Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 9 settembre 2011
Obama: "450 mld di dollari per rilanciare l'occupazione e aiutare l'economia"
Washington, 9 set. - (Adnkronos/Aki) - Presentate ieri sera al Congresso l''American Jobs Act'. Tra le misure del pacchetto un mix di sgravi e deduzioni fiscali per i lavoratori e le imprese che assumono. Il presidente Usa: "Ridare dignità a milioni di americani disoccupati".
Washington, 9 set. - (Adnkronos/Aki) - Un piano ancora più ambizioso del previsto, per rimettere in moto l'economia e aiutare concretamente le famiglie americane, quello presentato davanti al Congresso Usa da Barack Obama. E' ricordando l'urgenza della crisi in cui versa il paese che il presidente ha illustrato il suo 'American Jobs Act'. Un piano largamente anticipato con cui rispondere alla disoccupazione e dare un segnale forte in vista della campagna elettorale per la rielezione. Sul tavolo, Obama ha messo unpacchetto di misure da 450 miliardi di dollari, ben superiore ai 300 miliardi annunciati, spese che saranno tutte coperte, ha assicurato Obama. ''In questa proposta - ha sottolineato - non dovrebbe esserci nulla di controverso. Ogni misura prevista era stata sostenuta sia dai Democratici che dai Repubblicani e ognuna di queste ha copertura''.
Washington, 9 set. - (Adnkronos/Aki) - Un piano ancora più ambizioso del previsto, per rimettere in moto l'economia e aiutare concretamente le famiglie americane, quello presentato davanti al Congresso Usa da Barack Obama. E' ricordando l'urgenza della crisi in cui versa il paese che il presidente ha illustrato il suo 'American Jobs Act'. Un piano largamente anticipato con cui rispondere alla disoccupazione e dare un segnale forte in vista della campagna elettorale per la rielezione. Sul tavolo, Obama ha messo unpacchetto di misure da 450 miliardi di dollari, ben superiore ai 300 miliardi annunciati, spese che saranno tutte coperte, ha assicurato Obama. ''In questa proposta - ha sottolineato - non dovrebbe esserci nulla di controverso. Ogni misura prevista era stata sostenuta sia dai Democratici che dai Repubblicani e ognuna di queste ha copertura''.
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Obama-450-mld-di-dollari-per-rilanciare-loccupazione-e-aiutare-leconomia_312432237820.html
Governo, ultimatum di Confindustria "Il governo agisca o se ne vada"
Emma Marcegaglia: "C'è un problema di credibilità molto serio. Il Paese è in pericolo". Passera: "Serve piano per la crescita". La protesta della Anm: "Pronti ai ricorsi". Cgil: "Porteremo la manovra alla Corte Costituzionale". Presentati circa 400 emendamenti (20 sono della Lega)
Marcegaglia non risparmia critiche alla manovra perchè "per il 60% è composto da nuove tasse. Passiamo a una pressione fiscale pari al 44,5%, cioè il massimo storico in Italia. Si tratta di una manovra depressiva". Inoltre "non contiene interventi strutturali: bisogna affrontare il nodo pensioni, fare le liberalizzazioni e le privatizzazioni".
Marcegaglia ritiene che si debba intervenire anche sui costi della politica "senza demagogia perchè in un momento complicato come questo non bisogna accendere la miccia dell'antipolitica". Ma "per riuscire a tornare a crescere dobbiamo dare più fiducia alla gente. Ognuno di noi deve fare un passo indietro perchè in questa fase ognuno protegge se stesso. Quindi tutti facciano sacrifici a partire da chi ha di più: bisogna mettere insieme un sistema per cui abbassiamo le tasse su chi tiene in piedi il paese cioè i lavoratori e le imprese e alzarle sul resto: Iva, patrimoni, rendite, su tutto quello che è necessario".
E anche Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, chiede un "ampio piano" per la crescita: "Se sapranno farlo bene sennò bisogna cambiare perchè non possiamo rinunciare a un piano effettivo di crescita".
Emendamenti. Sono circa 400 gli emendamenti al decreto legge con la manovra presentati in commissione bilancio della Camera. Una ventina sono a firma di deputati della Lega (tra questi quello che ipotizza una tassa del 5% su ciascuna giornata di sciopero da parte dei calciatori professionisti). Al momento non risulta il Pdl abbia depositato proposte di modifica. Anche i Responsabili hanno preferito non presentare emendamenti, preferendo la via degli ordini del giorno in assemblea. Dell'opposizione, il Pd ha firmato un centinaio di testi, l'Idv una settantina e 15 il Terzo polo. I parlamentari della componente radicale del gruppo democratico avrebbero a loro volta depositato un centinaio di emendamenti.
Tra gli emendamenti presentati dal Pd ne spunta uno che taglia le indennità dei deputati. Il testo originale del decreto del governo varato l'11 agosto prevedeva una riduzione del 50% dell'indennità per i parlamentari che avessero un altro reddito da lavoro. Dopo una raccolta di firme partita tra i senatori, il maxi-emendamento del governo ha limitato questa sforbiciata al 20% per i redditi oltre 90.000 e del 40% per i redditi oltre 150.000 euro. "Il nostro emendamento - spiega il democratico Paolo Baretta - ripristina il testo originale del decreto per quanto riguarda la quantità del taglio, ma allarga la platea a tutti i redditi, compresi quelli da patrimonio. E' illogico che chi scrive un libro abbia l'indennità decurtata, e Berlusconi no".
Anm. E si mobilita anche l'associazione nazionale dei magistrati. Il comitato direttivo dell'Anm ha proclamato lo stato di agitazione della categoria contro la manovra, definita "iniqua" perché penalizza soprattutto i dipendenti pubblici. In particolare, si preannunciano ricorsi contro il contributo di solidarietà per i redditi superiori ai 90 mila euro solo per il pubblico impiego. Severo anche il giudizio della Cgil. "Manovra ingiusta, depressiva e irresponsabile" taglia corto il segretario generale Susanna Camusso - Stiamo gia' preparando con i nostri consulenti legali i ricorsi sui singoli punti della manovra, a cominciare dal contributo di solidarietà solo per i pubblici dipendenti".
Commissione bilancio. I lavori sono stati sospesi per consentire lo svolgimento di un ufficio di presidenza chiamato a svolgere una valutazione politica sugli effetti sui mercati delle dimissioni del consigliere Bce, Jurgen Stark. La commissione ha interrotto i lavori appena annunciate le inammissibilità: alla ripresa verranno discussi i ricorsi e solo dopo potranno iniziare le votazioni sugli emendamenti.
http://www.repubblica.it/economia/2011/09/09/news/tagli_parlamento-21428208/
Indennità e vitalizi d'oro, la beffa dei tagli alla politica e le promesse non mantenute.
Non c'è traccia di «scelte epocali» e risparmi milionari. Via anche la norma sull'ineleggibilità dei corrotti.
«E tu osi credere ai tuoi occhi invece che a me?». Il fastidio con cui nella maggioranza vivono lo scetticismo dei cittadini nei confronti dei tagli alla politica ricorda la battuta di una leggendaria diva del cinema al marito che l'aveva sorpresa a letto con un amante: ma come, non ti fidi?
Il guaio è che di impegni, promesse, giuramenti, in questi anni ne abbiamo sentiti davvero troppi. Prendiamo due titoli di poche settimane fa dell'Ansa. Il primo: «Ok a bilancio Camera, tagli per 150 milioni». Il secondo: «Via libera Senato a tagli per 120 milioni». Non c'è estate, praticamente, che le agenzie non annuncino tagli radicali. Tutti futuri: il prossimo anno, nei prossimi due anni, nei prossimi tre anni... Poi vai a vedere e scopri che le spese correnti, quelle che contano, non scendono mai. E se Montecitorio nel 2001 costava 749,9 milioni di euro oggi ne costa un miliardo e 59 milioni. Sforbiciata reale nel 2011: meno 0,71%. E se Palazzo Madama dieci anni fa costava 349,1 milioni oggi ne costa 574. Con un aumento del 65%. In un decennio in cui il Pil pro capite italiano è calato del 4,94%. Sforbiciata reale nel 2011: 0,34%. Meno di un centesimo della amputazione radicale ai fondi per la cultura, falcidiati in un decennio del 50,2%.
E se al Quirinale va riconosciuto d'avere tentato di frenare la macchina impazzitae ormai quasi incontrollabile con un aumento del 5,07% negli ultimi anni seguiti al divampare delle polemiche sui costi della politica, non si può dire lo stesso per il Senato (+9,37%), la Camera (+12,64), la Corte Costituzionale (+11,48) e soprattutto il Cnel, schizzato all'insù, dopo un periodo di magra, del 20% tondo: il quadruplo dell'aumento del Colle.
Non diversamente è andata con altri impegni solenni. «Costi della politica, tagli epocali» era il titolone de «la Padania» di tre settimane fa. All'interno, lo stesso entusiasmo strillato a tutta pagina: «La Casta colpita al cuore». E il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli sventolava una serie di successi trionfali: taglio delle Province, taglio dei seggi e degli stipendi dei Consigli regionali, taglio dei Comuni sotto i 1.000 abitanti, taglio complessivo di 54 mila «poltrone». Pochi giorni e il trionfo si ridimensionava. Ed ecco emergere che le Province in via di soppressione da 37 scendevano a 22, il taglio dei seggi e degli stipendi dei consigli regionali non poteva violare l'autonomia degli enti e dunque era affidato a un «ricatto virtuoso» (o tu tagli dove dico io o io taglio a te un po' di finanziamenti), i Comuni più piccoli non ne volevano sapere e le 54.000 «poltrone» si rivelavano così poco «lussuose» che dopo la pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale» anche un giornale non ostile come «Libero» denunciava in un titolo: «Nella manovra non è previsto neppure un euro di ricavi dalle sbandierate soppressioni di Comuni e Province: segno che non ci credono neppure loro». Qualche giorno ancora e saltavano sia l'accorpamento dei piccoli Municipi che l'abolizione delle poche Province, rimandata a un lunare disegno di legge costituzionale. Come volevasi dimostrare.
Più o meno lo stesso tormentone che da anni ruota intorno alla soppressione degli enti inutili, bollati addirittura nella prima versione del codice delle autonomie, provvedimento governativo arenato in Senato da quattordici mesi, come «enti dannosi». Estate 2008: «Entro quest'anno sugli enti inutili calerà la ghigliottina». Estate 2009: «Via 34.000 enti inutili». E via così. Il risultato si può leggere nella relazione tecnica della manovra del 2011: «L'abrogazione degli enti con dotazione organica inferiore alle 50 unità non ha prodotto alcun risparmio». Enti tagliati? Manco uno. Ed ecco il 13 agosto scorso una nuova Ansa: «Via gli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle settanta unità». Lo prevede il testo della manovra ma «con esclusione degli ordini professionali e loro federazioni, delle federazioni sportive, degli enti la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resistenza e delle deportazioni». Restano fuori anche le organizzazioni per la Giornata della memoria, del Giorno del ricordo, le Autorità portuali e gli enti parco. Tempi? «Gli enti sotto le 70 unità sono soppressi al novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della manovra». Da allora, di giorni, ne sono passati venti. E invece che essere soppressi gli enti inutili, nella nuova versione della manovra, è stata soppressa la loro soppressione. Andiamo avanti?
Nella prima bozza Tremonti del 23 giugno era previsto che «i compensi pubblici erogati a qualsiasi titolo, politico o di pubblico servizio, ed a qualsiasi livello, tanto centrale quanto regionale, provinciale o comunale, non possono superare quelli erogati per i corrispondenti titoli europei». Traduzione: basta con le indennità e gli stipendi troppo alti rispetto alla media Ue. Decisione sacrosanta. Ma una misteriosa manina ha nottetempo infilato nel testo di un emendamento di poche paroline e la media europea di riferimento è diventata «ponderata rispetto al Pil» e limitata ai «sei maggiori Paesi», così da tagliar fuori i Paesi che avrebbero fatto abbassare le buste paga. Un giochetto che, secondo una nota interna della Cisl, avrebbe messo in salvo circa mille euro al mese.
Ancora più divertente, si fa per dire, è l'epilogo della promessa di adeguare le regole italiane a quelle straniere, che in molti casi vietano espressamente a chi è pagato per fare il parlamentare di fare altri lavori. Facoltà che in certi casi (ad esempio quello del medico Antonio Gaglione, che ha detto di non avere nessunissima intenzione di dimettersi e rinunciare alle prebende) ha portato anche al 93% di assenze.
Ancora più divertente, si fa per dire, è l'epilogo della promessa di adeguare le regole italiane a quelle straniere, che in molti casi vietano espressamente a chi è pagato per fare il parlamentare di fare altri lavori. Facoltà che in certi casi (ad esempio quello del medico Antonio Gaglione, che ha detto di non avere nessunissima intenzione di dimettersi e rinunciare alle prebende) ha portato anche al 93% di assenze.
La riforma sbandierata all'inizio prevedeva il taglio del 50% dell'indennità lorda. Poi il trauma è stato ridimensionato col raddoppio del prelievo di solidarietà, il 20% oltre i 90 mila e il 40% oltre i 150 mila. Ma siccome pochissimi hanno una indennità superiore a questa cifra (quelli che guadagnano molto lo devono proprio all'attività privata) la percentuale di riferimento reale è quella del 20%. Facciamo due conti? Dato che l'indennità lorda di un deputato semplice è di 140.443 euro e 68 centesimi lordi l'anno (poi bisogna aggiungere le diarie e rimborsi vari, al netto) un doppiolavorista avrebbe avuto con la prima versione delle nuove regole, un taglio di 70.221 euro e 84 centesimi. Con le regole nuove, 10.088 euro e 73 centesimi. Un settimo. Non bastasse, mentre il prelievo di solidarietà «doppio» non aveva scadenza, l'ultima versione dice esplicitamente che dura tre anni: 2011, 2012 e 2013. Non solo: non tocca più la Corte Costituzionale e il Quirinale. Che com'è noto, alla denuncia di Roberto Castelli, ha risposto bruscamente: tutta farina vostra, noi non c'entriamo, è il governo che decide.
Non bastasse ancora, la legge che vietava l'accumulo di cariche e già era di fatto ignorata (si pensi che siedono in Parlamento vari presidenti provinciali, da quella di Asti a quelli di Foggia, Bergamo, Salerno, Brescia...) è stata addirittura annacquata: l'incompatibilità assoluta fra incarico parlamentare e altre cariche elettive, introdotta nella prima versione della manovra agostana, si è ridotta a vietare l'accumulo del seggio alle Camere con le cariche elettive «monocratiche», presidenti provinciali e sindaci di Comuni oltre i 5 mila abitanti. Non con altre poltrone, come quelle di assessori o consiglieri provinciali e comunali. E non basta ancora. Nella prima bozza della manovra di luglio si diceva che dopo la scadenza dell'incarico nessun «titolare di incarichi pubblici, anche elettivi, può continuare a fruire di benefici come pensioni, vitalizi, auto di servizio, locali per ufficio, telefoni, etc...» Nel testo approvato, sorpresa sorpresa, è sparito ogni riferimento a «pensioni e vitalizi». Anche lì, la solita manina? Ma non è finita. Da giugno scorso giace alla Camera un altro disegno di legge che era stato sbandierato in pompa magna dal governo il 1° marzo 2010, sull'onda degli scandali sui grandi eventi e la Protezione civile: quello contro la corruzione. Ricordate?
Suonarono le trombe: «Nessuno mai è stato così duro contro i corrotti!».
Dopo più di un anno il disegno è stato approvato in Senato, ma diverso da come era nato. Nel testo iniziale si stabiliva per la prima volta che una persona condannata con sentenza definitiva a una pena superiore a due anni per reati come la corruzione non potesse venire eletta in Parlamento. In quello approdato a giugno dalla Camera la norma tassativa e immediatamente applicabile dopo l'approvazione della legge è diventata una «delega al governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi». Ricapitoliamo? Prima bisognerà approvare la legge. E già immaginiamo che verrà opportunamente modificata alla Camera per poi tornare in terza lettura al Senato... Un annetto per ogni passaggio e già siamo fuori tempo massimo. Ma se per miracolo dovesse superare l'esame del Parlamento prima della fine della legislatura, da quel momento il governo avrà ancora un anno di tempo per scrivere la delega. Campa cavallo... Per capire cosa è successo «davvero» è sufficiente citare un caso: quello di Salvatore Sciascia, l'ex manager Fininvest condannato in via definitiva a due anni e mezzo per corruzione della Guardia di finanza e portato nel 2008 in Senato. Come ha votato? Indovinato: a favore.
Dopo più di un anno il disegno è stato approvato in Senato, ma diverso da come era nato. Nel testo iniziale si stabiliva per la prima volta che una persona condannata con sentenza definitiva a una pena superiore a due anni per reati come la corruzione non potesse venire eletta in Parlamento. In quello approdato a giugno dalla Camera la norma tassativa e immediatamente applicabile dopo l'approvazione della legge è diventata una «delega al governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi». Ricapitoliamo? Prima bisognerà approvare la legge. E già immaginiamo che verrà opportunamente modificata alla Camera per poi tornare in terza lettura al Senato... Un annetto per ogni passaggio e già siamo fuori tempo massimo. Ma se per miracolo dovesse superare l'esame del Parlamento prima della fine della legislatura, da quel momento il governo avrà ancora un anno di tempo per scrivere la delega. Campa cavallo... Per capire cosa è successo «davvero» è sufficiente citare un caso: quello di Salvatore Sciascia, l'ex manager Fininvest condannato in via definitiva a due anni e mezzo per corruzione della Guardia di finanza e portato nel 2008 in Senato. Come ha votato? Indovinato: a favore.
Per chiudere, a parte la sottolineatura che la telenovela intorno all'abolizione della metà dei parlamentari ormai giunta alla 1327a puntata è ancora aperta a ogni colpo di scena, vale la pena di ricordare che nonostante tutte le promesse è ancora in vigore la leggina più infame che, sotto l'infuriare delle polemiche, si erano impegnati a cambiare. Quella sulle donazioni. La quale riconosce a chi regala 100.000 euro alla ricerca sul cancro o ai lebbrosi uno sconto fiscale di 392 euro e chi regala gli stessi soldi a un partito politico uno sconto 50 volte più alto. Giuravano tutti che sarebbe stata spazzata via: e ancora lì.
E i cittadini dovrebbero fidarsi delle promesse di oggi?
E i cittadini dovrebbero fidarsi delle promesse di oggi?
Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella
09 settembre 2011 11:42
09 settembre 2011 11:42
Ecco il motore elettrico più piccolo del mondo.
Descritto sulla rivista Nature Nanotechnology dai chimici americani della Tufts University's School of Arts and Sciences, il nanomotore elettrico è stato realizzato con una molecola di solfuro di metile butile.
''Vi sono stati progressi significativi nella costruzione di motori molecolari alimentati dalla luce e da reazioni chimiche, ma è la prima volta che viene realizzato un motore molecolare a trazione elettrica, nonostante alcune proposte teoriche'', spiega il coordinatore dello studio, Charles Sykes. ''Siamo stati in grado di dimostrare - ha aggiunto - che è possibile fornire energia elettrica a una singola molecola e farle fare qualcosa che non è solo casuale''. I ricercatori hanno controllato il motore molecolare elettrico utilizzando un microscopio a scansione a effetto tunnel (Lt-Stm), che utilizza gli elettroni invece della luce per vedere le molecole. Per fornire la carica elettrica alla molecola di solfuro di metile butile, posta su una superficie conduttiva di rame, i ricercatori hanno utilizzato una punta di metallo sul microscopio. La molecola di cui è fatto il motore, spiegano i ricercatori, contiene zolfo e ha atomi di carbonio e idrogeno che penzolano all'esterno e somigliano a due bracci. Queste catene di carbonio sono libere di ruotare attorno al legame zolfo-rame e la loro rotazione è controllata dalla temperatura delle molecole.
''Non appena avremo una migliore comprensione sulle temperature necessarie per rendere funzionale questo motore - ha osservato Sykes - ci potrebbero essere applicazioni reali in minuscoli sensori e dispositivi medici''.
http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/tecnologie/2011/09/06/visualizza_new.html_727031785.html
Ominide vissuto 2 milioni di anni fa il più vicino antenato dell'uomo.
Australopithecus sediba presenta caratteri sia umani sia delle scimmie, che costringono a rivedere molte delle conoscenze sull'evoluzione del genere Homo. Su Science l'analisi dei reperti fossili rinvenuti nel sito sudafricano di Malapa.DI ALESSIA MANFREDI
Foto di Peter Schmid, per concessione di Lee Berger e dell'università di Witwatersrand
In una serie di cinque articoli pubblicati su Science 1, che allo studio dedica la copertina, il professor Lee Berger, paleoantropologo dell'università di Witwatersrand a Johannesburg, in Sudafrica, insieme a diversi colleghi internazionali, ne descrivono le caratteristiche anatomiche, emerse dallo studio di reperti fossili - sorprendentemente completi e ben conservati - riconducibili a due scheletri scoperti da Berger tre anni fa nel sito sudafricano di Malapa, e datati con precisione a 1,977 milioni di anni fa.
La creatura svelata da Berger ha un cervello piccolo e braccia lunghe, come gli australopitechi. Ma in parte somiglia molto ai primi Homo, con dita corte, pollice lungo e adatto a maneggiare con precisione oggetti e manufatti, e un cervello (come si vede dal calco endocranico vituale) che, nonostante le dimensioni ridotte, mostra segni di una riorganizzazione che lo avvicina a quello umano: "Una combinazione di caratteri sia dei primati che umani in un unico individuo", sintetizza Berger.
Un enigma, o meglio un "paleo-puzzle". Il docente dell'ateneo sudafricano propende per collocare sedibanel genere Australopithecus, forse quella creatura misteriosa che avrebbe poi aperto la strada agli Homo in Africa: la congiunzione, insomma, fra l'australopiteco e il genere umano.
"Vista la cronologia, però, si potrebbe considerarlo già come una forma primitiva di Homo, comparso probabilmente in Africa orientale prima di due milioni di anni fa, di cui sarebbe una varietà diffusasi fino in Sudafrica", commenta il professor Giorgio Manzi, paleoantropologo dell'università La Sapienza di Roma, esperto di evoluzione umana.
"E' un'ipotesi affascinante", conferma, "e i reperti descritti in questo lavoro sono di inusitata ricchezza, sia per il grado di conservazione che per la capacità di fare luce su un periodo cruciale dell'evoluzione umana, lo snodo decisivo per la comparsa della nostra specie", continua. E, aggiunge, "provengono da un sito che rappresenta, per ricchezza e qualità dei reperti, una cattedrale della nostra preistoria più antica, come ce ne sono poche in giro".
Le caratteristiche dell'ominide descritte su Science riguardano aspetti cruciali, spiega ancora il professore: dal bacino, particolarmente importante per avere indizi sulla locomozione, alla mano, che flette ancora in modo simile a quello delle scimmie che si arrampicano sugli alberi, ma suggerisce anche la possibilità chesediba riuscisse a maneggiare con precisione oggetti e produrre manufatti, caratteristica propria del genere Homo. Il piede, poi, sembra indicare una fase di "bipedismo facoltativo", in cui il nostro progenitore non aveva ancora "scelto" in modo definitivo di camminare solo su due piedi, ma si serviva ancora di tutti e quattro gli arti per arrampicarsi sugli alberi. Infine il cervello, ancora piccolo, ma più evoluto rispetto a quello delle australopitecine.
Evidenze in base alle quali l'ominide sudafricano gioca un ruolo chiave nella storia della nostra evoluzione. "Non diciamo che è un nostro diretto progenitore, ma se si cominciano a valutare tutti gli elementi, di certo ne è il più probabile candidato", argomenta Berger. "Ben più di altre scoperte precedenti, come Homo habilis", precedente a Homo erectus, da cui in qualche modo noi Homo sapiens discendiamo. Altri ricercatori sono invece convinti del fatto che varie specie convivessero nello stesso periodo, diverse sperimentazioni di ominidi. Di certo, il dibattito continua.
Serravalle, Penati indagato per corruzione. - di Igor Greganti
MONZA - C'e' una nuova accusa a carico di Filippo Penati, oltre a quelle per cui la Procura di Monza ha chiesto l'arresto, poi negato dal gip. L'ex esponente del Pd, infatti, e' indagato per concorso in corruzione nell'ambito di uno dei filoni dell'inchiesta che ha 'scoperchiato' il 'sistema Sesto', quello relativo ad una presunta tangente pagata per l'acquisto da parte della Provincia di Milano del 15% delle quote dell'autostrada Milano-Serravalle dal gruppo Gavio. Una contestazione che si aggiunge alle accuse di corruzione e concussione relative a presunte 'mazzette' che sarebbero arrivate a Penati nell'ambito di interventi di sviluppo urbanistico nelle aree ex Falck e Marelli di Sesto San Giovanni, e a quella di finanziamento illecito al partito che vede, stando alle indagini, l'ex presidente della Provincia di Milano legato 'a doppio filo' a un manager del gruppo Gavio e all'imprenditore Piero Di Caterina. I pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchi, e gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano hanno deciso, infatti, di 'scavare' nella operazione Milano-Serravalle, che venne contestata anche dall' allora sindaco di Milano Gabriele Albertini. La Provincia compro' le quote a quasi 9 euro e cosi' il gruppo Gavio, che le aveva pagate meno di 3 euro, realizzo' una plusvalenza di 179 milioni di euro. L'imprenditore Di Caterina, sentito a verbale dai pm nel giugno 2010, ha riferito cio' che gli avrebbe detto l'ex dirigente della Provincia, Antonino Princiotta: ''nell'aprile del 2005'' ci sarebbero stati ''alcuni incontri presso lo studio del commercialista Ferruccio di Milano via Pontaccio'' per stabilire il ''sovrapprezzo'' dell'operazione ''da pagare a favore di Penati e Vimercati (suo ex braccio destro, ndr)''. Trattative a cui, stando a Di Caterina, avrebbero partecipato lo stesso Princiotta, ''Vimercati, Binasco (Bruno, manager del gruppo Gavio, ndr) e un rappresentante di Banca Intesa, tale Pagani''. Tutte le persone che avrebbero preso parte agli incontri sono state iscritte nel registro degli indagati e i finanzieri hanno primo perquisito verso meta' agosto gli uffici del manager di Intesa, Maurizio Pagani, e poi nei giorni scorsi sono andati ad acquisire documenti nelle sedi di alcune societa' del gruppo Gavio. Poi gli uomini della Tributaria hanno continuato anche oggi a prelevare 'carte' sul 'capitolo Serravalle', presentandosi nelle sede della Salt spa, altra societa' del gruppo con base in provincia di Lucca. I pm, che contestano a Penati il concorso in corruzione nella vicenda dell'acquisto della societa' autostradale, spiegano in parte l'accusa anche nell'appello depositato al Tribunale del Riesame (l'udienza e' fissata per il prossimo 21 ottobre) per chiedere l'arresto dell'ex presidente della Provincia. ''L'unica alternativa razionale e coerente - scrivono - per spiegare il pagamento di Binasco a Di Caterina (2 milioni di euro attraverso un'operazione immobiliare fittizia, ndr) nell'interesse di Penati e Vimercati e' che la somma sia parte della tangente a loro destinata per l'acquisto'' della Milano-Serravvale. ''Non ho ricevuto alcuna comunicazione formale dalla Procura di Monza. Non ho mai sentito parlare di sovrapprezzo per Serravalle'', e' stata la reazione di Penati. Mentre l'avvocato Angelo Giarda, che difende il manager Pagani, ha spiegato che il luogo indicato da Di Caterina, dove si sarebbero svolte le trattative, ''non esiste''. Intanto, oggi, e' stato interrogato dai pm l'avvocato Giovanni Camozzi, braccio destro dell'immobiliarista Luigi Zunino e indagato per corruzione nell' inchiesta. Stando alle indagini, Camozzi, ''quale legale rappresentante pro-tempore di Immobiliare Cascina Rubina'', societa' del gruppo Risanamento di Zunino che aveva acquisito la proprieta' dell'area Falck, avrebbe preso parte, tra il 2006 e il 2007, al versamento di 1,5 milioni di euro a favore dell'allora assessore di Sesto Pasqualino Di Leva, ora in carcere (domani a Milano ci sara' l'udienza davanti al Tribunale del Riesame). Da quanto si e' saputo, Camozzi avrebbe fornito a verbale riscontri all'ipotesi accusatoria, ma avrebbe in parte rettificato alcune sue precedenti dichiarazioni che riguardavano Penati. In un interrogatorio nel 2010, infatti, aveva detto che a Zunino (verra' interrogato lunedi') serviva ''un appoggio politico che Di Caterina, uomo legato all'allora presidente della Provincia di Milano Penati, poteva dare''.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/09/08/visualizza_new.html_726105384.html
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