Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 20 gennaio 2013
PARCO CHAPADA DIAMANTINA, BRASILE
La Chapada Diamantina è caratterizzata da montagne, chapadões, fiumi, torrenti, cascate, caverne e pozzi d’acqua trasparente. Possiede innumerevoli sorgenti che sgorgano fra le pareti rocciose e più di 35 fiumi.
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sabato 19 gennaio 2013
LETTERA DI ORIANA FALLACI A GIANFRANCO FINI.
«Signor Vicepresidente del Consiglio, Lei mi ricorda Palmiro Togliatti. Il comunista più odioso che abbia mai conosciuto, l’uomo che alla Costituente fece votare l’articolo 7 ossia quello che ribadiva il Concordato con la Chiesa Cattolica.
E che pur di consegnare l’Italia all’Unione Sovietica era pronto a farci tenere i Savoia, insomma la monarchia. Non a caso quelli della Sinistra La trattano con tanto rispetto anzi con tanta deferenza, su di Lei non rovesciano mai il velenoso livore che rovesciano sul Cavaliere, contro di Lei non pronunciano mai una parola sgarbata, a Lei non rivolgono mai la benché minima accusa.
Come Togliatti è capace di tutto. Come Togliatti è un gelido calcolatore e non fa mai nulla, non dice mai nulla, che non abbia ben soppesato ponderato vagliato per Sua convenienza. (E meno male se, nonostante tanto riflettere, non ne imbrocca mai una). Come Togliatti sembra un uomo tutto d’un pezzo, un tipo coerente, ligio alle sue idee, e invece è un furbone. Un maestro nel tenere il piede in due staffe. Dirige un partito che si definisce di Destra e gioca a tennis con la Sinistra. Fa il vice di Berlusconi e non sogna altro che detronizzarlo, mandarlo in pensione. Va a Gerusalemme, con la kippah in testa, piange lacrime di coccodrillo allo Yad Vashem, e poi fornica nel modo più sgomentevole coi figli di Allah. Vuole dargli il voto, dichiara che “lo meritano perché pagano le tasse e vogliono integrarsi anzi si stanno integrando”.
Quando ci sbalordì con quel colpo di scena ne cercai le ragioni. E la prima cosa che mi dissi fu: buon sangue non mente. Pensai cioè a Mussolini che nel 1937 (l’anno in cui Hitler incominciò a farsela col Gran Muftì zio di Arafat) si scopre «protettore dell’Islam» e va in Libia dove, dinanzi a una moltitudine di burnus, il kadì d’Apollonia lo riceve tuonando: “O Duce! La tua fama ha raggiunto tutto e tutti! Le tue virtù vengono cantate da vicini e lontani!”. Poi gli consegna la famosa spada dell’Islam. Una spada d’oro massiccio, con l’elsa tempestata di pietre preziose. Lui la sguaina, la punta verso il sole, e con voce reboante declama: “L’Italia fascista intende assicurare alle popolazioni musulmane la pace, la giustizia, il benessere, il rispetto alle leggi del Profeta, vuole dimostrare al mondo la sua simpatia per l’Islam e per i musulmani!”. Quindi salta su un bianco destriero e seguito da ben duemilaseicento cavalieri arabi si lancia al galoppo nel deserto del futuro Gheddafi.
Ma erravo. Quel colpo di scena non era una reminiscenza sentimentale, un caso di mussolinismo. Era un caso di togliattismo cioè di cinismo, di opportunismo, di gelido calcolo per procurarsi l’elettorato di cui ha bisogno per competere con la Sinistra e guidare in prima persona l’equivoco oggi chiamato Destra.
Signor Vicepresidente del Consiglio, nonostante la Sua aria quieta ed equilibrata Lei è un uomo molto pericoloso. Perché ancor più degli ex democristiani (che poi sono i soliti democristiani con un nome diverso) può usare a malo scopo il risentimento che gli italiani come me esprimono nei riguardi dell’equivoco oggi chiamato Sinistra. E perché, come quelli della Sinistra, mente sapendo di mentire. Pagano-le-tasse, i Suoi protetti islamici?!? Quanti di loro pagano le tasse?!? Clandestini a parte, spacciatori di droga a parte, prostitute e lenoni a parte, appena un terzo un po’ di tasse! Non le capiscono nemmeno, le tasse. Se gli spiega che servono ad esempio per costruire le strade e gli ospedali e le scuole che anch’essi usano o per fornirgli i sussidi che ricevono dal momento in cui entrano nel nostro paese, ti rispondono che no: si tratta di roba per truffare loro, derubare loro. Quanto al Suo vogliono-integrarsi, si-stanno-integrando, chi crede di prendere in giro?!?
Uno dei difetti che caratterizzano voi politici è la presunzione di poter prendere in giro la gente, trattarla come se fosse cieca o imbecille, darle a bere fandonie, negare o ignorare le realtà più evidenti. Più visibili, più tangibili, più evidenti. Ma stavolta no, signor mio. Stavolta Lei non può negare ciò che vedono anche i bambini. Non può ignorare ciò che ogni giorno, ogni momento, avviene in ogni città e in ogni villaggio d’Europa. In Italia, in Francia, in Inghilterra, in Spagna, in Germania, in Olanda, in Danimarca, ovunque si siano stabiliti. Rilegga quel che ho scritto su Marsiglia, su Granada, su Londra, su Colonia. Guardi il modo in cui si comportano a Torino, a Milano, a Bologna, a Firenze, a Roma.
Perbacco, su questo pianeta nessuno difende la propria identità e rifiuta d’integrarsi come i musulmani. Nessuno. Perché Maometto la proibisce, l’integrazione. La punisce. Se non lo sa, dia uno sguardo al Corano. Si trascriva le sure che la proibiscono, che la puniscono. Intanto gliene riporto un paio. Questa, ad esempio: “Allah non permette ai suoi fedeli di fare amicizia con gli infedeli. L’amicizia produce affetto, attrazione spirituale. Inclina verso la morale e il modo di vivere degli infedeli, e le idee degli infedeli sono contrarie alla Sharia. Conducono alla perdita dell’indipendenza, dell’egemonia, mirano a sormontarci. E l’Islam sormonta. Non si fa sormontare”. Oppure questa: “Non siate deboli con il nemico. Non invitatelo alla pace. Specialmente mentre avete il sopravvento. Uccidete gli infedeli ovunque si trovino. Assediateli, combatteteli con qualsiasi sorta di tranelli”.
In parole diverse, secondo il Corano dovremmo essere noi ad integrarci. Noi ad accettare le loro leggi, le loro usanze, la loro dannata Sharia. Signor Fini, ma perché come capolista dell’Ulivo non si presenta Lei?».
New York, gennaio 2004
New York, gennaio 2004
Home,sweet home...
Giethoorn, Steenwijkerland, nella provincia dell’Overijssel,Paesi Bassi
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Risate della Iurato, reazione del Comitato Casa Studente: 'Disprezzo e pena'.
La reazione è di sbigottimento ma anche "di pena e di disprezzo": i Familiari delle Vittime della Casa dello Studente dell'Aquila sono sotto choc per l'intercettazione in cui l'ex prefetto della città, Giovanna Maria Iurato, dice di aver riso pensando alla sua finta commozione durante la visita, appena nominata prefetto, davanti allo studentato dove morirono 8 ragazzi nel sisma del 2009. "Se questi sono gli uomini dello Stato bisogna trovarne altri. Questi soggetti rappresentano solo fame di potere. Non sono rappresentanti delle istituzioni", afferma Antonietta Centofanti, rappresentante dei Familiari delle Vittime della Casa dello Studente. Le nuove risate sul sisma dell'Aquila, dopo quelle dell'imprenditore Francesco Maria Piscicelli ("Io ridevo stamattina alle 3 e mezzo dentro al letto"), "sono l'esempio dell'ennesima situazione mediatica che ha scandito questo nostro tempo durissimo - racconta Centofanti -. La più crudele e pazzesca è questa del prefetto Iurato; la più tragica quella messa in atto dalla Commissione Grandi Rischi su ordine di Guido Bertolaso". "Trovo che non ci siano parole per raccontare ciò che sta accadendo in questa città, quanta mancanza di pietà c'é". Antonietta Centofanti, aquilana, nel sisma del 2009 ha perso il nipote Davide proprio nel crollo della Casa dello Studente. Il suo sentimento, e quello di tanti altri cittadini, è di "grande solitudine" ma c'é anche "disprezzo per questa donna, che forse è anche una madre, e forse anche un po' di pena perché ci troviamo di fronte ad una figura di scarsissimo spessore", conclude la rappresentante dei Familiari delle Vittime della Casa dello Studente.
Poco dopo il suo insediamento nella carica di Prefetto dell'Aquila, città sconvolta dal terremoto, Giovanna Iurato "scoppiava a ridere ricordando come si era falsamente commossa davanti alle macerie e ai bimbi rimasti orfani". E' quanto stigmatizzano i pm di Napoli commentando una telefonata del prefetto intercettata. I magistrati napoletani - titolari dell'inchiesta sugli appalti per la sicurezza nell'ambito della quale Iurato è indagata per turbativa d'asta - fanno riferimento a una telefonata fra la stessa Iurato e il prefetto Francesco Gratteri, intercettata il 28 maggio 2010. "Commentando la sua prima giornata ufficiale - scrivono i pm - nella città martoriata dal terremoto (definita sarcasticamente da Iurato 'una citta' inesistente, che non c'e"), scoppiava a ridere, ricordando come si era (falsamente) commossa davanti alle macerie e ai bambini rimasti orfani. Una risata non giustificabile dalle circostanze e dagli eventi tragici di quelle ore, che avrebbero imposto al rappresentante del Governo di assumere comportamenti ben diversi e non certo (a proposito di cinismo) legati alla predisposizioni di condotte e strumenti atti a prevenire e/o scongiurare indagini in corso". La vicenda è riportata nella richiesta di misure cautelari firmata dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo e dai pm della Dda Vincenzo D'Onofrio, Raffaello Falcone e Pierpaolo Filippelli.
INTERDIZIONE PER IZZO E IURATO - Il gip di Napoli Claudia Picciotti ha firmato un'ordinanza di interdizione dai pubblici uffici nei confronti dei prefetti Nicola Izzo, ex vicecapo della Polizia, e Giovanna Iurato, ex prefetto dell'Aquila, indagati nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti per la sicurezza.
LEGALI IURATO, HA DATO PROVA ABNEGAZIONE - "Nei due anni di presenza a L'Aquila il prefetto Giovanna Iurato ha dato ampia prova di attenzione, rispetto e grande senso di abnegazione nei confronti dei cittadini così duramente colpiti dalla tragedia del terremoto": lo affermano gli avvocati Claudio Botti e Renato Borzone, legali dell'ex prefetto del capoluogo abruzzese. I due legali hanno commentato così una telefonata di Iurato nella quale - secondo la procura - il prefetto userebbe un tono ironico parlando del sisma che aveva colpito L'Aquila.
PM, SPERPERATI MILIONI DI SOLDI PUBBLICI - Con l'allestimento, a Napoli, della nuova sede del Cen, il Centro elettronico nazionale, "si sono buttati al vento e sperperati milioni di fondi pubblici": lo scrivono i pm di Napoli nella richiesta di misure cautelari per le presunte irregolarità negli appalti per la sicurezza.
SISMA AQUILA: MOTIVAZIONI SENTENZA COMMISSIONE GRANDI RISCHI - Affermazioni 'assolutamente approssimative, generiche e inefficaci in relazione ai doveri di previsione e prevenzione': lo afferma il giudice del tribunale dell'Aquila Marco Billi nelle motivazioni della sentenza che nell'ottobre scorso ha condannato i componenti della Commissione Grandi Rischi in relazione al sisma del 2009.
Nel documento di 940 pagine, depositato due giorni prima del termine previsto, si legge: "La contestazione agli imputati appare pienamente fondata: le affermazioni riferite alla valutazione dei rischi connessi all'attività sismica sul territorio aquilano sono risultate assolutamente approssimative, generiche e inefficaci". Ai 7 componenti della Grandi Rischi che si riunì all'Aquila pochi giorni prima del 6 aprile 2009 è stata inflitta una condanna a 6 anni per omicidio colposo e lesioni colpose.
Il giudice del Tribunale dell'Aquila Marco Billi scrive: "Gravi profili di colpa si ravvisano nell'adesione, colpevole e acritica, alla volontà del capo del dipartimento della Protezione civile (all'epoca appunto Bertolaso) di fare una 'operazione mediatica' (come emerso da intercettazioni telefoniche che lo hanno fatto entrare nel processo come indagato per reato connesso) che si è concretizzata nell'eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la commissione e la popolazione aquilana".
"Il presente processo non è volto alla verifica della fondatezza, della correttezza e della validità sul piano scientifico delle conoscenze in tema di terremoti. Non è sottoposta a giudizio 'la scienza' per non essere riuscita a prevedere il terremoto del 6 aprile 2009", afferma il giudice. "Il compito degli imputati, quali membri della commissione medesima, non era certamente quello di prevedere (profetizzare) il terremoto e indicarne il mese, il giorno, l'ora e la magnitudo, ma era invece, più realisticamente, quello di procedere, in conformità al dettato normativo, alla 'previsione e prevenzione del rischio'", prosegue il giudice su un tema, quello del 'processo alla scienza' è stato il più discusso durante tutta la vicenda e ha generato polemiche tra le istituzioni e sui media in Italia e nel mondo. "E', dunque, pacifico - prosegue Billi - che i terremoti non si possano prevedere, in senso deterministico, perché le conoscenze scientifiche (ancora) non lo consentono; ed è altrettanto pacifico che i terremoti, quale fenomeno naturale, non possono essere evitati: il terremoto è un fenomeno naturale non prevedibile e non evitabile. Per gli stessi motivi nessuno é in grado di lanciare allarmi, scientificamente fondati, circa una imminente forte scossa". "Proprio sulla corretta analisi del rischio andava, di pari passo, calibrata una corretta informazione", continua il giudice Billi.
Mancata analisi del rischio e risultanze rassicuratorie sono emerse dalla riunione della Commissione Grandi Rischi, che hanno indotto gli aquilani a restare in casa mentre, con una condotta più prudente, si sarebbero potute salvare alcune vite. Così le motivazioni della sentenza di condanna della Cgr confermano la tesi accusatoria.
La "migliore indicazione" sulle rassicurazioni della commissione Grandi Rischi, si legge nelle motivazioni, "si ricava dalla lettura della frase finale della bozza del verbale della riunione, laddove l'assessore alla Protezione civile regionale Daniela Stati, in modo emblematico, dice: "Grazie per queste vostre affermazioni che mi permettono di andare a rassicurare la popolazione attraverso i media che incontreremo in conferenza stampa". Billi sottolinea, nel documento di oltre 900 pagine, che "la rassicurazione non costituisce un segmento della condotta che il pm contesta agli imputati, ma costituisce in realtà l'effetto prodotto dalla condotta contestata".
Le affermazioni emerse nel corso della riunione della Commissione sui temi "della prevedibilità dei terremoti, dei precursori sismici, dell'evoluzione dello sciame in corso, della normalità del fenomeno, dello scarico di energia indotto dallo sciame sismico quale situazione favorevole, che costituiscono il corpo principale del capo di imputazione" hanno una "indubbia valenza rassicurante". I condannati in primo grado a sei anni di reclusione sono: Franco Barberi, all'epoca presidente vicario della commissione Grandi rischi; Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile; Enzo Boschi, all'epoca presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv); Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e.; Claudio Eva, ordinario di Fisica all'Università di Genova; Mauro Dolce, direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile.
BOSCHI: 'NON MI SENTO ASSOLUTAMENTE COLPEVOLE' - "Non mi sento assolutamente colpevole": cosìl'ex presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Enzo Boschi, commenta le motivazioni della sentenza del Tribunale dell'Aquila che lo ha condannato in primo grado, con altre sei persone, in relazione al terremoto del 6 aprile 2009. "Non penserà, il giudice - ha detto Boschi all'ANSA - che dopo aver denunciato per anni la sismicità del territorio italiano, avrei detto improvvisamente che all'Aquila non c'é rischio di terremoti?". "Io e i miei colleghi - ha proseguito Boschi - non avremmo mai assolutamente potuto dare nessuna affermazione rassicurante: sarebbe stato dire che siamo in grado di prevedere i terremoti, oppure che i terremoti non sono prevedibili ma che all'Aquila non ci sarebbe stato nessun sisma". Quanto alla frase finale del verbale della riunione della Commissione Grandi Rischi, che riporta le affermazioni dell'assessore alla Protezione civile regionale Daniela Stati, Boschi dice: "non so che cosa abbia detto Strati, io personalmente non l'ho sentita dire che andava a rassicurare la popolazione" Per l'ex presidente dell'Ingv "é tutto privo di senso: che scopo avremmo avuto a rassicurare? Che cosa ci avremmo guadagnato? Le cose disoneste si possono fare, ma si fanno per qualche scopo".
GRESTA (INGV), CONVINTO BUONA FEDE DEI COLLEGHI - "Sono intimamente convinto della buona fede dei miei colleghi": è questo il primo commento del presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Stefano Gresta, dopo aver appreso la motivazione della sentenza che nell'ottobre scorso ha condannato i componenti della Commissione Grandi Rischi in relazione al terremoto del 6 aprile 2009. "Di sicuro - ha aggiunto Gresta - è stata gestita male la distribuzione dell'informazione". Inoltre, ha rilevato, "non è scientificamente corretto voler guardare, dopo che un evento è avvenuto, a quello che si sarebbe dovuto fare prima".
COMITATO CASA STUDENTE, ORA PROCESSO A BERTOLASO - "Non aggiungono niente di nuovo, sono una sintesi del lungo lavoro di inchiesta e di testimonianza arrivate alla conclusione della condanna. Oggi c'é la conferma nonostante quanto dice il ministro Clini che ha tacciato di oscurantismo il tribunale dell'Aquila". Lo ha detto Antonietta Centofanti, presidente del comitato vittime Casa dello Studente, commentando le motivazione della sentenza nei confronti della commissione Grandi Rischi. "Qui non è stata condannata la scienza ma un malcostume, cialtroneria e pressappochismo con cui si affrontano temi che riguardano il bene comune - ha continuato - lo confermano le intercettazioni telefoniche a carico dell'allora capo della protezione civile, Guido Bertolaso, che nei colloqui con l'assessore Stati ha parlato di riunione mediatica. Questa non é una invenzione, spero che anche Bertolaso finisca sul banco degli imputati e mi auguro che risponda di questa condanna che reputo criminosa".
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