Oggi Berlusconi indica il governatore: se il nome sarà il suo, il direttorio di via Nazionale sarà spinto alle dimissioni. Saccomanni e Visco pronti a lasciare per protesta.
La vicenda Bankitalia sta finendo nel modo più temuto: con una nomina affrettata, imposta dalle scadenze più che dalla convinzione che spaccherà l’istituto di via Nazionale. Il premier Silvio Berlusconi ha comunicato che oggi manderà al consiglio superiore della Banca d’Italia la lettera con il nome su cui chiedere il parere, così che il consiglio superiore di via Nazionale possa esprimersi lunedì. Quel nome è ancora formalmente segreto, ma ieri nei palazzi romani la certezza era quasi assoluta: Lorenzo Bini Smaghi.
Da mesi, in via Nazionale, al Quirinale, al ministero dell’Economia, si voleva evitare il vicolo in cui si è infilato il governo. A Francoforte, ieri, si è celebrato l’addio a Jean-Claude Trichet che dopo otto anni lascia la presidenza della Banca centrale europea a Mario Draghi. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha dovuto incassare l’umiliazione diplomatica di vedere ancora due italiani sulle poltrone più alte, Draghi a ricevere da Trichet la campanella rituale che apre le riunioni, e Bini Smaghi ancora membro del direttivo della Bce. Nonostante una telefonata con l’Eliseo a giugno, nonostante le promesse di Berlusconi a Parigi, Bini Smaghi non ha ancora lasciato spazio a un francese, così da rispettare gli equilibri di nazionalità al vertice dell’istituto di Francoforte. Non è obbligato, ma i rapporti di forza tra Paesi lo richiedono. Ed è ormai unanime convinzione che – ancora una volta – il banchiere fiorentino stia cercando di capitalizzare al meglio l’imbarazzo che può causare al governo per conquistarsi una poltrona all’altezza di quella che dovrà lasciare.
Se il nome di Bini Smaghi sarà quello nella lettera di Berlusconi alla Banca d’Italia, molte delle tensioni di questi mesi esploderanno. Soprattutto dentro via Nazionale. La struttura della Banca d’Italia non ha gradito il protagonismo di Bini Smaghi che, prima dell’estate, aveva quasi messo in discussione la promozione di Draghi alla Bce, per la quale in Bankitalia c’era un tifo unanime e convinto, visto che sancisce l’autorevolezza e il prestigio europeo dell’istituzione, oltre che quella personale del governatore . Ora Bini Smaghi è riuscito a fare di peggio, anche nel remoto caso in cui non dovesse essere nominato: ha trasformato la carica di governatore in una merce nel suk della politica, una casella la cui funzione fondamentale è liberarne un’altra.
Certo, parte della responsabilità è anche del ministro Giulio Tremonti che ha insistito fino all’ultimo per il suo candidato, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli (che ieri era a Bruxelles, ormai fuori dai giochi). E in parte anche di Mario Draghi, che ha fatto una campagna di sostegno forse troppo palese per il suo braccio destro, il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni. Ma Bini Smaghi ha fatto molto da solo: si è addirittura paragonato a san Tommaso Moro, giustiziato per la propria indipendenza da Enrico VIII, eccesso retorico culmine di una stagione di presenzialismo mediatico lontano dallo stile riservato della Banca d’Italia, dove pure Bini Smaghi ha lavorato prima di passare al ministero del Tesoro e alla Bce.
Se Bini Smaghi oggi sarà il candidato governatore, in via Nazionale le cose cambieranno in modo traumatico. L’attuale numero due, Saccomanni, si dimetterà all’istante. Il vicedirettore generale,Ignazio Visco, aspetterà un poco soltanto per rispetto istituzionale verso il Quirinale che firma il decreto di nomina. Potrebbero lasciare anche gli altri due membri della prima linea, Giovanni Carosio e Anna Maria Tarantola, seguiti da altri dirigenti apicali. L’arrivo di Bini Smaghi, di cui nessuno contesta le competenze ma tutti lo stile, rischia di quindi di chiudere la parentesi di quiete inaugurata da Mario Draghi nel 2006, pacificatore dopo il trauma più grave nella storia dell’istituto, la fine ingloriosa di Antonio Fazio in seguito all’estate delle scalate bancarie nel 2005.
C’è solo un dettaglio che può spiegare perché, a poche ore dall’invio della lettera, ancora non ci fosse certezza. I leader dell’opposizione, Pier Luigi Bersani (Pd) e Pier Ferdinando Casini(Udc) hanno chiesto ieri “rispetto dell’autonomia” di Bankitalia e “valorizzazione delle competenze interne”, cioè la nomina di Saccomanni o Visco. E’ un messaggio al Quirinale che, prima di dare il via libera, deve tener conto del consenso attorno al nome. E sapendo che la legislatura è ormai morente, avallare una successione osteggiata da chi potrebbe stare al governo tra pochi mesi non è proprio il massimo.
Da mesi, in via Nazionale, al Quirinale, al ministero dell’Economia, si voleva evitare il vicolo in cui si è infilato il governo. A Francoforte, ieri, si è celebrato l’addio a Jean-Claude Trichet che dopo otto anni lascia la presidenza della Banca centrale europea a Mario Draghi. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha dovuto incassare l’umiliazione diplomatica di vedere ancora due italiani sulle poltrone più alte, Draghi a ricevere da Trichet la campanella rituale che apre le riunioni, e Bini Smaghi ancora membro del direttivo della Bce. Nonostante una telefonata con l’Eliseo a giugno, nonostante le promesse di Berlusconi a Parigi, Bini Smaghi non ha ancora lasciato spazio a un francese, così da rispettare gli equilibri di nazionalità al vertice dell’istituto di Francoforte. Non è obbligato, ma i rapporti di forza tra Paesi lo richiedono. Ed è ormai unanime convinzione che – ancora una volta – il banchiere fiorentino stia cercando di capitalizzare al meglio l’imbarazzo che può causare al governo per conquistarsi una poltrona all’altezza di quella che dovrà lasciare.
Se il nome di Bini Smaghi sarà quello nella lettera di Berlusconi alla Banca d’Italia, molte delle tensioni di questi mesi esploderanno. Soprattutto dentro via Nazionale. La struttura della Banca d’Italia non ha gradito il protagonismo di Bini Smaghi che, prima dell’estate, aveva quasi messo in discussione la promozione di Draghi alla Bce, per la quale in Bankitalia c’era un tifo unanime e convinto, visto che sancisce l’autorevolezza e il prestigio europeo dell’istituzione, oltre che quella personale del governatore . Ora Bini Smaghi è riuscito a fare di peggio, anche nel remoto caso in cui non dovesse essere nominato: ha trasformato la carica di governatore in una merce nel suk della politica, una casella la cui funzione fondamentale è liberarne un’altra.
Certo, parte della responsabilità è anche del ministro Giulio Tremonti che ha insistito fino all’ultimo per il suo candidato, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli (che ieri era a Bruxelles, ormai fuori dai giochi). E in parte anche di Mario Draghi, che ha fatto una campagna di sostegno forse troppo palese per il suo braccio destro, il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni. Ma Bini Smaghi ha fatto molto da solo: si è addirittura paragonato a san Tommaso Moro, giustiziato per la propria indipendenza da Enrico VIII, eccesso retorico culmine di una stagione di presenzialismo mediatico lontano dallo stile riservato della Banca d’Italia, dove pure Bini Smaghi ha lavorato prima di passare al ministero del Tesoro e alla Bce.
Se Bini Smaghi oggi sarà il candidato governatore, in via Nazionale le cose cambieranno in modo traumatico. L’attuale numero due, Saccomanni, si dimetterà all’istante. Il vicedirettore generale,Ignazio Visco, aspetterà un poco soltanto per rispetto istituzionale verso il Quirinale che firma il decreto di nomina. Potrebbero lasciare anche gli altri due membri della prima linea, Giovanni Carosio e Anna Maria Tarantola, seguiti da altri dirigenti apicali. L’arrivo di Bini Smaghi, di cui nessuno contesta le competenze ma tutti lo stile, rischia di quindi di chiudere la parentesi di quiete inaugurata da Mario Draghi nel 2006, pacificatore dopo il trauma più grave nella storia dell’istituto, la fine ingloriosa di Antonio Fazio in seguito all’estate delle scalate bancarie nel 2005.
C’è solo un dettaglio che può spiegare perché, a poche ore dall’invio della lettera, ancora non ci fosse certezza. I leader dell’opposizione, Pier Luigi Bersani (Pd) e Pier Ferdinando Casini(Udc) hanno chiesto ieri “rispetto dell’autonomia” di Bankitalia e “valorizzazione delle competenze interne”, cioè la nomina di Saccomanni o Visco. E’ un messaggio al Quirinale che, prima di dare il via libera, deve tener conto del consenso attorno al nome. E sapendo che la legislatura è ormai morente, avallare una successione osteggiata da chi potrebbe stare al governo tra pochi mesi non è proprio il massimo.