mercoledì 21 novembre 2012

Il silenzio amaro di Berlusconi e i dubbi sull’arma del ricatto. - Ugo Magri



Qualcuno vocifera che i filmati in mano ai rapitori potessero riguardare l’ex premier.

L’ansia per il collaboratore in pericolo, il cuore in gola, lo sdegno, la paura e chissà cos’altro ancora, sono tutte emozioni svaporate da tempo, nella villa di Arcore. In fondo è passato un mese, anzi di più, da quella notte tra il il 15 e il 16 ottobre, quando i banditi irruppero a casa Spinelli. Allora sì che sarebbe stato interessante scrutare l’animo del Cavaliere, scandagliarne i sentimenti. 

Ma adesso sembra tardi: Berlusconi ha avuto tempo e modo di metabolizzare la storiaccia, forse di rimettere un po’ di cose a posto. Con chi lo frequenta, si mostra dispiaciuto e distaccato, cupo di umore ma niente affatto «bollito» (come qualcuno in vacanza con lui in Kenya sparge la voce). Del sequestro s’era occupato intensamente nelle 31 ore successive, e quanto ne è tracimato l’altro ieri non costituisce sorpresa per lui, tutto previsto, tutto calcolato. Né aveva motivo per stare particolarmente sulle spine: i banditi chiedevano tanti soldi in cambio di presunte rivelazioni sul Lodo Mondadori, questo perlomeno ha messo a verbale il suo ragioniere. Presentando così Berlusconi due volte vittima, prima delle «toghe rosse» che gli hanno estorto 560 milioni e poi dei delinquenti comuni, salassato da una parte con le armi della legge e dall’altra con la bruta violenza.  

Questa in fondo è l’idea che, tra la gente comune, alcuni si sono fatti, un po’ commiserando l’ex premier vittima delle aggressioni e un po’ invidiando la sorte dei ricchi, ricattati sì ma sempre in grado di scucire il quattrino... 
Insomma, da quando è venuta fuori la vicenda pare che l’ex premier non sia né choccato né tantomeno affranto. Da lui nessun pubblico commento, giudicato superfluo; campo libero all’avvocato Ghedini.  

Il quale è stato inflessibile nel difendere la versione ufficiale, non solo con i cronisti ma con gli stessi esponenti del partito. Dove, di tutta questa vicenda, non si era percepito nulla. Nemmeno un cenno alla lontana da parte del Capo, zero assoluto. Emilio Fede racconta a «Radio Città Futura» di averne avuto sentore, qualcuno gli aveva sussurrato del sequestro. Però l’ex direttore del Tg4 è da sempre sulla notizia, in qualche caso c’è pure caduto dentro (deve difendersi dall’accusa di avere procurato escort al Cavaliere), comunque sia l’ambito che bazzica Fede non è certo quello della politica romana. Conferma un esponente Pdl tra i più autorevoli: «In diciott’anni di regno, è stato il segreto meglio custodito da Berlusconi, forse anzi l’unico che lui non abbia spifferato in giro...». 

Non tutto però è andato per il verso giusto. Se n’è accorto ieri di buon’ora Bonaiuti, il portavoce: troppi dubbi sparsi dagli inquirenti, troppi i punti interrogativi sul presunto versamento di 8 milioni, con l’idea qua e là affiorante che Silvio sia rimasto vittima delle sue cattive amicizie, mai uno statista dovrebbe figurare in cronaca nera. Allora Bonaiuti si è attaccato al telefono, sollecitando e ottenendo un rinforzo di verità sulle troppe ore di «black out» dopo il sequestro, quando Spinelli ancora non era andato dai magistrati. La precisazione non ha fermato il fiume di illazioni, cui dà voce con la solita sbloccata franchezza sul suo sito Dagospia: «Dai, Banana, dillo pure che non erano i video di Fini e dei magistrati, né carte segrete sul Lodo Mondadori, ma i video delle tue “cene eleganti” l’arma del ricatto!». È un tormentone che scandirà le prossime fasi dell’inchiesta, man mano che la Boccassini scaverà nella melma. Però intanto l’«alibi» regge, e permette a Berlusconi di gettarsi alla riconquista del partito, che Alfano e i colonnelli gli vorrebbero sfilare... 

Assurdo!




"Una soldatessa israeliana di 20 anni controlla il volo di un drone su Gaza, usando il bottone del joystick sgancia missili, colpendo obiettivi nella Striscia di Gaza. Ci sono centinaia di droni che volano su Gaza ora, oltre agli F16. Anche carri armati e navi da guerra prendono parte all'offensiva israeliana nell'operazione "Pillar of Smoke".

Quindi, se volete un videogioco realistico, arruolatevi nell'esercito israeliano: lì i morti che vedete sullo schermo sono veri e non elettronici.

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Fondi per l’editoria, in dieci anni truffe per 110 milioni di euro. - Patrizia De Rubertis


Fondi per l’editoria, in dieci anni truffe per 110 milioni di euro


Sono sei i parlamentari coinvolti dal 2003 ad oggi in inchieste su illeciti amministrativi e concorso in truffa per ottenere contributi statali per il proprio giornale. Denis Verdini, Massimo Parisi, Sergio De Gregorio, Antonio Angelucci, Giuseppe Ciarrapico. E, ultimo, Italo Bocchino di Fli. Tra proprietà occulte e regole aggirate, più di 100 milioni di euro sarebbero illecitamente usciti dalle casse della presidenza del Consiglio.

110 milioni indebitamente percepiti dal fondo per l’editoria dal 2003, sei parlamentari/editori coinvolti in inchieste su illeciti amministrativi e concorso in truffa per ottenere contributi statali per il proprio giornale. Si tratta del coordinatore del Pdl Denis Verdini per il Giornale di Toscana in cui si inserisce anche l’on. Massimo Parisi, coordinatore del Pdl toscano; Sergio De Gregorio (senatore Pdl) per il quotidiano Avanti; il senatore Pdl Giuseppe Ciarrapico per diversi quotidiani locali in Ciociaria; Antonio Angelucci (deputato Pdl), imprenditore del settore delle cliniche private ed editore di due giornali finanziati dallo Stato: Libero e – fino al 2011 – il Riformista. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, Italo Bocchino per Il Roma, quotidiano partenopeo che da un paio di mesi naviga in cattive acque con i suoi i giornalisti che non ricevono lo stipendio.
Partiamo da quest’ultimo. Dopo l’indagine condotta dal Nucleo Speciale per la Radiodiffusione e l’Editoria, la Guardia di Finanza ha sequestrato 2,5 milioni di euro di contributi pubblici destinati aI Roma, nonché le quote societarie di cinque imprese e un immobile per il valore complessivo di altri 2,5 milioni di euro. I fondi non erano ancora stati erogati, ma due cooperative che editano il quotidiano (oggi diretto da Antonio Sasso) avrebbero tentato di aggirare la normativa sull’editoria che prevede che a beneficiare dei finanziamenti pubblici all’editoria possa essere una sola testata per editore. Tanto che sulla vicenda era già intervenuta nel 2011 l’Agcom  (l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) sanzionando Il Roma per centomila euro.
Una decisione che la scorsa settimana era stata ricordata in tutt’altro modo dallo stesso Bocchino. Durante “In Onda” su La7, in un acceso dibattito con il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, l’esponente di Fli aveva, infatti, spiegato che Il Roma sarebbe finito nel mirino dell’Authority solo perché voce antiberlusconiana e che “non c’era nessun blocco dei contributi”. Motivazione politica più o meno plausibile che porta comunque a definire “quisquilie” questi importi, visto che tutte le truffe organizzate per il conseguimento di erogazioni pubbliche hanno portato nelle casse dei politici/editori oltre 110 milioni di euro dal 2003 al 2009.
I conti sono fatti. Lo scorso 10 ottobre la Corte di Cassazione ha confermato il sequestro di 10.892.000 euro disposto dalla magistratura fiorentina nell’ambito dell’inchiesta nella quale è coinvolto Verdini, a capo – dice l’accusa – di una finta cooperativa che aveva acquistato il 51% di una società editoriale. Un modo ingegnoso, ma illegale secondo i magistrati, per truffare lo Stato e intascare ogni anno finanziamenti pubblici. Il ricorso presentato da Verdini per il dissequestro è stato dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte che ha, invece, ritenuto il coordinatore del Pdl “il reale socio di maggioranza delle due società create per chiedere alla Presidenza del Consiglio di usufruire dei fondi previsti dalla legge 62 del 2001 (ndr, la Legge sull’editoria)”. Ma in base all’inchiesta, condotta dal 2002 e fino al gennaio 2010, la “Ste” (editrice de “Il Giornale della Toscana”, distribuito in abbinamento con “Il Giornale”) avrebbe ricevuto in totale oltre 17 milioni di euro di fondi pubblici a cui non aveva diritto di accedere.
Tra gli inquisiti è finito anche un altro politico: il parlamentare Massimo Parisi, coordinatore del Pdl toscano che, insieme ad altre tre persone, ha fatto aprire un altro filone dell’inchiesta: si tratta sempre di finanziamenti pubblici illegali che sarebbero andati a beneficio del settimanale fiorentino Metropoli.
Stessa musica con qualche nota diversa per De Gregorio. La scorsa settimana la Guardia di Finanza di Napoli ha sequestrato due appartamenti a Napoli e in provincia di Caserta, intestati o comunque nella disponibilità del senatore del Pdl e di sua moglie. Il provvedimento è relativo a somme indebitamente percepite tra il 1997 e il 2009 attraverso la società “International Press” per il quotidiano Avanti. L’accusa è chiara: associazione per delinquere finalizzata alla commissione della truffa aggravata nei confronti dello Stato, al trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori, all’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, alla violazione della legge fallimentare. Si tratta della nota vicenda che ha portato all’arresto del direttore del giornale Valter Lavitola (imprenditore/faccendiere legato a Silvio Berlusconi) che nei giorni scorsi ha patteggiato la pena a tre anni e otto mesi di reclusione. Il giornalista editore è tuttora in carcere, coinvolto anche in altri filoni d’inchiesta aperti dalla Procura di Napoli.
C’è poi il caso di Antonio Angelucci, ritenuto proprietario “occulto” di due testate che ricevevano finanziamenti pubblici: Libero e il Riformista, ormai chiuso dopo l’ultima direzione di Emanuele Macaluso. Dopo una lunga battaglia legale il Consiglio di Stato ha, infatti, bloccato all’imprenditore 34 milioni di euro percepiti dal 2006 al 2010. Anche in questo caso l’Agcom ha scoperto che Angelucci era contemporaneamente proprietario di due testate per le quali otteneva fondi pubblici.
Infine la vicenda che riguarda l’altro politico ed editore: Ciarrapico. Già al centro di altre indagini giuidiziarie, è stato rinviato a giudizio assieme al figlio Tullio e ad altre dieci persone per avere organizzato e partecipato ad una maxitruffa da oltre 30 milioni di euro al fine di ottenere indebitamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri i contributi per l’editoria. Il giudice ha però dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione ai fatti avvenuti tra il 2002 e il 2003 (le contestazioni arrivano fino al gennaio 2010), nonché nei confronti della società “Nuova Editoriale Oggi” (reato prescritto) e della “Editoriale Ciociaria Oggi srl” (società fallita). Inoltre, già nel maggio 2010, nell’ambito della stessa indagine, furono sequestrati al senatore beni e immobili per 20 milioni di euro.

Arrivano gli scontrini scaricabili contro evasione. Stop alle cartelle pazze.


In delega fiscale il principio del contrasto d'interesse per far emergere il 'nero'.

Entra nella delega fiscale il principio del contrasto di interesse per far emergere il 'nero'. Ed è una delle principali novità, prevede infatti la possibilità di scaricare spese regolarmente fatturate. Intanto si profila un nuovo braccio di ferro maggioranza-governo: l'esecutivo sarebbe pronto a mettere la questione di fiducia su un maxi emendamento alla delega fiscale in Senato e nel testo sarebbe intenzionato a tenere il punto prevedendo che l'accorpamento delle agenzie fiscali scatti da dicembre e non slitti a giugno come stabilito da una proposta di modifica approvata all'unanimità in commissione Finanze al Senato. La Lega ha votato contro: 'Governo spreme i contribuenti'. Via libera all'unanimità della commissione Senato alla cosiddetta 'carbon tax'. Via libera all'unanimità della commissione Senato alla cosiddetta 'carbon tax'.
Via libera all'unanimità dalla Commissione Finanze del Senato al provvedimento sulle cosiddette cartelle pazze, che permette l'annullamento automatico in caso di mancata risposta da parte degli enti preposti. Il testo passa ora quindi all'esame dell'aula di Palazzo Madama.

Malati di Sla: il governo raddoppia fondi, stop allo sciopero della fame.


ROMA - L'assicurazione ricevuta dal governo di raddoppiare il fondo per la non autosufficienza per ora è soddisfacente per i malati, che interromperanno gli scioperi della fame in corso in questi giorni. Lo ha affermato Mariangela Lamanna, vicepresidente dell'Associazione 16 Novembre che coordina la protesta.
"Il governo si è impegnato a portare il fondo a 400 milioni di euro - ha affermato Lamanna uscendo da una riunione al Ministero dell'Economia con il sottosegretario Gianfranco Polillo - questo per noi è un respiro di sollievo, e invitiamo tutti i disabili a riprendere l'alimentazione". "Si distingueranno tre diverse categorie - ha sottolineato Lamanna - chi ha bisogno solo di carrozzina, chi di carrozzina e alimentazione, e chi ha bisogno anche di respiratore. Noi monitoreremo costantemente tutte le iniziative. Questa indagine sarebbe già dovuta essere pronta, e non essere annunciata come iniziativa urgente". Il senatore Ignazio Marino si è poi impegnato a fornire al Ministero in tempi brevissimi le cifre esatte sui disabili gravi.
Oggi i malati di Sla hanno protestato davanti alla sede del ministero dell'Economia a Roma: alcuni di loro avevavo anche annunciato di essere ''pronti a lasciarsi morire'', non ricaricando le batterie ai respiratori che li tengono in vita.  
"E' una notizia bellissima". Nonostante i segni della Sla, negli occhi di Salvatore Usala, uno dei protagonisti della protesta per i fondi per la non autosufficienza, si legge chiaramente la soddisfazione per l'esito della manifestazione, riassunta nelle poche parole che la moglie Giuseppina traduce dai suoi sguardi a una lavagna con delle lettere. Usala e gli altri disabili gravissimi che da quasi un mese sono in sciopero della fame ora ricominceranno ad alimentarsi, ma era pronto anche ad arrivare alle conseguenze estreme: "se non avessimo avuto risposte - è la prima frase del segretario dell'associazione 16 novembre appena uscito dall'incontro in cui il Governo ha garantito l'integrazione dei fondi - sarei morto lì dentro". Usala è il più festeggiato fuori dalla sede del ministero dell'Economia, dagli altri membri dell'associazione ma anche dai politici presenti, ed anche Mina Welby si ferma a lungo a parlare con lui, chiedendogli di aiutarla a portare le buone pratiche della sua Sardegna nella cura dei disabili gravissimi anche nel resto d'Italia. A chi gli fa notare come quello ottenuto oggi sia un risultato soprattutto suo risponde "sono un carro armato", ma lui per primo si dice pronto a riprendere la lotta se le promesse non verranno mantenute con una frase lapidaria: "Non sono mica scemo".
Anche Mina Welby co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni, ha partecipato al sit in. ''Sono insieme a loro non per confortarli e appoggiare la loro persistente manifestazione - ha detto - ma per cercare di convincerli a dare fiducia al lavoro che si sta facendo sul ripristino dei Livelli Essenziali di Assistenza. Il dialogo tra il Ministro alla Salute Renato Balduzzi e l'on. Maria Antonietta Farina Coscioni, presidente onoraria dell'Associazione Luca Coscioni, dopo i suoi 20 giorni di digiuno ghandiano di convinzione e aiuto al lavoro per ottenere il ripristino dei LEA, credo meriti un forte atto di fiducia di tutti, per dare serenità nel lavoro alla giusta valutazione delle loro richieste. I LEA saranno la garanzia del ripristino di una assistenza continua''. ''Al Comitato 16 Novembre e alle altre Associazioni dei malati - ha concluso Welby - chiedo inoltre di rivolgersi con le richieste di assistenza autogestita alle Regioni latitanti nel fornire questi servizi dovuti per la legge sulla vita indipendente 162/98 e che tutte le regioni d'Italia hanno fatto propria con delibere o leggi regionali''.

Crescite diversificate.



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Redditometro.


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