ore i comitati di italiani all’estero sono sul piede di guerra mentre si scopre che anche i cooperanti all’estero e gli studenti dell’Erasmus non potranno votare a meno di rientrare in patria.

Tutto ha inizio con il colpo di mano del governo che ha abrogato le norme che consentono la produzione e l'installazione di centrali nucleari, rendendo inutile il referendum. La Corte di Cassazione ha risposto la scorsa settimana precisando che, è vero, le norme sul nucleare sono state abrogate, ma hanno introdotto due norme totalmente diverse in materia di strategia energetica. E, dunque, il quesito va riscritto e comunque posto agli elettori nella nuova formula, in cui si parla di strategia energetica e non di centrali nucleari. Tutt'altra cosa, insomma, rispetto a quanto proposto dai comitati referendari e su cui si sono raccolte le firme.

Fa nulla, hanno avvertito i sostenitori del referendum, bisogna andare a votare lo stesso. A questo punto gran parte di quelli che andranno a votare penseranno di esprimere con il loro sì, il no alle nuove centrali nucleari. In realtà si parlerà di altro. Ma se dovesse arrivare una valanga di sì tutti interpreterebbero comunque la scelta come un chiaro segnale di stop agli impianti anche se nel quesito non ce n'è traccia. Geniale, no?

Il governo, invece, ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale attraverso una richiesta di inammissibilità dell’Avvocatura dello Stato, mentre il Pd ha presentato un’istanza di rigetto. La sentenza è attesa per domani, quando mancheranno cinque giorni all’apertura delle urne.

In caso di sentenza favorevole alla riscrittura del quesito i sostenitori del Sì esulterebbero perché vorrebbe dire poter esprimere la propria opinione sul nucleare in Italia, a dispetto dei tentativi del governo di far scomparire la domanda. Ma un istante dopo, lo sanno bene, inizierebbero i problemi.

In cinque giorni vanno ristampate e spedite di nuovo 50 milioni e oltre di schede. Finché si tratta di mandarle ai seggi italiani si tratta di un’impresa difficile e costosa ma non impossibile. Il problema vero si pone quando si considera che all’interno dei 50 milioni ve ne sono 3 che votano all’estero, e per estero si intende il mondo intero. E’ il nodo irrisolvibile legato alla sentenza della Corte Costituzionale, un dilemma che può diventare decisivo anche ai fini dell’esito del referendum.

Sono tre milioni e oltre di voti, possono rivelarsi determinanti per il raggiungimento del quorum. Ma che cosa succederebbe se si chiedesse loro di votare di nuovo? Lo deciderà la Corte Costituzionale chiamata oggi a nominare il suo nuovo presidente.

Antonio Di Pietro lo scrive a chiare lettere sul suo blog e comunque domani sarà insieme ad una delegazione dell’Idv alla Corte Costituzionale come Comitato promotore a chiedere che il quesito venga ammesso: «C’è un problema nei referendum: il quorum. Bisogna raggiungerlo sapendo che non è del 50 ma del 60%. Questa volta, infatti, ci troviamo in una situazione delicatissima provocata da questo governo. Ci sono tre milioni e mezzo di italiani all’estero che hanno già votato sull’altro quesito referendario, quello modificato dalla Corte di Cassazione. Il risultato è che noi, per stare tranquilli, dobbiamo superare abbondantemente il 50%, perché altrimenti son pronto a scommettere che il ministero degli Interni farà il possibile per non conteggiare i voti degli italiani all’estero».

I parlamentari dell’opposizione in una lettera al governo hanno prospettato due soluzioni: «considerare valido per l’estero il vecchio quesito o, nel peggiore dei casi, non considerare il voto all’estero ai fini del conteggio del quorum». Soluzione che fa andare su tutte le furie i comitati di italiani all’estero. Una lettera ufficiale è partita dalla Svizzera, altre dovrebbero arrivare.

Anche studenti Erasmus e cooperanti delle Onlus non potranno partecipare al voto. Lo denuncia Franco Narducci, deputato del Pd: «La norma li esclude e il decreto è arrivato in aula con un ritardo tale da tendere impossibile un aggiustamento». Chi vuole può tornare in Italia a votare. Il biglietto verrà rimborsato, facendo crescere ancora il costo del referendum per le casse dello Stato.