Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 18 febbraio 2012
venerdì 17 febbraio 2012
Cene, hotel, cancelleria, francobolli: così i partiti “bruciano” milioni di euro.
La Regione Emilia Romagna mette on line le spese fatte con soldi pubblici dei singoli gruppi consiliari: 3 milioni e 300 mila euro. Il Movimento 5 Stelle tra i virtuosi, maglia nera a Sel che riesce a spendere addirittura di più rispetto a quello che ha a disposizione.
Più di mezzo milione di rimborsi per incontri, cene, hotel e missioni, e altri 500 mila euro per iniziative pubbliche. Oltre 300 mila euro in consulenze, 200 mila in francobolli e telefonate, e altri 65 mila in fotocopie e cancelleria. Sono solo alcune delle voci di spesa messe a bilancio dai gruppi consiliari dell’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna, nel 2011. In tutto un fiume di soldi, traducibile in 3,3 milioni di denaro pubblico. E poteva andare peggio. Perché i partiti hanno usato solo una parte delle risorse totali messe a disposizione dalle casse di viale Aldo Moro, pari a circa 3,7 milioni, risparmiando circa 375 mila euro.
Nero su bianco, le cifre sono state pubblicate dalla stessa Regione, che attraverso “un’operazione trasparenza” ha deciso di mettere online, rendendoli quindi consultabili, non solo il rendiconto 2011 dei diversi gruppi suddiviso in sedici macrocategorie, ma anche presenze e assenze dei consiglieri, vitalizi, attività dell’assemblea, la contabilità degli incarichi e i bilanci delle società partecipate. Un passo importante, se si considera che fino a ieri, a eccezione del bilancio del Movimento 5 stelle (pubblicato, completo di dettagli, sul loro sito), gli unici dati consultabili erano il budget totale destinato ai gruppi, e la suddivisione tra i vari partiti, proporzionata al numero dei consiglieri.
Anche se, va detto, l’apertura della nuova sezione sul sito istituzionale lascia ancora oscuri alcuni punti. Le macrocategorie, ad esempio, non sono a loro volta suddivise nelle singole voci di spesa (cene, hotel, viaggi, ecc.), mentre mancano ancora i nomi dei consulenti e dei collaboratori con i relativi scopi, competenze e curricula. “E non c’è nemmeno la rendicontazione dei rimborsi per gli spostamenti casa – Regione” fa notare il consigliere del Movimento 5 stelle Giovanni Favia. Lo stesso presidente dell’Assemblea Matteo Richetti, promotore dell’operazione trasparenza, ammette che c’è ancora da lavorare in questa direzione. “Proveremo a rendere trasparenti anche le attività delle varie commissioni, e a realizzare un fondo unico per il funzionamento dei gruppi”.
Nel 2011 la Regione ha garantito ai gruppi un contributo per le attività istituzionali pari a 3,7 milioni di euro, distribuiti alle diverse formazioni in base al numero di eletti. I partiti però ne hanno effettivamente impiegato solo una parte, circa 3,3 milioni. Scorrendo le varie categorie del rendiconto, si scopre, ad esempio, che 11 consiglieri del Pdl hanno speso più di 200 mila euro in pranzi di lavoro, treni, auto, pedaggi, aereo e hotel per incontri e missioni. Quasi quanto i 24 eletti del Pd, che sempre per missioni legate all’incarico hanno avuto rimborsi per 208 mila euro. La Lega nord, con quattro rappresentanti seduti in assemblea, ha investito oltre 90 mila euro, dei 457 mila a disposizione, per il personale, e 79 mila euro in iniziative pubbliche. Due voci di spesa consistenti anche nel bilancio dell'’Idv, che ha usato quasi l’intero budget (483 mila euro) per stipendiare i dipendenti (165 mila euro) e per meeting, convegni e seminari. In quest’ultimo settore in particolare il partito di Di Pietro non ha guardato al portafoglio, sfiorando i 145 mila euro.
Il Pd, che come maggior partito ha ottenuto il fondo più consistente (circa 1,33 milioni di euro), ha utilizzato buona parte della somma per pagare gli stipendi al personale (quasi 256 mila euro). Oltre ai rimborsi spesa dei singoli consiglieri (i 208 mila euro già citati), un’altra grossa fetta è stata poi usata per le iniziative pubbliche (186 mila euro). Cifra da capogiro anche per le consulenze di professionisti, come avvocati, esperti del lavoro o programmatori informatici (163 mila euro). Francobolli e telefonate sono costate 78 mila euro, mentre per fotocopie, buste, penne e vari oggetti di cancelleria i democratici hanno speso 32 mila euro.
Tra i vari gruppi c’è poi chi ha avuto le mani bucate e chi invece ha cercato di risparmiare e di non consumare l’intero tesoretto previsto dalla Regione. La maglia nera va a Sel, che ha chiuso l’anno in rosso, registrando un passivo di 5 mila euro. Mentre il Movimento 5 stelle è stato quello più attento: nel corso del 2011 ha usato circa il 63% del budget ricevuto. Seguono l’Italia dei Valori e l’Udc (hanno speso l’85% del totale), il Partito democratico (87%) e la Lega Nord (90%). “Rivendichiamo con orgoglio di essere la forza politica più oculata nella gestione del denaro – ha commentato il consigliere Favia – Il Movimento 5 Stelle avendo a disposizione 334 mila euro, ha messo da parte 121 mila euro, ovvero 60 mila euro a testa. Sono soldi che a fine legislatura – ricorda infine – torneranno nelle casse pubbliche”.
Nero su bianco, le cifre sono state pubblicate dalla stessa Regione, che attraverso “un’operazione trasparenza” ha deciso di mettere online, rendendoli quindi consultabili, non solo il rendiconto 2011 dei diversi gruppi suddiviso in sedici macrocategorie, ma anche presenze e assenze dei consiglieri, vitalizi, attività dell’assemblea, la contabilità degli incarichi e i bilanci delle società partecipate. Un passo importante, se si considera che fino a ieri, a eccezione del bilancio del Movimento 5 stelle (pubblicato, completo di dettagli, sul loro sito), gli unici dati consultabili erano il budget totale destinato ai gruppi, e la suddivisione tra i vari partiti, proporzionata al numero dei consiglieri.
Anche se, va detto, l’apertura della nuova sezione sul sito istituzionale lascia ancora oscuri alcuni punti. Le macrocategorie, ad esempio, non sono a loro volta suddivise nelle singole voci di spesa (cene, hotel, viaggi, ecc.), mentre mancano ancora i nomi dei consulenti e dei collaboratori con i relativi scopi, competenze e curricula. “E non c’è nemmeno la rendicontazione dei rimborsi per gli spostamenti casa – Regione” fa notare il consigliere del Movimento 5 stelle Giovanni Favia. Lo stesso presidente dell’Assemblea Matteo Richetti, promotore dell’operazione trasparenza, ammette che c’è ancora da lavorare in questa direzione. “Proveremo a rendere trasparenti anche le attività delle varie commissioni, e a realizzare un fondo unico per il funzionamento dei gruppi”.
Nel 2011 la Regione ha garantito ai gruppi un contributo per le attività istituzionali pari a 3,7 milioni di euro, distribuiti alle diverse formazioni in base al numero di eletti. I partiti però ne hanno effettivamente impiegato solo una parte, circa 3,3 milioni. Scorrendo le varie categorie del rendiconto, si scopre, ad esempio, che 11 consiglieri del Pdl hanno speso più di 200 mila euro in pranzi di lavoro, treni, auto, pedaggi, aereo e hotel per incontri e missioni. Quasi quanto i 24 eletti del Pd, che sempre per missioni legate all’incarico hanno avuto rimborsi per 208 mila euro. La Lega nord, con quattro rappresentanti seduti in assemblea, ha investito oltre 90 mila euro, dei 457 mila a disposizione, per il personale, e 79 mila euro in iniziative pubbliche. Due voci di spesa consistenti anche nel bilancio dell'’Idv, che ha usato quasi l’intero budget (483 mila euro) per stipendiare i dipendenti (165 mila euro) e per meeting, convegni e seminari. In quest’ultimo settore in particolare il partito di Di Pietro non ha guardato al portafoglio, sfiorando i 145 mila euro.
Il Pd, che come maggior partito ha ottenuto il fondo più consistente (circa 1,33 milioni di euro), ha utilizzato buona parte della somma per pagare gli stipendi al personale (quasi 256 mila euro). Oltre ai rimborsi spesa dei singoli consiglieri (i 208 mila euro già citati), un’altra grossa fetta è stata poi usata per le iniziative pubbliche (186 mila euro). Cifra da capogiro anche per le consulenze di professionisti, come avvocati, esperti del lavoro o programmatori informatici (163 mila euro). Francobolli e telefonate sono costate 78 mila euro, mentre per fotocopie, buste, penne e vari oggetti di cancelleria i democratici hanno speso 32 mila euro.
Tra i vari gruppi c’è poi chi ha avuto le mani bucate e chi invece ha cercato di risparmiare e di non consumare l’intero tesoretto previsto dalla Regione. La maglia nera va a Sel, che ha chiuso l’anno in rosso, registrando un passivo di 5 mila euro. Mentre il Movimento 5 stelle è stato quello più attento: nel corso del 2011 ha usato circa il 63% del budget ricevuto. Seguono l’Italia dei Valori e l’Udc (hanno speso l’85% del totale), il Partito democratico (87%) e la Lega Nord (90%). “Rivendichiamo con orgoglio di essere la forza politica più oculata nella gestione del denaro – ha commentato il consigliere Favia – Il Movimento 5 Stelle avendo a disposizione 334 mila euro, ha messo da parte 121 mila euro, ovvero 60 mila euro a testa. Sono soldi che a fine legislatura – ricorda infine – torneranno nelle casse pubbliche”.
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Germania, si è dimesso il presidente federale.
Christian Wulff, 52 anni, il più giovane presidente tedesco, ha rassegnato oggi l'incarico. Aveva fatto pressioni sul direttore della Bild che gli contestava fatti che, da noi, sarebbero considerati veniali.
Ha atteso venerdì 17, Christian Wulff, per annunciare le sue dimissioni da presidente della Repubblica federale di Germania. Cinquantadue anni, sposato in seconde nozze con la bella moglie Bettina, Wulff è stato il più giovane presidente a ricoprire l'alto incarico. Anche il suo predecessore, Horst Köhler, era stato costretto a lasciare a lasciare la residenza presidenziale di Bellevue anzitempo, travolto come lui da uno scandalo scoppiato sulla stampa nazionale.
Wulff lascia al termine di un lungo stillicidio di notizie cominciato lo scorso dicembre, quando il popolare quotidiano Bild - cinque milioni di copie vendute ogni giorno - aveva denunciato le pressioni esercitare da Wulff sul suo direttore, Kai Diekmann, affinché questi passasse oltre su una vicenda che, alle nostre latitudini, avrebbe lasciato i più assolutamente indifferenti. Veniva infatti rinfacciato al presidente (quando era ancora governatore della Bassa Sassonia) di aver accettato, tramite la moglie di un amico imprenditore, un prestito di 500mila euro per la costruzione della sua villa a un tasso inferiore a quelli praticati sul mercato. La reazione proterva di Wulff alla pubblicazione della notizia non solo non ha piegato il giornale, ma ha anzi dato il via una serie di articoli che hanno finito per travolgerlo.
Wulff ha spiegato oggi in conferenza stampa di voler spianare rapidamente la strada al suo successore, perché la Germania ha bisogno di un "presidente che goda la fiducia non solo della maggioranza dei cittadini, ma di un'ampia maggioranza. Gli sviluppi degli ultimi giorni e mesi hanno dimostrato che questa fiducia e la mia efficacia sono state incrinate. Per questo motivo -ha continuato- non è più possibile che io ricopra ancora l'ufficio di presidente, nel modo in cui deve essere fatto tanto a livello nazionale che all'estero". Wulff - che appena ieri era stato ospite dell'Italia e aveva visitato il distretto industriale barese - ha poi riconosciuto di aver compiuto degli errori, ma si è giustificato dicendo di aver agito sempre in buona fede.
Vista dall'Italia, la vicenda assume connotati quasi incredibili, non solo per la ben nota familiarità che la classe politica coltiva con i direttori delle principali testate giornalistiche, ma anche per l'altrettanta scarsa sensibilità dimostrata dai nostri rappresentanti istituzionali in varie occasioni, di fronte alla contestazione di comportamenti ben più rilevanti, quando non di veri e propri reati. Di fronte alle dimissioni di Wulff, la distanza che separa l'Italia dalla Germania si moltiplica, facendo pensare più a quella che corre tra la Terra e Marte che non la Luna.
La cancelliera Angela Merkel si è rammaricata delle dimissioni del presidente federale, aggiungendo che il negoziato fra i partiti tedeschi comincerà già nelle prossime ore e si annuncia rapido. Al posto di Wulff potrebbe essere eletto il pastore evangelico Joachim Gauck, teologo ed ex dissidente della Germania Est, che Wulff aveva battuto meno di due anni fa, alla fine di giugno del 2010.
http://delleconomia.it/articoli/2012-02/germania-si-e-dimesso-il-presidente-federale.php
Pinerolo, per l'Inps era cieca totale ripresa mentre guardava le vetrine.
Una donna di 66 anni ha ottenuto in otto anni 235mila euro in assegni di invalidità e indennità di accompagnamento. Ma è stata ripresa mentre passeggiava da sola al mercato, attraversava la strada, faceva la spesa. Sequestrati sei immobili e la somma sul conto corrente.
In oltre otto anni ha riscosso 235mila euro in assegni d'invalidità e indennità di accompagnamento dall'Inps per il quale era cieca totale, ma la Guardia di Finanza l'ha scoperta, ripresa e fotografata mentre passeggiava da sola nei mercati, attraversava la strada e si fermava a guardare le vetrine dei negozi. Così A.M., 66 anni, di origini palermitane e residente da 40 anni a Pinerolo, è stata denunciata alla Procura della Repubblica di Pinerolo per truffa aggravata e continuata ai danni dell'Inps.
Sulla base della denuncia, inviata dalle Fiamme Gialle alla magistratura alla fine dello scorso mese di novembre - ha reso noto oggi la Guardia di Finanza - per poter garantire il risarcimento all'Erario, la Procura ha disposto il sequestro di sei immobili e della somma disponibile sul conto corrente della donna.
La donna - secondo le indagini delle Fiamme Gialle di Pinerolo - era riuscita a far credere ai medici di essere completamente cieca e così aveva ottenuto i sostegni economici dell'Inps. Le Fiamme Gialle, però, l'hanno vista condurre una vita normale, fermarsi ai semafori, salire e scendere le scale, fermarsi a guardare le vetrine, scegliere con cura i prodotti da acquistare, trascinare un trolley per la spesa.
Durante le indagini, la donna è stata indotta a scansare un passeggino spinto da un finanziere in abiti civili e a firmare, senza avere neanche bisogno di occhiali, un verbale per un controllo in materia di scontrino fiscale effettuato dalle Fiamme Gialle. E' stata inoltre filmata mentre saliva nell'auto del marito, mentre era a passeggio con un'amica alla quale mostrava il suo orologio da polso e mentre lavava accuratamente il balcone di casa senza alcuna difficoltà. Proprietaria di alcuni immobili, è stata infine seguita dai Finanzieri mentre visionava, in compagnia del marito, un cantiere edile vicino all'ultimazione, probabilmente per un nuovo acquisto.
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Inchiesta Mediatrade, chiesto processo per Silvio Berlusconi e altre 11 persone.
Berlusconi, numero uno di Rti, per il produttore tv americano Frank Agrama, per il consigliere di amministrazione di Mediaset Pasquale Cannatelli, per l'ex ad di Rti Andrea Goretti, per i manager Rti Gabriella Ballabio, Daniele Lorenzano, Giorgio Dal Negro, Roberto Pace e Guido Barbieri, nonché per i cinesi Paddy Chan e Catherine Hsu Chun.
La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ex premier Silvio Berlusconi, del figlio Pier Silvio, numero uno di Rti, e di altre dieci persone nell’ambito dell’inchiesta Mediatrade sulla compravendita dei diritti tv e cinematografici Mediaset. Evasione fiscale e violazione delle norme tributarie sono i reati attribuiti agli imputati in relazione a una presunta frode di circa 10 milioni di euro attraverso l’emissione di false fatturazioni per oltre 220 milioni.
Oltre ai due Berlusconi, la Procura chiede il rinvio a giudizio anche per il produttore tv americanoFrank Agrama, del consigliere di amministrazione di Mediaset Pasquale Cannatelli, dell’ex ad di Rti Andrea Goretti, dei manager Rti Gabriella Ballabio, Daniele Lorenzano, Giorgio Dal Negro, Roberto Pace e Guido Barbieri, nonché dei cinesi Paddy Chan e Catherine Hsu Chun. Agli imputati vengono contestati i reati di evasione fiscale e violazione delle norme tributarie. L’inchiesta romana, condotta dal procuratore aggiunto Pier Filippo Laviani e dal sostituto Barbara Sargenti, costituisce una ‘costola’ di quella omologa milanese, dove però Berlusconi è stato prosciolto, decisione su cui la Procura meneghina ha presentato ricorso in Cassazione. Il riferimento è ad una presunta frode di circa dieci milioni di euro, il cui invio alla magistratura romana si è instaurato per competenza territoriale, giacchè nel periodo valutato la sede sociale di Rti (una delle società coinvolte) era nella Capitale.
Sul procedimento romano relativo a Mediatrade, inoltre, incombe il rischio prescrizione: per i fatti contestati riferiti alla compravendita di diritti tv contabilizzati nel 2004 la prescrizione è prevista nell’aprile 2012, mentre nell’aprile dell’anno prossimo si prescriveranno le dichiarazione dei redditi del gruppo di Cologno Monzese presentate nel 2005. Al centro delle indagini dei magistrati romani l’ipotesi che siano stati ‘gonfiati’ i prezzi dei diritti acquistati presso alcune importanti major (società di produzione) statunitensi. In particolare, si tratterebbe di operazioni di sovrafatturazione che avrebbero consentito a Rti e Mediatrade di detrarre fiscalmente cifre superiori a quelle effettivamente sborsate.
Negli atti allegati alla richiesta ci sono anche le motivazioni della sentenza emessa dal gup di Milano, il ricorso in Cassazione presentato dalla Procura, la testimonianza del produttore Silvio Sardi nonché le dichiarazioni di Giancarlo Leone, già amministratore delegato di Rai Cinema, secondo il quale le trattative per l’acquisto dei diritti avvenivano direttamente con le major senza la presenza di intermediari. In più, secondo l’ipotesi accusatoria, la differenza tra le somme investite e quelle indicate nelle fatture (allegate ai bilanci societari) sarebbero state finalizzate alla creazione di fondi neri successivamente a un complesso giro che avrebbe portato il danaro prima in estremo oriente, e successivamente in Italia.
Oltre ai due Berlusconi, la Procura chiede il rinvio a giudizio anche per il produttore tv americanoFrank Agrama, del consigliere di amministrazione di Mediaset Pasquale Cannatelli, dell’ex ad di Rti Andrea Goretti, dei manager Rti Gabriella Ballabio, Daniele Lorenzano, Giorgio Dal Negro, Roberto Pace e Guido Barbieri, nonché dei cinesi Paddy Chan e Catherine Hsu Chun. Agli imputati vengono contestati i reati di evasione fiscale e violazione delle norme tributarie. L’inchiesta romana, condotta dal procuratore aggiunto Pier Filippo Laviani e dal sostituto Barbara Sargenti, costituisce una ‘costola’ di quella omologa milanese, dove però Berlusconi è stato prosciolto, decisione su cui la Procura meneghina ha presentato ricorso in Cassazione. Il riferimento è ad una presunta frode di circa dieci milioni di euro, il cui invio alla magistratura romana si è instaurato per competenza territoriale, giacchè nel periodo valutato la sede sociale di Rti (una delle società coinvolte) era nella Capitale.
Sul procedimento romano relativo a Mediatrade, inoltre, incombe il rischio prescrizione: per i fatti contestati riferiti alla compravendita di diritti tv contabilizzati nel 2004 la prescrizione è prevista nell’aprile 2012, mentre nell’aprile dell’anno prossimo si prescriveranno le dichiarazione dei redditi del gruppo di Cologno Monzese presentate nel 2005. Al centro delle indagini dei magistrati romani l’ipotesi che siano stati ‘gonfiati’ i prezzi dei diritti acquistati presso alcune importanti major (società di produzione) statunitensi. In particolare, si tratterebbe di operazioni di sovrafatturazione che avrebbero consentito a Rti e Mediatrade di detrarre fiscalmente cifre superiori a quelle effettivamente sborsate.
Negli atti allegati alla richiesta ci sono anche le motivazioni della sentenza emessa dal gup di Milano, il ricorso in Cassazione presentato dalla Procura, la testimonianza del produttore Silvio Sardi nonché le dichiarazioni di Giancarlo Leone, già amministratore delegato di Rai Cinema, secondo il quale le trattative per l’acquisto dei diritti avvenivano direttamente con le major senza la presenza di intermediari. In più, secondo l’ipotesi accusatoria, la differenza tra le somme investite e quelle indicate nelle fatture (allegate ai bilanci societari) sarebbero state finalizzate alla creazione di fondi neri successivamente a un complesso giro che avrebbe portato il danaro prima in estremo oriente, e successivamente in Italia.
S. Camillo, sospeso il primario di chirurgia d'urgenza. - di Giovanna Corsetti.
La procura di Roma sequestra 20 cartelle cliniche nel reparto di chirurgia generale e d'urgenza dell'ospedale San Camillo di Roma.
ROMA – Il 2 febbraio 2012, in seguito ad alcune denunce per lesioni gravi e gravissime, le forze dell'ordine sequestrano 20 cartelle cliniche nel reparto di chirurgia generale e d'urgenza, diretto dal dottor Donato Antonellis. In realtà i guai per il reparto erano cominciati nel 2007, subito dopo la nomina dell'attuale primario, quando familiari e pazienti del reparto denunciano frequenti complicanze.
GLI INTERVENTI - L’iter era per tutti simile: ricovero programmato, accertamenti e poi la sala operatoria. Quindi interventi pianificati, su malati studiati, di cui si sarebbe dovuto conoscere ogni aspetto, con un rischio di imprevisti ridotto. Poi, sul tavolo chirurgico, le cose andavano diversamente. Molti pazienti della chirurgia generale e d’urgenza del San Camillo erano costretti, per gravi e gravissime complicanze, ad essere rioperati e, spesso, a trascorrere diverse settimane in sala di rianimazione a causa di: cedimento dei punti di sutura, perforazione di organi, gravi infezioni ed emorragie. Tali malati in comune non avevano solo una dolorosa quanto imprevista esperienza post operatoria, ma erano per lo più pazienti operati dal primario del reparto, il dottor Donato Antonellis.
LA NOMINA - Donato Antonellis, segretario regionale dell’Anaao, uno dei maggiori sindacati ospedalieri, era giunto alla guida del reparto nel 2006, nonostante il concorso che lo aveva ritenuto idoneo insieme ad altri professionisti si fosse concluso 2 anni prima. L’allora direttore generale del San Camillo-Forlanini, l’avvocato Domenico Alessio, aveva infatti sospeso la nomina poiché, come da lui dichiarato, aveva ricevuto pressioni dal sindacato Anaao affinché fosse nominato Antonellis, da lui non ritenuto sufficientemente qualificato. Nel 2006, con l’arrivo di un nuovo direttore generale, Antonellis viene nominato e da primario inizia la sua attività chirurgica al San Camillo.
L'AUDIT - In breve le segnalazioni sui cattivi esiti degli interventi arrivano al Tribunale del Malato e impongono ai rappresentanti delle istituzioni di presentare un’interrogazione al Parlamento regionale sullo stato del reparto. Dai dati dell’interrogazione la mortalità e le complicanze post operatorie del reparto risultavano sensibilmente aumentate dall’arrivo del nuovo primario. L’ospedale nel 2008 effettua un audit, un'indagine interna, a cui partecipa lo stesso primario e da cui la situazione del reparto risulta del tutto in linea con le statistiche e la letteratura chirurgica mondiale sugli esiti di un intervento. Quindi, il problema non c’è e i pazienti hanno torto e così Donato Antonellis, nel 2011, viene riconfermato alla direzione del reparto, con eccellenti valutazioni.
Ma le denunce non si fermano e così un altro direttore generale, il professor Aldo Morrone, deve ora fare i conti con nuove denunce e nuove gravissime complicanze sui pazienti del reparto di chirurgia diretto dal dottor Donato Antonellis.
“Io, cattolico, dico basta a questa Chiesa: farò sciopero della messa”. - di Ferruccio Sansa.
Tra gestioni finanziarie opache, mancato pagamento dell'Ici, vite mondane e scandali vari, la Chiesa è sempre più distante dai valori del Vangelo. E' ora che i cattolici escano dal loro silenzio e facciano sentire il proprio malcontento verso le gerarchie ecclesiastiche: lo "sciopero della messa" può essere uno strumento per cambiare le cose.
Quanto silenzio dai cattolici! Tanti di noi, come cittadini, si sono ribellati contro il male del berlusconismo. Tanti scendono in piazza per difendere il loro lavoro. Abbiamo mostrato di avere caro, giustamente, il ruolo di cittadini italiani, di voler far sentire la nostra voce.
Per questo mi colpisce ancora di più il silenzio di fronte ai mali profondissimi della nostra Chiesa. Lo dico da cattolico, pur con molti dubbi. È un silenzio dovuto al senso di obbedienza, di soggezione che fa parte della cultura cattolica. Magari a un comprensibile rispetto. O forse anche al timore, in un momento di profonda crisi materiale e morale, di mettere in discussione uno dei pochi sostegni rimasti. Ma oggi, di fronte agli ultimi scandali, mi chiedo se questo silenzio “rispettoso”, non rischi di diventare colpevole.
Insomma, se facciamo sentire la nostra voce nelle questioni che riguardano la vita quotidiana di cittadini, non dovremmo come fedeli avere almeno altrettanto a cuore quell’altra cittadinanza che addirittura chiama in causa l’esistenza eterna e la nostra identità più profonda (l’anima)? Non corriamo il rischio di assistere passivamente a una crisi che minaccia di travolgere definitivamente la Chiesa di cui pure diciamo di essere parte?
Se il disagio, credo, supera un limite, allora il rispetto deve essere almeno accompagnato dalla critica. Addirittura dalla protesta.
Lo dico dopo aver parlato con tanti uomini e donne che condividono con me la stessa fede e le stesse preoccupazioni. Non intendo quelli che una volta venivano chiamati “cattolici del dissenso”. Parlo di cattolici moderati, perfino di tanti sacerdoti. Ho sentito parole dure, durissime, indirizzate alle gerarchie ecclesiastiche. Discorsi che mettono in discussione i livelli più alti, perfino l’atteggiamento del Papa.
Persone cui sta a cuore il destino della Chiesa. Ma non solo: uomini che vedono vacillare anche la propria fede. Parlo anche e soprattutto per me stesso.
Lo so, lo sappiamo tutti: la fede va molto oltre le gerarchie ecclesiastiche e chi le rappresenta. Ormai, però, non siamo soltanto a quello: nell’azione della Chiesa, nel suo complesso, le ombre rischiano di essere troppe.
E così il disagio, il dissenso profondo rischiano di intaccare anche la fede e provocano uno smarrimento che travolge tutta la persona. Parlo per me, tiepido fedele. Non riesco nemmeno a immaginare il dolore che provano quei sacerdoti vecchi, stanchi che si sentono abbandonati dalla Chiesa cui hanno dedicato – non senza sacrifici – la loro intera esistenza. Ascoltando le loro parole avverto talvolta un senso di solitudine che sconfina con la disperazione. Avverto rabbia, quasi acredine. Ma a volte mi viene perfino da pensare a che cosa debba provare Cristo (il figlio di Dio o anche semplicemente l’uomo, comunque morto sulla croce) sentendosi sempre più solo. Spesso addirittura tradito.
Lo so, ci sono milioni di cattolici che ogni giorno si riuniscono per pregare animati da una fede sincera e appassionata. Che svolgono un ruolo fondamentale nell’aiuto dei più poveri contribuendo in modo decisivo anche alla vita sociale e civile del nostro Paese. E, però, non possiamo più negarlo, la Chiesa nel suo complesso pare sempre più distante.
Viviamo in un tempo di contraddizioni indicibili. Insopportabili. Da questa parte del mondo abitiamo in case riscaldate d’inverno, condizionate d’estate, spendiamo fortune per le nostre vacanze, viaggiamo in aereo una volta la settimana per lavoro, e a poche centinaia di chilometri da noi c’è chi muore ancora letteralmente di fame. Chi non ha i soldi per sconfiggere l’aids (con medicine che sarebbero reperibili sul mercato) o la malaria. Ci sono milioni di bambini le cui esistenze sono spazzate via da banalissime infezioni. Di fronte a questo delirio la Chiesa avrebbe il dovere di far sentire la sua voce ogni giorno, ogni istante. Dovrebbe, a volte penso, abbandonare gli splendidi marmi dei palazzi vaticani per correre in Africa.
Mi vengono in mente le pagine geniali e visionarie di “Roma senza Papa”, il libro dimenticato di Guido Morselli che racconta di una Chiesa che abbandona la sua Capitale.
Invece i vertici della Chiesa di Roma paiono sempre più distanti di fronte a questi mali che dovrebbero essere il cuore del suo messaggio. Certo, ci sono i missionari, ma sono sempre più soli, più spaesati. Chiedete a loro, leggete i messaggi che lanciano dai blog (sul sito www.misna.org, per esempio).
Non è vero che la gente si allontani dalla Chiesa perché spaventata dal troppo rigore. Al contrario: credo che i cattolici, ma non soltanto, chiedano parole ancora più chiare. Aspettino una chiamata all’impegno. E non è neanche vero che la Chiesa sia in crisi perché gli uomini vogliono che si adegui ai tempi, rischiando così di trasformarsi da fede in “semplice” morale. Niente di più falso: noi tutti cattolici vorremmo essere guidati, anche richiamati se necessario, alle questioni fondamentali dell’esistenza.
Invece la Chiesa pare confondere il rigore con la rigidità. Con la conservazione. Talvolta con la difesa di privilegi e posizioni di potere. E poi c’è l’attenzione ai riti, alle forme, perfino ai paramenti. Ma non erano i profeti (Giobbe) a dire “nudo sono uscito dal ventre di mia madre e nudo vi ritornerò”?
Il punto, mi pare, è che la Chiesa pare sempre più concentrata sulle questioni terrene. Non solo: ormai quotidiani sono gli scandali (non c’è bisogno di ricordare lo Ior del passato e del presente, le troppe ombre sui rapporti con la banda della Magliana, sulla morte di Emanuela Orlandi, sull’omicidio del capo delle Guardie Svizzere), poi episodi di aperta corruzione, contiguità con personaggi discussi. Gli affari di imprenditori legati al Vaticano, per esempio nel mondo del mattone. No, non si può più parlare di casi isolati, qui viene il dubbio che una fetta consistente della Chiesa, se non la sua maggioranza, abbia imboccato una strada sbagliata.
Per non dire della difesa di Berlusconi e delle incredibili intrusioni nella vita politica del nostro Paese, in aperto contrasto con il principio della laicità. E ancora viene in mente un profeta, Michea, non un rivoluzionario, quando parla dei profeti “che annunciano la pace se hanno qualcosa tra i denti da mordere, ma a chi non mette loro niente in bocca dichiarano la guerra”.
E poi c’è il macigno del rapporto mai risolto con il sesso che ha fatto del corpo, e talvolta perfino dell’amore, un nemico (eppure proprio sant’Agostino diceva “ama e fai ciò che vuoi”). C’è il celibato che sta schiantando tanti sacerdoti, arrivando perfino a mettere in discussione la credibilità della loro missione. Non sono casi isolati, basta parlare con un prete per accorgersene. Ci sono diocesi in cui l’eccezione rischia di diventare la regola. Ma qui non voglio nemmeno discutere le scelte sessuali dei sacerdoti. Sono, credo, fatti loro se coltivano passioni amorose, che siano eterosessuali oppure omosessuali (un discorso a parte merita la pedofilia, che in paesi come l’Irlanda ha raggiunto dimensioni endemiche rovinando il rapporto con i fedeli). Il punto è che il rapporto con il sesso costringe tanti sacerdoti a una vita di nascondimento. Perfino di menzogna. E la menzogna dilaga, rischia di contagiare l’intera esistenza di una persona.
Davvero la Chiesa a tanti fedeli sembra ormai lontana, remota. Pare averci lasciati soli nella vita quotidiana. E di fronte ai grandi dubbi dell’esistenza. Eppure quanto bisogno avremmo di sentire la presenza di un Dio padre, come quello descritto da Giobbe. Di un Dio amante, che vuole perdono, non giustizia, come ricorda Osea. Quanto ci manca qualcuno che ci ricordi ogni giorno, in ogni nostra azione, i capitoli 5, 6 e 7 del vangelo di Matteo. Quanto ci consolerebbero di fronte al dolore e alla paura della morte le parole di Sant’Agostino: “Ovunque nell’eternità faremo muovere la luminosità spirituale dei nostri corpi, contempleremo, anche con il corpo, Dio che è incorporeo e che dirige tutto al fine…”.
Ma allora, mi chiedo sempre più spesso, che cosa posso fare? Le gerarchie ecclesiastiche finora sono sembrate sorde a qualsiasi forma di dissenso. Non hanno replicato in modo adeguato e convincente alle tante notizie di cronaca che le riguardavano.
Che cosa devo fare? Devo rassegnarmi al silenzio, lasciando che la Chiesa – che è del cardinale Tarcisio Bertone quanto di ogni singolo fedele – proceda su questa strada?
Credo che sarebbe colpevole. Allora, come un cittadino esasperato che boicotta i “riti” dello Stato laico, penso alla Messa. Per me la Messa – anche con i momenti di noia, con le preghiere distratte dei fedeli, con le prediche talvolta stanche dei sacerdoti – è stato un appuntamento, uno tra i pochissimi, che mi ha accompagnato per tutta la vita. Che mi ha costretto, oltre gli affanni di tutti i giorni, a cercare parole grandi. A individuare, se non risposte certe, almeno un abbozzo di senso.
Da quando sono nato ogni domenica vado in Chiesa. Entro con tutti i miei dubbi, spesso pensando di non credere davvero (mia moglie dice che sono un caso raro di “ateo devoto”, ma vabbé). Però quei colloqui sono stati fondamentali per me. Non importa se pregavo Dio oppure se a volte ci litigavo fino a essere blasfemo (diceva il poeta Giorgio Caproni “Non ti prego perché tu esisti, ma perché tu esista”). Non importa se a volte ero convinto di parlare con me stesso e di ascoltare soltanto le mie parole (quanto poco siamo abituati a conversare con noi stessi, ad ascoltarci).
Ma negli ultimi tempi non è più così. Emergono il disagio, il rischio di essere ipocrita, e poi un dissenso tanto forte da diventare rabbia se non può essere espresso.
Un sentimento tanto forte che rischia di intaccare anche la mia fede. E questo proprio non lo permetterò. Non lascerò che la mia idea di Dio, che addirittura la speranza nella sua esistenza, siano messe in discussione da qualcuno.
Allora domenica prossima non sarò in Chiesa. No, non è un gesto per lasciare ancora più soli tanti sacerdoti, anzi. Ma sento che – per me – è giusto così, anche se non se ne accorgerà nessuno, se non io. Ma se tanti altri lo facessero, chissà…
http://temi.repubblica.it/micromega-online/io-cattolico-dico-basta-a-questa-chiesa-faro-sciopero-della-messa/
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