sabato 2 marzo 2013

Maroni e la bufala della macroregione del Nord. - Ulisse Spinnato Vega

Roberto Maroni.

In Lombardia l'ipotesi di Roberto Maroni è impraticabile. Gli altri  casi d'Europa.

Una buona fiche da giocare in campagna elettorale, ma una bufala clamorosa in termini di sostanza istituzionale. Roberto Maroni diventa governatore della Lombardia inneggiando alla macroregione del Nord che dovrebbe dar seguito al patto di Sirmione del 16 febbraio scorso, siglato in pompa magna dai presidenti leghisti di Piemonte e Veneto, Roberto Cota e Luca Zaia, dal pidiellino Renzo Tondo, che guida il Friuli, e dallo stesso Maroni, che allora era candidato al Pirellone.

IL 75% DELLE IMPOSTE SUL TERRITORIO. La proposta di una maggiore autonomia amministrativa dell’area padana, condita con il succoso progetto del mantenimento del 75% delle imposte sul territorio, è una bella bandiera da sventolare sotto il naso del ridimensionato elettorato del Carroccio, ma presuppone una rivoluzione politico-istituzionale su cui i leghisti hanno finora furbescamente sorvolato.
Ci sono due vie legislative, infatti, per realizzare il progetto vagheggiato da Maroni. Ma entrambe passano da Roma e dall’odiato parlamento nazionale.

REFERENDUM APPROVATO DALLA MAGGIORANZA. Si potrebbe far leva infatti sull’articolo 132 della Costituzione che regola la fusione di due o più regioni attraverso legge costituzionale. In prima battuta, però, serve l’ok di almeno un terzo delle popolazioni interessate attraverso la richiesta dei loro Consigli comunali e poi ci vuole un referendum approvato dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
La Lega che prende solo il 4% su base nazionale, crolla all’11% in Veneto, al 14% in Lombardia e sotto il 5% in Piemonte, è in grado di convogliare tanti elettori su questo progetto?
Inoltre l’articolo 132 ha comunque bisogno di una norma costituzionale approvata a Roma. E le Camere che devono decidere non sono esattamente a trazione leghista.

UNA VERA MODIFICA DELLA CARTA. Maroni, tuttavia, è ancora più ambizioso. E sogna (è la seconda via) una modifica vera e propria della Carta che dia la percezione di una macroregione che nasce come soggetto del tutto nuovo. A parte la difficoltà dei numeri in Parlamento per il Carroccio, la procedura ‘aggravata’ di modifica della Costituzione prevede la doppia lettura con intervalli temporali di tre mesi e l’approvazione a maggioranza assoluta. Un meccanismo lungo e farraginoso che non sembra praticabile, soprattutto nell’ottica di una legislatura che si preannuncia comunque di corto respiro.

Gli ostacoli politici posti dai parlamentari

Maroni non ha insomma i numeri alle Camere, non avrà probabilmente il tempo e deve fare per giunta i conti con gli ostacoli politici. I parlamentari dell’alleato Pdl eletti nelle regioni del Sud, infatti, non appoggerebbero mai un disegno di autonomia rafforzata che ha come obiettivo principe il mantenimento sul territorio del 75% delle imposte.
La riforma degli articoli 116, 117 e 119 della Carta appare dunque del tutto impraticabile. E lo strumento del referendum rappresenta una chimera per le camicie verdi, visto che dovrebbe essere richiesto da cinque regioni, 500 mila cittadini o un quinto dei membri della Camera.

I TEMI FISCALI RESTANO TABU. Le tre grandi regioni del Nord a trazione leghista potrebbero fare delle leggi coordinate su materie economiche, per esempio. Ma i temi fiscali sono tabu. A parte il fatto che una Lombardia che dovesse trattenere il 75% delle imposte genererebbe gravi ripercussioni sulla ripartizione delle risorse per la sanità e penalizzerebbe fortemente le regioni meridionali.
I benefici per la locomotiva d’Italia, tra l’altro, non sarebbero quelli sbandierati dallo stesso Maroni e dal segretario regionale della Lega Matteo Salvini. I lombardi vedono già rientrare il 66% delle risorse prodotte, dunque una quota non lontanissima dal 75% evocato nei proclami del Carroccio come la panacea di tutti i mali. E la differenza fa circa 8 miliardi. Non i 20-25 miliardi di cui favoleggiano a Via Bellerio.
Su un gettito fiscale totale nazionale che nel 2011 è stato pari a 411 miliardi di euro (e nel 2012 è già a 378 miliardi tra gennaio e novembre), i lombardi versano circa il 21%, ossia 86 miliardi.

QUASI 20 MLD TRA TRIBUTI PROPRI ED ERARIALI. La Lombardia, peraltro, può contare su ben 11,5 miliardi di entrate dovute a tributi propri (bilancio di previsione 2012). E su 7,3 miliardi di tributi erariali e compartecipazioni attesi nel 2013. Senza dimenticare 1,2 miliardi di assegnazioni dallo Stato (parte corrente e conto capitale) nella previsione di competenza per il 2012.
Tra l’altro, se si allarga il discorso alla vagheggiata macroregione del Nord, il Veneto si riprende già oggi il 72% di quello che elargisce e il Piemonte arriva addirittura all’86%. Dunque, in base ai numeri, non si comprende in cosa consista questo presunto scippo ai danni dei poveri ‘padani’.
Certo, ci sono circa 50 miliardi di trasferimenti da Nord a Sud che sicuramente il Meridione deve imparare a usare con più oculatezza. Ma si tratta delle risorse che giustificano la solidarietà nazionale e costituiscono il collante necessario per l’esistenza stessa di uno Stato unitario.

Un trampolino di lancio verso l'Euro-regione alpina

Per il Carroccio il disegno della macroregione è inoltre una sorta di trampolino di lancio verso l’Euro-regione alpina che vedrebbe il Nord-Italia coordinarsi con la ricca Baviera e con altre aree di Paesi limitrofi quali, ad esempio, Austria e Slovenia.
In Europa esistono già oltre 100 realtà euro-regionali. Ma sono finalizzate sempre alla cooperazione transfrontaliera e sono partecipate da enti territoriali dell’una e dell’altra parte dei confini. Soprattutto, però, non implicano nuovi livelli di autonomia amministrativa.

NIENTE COSTI AGGIUNTIVI PER LA FINANZA PUBBLICA. Una cosa molto diversa, dunque, dal progetto che la Lega Nord di Codroipo (Udine) aveva enucleato qualche tempo fa e che prevedeva una Comunità autonoma con nuove forme di governo. Ogni Regione, secondo tale idea, dovrebbe confederarsi con un’altra creando un soggetto inedito senza costi aggiuntivi per la finanza pubblica.
Una volta formatasi tale comunità, sarebbe necessario enucleare gli organi comuni, definire l’ordinamento e individuare le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
Ma la legge regionale che forma la Comunità autonoma potrà essere promulgata solo con la vittoria a maggioranza dei voti validi espressi in un referendum in ogni regione interessata. Altro ostacolo non da poco per i leghisti.

UN PROGETTO BOLLATO COME IRREALIZZABILE. Tirando le somme, il sogno del cantone subalpino o del land settentrionale, a seconda di come lo si voglia chiamare, pare destinato a restare tale.
Non a caso Luca Antonini, esperto di autonomie locali, uomo vicino a Giulio Tremonti e Roberto Calderoli, ma soprattutto presidente per il governo Berlusconi della Copaff (Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, ndr), ha bollato il progetto di Maroni come irrealizzabile.
Mentre il governatore del Veneto Zaia, che pure è tra i firmatari del patto di Sirmione, qualche mese fa aveva bocciato l’ipotesi di una vera e propria fusione che avrebbe inevitabilmente creato un ente territoriale a trazione lombarda.

IL MONITO DI SILVIO BERLUSCONI. E lo stesso Silvio Berlusconi, infine, aveva sminuito in campagna elettorale la presunta portata storica del nuovo mantra leghista: «Il 75%? Al Nord rimangono già ora le stesse somme, se si intende questa percentuale come comprensiva delle spese di tutte le istituzioni situate al Settentrione, quindi anche le Province, i Comuni e tutte le società o articolazioni che amministrano servizi pubblici».

Petra Reski.



La giornalista tedesca Petra Reski, famosa per la sua produzione letteraria di denuncia sulla criminalità organizzata, ha definito "Follia pura" il comportamento dell'informazione italiana: "Mi sembrano tutti impazziti qui in Italia: La mia intervista per Focus non è ancora uscita e già viene citato Beppe Grillo con cose che non ha detto. Sul sito di Focus è stato pubblicato un riassunto della mia intervista, e questo riassunto viene non tradotto, ma distorto, in una conclusione che ho appena letto sul sito della Repubblica: "Grillo: "Si al governissimo" e poi: Grillo: "Ok a governo Pd-Pdl, per legge elettorale e tagli"". Ma è una falsità!"

Sul sito di Focus non è scritto questo. E' scritto: "Grillo non vuole fare una coalizione ne con Pier Luigi Bersani, ne con Silvio Berlusconi: 'Se PD e PDL dicessero: 'Legge elettorale subito, via i finanziamenti retroattivi, massimo due legislature e vanno fuori tutti quelli che hanno più di due legislature', cosi noi appoggiamo qualsiasi governo' diceva Grillo a Focus, e aggiungeva: 'Ma non lo faranno mai. Loro bluffano per guadagnare tempo.'"

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Le scomode verità



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venerdì 1 marzo 2013

Sostiene Lavitola. - MASSIMO GRAMELLINI - (art. del 29/09/2012)



Se questa lettera è falsa, mette spavento. Se è vera, molto di più. Fra i documenti sequestrati dalla magistratura al faccendiere Valter Lavitola spunta un appello chilometrico e accorato a Berlusconi. Il cosiddetto direttore del fu «Avanti!». Lavitola appunto, lo avrebbe scritto alla vigilia dell’ultimo Natale dal rifugio di Rio de Janeiro, prima di rientrare in Italia e consegnarsi alla giustizia. Parole in libertà, anche dalla grammatica, che raccontano gli ultimi anni di questo disgraziato Paese meglio di un trattato politico o di una gag di Cetto La Qualunque, dando corpo ai sospetti, alle angosce e alle vergogne che hanno tratteggiato il crepuscolo del regimetto silviesco. Riporterò un’antologia di brani scelti, limitandomi a qualche commento in corsivo che dedico al fustigatore dei Lavitola di ogni epoca: Totò.  

«Sig. Presidente, La prego di scusarmi se, con la consuetudine che lei mi ha concesso, Le scrivo con estrema chiarezza (In quel mondo di maneggi fumosi la chiarezza è una colpa da dichiarare preventivamente). Leggere che Lei mi accomunava ad un mafioso mi ha fatto molto male e ha rischiato d’avvero (licenza po’etica) di farmi impazzire. Io mi sono fatto da solo senza il suo benché minimo contributo. Lei invece era in debito con me per avere io comprato De Gregorio, tenuto fuori dalla votazione cruciale Pallaro, fatto pervenire a Mastella le notizie della Procura da dove erano arrivate le pressioni per il vergognoso arresto della moglie e “lavorato” Dini. (Lavitola sta rivendicando come meraviglie da Nembo Kid una serie di manovre corruttive per far cadere il governo Prodi nel 2007).  

“Lei mi ha promesso più volte di entrare al governo, di mandarmi al Parlamento Europeo, di entrare nel cda Rai (questa ce la siamo risparmiata), che il primo incarico importante che si fosse presentato sarebbe stato per me, di collocare la Ioannuci nel cda dell’Eni (Claudia Ioannuci, ex senatrice di Forza Italia amica sua), di nominare Pozzessere almeno direttore generale di Finmeccanica (almeno).  

“Mi ha concesso: la Ioannuci nel cda delle Poste (l’Eni ringrazia, le Poste meno) e il commissario delle dighe, ruolo inventato da me con Masi quando era a Palazzo Chigi. (Chiudete gli occhi e liberate l’immaginazione: Lavitola e Masi, il futuro dirett-horror della Rai, chiusi dentro Palazzo Chigi mentre su concessione del Capo si inventano il commissario delle dighe. Per la cronaca si chiama Guercio, e qui la realtà supera i Vanzina). “Ho ottenuto da lei anche: che Forza Italia concedesse all’Avanti! un finanziamento di 400 mila euro nel 2008, altro non era che il rimborso che Lei mi aveva autorizzato a dare a De Gregorio nel 2007 (per fare secco Prodi), 400/500 mila euro, non ricordo (100 mila più, 100 mila meno: pinzillacchere) per la casa di Montecarlo (qui Lavitola, commissario delle bufale, allude ai soldi spesi per andare a Panama e rastrellare documenti che comprovassero i maneggi edilizi dell’odiato Fini nel Principato, carne fresca per le mandibole dei giornali berlusconiani).  

“Quando mio cugino (ci mancava, il cugino) editava il giornale dell’Italia dei Valori, Gianni Letta su Sua richiesta fece pressione sull’Avvocato dello Stato per sbloccare il finanziamento pubblico. Mi accusano di averle insistentemente raccomandato il maresciallo La Monica, la fonte che ha contributo a salvare Bertolaso e che ci ha coperti nell’indagine sull’acquisto dei senatori, ha datto (doppia t, alla sarda) una mano sul serio nelle indagini su Saccà e Cosentino e ha elliminato (doppia l, alla cinese) alcune foto che la vedevano ritrato (una t, alla romana) assieme a Bassolino e ad alcuni mandanti della Camorra per la vicenda rifiuti: sono certo che lei non sapesse chi fossero (però intanto glielo ha ricordato).  

“Non è mia intenzione rinfacciarle nulla, ma Lei mi diede la Sua parola. (benedett’uomo, Berlusconi ne ha date talmente tante, di parole, che oramai in tasca gli sarà rimasta solo qualche vocale). “Si trata (vedi alla voce: ritrato) dell’escussione di un credito morale che sono convinto di avere. Le cose fatte tra noi le ho fatte scientemente e come tale da uomo. Lei non sarà mai coinvolto. Mai e poi mai!!!(Sottotesto: sempre che apra il borsellino. E infatti…).  

“Ho bisogno che si trovi lavoro ad alcuni di quelli che lo hanno perso con l’Avanti! (I più deboli e meritevoli, immagino). Si tratta di mia moglie, 3/4mila euro mese, giornalista; mia sorella, laureata in psicopedagogia., 2/3 mila euro mese; il mio ex autista, 2 ragionere (impiegate di colore?) , 1 giornalista (almeno uno, finalmente). Ho poi bisogno che si paghi una società cinese, 900 mila dollari, che mi ha fornito i servizi necessari alla definizione del piano di sfruttamento della mia concessione di taglio in Amazzonia (pure distruttore dell’ecosistema, dài!).  

“Il clamore della vicenda giudizziaria (ma una bella terza elementare, no?) sta determinando un comprensibile ma odioso ostracismo nei miei confronti (meno male che se n’è accorto). Si restituiscano a Capriotti 500 mila dollari da lui spesi a vuoto a Panama, dei quali mi ritiene forse giustamente responsabile. Ha una sala bingo, non è difficile pagarlo perdendo un po’ di soldi al bingo, così saprebbe come giustificarli. (Bingo!).  

“Tranne che le assunzioni, per le quali la prego di impegnarsi al massimo, si tratterebbe di un prestito. Assieme alla somma prima elencata (900.000 $ + 500mila$ + 5 milioni di euro), ovviamente le restituirò anche i 225 mila euro residuo dei 500 mila affidatimi da Tarantini (mi è venuto il mal di testa)

“Ho in programma di costituirmi a Napoli per tentare un patteggiamento subito dopo le vacanze natalizie, se Dio vuole che non mi catturano prima con un allarme rosso dell’Interpool (un pool di poliziotti nerazzurri?).  

“La prego di far contattare mia moglie per farmi sapere a chi emettere le fatture dello studio di avvocati esteri e della società cinese. E di farle sapere come procedere per le assunzioni. E’ la prima volta che Le chiedo un aiuto, mentre io per lei non mi sono mai risparmiato. Ne approfitto per augurarle un Natale sereno, anche se capisco che tra problemi, famiglia e fidanzate non sarà semplice neppure per lei. Dopo i casini devono arrivare soddisfazioni proporzionali. Vorrà dire che ci divertiremo da morire e molto a lungo. Senza il suo prestito mi ridurrei, Dio non voglia, alla fame.” (Dio non voglia, ma mentre i maneggiatori di denaro pubblico si divertivano da morire, alla fame si sono ridotti i loro inconsapevoli finanziatori: gli italiani).  

Gli agenti federali hanno fatto irruzione nella casa e le imprese di un produttore.


L'azione del FBI è legata alla lotta alle frodi fiscali in Italia dell'ex primo ministro Silvio Berlusconi.




Gli agenti federali hanno fatto irruzione nella casa e negli uffici di un produttore di lunga data di Hollywood in collegamento con l'Italia, per indagini relative a frode fiscale, appropriazione indebita e falso in bilancio; indagato anche l'ex primo ministro Silvio Berlusconi.
Mentre le autorità non avrebbero discusso l'indagine in corso, documenti del tribunale di Los Angeles mostrano la recente indagine di agenti dell'FBI incentrate su accuse italiane che il produttore, Frank Agrama, Berlusconi e gli altri in modo fraudolento hanno gonfiato il prezzo dei diritti televisivi acquistati originariamente da Agrama in modo che milioni di dollari in tangenti potrebbero essere stati pagati a dirigenti dell'impero mediatico di Berlusconi.

Salonicco, ergastolo per l’ex sindaco: rubati 18 milioni da casse comunali. - Francesco De Palo


Salonicco, ergastolo per l’ex sindaco: rubati 18 milioni da casse comunali


Vassilis Papageorgopoulos, in carica dal 1999 al 2010, respinge tutte le accuse e si definisce innocente al pari degli altri condannati alla medesima pena, l'ex segretario del Comune, Michalis Lemousias, e l'ex cassiere, Panagiotis Saxonis. Per tutti l'accusa è di appropriazione indebita, riciclaggio di denaro pubblico, falso in bilancio.

Il tribunale di Salonicco ha decretato l’ergastolo per l’ex sindaco Vassilis Papageorgopoulos (senza alcuna attenuante) per aver rubato quasi diciotto milioni di euro di fondi comunali. Per la prima volta nella storia della repubblica ellenica un uomo politico è condannato al carcere a vita per un reato simile ed è un verdetto dal valore altamente significativo, perché pronunciata in un momento di crisi. Al popolo sono imposti sacrifici epici, mentre la casta non mostra di aver ben compreso la gravità della situazione, con sacche di privilegi ancora intoccati (come la fondazione della Camera dei Deputati con un costo di 2,5 milioni annui). Tutti concordano nel definire la pronuncia dei giudici come un segnale preciso alla classe politica greca, colpevole negli ultimi tre decenni di non aver vigilato a sufficienza sulla voragine economica che si è aperta nel Paese e che, complice gli sprechi e l’elevatissimo tasso di reati contro la pubblica amministrazione, hanno reso i conti ellenici disastrati.
Il panico che si è abbattuto su moltissimi amministratori pubblici che presto potrebbero finire nell’occhio del ciclone per una gestione scellerata di regioni e prefetture. Pochi mesi fa, in occasione delle indagini sulla lista Lagarde dei duemila evasori ellenici, fonti giudiziarie avevano confermato di aver scovato sui conti correnti di alcuni prefetti cifre astronomiche, come uno nella regione della Fthiotida che pare avesse liquidità disponibile per undici milioni di euro e su cui il nucleo di Polizia finanziaria, lo Sdoe, sta ancora indagando per accertarne la provenienza. 
Papageorgopoulos ha ottenuto una cella per non fumatori tra le urla degli altri detenuti, che lo hanno epitetato “atsalàkoto”, che in greco vuol dire senza pieghe, per via del doppio petto impeccabile che indossava al suo ingresso. Ed è il secondo nome eccellente ad essere finito in carcere. Il primo fu lo scorso maggio Akis Tsogatzopoulos, l’ex ministro della Difesa e braccio destro del premier Andreas Papandreou accusato di aver strutturato società off shore come vere e proprie scatole cinesi per almeno cento milioni di euro, “destinatarie” dei proventi di presunte tangenti per la fornitura di armi al paese che, è utile ricordare, è il secondo acquirente del continente per volume di affari (l’ultima commessa è di dieci miliardi di euro e risale al mese scorso, nonostante le misure lacrime e sangue imposte dalla troika). La giornata di ieri, con l’ingresso in carcere di Papageorgopoulos, scrive oggi il popolare il quotidiano Kathimerinì, “è una pietra miliare negli affari pubblici del paese anche per la combinazione con l’abolizione dell’immunità per i politici”.