martedì 26 febbraio 2013

Alitalia in profondo rosso Ragnetti se ne va (dopo un anno) con buonuscita milionaria...- Paolo Rubino



I folli sprechi di una compagnia che non riesce a trovare il modo di  tornare a galla - Maxi liquidazione per il manager che ha quadruplicato le perdite - Attesa per le mosse di Air France-Klm (sempre che Alitalia sia ancora un affare...)


(ANSA) - ROMA, 25 FEB - L'a.d. Andrea Ragnetti si è dimesso dopo un anno dalla guida di Alitalia, lasciando una compagnia con perdite per 280 milioni nel 2012, quattro volte peggiori rispetto ai 69 milioni dell'anno prima. Ragnetti incasserà una buonuscita, a quanto si apprende, che dovrebbe essere di poco inferiore al milione di euro, la metà rispetto alle indiscrezioni circolate nei giorni scorsi.  
Sui conti pesa la crisi economica (in uno «degli anni peggiori che il settore del traffico aereo europeo ricordi») e pesano gli investimenti nel rinnovamento della flotta, sottolinea la compagnia, al termine di una lunga riunione del consiglio di amministrazione che ha approvato il progetto di bilancio ed ha accettato le dimissioni dell'amministratore delegato di Alitalia e di Air One, e direttore generale di Alitalia, attribuendo ad interim le deleghe al presidente Roberto Colaninno. Che, con i vicepresidenti Elio Catania e Salvatore Mancuso, «curerà il processo di ricerca» di un nuovo capoazienda per il gruppo.  
È prevalsa così la linea di quei soci, condivisa soprattutto tra alcuni dei piccoli azionisti, che di fronte alla necessità di rifinanziare l'azienda in crisi di liquidità con un prestito `convertibile-convertendo´ fino ad un massimo di 150 milioni (come approvato venerdì scorso a maggioranza in assemblea), hanno chiesto discontinuità nella governance, una nuova gestione e nuove strategie. Chiamando in causa anche Roberto Colaninno. Un pressing al quale si sono affiancati i sindacati che hanno chiesto un nuovo progetto industriale avvertendo che «prestiti o il cambio della governance aziendale da soli non salvano Alitalia». Mentre resta alta l'attenzione sulle prospettive di un nuovo assetto azionario, con gli occhi sempre puntati sulle possibili mosse di Air France-Klm.  
La liquidità disponibile a fine 2012 si è ridotta a circa 75 milioni dai 326 di un anno prima. Emergenza tamponata con la sottoscrizione pro-quota del prestito dei soci che, dal via libera venerdì, ha raggiunto la soglia minima di 95 milioni.  
Sulle perdite del 2012 pesano 91 milioni di svalutazioni e spese per la manutenzione ed il rinnovamento della flotta, concluso a fine anno con 140 aerei dall'età media scesa a 6,5 anni dai 9,3 di gennaio 2009. In aumento i ricavi, a quota 3,594 miliardi, +3,3% rispetto all'anno prima. Ma peggiora nettamente anche il risultato operativo, negativo per 119 milioni dai -6 milioni del 2011. Mentre l'indebitamento netto al 31 dicembre è salito di 175 milioni rispetto ad un anno prima, sfondando quota un miliardo (1.028 milioni).  
In un quadro difficile, la compagnia trova segnali di fiducia nei risultati del quarto trimestre che, con un pareggio a livello di risultato operativo, resta in perdita ma conferma «l'inversione di tendenza nella seconda parte dell'anno rispetto ai primi sei mesi del 2012», nei quali si concentra la gran parte delle perdite dell'anno.  
Nel corso del 2012 il gruppo Alitalia ha trasportato poco più di 24 milioni e 275mila passeggeri. Dato in calo rispetto ai 25 milioni del 2011 dopo una riduzione dell'offerta del 2,6%, per ottimizzarla rispetto alla domanda in calo per la crisi. Migliora il tasso di riempimento degli aerei, al 74,6%, +1,8%. E migliorano regolarità (compagnia «prima in Europa» lo scorso anno) e puntualità dei voli (con l'86,9% di voli atterrati entro 15 minuti dall'orario previsto, +1,4%). La quota di mercato del gruppo, sull'insieme dei segmenti intercontinentale, internazionale e domestico, «rimane stabile a circa il 22,6%.(ANSA). 

M5s primo partito in Italia.



Il m5s è il primo partito in Italia. Ha dimostrato che la politica non ha bisogno di denaro, ma solo di abnegazione ed onestà.

sabato 23 febbraio 2013

Elezioni, “900 firme false per la lista Maroni”. Pm Monza apre inchiesta.


Elezioni, “900 firme false per la lista Maroni”. Pm Monza apre inchiesta


Le indagini riguardano circa 1.200 firme raccolte nella circoscrizione brianzola. "Emerse irregolarità per quanto riguarda le procedure di autentificazione dell’80 per cento delle sottoscrizioni".

I pm di Monza hanno aperto un’inchiesta sulle firme della lista Maroni. Giuliano Beretta, consigliere provinciale monzese della Lega Nord, è stato indagato per falso con l’accusa di avere falsamente autenticato circa 900 firme raccolte nella circoscrizione Monza e Brianza a sostegno della Lista Maroni presidente alla regione Lombardia.
L’inchiesta è stata avviata dal pm Franca Macchia in seguito alla denuncia presentata qualche settimana fa dai radicali. Gli atti, con l’esito degli accertamenti, sono già stati trasmessi all’ufficio centrale elettorale presso la Corte d’Appello di Milano. Le indagini hanno riguardano circa 1.200 firme raccolte nella circoscrizione brianzola e sono “emerse irregolarità per quanto riguarda le procedure di autentificazione dell’80 per cento delle sottoscrizioni”.
Da quanto si è saputo, il pm non solo ha interrogato Beretta ma ha anche sentito a campione, come testimoni, un gruppo di elettori. Alcuni di loro avrebbero raccontato di aver firmato un foglio fatto girare in famiglia. Nel loro esposto i radicali avevano chiesto di indagare sulla sospetta raccolta delle 1.200 firme avvenuta in poco tempo, quattro o cinque giorni.

Il filo della stampa tra gli interessi di Caltagirone nei “feudi” di Casini. - Costanza Iotti


Il filo della stampa tra gli interessi di Caltagirone nei “feudi” di Casini


Tra inceneritori, cementifici e acquedotti gli affari pullulano in Puglia e Campania, regioni del sud ben presidiate dai quotidiani del costruttore. E dove l'Udc nell'ultima tornata elettorale ha realizzato i suoi migliori risultati.

L’ultimo sospetto di legame pericoloso fra i giornali, la finanza e gli interessi del costruttore-editore Francesco Gaetano Caltagirone è nelle carte dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere del presidente di Finmeccanica, Giuseppe Orsi. Nel mirino della Procura di Busto Arsizio è finita una curiosa telefonata tra Orsi e il suo portavoce  Carlo Maria Fenu sui ritocchi da fare a un’intervista al Messaggero concessa al neo vicedirettore Osvaldo De Paolini e incentrata sulla trasparenza di Finmeccanica, nell’ambito del tentativo del manager dell’azienda pubblica di ”montare una campagna stampa retribuita e compiacente’.
Non è la prima volta, del resto, che i giornali di Caltagirone finiscono nell’occhio del ciclone. In Campania il Mattino, altra testata di proprietà del costruttore romano, ha lanciato di recente un sondaggio per misurare il gradimento degli inceneritori ”contro il pericolo di un ritorno dell’emergenza rifiuti a Napoli e in Campania”, raccogliendo ampi consensi per i termovalorizzatori senza neanche citare la raccolta differenziata. In ballo del resto c’è un grosso business: nel febbraio 2012, la Regione Campania, con il voto favorevole di centrodestra e Udc, ha approvato un piano per la costruzione di cinque termovalorizzatori con l’obiettivo di bruciare 2 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno a fronte di una produzione da 2,4 milioni di immondizia. E Caltagirone, in qualità di socio di Acea, municipalizzata romana dell’acqua, dell’energia e dell’ambiente, potrebbe indirettamente partecipare alla partita sulla falsariga di quanto fatto dalla multiutility milanese A2A sull’impianto napoletano di Acerra.
Più defilato, anche per questioni di taglia, il Nuovo Quotidiano di Puglia, presieduto da Azzurra Caltagirone, con un direttore, Claudio Scamardella, che non disdegna di moderare gli incontri della locale sezione dell’Udc, partito di cui è leader il marito di Azzurra, Pier Ferdinando Casini. Qui poi accade che, come emerge nell’inchiesta del gip Patrizia Todisco sull’Ilva di Taranto, l’allora caposervizio della sede locale del Nuovo Quotidiano di PugliaPierangelo Putzolu (poi allontanato dai vertici del giornale) supporti le ragioni dell’ex capo delle relazioni esterne del gruppo Ilva, Girolamo Archinà.
Non certo una bella immagine per il gruppo editoriale di Caltagirone che, in Puglia sta rinnovando l’impianto della controllata Cementir con un investimento da 145 milioni. La società ha anche ottenuto dalla Regione una ventina di milioni di finanziamento per lo sviluppo regionale 2007-2013. Ma per Altraeconomia.it, Cementir, acquistata dal costruttore romano nel ’92 dall’Iri per 480 miliardi di lire (circa 247 milioni di euro) e il cui fatturato oggi sfiora il miliardo di euro, ha in mente invece un progetto per trasformare in un inceneritore il cementificio che si trova proprio accanto allo stabilimento Ilva.
Sul finanziamento e la regolarità di attribuzione c’è un esposto del comitato anti-inquinamento Legamjonici alla Procura di Taranto e alla Commissione Europea in cui si evidenzia ”la cattiva condotta dell’azienda in merito all’ambiente”. Cemento e rifiuti non sono però l’unico pensiero di Caltagirone, che tempo fa ha anche tentato, invano, di mettere le mani anche sull’Acquedotto Pugliese, finora rimasto di proprietà della Regione. Era il 2010, quando si aprì una diatriba mica da ridere all’interno del centrosinistra, impegnato nell’avvicinamento alle elezioni regionali poi vinte da Vendola contro Rocco Palese (Pdl). Una parte consistente del Partito democratico spingeva per Francesco Boccia, tutti gli altri per la conferma di Nichi Vendola.
Non si trovò un accordo, si fecero le primarie e il leader di Sel sconfisse il suo avversario per la seconda volta di fila dopo le regionali del 2005. E se avesse vinto Boccia? A quanto pare il Pd avrebbe stretto un’alleanza con l’Udc di Casini che è appunto il genero di Caltagirone. E chissà se ci sarebbero stati effetti collaterali sulla questione acquedotto. Difficile dirlo, perché l’Udc andò da sola alle urne e prese il 6,5 per cento. La partita, però, non è affatto conclusa e di grandissima importanza. Basti pensare ai lavori necessari alla rete idrica per ridurre le perdite di acqua lungo gli spostamenti. Un business, secondo il Book Blue 2011 dell’Associazione nazionale Autorità e enti di Ambito, che vale 64 miliardi in 30 anni lungo un percorso che dovrebbe consentire all’Italia di allinearsi agli standard europei.
Cifre grosse che solo in parte potranno essere finanziate dallo Stato e che per il resto saranno pagate direttamente in bolletta dai contribuenti-clienti. Per la privatizzazione degli acquedotti, come del resto per gli inceneritori, è necessario però avere il giusto consenso politico. E per questo bisognerà attendere gli orientamenti dei diversi partiti e sondare l’opinione. E da ormai molti anni sia Campania che Puglia sono una roccaforte per Casini. Nell’ultima tornata elettorale, proprio in Puglia, l’Udc ha realizzato uno dei migliori risultati piazzandosi al quinto posto nelle preferenze dei votanti con il 7,9 per cento. Situazione analoga in Campania dove Casini può contare su figure di peso come l’ex presidente del Consiglio, l’avellinese Ciriaco De Mita, oggi sponsor del nipote Giuseppe, candidato Udc al secondo posto per la circoscrizione Campania 2 (Avellino, Benevento e Salerno). Anche qui l’Udc, aveva raccolto il 7,5% dei voti (contro il 5,6% nazionale e con un picco del 14% nel capoluogo irpino) contro il 5,5% di Campania 1. Numeri e nomi importanti per un futuro da scrivere nel rispetto di cittadini e territorio evitando dannose speculazioni.

venerdì 22 febbraio 2013

La congiuntivite di papy B.



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Elezioni, inchiesta a Cremona: presunte firme false per le liste Albertini e Monti.


Mario Monti e Gabriele Albertini


I pm hanno aperto un fascicolo per falso su una trentina di nomi: secondo un rapporto della Digos ci sarebbero "doppie firme" poi disconosciute. Sequestrati gli elenchi, c'è un indagato. L'ex sindaco di Milano: "Sono sbigottito".

La Procura di Cremona ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di reato di falso in atto pubblico materiale e ideologico in relazione a una trentina di presunte firme false raccolte a sostegno della Lista Albertini e della Lista Monti in vista delle prossime elezioni regionali. La notizia, anticipata dal sito Cremona oggi è stata confermata da fonti investigative. In Procura è arrivato nei giorni scorsi un rapporto firmato dalla Digos di Cremona dal quale emergerebbero “doppie firme” per la Lista Monti e la Lista Albertini, poi disconosciute davanti agli inquirenti dagli stessi firmatari.In sostanza le firme sarebbero state “copiate” da una lista all’altra.
Gli elenchi contenenti le presunte firme fasulle sono stati sequestrati. Sarebbero cittadini che hanno apposto la firma per la presentazione della Lista Monti e poi si sarebbero trovati anche tra i firmatari di quella di Albertini, candidato al Pirellone. Al momento c’è un solo indagato anche se non è escluso che, nelle prossime ore, l’indagine si allarghi.
Albertini si dice “sinceramente sbigottito”. L’ex sindaco di Milano ha chiarito che “la vicenda riguarderebbe irregolarità su 30 firme su un totale di 641 raccolte nella Provincia di Cremona”, non mancando di esprimere la propria “fiducia sugli accertamenti che Digos e Magistratura stanno compiendo: qualora dovessero ravvisarsi responsabilità di ogni tipo – ha aggiunto – saremo inflessibili con tutti coloro che dovessero essere coinvolti in questa vicenda”.