domenica 27 gennaio 2013

Memoriale della Shoah.



Il generale Dwight D. Eisenhower quando arrivò con i propri uomini presso i campi di concentramento non ebbe il minimo dubbio.
Ordinò che fosse scattato il maggior numero di fotografie alle fosse comuni dove giacevano ossa, abiti, corpi scomposti scheletrici ammassati come piramidi casuali. 
Fotografie per ogni gelida baracca che fungeva da dormitorio, fotografie al filo spinato, ai forni crematori, alle divise, ai cappellini, alle torri di controllo, alle armi, agli strumenti di tortura.

Fotografie ai sopravvissuti così vicini alla morte da poterci interloquire e restituirla a chiunque li fissasse senza dover nemmeno aprire bocca. Senza parlare, senza parole.


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Giornata della Memoria, Berlusconi: “Mussolini fece bene, ma leggi razziali no”.


Giornata della Memoria, Berlusconi: “Mussolini fece bene, ma leggi razziali no”


Il Cavaliere arriva a Milano a sorpresa per partecipare alla commemorazione nella Fondazione Museo della Shoah e sminuisce il ruolo del Duce e dell'Italia. Ferrero: "Si vergogni". Finocchiaro: "Parole inaudite". Ma non è la prima volta che l'ex premier minimizza la portata del fascismo. Alla stessa cerimonia anche Mario Monti.

Per tanti versi Mussolini aveva fatto bene ma “il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa”. Silvio Berlusconi, arrivato a sorpresa alle celebrazioni per la Giornata della Memoria a Milano, dice: “L’Italia non ha le stesse responsabilità della Germania ma ci fu una connivenza che all’inizio non fu completamente consapevole”. ”Non si possono più ripetere quelle vicende che qui iniziarono – ha proseguito -, solo mettendosi nei panni dei deportati si può capire quali vortici di tragedia si raggiunsero”. Berlusconi ha spiegato che “l’Italia preferì essere alleata alla Germania di Hitler piuttosto che contrapporvisi” e “dentro questa alleanza ci fu l’imposizione della lotta contro gli ebrei”. 


Prima dell’avvio della cerimonia dell’inaugurazione del memoriale della Shoah a Milano, Mario Monti e Silvio Berlusconi si sono stretti la mano. Il presidente del consiglio e leader del movimento ‘Scelta civica’, dopo aver visitato il memoriale, si è avvicinato al Cavaliere, in prima fila in attesa dell’avvio della cerimonia. Si sono stretti la mano e si sono accomodati entrambi. Monti si è seduto anche lui in prima fila: alla sua sinistra, il cardinale Angelo Scola, alla sua destra la moglie Elsa, Berlusconi e il coordinare lombardo del Pdl Mario Mantovani. Presenti alla cerimonia, tra gli altri, il segretario federale della Lega nord, Roberto Maroni, il segretario della Cgil, Susanna Camusso, e l’ad di ferrovie, Moretti. Qualche contestazione in sala quando Roberto Formigoni ha iniziato il suo intervento. Non appena lo speaker ha introdotto il governatore indagato proprio il giorno precedente per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sul San Raffaele, s’è levato in sala qualche ‘buh’. Qualcuno ha urlato ‘Vai a casa’. I ‘buh’ sono continuati anche alla fine dell’intervento, quando però il presidente uscente della Regione Lombardia è stato applaudito da gran parte della platea.
Berlusconi è vergognoso: Mussolini non solo ha fatto le leggi razziali ma ha combattuto con Hitler, i fascisti italiani hanno collaborato attivamente alle deportazioni, quindi Mussolini è responsabile in solido dell’Olocausto”, ha commentato il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero. ”Le parole di Berlusconi sono inaudite – ha detto il capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro – Le colpe di Mussolini e del suo regime non sono solo le atroci leggi razziali, ma molte altre cose a cominciare dal soffocamento della democrazia nel nostro Paese e dall’alleanza con il nazismo. E’ per questo che, lo ricordo al Cavaliere, la nostra Repubblica è una repubblica antifascista e il fascismo è fuori legge nel nostro Paese”.
Non è la prima volta che Berlusconi si lancia in una difesa del Duce. Nel 2008, il quotidiano israeliano Haaretz pubblicò una dura requisitoria contro il riconoscimento all’allora presidente del Consiglio destinatario del premio ‘Statista dell’anno’ da parte Lega Anti-diffamazione (Adl) a firma del suo responsabile esteri Adar Primor, lo stesso giornalista che nel settembre 2002 aveva intervistato il vice presidente del Consiglio Gianfranco Fini. Nell’articolo, Primor ricordava le recenti dichiarazioni di Berlusconi su Benito Mussolini affermava che avrebbe ”sofferto di un improvviso, estremo caso d’amnesia”, poiché avrebbe dimenticato ”settemila ebrei italiani inviati nei campi di sterminio, migliaia di oppositori al regime arrestati, esiliati o assassinati e centinaia di migliaia di etiopici, libici, jugoslavi e greci uccisi durante le guerre di conquista di Mussolini”. Secondo Primor, il riconoscimento a Berlusconi del premio dell’Adl (”un’organizzazione lodevole, il cui fine è difendere i diritti umani e combattere il razzismo diffamatore, gli antisemiti e i negatori dell’Olocausto”) sarebbe ”uno sviluppo che solleva la questione di cosa vada considerato diffamazione e negazione dell’Olocausto”. Sempre secondo Primor, ”non è difficile immaginare la tempesta che scoppierebbe in Israele e nel mondo ebraico se il presidente francese Jacques Chirac – lo stesso uomo che nel 1996 si è assunto la responsabilità storica per i crimini commessi contro gli ebrei dal regime di Vichy – facesse dei commenti a proposito del maresciallo Philippe Petain che echeggiassero quello che Berlusconi ha detto a riguardo di Mussolini”. ”Ma Berlusconi – ha aggiunto il giornalista – è un’altra storia. Non è difficile trovare difensori di Berlusconi nel mondo ebraico e in Israele”.

Crozza e la lista Monti- ''Il più povero possiede la Kamchatka"


Crozza e la lista Monti- ''Il più povero... di ItaliaSenzaB

sabato 26 gennaio 2013

Quando Fassina apprezzava le pensioni cilene e i derivati finanziari. - Riccardo Puglisi



Le persone cambiano, specialmente in politica: in un paper del 2001Stefano Fassina, responsabile per l’economia del PD, entusiasta sostenitore di Bersani alle primarie del centro-sinistra ma all’epoca economista presso il Fondo Monetario Internazionale, discuteva le possibili riforme dei sistemi pensionistici delle piccole economie emergenti del Sud America, mostrando apprezzamento per le caratteristiche del sistema pensionistico cileno, e per i benefici forniti dai derivati finanziari nella gestione dei fondi pensione.
Andiamo con ordine: il pezzo, dal titolo “Pension Reform in Small Emerging Economies: Issues and Challenges” è stato scritto da Fassina con Dowers e Pettinato, rispettivamente specialista e consulente presso la Inter-American Development Bank (IADB). Fassina e coautori si occupano delle problematiche particolari della riforma delle pensioni in paesi in via di sviluppo, quindi caratterizzati da sistemi finanziari ancora poco strutturati, e sostanzialmente dipendenti dall'esportazione di pochi beni.
La tesi è che anche in questi paesi le pensioni necessitano di riforme strutturali per il solito motivo, cioè l’invecchiamento della popolazione, che rende troppo costosi i cosiddetti sistemi a ripartizione. Nei sistemi a ripartizione, a cui appartiene anche il sistema italiano, sono i contributi pagati ogni anno dai lavoratori attivi a finanziare le pensioni: tali sistemi diventano finanziariamente insostenibili se il totale dei contributi decresce e il totale delle pensioni da pagare cresce, come per l’appunto accade con l’invecchiamento della popolazione. Qual è la soluzione prospettata nel pezzo? Già a pagina 2 dell’articolo si enfatizza l’idea di innalzare l’età pensionabile(1)
A pagina 4 gli autori notano come vi siano due modelli principali di riforma dei sistemi pensionistici latino-americani: un sistema OCSE basato sul meccanismo della ripartizione, e il modello latino-americano, in cui riveste un ruolo fondamentale il meccanismo alternativo della capitalizzazione. All’interno di questo secondo meccanismo i contributi pagati dai lavoratori confluiscono in un fondo di investimento il quale -al momento del pensionamento- si trasforma nel pagamento di rate mensili o della somma intera.
Non vi sarebbe neanche il bisogno di evidenziarlo, ma gli autori ricordano come il modello latino-americano adotta molti degli elementi caratteristici del sistema pensionistico del Cile, frutto della privatizzazione posta in essere nel 1981 da José Piñera, ministro del lavoro nel governo dittatoriale di Pinochet (si veda un articolo sul tema qui). (2)
Intendiamoci: l’articolo è assolutamente ben scritto e saggiamente argomentato: secondo gli autori il sistema pensionistico a capitalizzazione deve essere adattato rispetto alle caratteristiche specifiche delle piccole economie emergenti come la Bolivia, il Salvador, il Nicaragua e il Paraguay. Ad esempio (pagina 21) –almeno nella fase iniziale- la regolamentazione dei fondi pensione deve essere di tipo “draconiano”, imponendo forti restrizioni sull’acquisto di azioni, a motivo del livello eccessivo di rischio insito in esse. (3) Tuttavia, queste restrizioni hanno senso solo nelle fasi iniziali, e solo nelle situazioni in cui i mercati finanziari sono poco sviluppati (“shallow”).(4)
La gestione dei fondi pensioni deve essere centralizzata a livello statale, ed affidata a società di gestione attraverso aste concorrenziali, che dovrebbero essere in grado di minimizzare le commissioni applicate dai gestori stessi.
Ahinoi, si fatica a ritrovare qui lo Stefano Fassina che oggi si scaglia contro il “pensiero unico neo-liberale”: come accennavo sopra, i tre autori mostrano di apprezzare il grado di finanziarizzazione dell’economia cilena (pag. 12), così come misurata dal rapporto tra capitalizzazione di borsa e PIL, e sottolineano come questo livello di sviluppo finanziario sia anche dovuto al sistema pensionistico a capitalizzazione creato nel 1981. (5)
L’apprezzamento per mercati finanziari sviluppati dipende da argomentazioni alquanto ortodosse: con mercati ben sviluppati è più facile diversificare il rischio, cioè ottenere lo stesso rendimento con un rischio più basso.
A tale proposito, questo Fassina quasi sconosciuto al dibattito italiano loda anche la diversificazione geografica degli investimenti fatti dai fondi pensione. Non solo: se vincoli ai movimenti di capitale nelle piccole economie in questione non permettono l’acquisto diretto di titoli esteri (pag. 18), ecco che si possono ottenere risultati simili utilizzando derivati finanziari come gli asset swap e procedure di cartolarizzazione (securitisation). (6)
Fassina 2001 e Fassina 2012: ma Bersani lo sa?
1) “[…] Innalzare l’età pensionabile oppure il numero minimo di anni di contribuzione diminuisce il rapporto di dipendenza.[…]” (traduzione mia) Nota bene: Il rapporto di dipendenza (dependency ratio) è il rapporto tra il numero di pensionati e il numero di individui che pagano contributi.
2) “[…] Il Cile ha implementato una riforma globale del suo sistema pensionistico nel 1981. Molti paesi appartenenti alla regione hanno da allora adottato elementi del modello cileno, dando luogo a quello che si può definire il modello latino americano. […]” (traduzione mia, pagina 4)
3) “[…] Alcuni analisti sono del parere che l’approccio ideale alla regolamentazione per un paese piccolo con un sistema finanziario poco sviluppato è di tipo draconiano, cioè caratterizzato da regole stringenti rispetto alla gestione dei fondi pensione e in generale delle attività finanziarie. […]” (traduzione mia)
4) “[…] Gli elementi regolamentativi diretti sono maggiormente specifici di un sistema (ndr: pensionistico) in particolare (vedi Shah, 1996). L’elemento principale consiste nell’esclusione di certe classi di attività finanziarie (tipicamente le azioni) quando il sistema è ancora immaturo. Tale restrizione dovrebbe essere limitata al periodo iniziale, e solo nei casi in cui i mercati finanziari sono molto sottili (vedi Vittas, 1998).[…]" (traduzione mia, pagina 20)
5) “[…] Un altro aspetto che emerge è lo straordinario grado di profondità del mercato raggiunta in Cile, dove i livelli di capitalizzazione sono paragonabili a quelli di molti paesi OCSE. L’introduzione di un sistema pensionistico obbligatorio a capitalizzazione è verosimilmente una delle determinanti della maturità finanziaria in questo paese latino americano. […]” (traduzione mia, pagine 12 e 13)
6) “[…] Come notato quando abbiamo definito la struttura delle SEE (ndt: piccole economie emergenti), la scarsa o nulla flessibilità del conto capitale (ndt: della bilancia dei pagamenti) è uno dei fattori che induce le piccole economie emergenti a non permettere ai gestori dei fondi pensione di avere una proporzione maggiore di investimenti internazionali nei loro portafogli. Tuttavia, le moderne tecniche di investimento, come ad esempio gli asset o stock index swap, le obbligazioni indicizzate all’inflazione e la cartolarizzazione, possono fornire strategie di investimento alternative a vantaggio di paesi caratterizzati da vincoli al movimento di capitali. […]” (traduzione mia, pagina 18)

Formigoni indagato per i soldi di don Verzé. - Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella


Altri 7 milioni nel forziere con cui Daccò pagava benefit e regali per il governatore della Lombardia.

MILANO - Non più solo per la Maugeri, ma anche per il San Raffaele: il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, sinora inquisito nel filone sulla Fondazione pavese, è adesso indagato assieme al mediatore Pierangelo Daccò per l'ipotesi di corruzione anche in rapporto ai consistenti finanziamenti pubblici erogati negli anni dal Pirellone all'ospedale San Raffaele nella vecchia gestione, l'istituto fondato da don Verzé e guidato sino al suicidio il 18 luglio 2011 dal vicepresidente Mario Cal. Formigoni aveva sempre ripetuto come a suo avviso questa fosse «una vicenda che riguarda alcuni privati, la Regione Lombardia è del tutto estranea, come tutti sanno anche se fanno finta di non sapere»; e più volte aveva rimarcato che sull'istituto di don Luigi Verzé «la magistratura ha indagato per 16 mesi e nessun addebito è stato sollevato nei confronti della Regione: né del presidente, né di assessori, dirigenti o funzionari». Ora non è più così.
I contanti del suicida
Dal 2012 Formigoni era indagato per le ipotesi di corruzione e illecito finanziamento già in relazione ai favori (viaggi, uso esclusivo di yacht, sconto sul prezzo di una villa di lusso venduta al coinquilino Perego, un contributo elettorale) stimati di valore complessivo attorno ai 7,5 milioni, ed elargitigli negli anni dal «portafoglio» dell'amico Daccò, intermediario che dalla Fondazione Maugeri di Pavia era contemporaneamente stato gratificato con ben 60 milioni in 10 anni per «aprire porte» in Regione e propiziare indebiti rimborsi o sbloccare incagli. Adesso la novità è che la Procura ritiene di poter sostenere che i benefit ipotizzati come tangenti a Formigoni sarebbero arrivati da un «portafoglio-Daccò» alimentato dalla confluenza non solo dei 60 milioni di compensi illeciti versati all'estero al mediatore dalla Fondazione Maugeri, ma anche da 7/8 milioni arrivati invece a Daccò dal San Raffaele: un po' più di 2 milioni con bonifici a Daccò, e oltre 5 milioni in contanti che il vicepresidente dell'istituto di don Verzé, dopo averli creati dalle sovrafatturazioni con alcuni fornitori, aveva consegnato a Daccò. Il quale per questi soldi, sotto il profilo della distrazione dal patrimonio dell'istituto e quindi del concorso in bancarotta del San Raffaele ammesso al concordato preventivo, è stato già condannato in primo grado il 3 ottobre scorso a 10 anni in abbreviato dal giudice Cristina Mannocci.
I testi e la perizia
A spingere il nuovo passo della Procura sono due indicatori. Il primo sono gli interrogatori di almeno due dirigenti regionali, che dall'interno avrebbero fornito delucidazioni tecniche utili a «smontare» il rompicapo dei complicatissimi atti esecutivi delle delibere regionali in tema di «remunerazione delle funzioni non coperte da tariffe predefinite». Cioè dei bonus che Regione Lombardia, in aggiunta ai fondi già versati per rimborsare le cure mediche prestate agli ammalati, distribuisce agli ospedali come riconoscimento di attività d'eccellenza, in base a 30 parametri che per definizione lasciano ampia discrezionalità.
Il secondo elemento è la relazione preliminare del consulente tecnico dei pm (un architetto incaricato già altre volte dalla Procura come esperto amministrativista) sulle delibere dei finanziamenti regionali nell'era Formigoni 1995-2010. Non tanto per la contabilità dei soldi pubblici erogati a questo titolo a San Raffaele (oltre 400 milioni) e Maugeri (più di 200 milioni), quanto per i profili di anomalia amministrativa nei provvedimenti secondo il consulente Maurizio Bracchi.
Criteri oscuri
Nelle delibere di molti degli anni esaminati, infatti, il consulente dei pm Greco-Pedio-Pastore-Ruta addita come, «per tutti gli atti deliberativi concernenti il riparto dei compensi per le funzioni non tariffate, l'attività istruttoria» della Regione «appare non congruamente formalizzata. La conseguenza è che allo stato è impossibile ricostruire ex-post il percorso logico di formazione della volontà dell'organo deliberante, soprattutto quando si enunciano principi e metodi di assegnazione di finanziamenti pubblici senza che venga poi dato puntuale conto dell'attuazione di quanto enunciato».
In teoria un criterio indicato era ad esempio «la numerosità della casistica» propria di ciascuna struttura, «utilizzata per la formazione dell'ipotetica graduatoria fra gli operatori pubblici e privati e, nell'ambito di questa graduatoria, per l'effettuazione della scelta del 20% delle strutture beneficiarie del finanziamento». Ma, in pratica, quale fosse questa «numerosità della casistica» è «un elemento oggi ignoto: ciò non può che minare alla base quegli essenziali requisiti di trasparenza e di imparzialità su cui si dovrebbe fondare la correttezza e la stessa legittimità dell'atto amministrativo adottato».
«Evidente squilibrio»
Il consulente della Procura aggiunge di non poter «tacere il fatto che i criteri e gli indicatori stessi, in base ai quali operare il riparto del fondo stanziato, vengono proposti alla Giunta e deliberati dalla Giunta quando l'assetto funzionale e le capacità produttive dei reparti potenzialmente assegnatari dei finanziamenti erano ben noti agli uffici regionali. Circostanza che non depone certamente a favore dell'imparzialità dell'azione amministrativa, soprattutto se l'esito della procedura presenta l'evidente squilibrio in favore di uno degli operatori, nella fattispecie l'Ospedale San Raffaele, presenti sul mercato regionale delle prestazioni chirurgiche».
Uno dei problemi, ad esempio nel 2003, è che «l'assegnazione di questi ultimi finanziamenti, in larghissima misura finiti nelle casse dell'Ospedale San Raffaele, viene dalla Giunta regionale deliberata sulla scorta di criteri puntualmente enunciati nella propria deliberazione, ma della cui applicazione concreta ai fini della designazione dei beneficiari non viene dato conto». Infatti «ciò che gli uffici regionali hanno ritenuto essere "materiale istruttorio funzione di eccellenza per le attività per acuti" non è altro che la stampa di un insieme di fogli di calcolo caratterizzati dalla loro assoluta inconsistenza in termini di capacità illustrativa del processo logico di applicazione dei criteri prefissati e di individuazione dei beneficiari». Del resto, quando la polizia giudiziaria il 9 luglio ha acquisito in Regione gli atti istruttori e preparatori delle delibere sulle funzioni non tariffabili, «si è appreso come siano rappresentati, secondo quanto riferito da funzionari e dirigenti, dalla mera estemporanea stampa di tabelle e fogli di calcolo, peraltro privi dell'indicazione del redattore e/o del responsabile della correttezza dei dati e della loro elaborazione, e privi anche di indicazioni esplicative che ne possano consentire l'interpretazione».

Tutte le proprietà dei Litchi chinensis o.. litchis!



Il litchi ( o litchis) è un frutto esotico originario della Cina e appartenente alla famiglia delle Sapindacee il cui albero può raggiungere l'altezza di 30 metri con foglie lunghe sempreverdi. I frutti del litchi crescono in grappoli e giungono a maturazione nel tardo periodo autunnale; esistono molte varietà di litchi, più di 40 e, a seconda del tipo cambia il colore della buccia e della polpa.
Cina ed India sono attualmente i maggiori produttori mondiali di questo frutto particolare, mentre in Italia, per ora, esistono solo alcune coltivazioni al sud.

Il litchi viene anche chiamato col nome di uva cinese o ciliegio cinese, ha forma ovale ed è ricoperto da una sottile crosta verde quando acerbo e rossa quando matura; all'interno sotto alla polpa bianca, troviamo un grosso nocciolo simile a quello delle nespole.

Le principali sostanze contenute nel litchi sono costituite da minerali come potassio, rame, magnesio, fosforo, e calcio; sono presenti inoltre, proteine, vitamine appartenenti al gruppo B, acido nicotinico, fibre, carboidrati e zuccheri, oltre naturalmente all'acqua. Per quanto riguarda il suo valore calorico, 100 grammi di litchi forniscono circa 60 calorie.

Le principali proprietà terapeutiche del litchi si devono soprattutto all'acido nicotinico in esso contenuto; infatti questa sostanza è in grado di dilatare i vasi sanguigni, facilita la purificazione del sangue e allo stesso tempo è in grado di regolare numerose reazioni ossidative nelle cellule del nostro organismo, rendendosi così importante al fine della prevenzione di patologie come l'aterosclerosi. La presenza di minerali importanti come potassio e magnesio è utile per rafforzare e rendere più tonico il cuore e l'apparato circolatorio. In ultimo il litchi, grazie alle sue proprietà, può anche essere utile per prevenire la gastrite e per diminuire la percentuale di zucchero nel sangue, fattore, questo, molto utile a chi soffre di diabete.


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Grillo: “Nell’ultima settimana di campagna elettorale torno in tv” (video). - Martina Castigliani


Grillo: “Nell’ultima settimana di campagna elettorale torno in tv” (video)


Il leader del Movimento 5 stelle annuncia da Ravenna il rientro sulla tv generalista. Poi accusa Pd e Pdl per i soldi chiesti ai candidati per entrare nelle loro liste, come rivelato dal Fatto Quotidiano. "Monti dice che gli sono simpatico? Lo denuncio per diffamazione al contrario".

“L’ultima settimana della campagna elettorale ci sarà una sorpresa, andrò in tv”. Lo dice Beppe Grillo, all’arrivo dello Tsunami tour in Romagna. Giusto il tempo di parcheggiare il camper in piazza Garibaldi a Ravenna e comincia il bagno di folla per il leader del Movimento Cinque Stelle, lieto di annunciare il ritorno sul tubo catodico abbandonato lustri fa per il web.


Sono aperte le trattative, nessuna sicurezza ancora, ma non è escluso nessuno canale televisivo, neppure la Rai. Sono passati quasi vent’anni dall’ultima apparizione tv in Rai e ora gli studi di Cinecittà potrebbero accoglierlo di nuovo. Era il 2 dicembre 1993, venne trasmesso Beppe Grillo Show su Rai1 dal Teatro delle Vittorie di Roma. Risultato? 15 miloni di telespettatori.
Dopo la Rai ci furono  le apparizioni sulle paytv: Tele + e infine il messaggio di fine anno su Sky. Ora, invece, il grande ritorno sulle ammiraglie generaliste. A dirlo a margine dell’incontro in piazza è stato lo stesso Grillo, sorpreso di un ritorno dopo tanto tempo in una terra non sempre senza polemiche e che lo accoglie a braccia aperte. Sole alto e temperatura gelida non hanno impedito l’arrivo di molti sostenitori 5 Stelle e la curiosità ora è tutta per quello che succederà l’ultima settimana, con la presenza in televisione: “Del resto non posso non andarci”.
In piazza i candidati emiliani, prima fra tutti Giulia Sarti, capolista alla camera per l’Emilia Romagna. Ma anche tanti personaggi chiave per il Movimento in Romagna: Pietro Vandini, Fabrizio Martelli, Piero Buosi, Fabrizio Landi e Andrea Palli. Ad accogliere Grillo un risciò che lo accompagna per una sfilata tra i sostenitori della piazza fino sul palco del comizio. La foga del leader va subito contro il Pd e Pdl che, dopo l’inchiesta del Fatto Quotidiano, hanno rivelato come consuetudine quella di versare tra i 20 mila euro e i 35 mila euro come contributo per la campagna elettorale e per essere inseriti in lista. “Se mi fate una domanda così, io cosa posso dire?”, comincia il leader. – Che siete matti? È una follia, queste persone, questi candidati meritano di andarsene tutti a casa. I nostri candidati hanno versato zero euro per entrare in lista. Noi ci autofinanziamo con collette e finanziamenti. Altro che 35 mila euro. A Ravenna hanno speso 2000 euro. Le donazioni sono tutte 50\100 euro, ma ci sono anche donatori grossi”. Ma c’è n’è per tutti a Ravenna, Beppe Grillo si scaglia infatti contro Monti che nelle ultime apparizioni ha avuto parole di simpatia per lo stesso leader Cinque stelle: “Mi vogliono rovinare capite? Io li denuncio per diffamazione al contrario. Non posso essere nemmeno associato all’ex primo ministro”.
Sereno nonostante le tappe continue del tour che lo sta portando in tutta Italia, Grillo stringe mani e chiacchiera con i sostenitori che lo cercano per raccontare piccoli problemi di vita quotidiana dove, gridano a gran voce, “non se ne può più”. Il lavoro è il tema più gettonato e Grillo ci tiene a tornare sulla questione: “Qui siamo nel regno di quelli che hanno promesso il lavoro. Ma ora questa parola è diventata orrenda”.
E ad ogni parola di troppo, Grillo ferma i sostenitori e fa gridare in coro “populista, megalomane,demagogo”. Prende le accuse più frequenti e le sbeffeggia. Una timida protesta dal balcone che si affaccia su piazza del Popolo a Ravenna: “Grillo il nuovo alleato dei sionisti”. A cui il leader risponde: “Perché mi fate vedere queste cose? Lasciateli stare, è la democrazia. Tutti possono esprimere la loro opinione”. Un saluto prima di riprendere il camper e partire per la tappa di Cesena, poi Rimini. Una corsa contro il tempo tra una meta e l’altra, anche se in mattinata voci indiscrete dicono ci sia stato un incontro con i dissidenti di Forlì. Quest’ultima tappa non rientra nel percorso romagnolo, ma il leader non vuole saperne di dietrologie: “Se per questo non siamo nemmeno andati in tanti altri paesi della Romagna. A Forlì hanno fatto un loro movimento, io gli ho dato una mano per farsi eleggere. Fine della discussione”.