domenica 3 marzo 2013

Concordo!



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Grillo e la riscoperta dell'umano. - Ida Magli



Tutti i giornali sono d’accordo: Grillo ha riempito con i suoi ragazzi la fatidica Piazza S. Giovanni. Sono giovani, sono inesperti, sono entusiasti: si torna a vivere. È questa l’umanità che ha fatto la storia: quella che si è lanciata nella vita ingenuamente, forte soltanto del proprio entusiasmo, della sicurezza che essere uomini significhi sognare, sperare, amare, godere, gioire, e credere di riuscirci lavorando strenuamente per realizzare il sogno.

  Siamo usciti, con questi sognatori, dall’incubo peggiore che gli Italiani si siano mai trovati a sperimentare, malgrado il loro lungo passato pieno di catastrofi: non avere un futuro. Non avere ciò che sostanzia, per ogni uomo, l’idea di futuro: che sarà bello, gioioso, nuovo, diverso, ricco di vita. Può forse il pareggio di bilancio, per quanto lo si prospetti come indispensabile, “costituire il futuro”? Può forse la Banca Centrale Europea, per quanti bond italiani sia disposta ad acquistare, vestire i panni della Fata Turchina? Basta, sì basta! Abbiamo assoluto bisogno di tornare a vivere la vita vera, quella che ha sempre reso ricchissimi gli Italiani anche quando erano poveri: la capacità di credere nel futuro, di lavorare per il futuro, nella bellezza della propria terra, nella fiducia del suo "stellone" gioioso e fortunato.

  Tutto questo è stato deliberatamente ucciso, seppellito nel mondo lugubre dei sacerdoti del denaro, sordi e ciechi di fronte a qualsiasi cosa che non sia l’accumulo delle proprie monete. Economisti e banchieri si sono impadroniti dell’Europa e hanno scelto l’Italia come centro sperimentale del proprio potere, dove cominciare a sostituirsi ai politici, ormai del tutto succubi e corrotti. Ci sono riusciti con tanta facilità da rimanerne stupiti essi stessi. Forse non avevano immaginato, pur nella loro immensa presunzione, che sarebbe bastato il tintinnio delle monete a farsi addirittura chiamare da politici e capi di stato per governare al proprio posto. Nel giro di un anno hanno costretto al suicidio 45 imprenditori. Un risultato davvero di tutto rispetto! L’Italia non è mai stato un Paese da suicidio, neanche in tempo di guerra. I membri del governo, però, sono rimasti impassibili. Sono dei “fannulloni” questi Italiani, purtroppo: sanno soltanto lamentarsi. Il giorno successivo al suicidio di un imprenditore Mario Monti è andato a consolare, non la famiglia disperata, ma i funzionari di Equitalia: quelli sì che sono dei solerti lavoratori!

  La verità è che con la tirannide dei banchieri-politici si è diffusa nell’aria la certezza della loro incancrenita disumanità. L’arido deserto della loro anima è incompatibile con la vita. Hanno ingoiato, distruggendoli, tutti i sentimenti, gli affetti, i valori, nei quali gli Italiani hanno creduto, e per i quali hanno lavorato e combattuto fin dall’inizio della loro storia. Tutto è stato azzerato, in nome del bilancio, in nome di una moneta. Perfino la Chiesa si è azzittita. Dopo aver sempre proclamato il primato dello spirito sulla materia, non ha avuto la forza di ribellarsi al primato del dio euro.

  C’è stato, a Sanremo, il “segno” della morte della italianità, un segno che soltanto il pensiero musicale italiano poteva inventare: la deliberata, consapevole cacofonia della canzone Mononota.
Adesso, però, i giovani di Grillo hanno lanciato il grido della speranza: “Politici, andate a casa”. Per prima cosa, dunque, un Presidente della Repubblica che non appartenga ai partiti, che non sia né un economista né un banchiere, che non piaccia ai politici che non sia un fiancheggiatore dei politici, ma che rappresenti davvero gli Italiani, quello per cui tutto il mondo ha sempre apprezzato gli Italiani: l’arte, la poesia, la musica...

Ida Magli
23 Febbraio 2013 


http://www.italianiliberi.it/Edito13/grillo-e-la-riscoperta-dell-umano.html

LA BANDA DI SIENA RISCHIA DI SEPPELLIRE BERSANI: LE INTERCETTAZIONI MUSSARI-CECCUZZI SAREBBERO “POLITICAMENTE DEVASTANTI” PER IL PD! PER QUESTO SONO SCOMPARSE?


1. IL GIALLO DELLE INTERCETTAZIONI MPS: SCOMPARSI I BROGLIACCI DI QUATTRO MESI DI CO-GESTIONE TELEFONICA MUSSARI-CECCUZZI
Gian Marco Chiocci e Paolo Bracalini per "Il Giornale"
CECCUZZI MUSSARI AMATO
CECCUZZI MUSSARI AMATO
Le intercettazioni tra l'ex presidente Mps Mussari e l'ex sindaco Pd di Siena Ceccuzzi fanno fatica a vedere la luce. Non escono fuori. Di quei quattro mesi di fitte chiacchierate telefoniche (gennaio-aprile 2010) c'è una nitida traccia nei brogliacci. Se ne parla in un'informativa dei carabinieri sul gruppo di potere politico-economico senese denominato la «banda della birra» che ha finito per tirare dentro anche i figli del fantino «Aceto» Degortes.
Chi le ha ascoltate, poi, assicura siano «politicamente» devastanti per il partito di Bersani che si è sempre dichiarato estraneo alle logiche e alle spartizioni della banca della città del Palio. Ma se quelle intercettazioni non escono in modo integrale un motivo c'è. A detta degli inquirenti - e la cosa non può che non lasciare perplessi - non sarebbero state trascritte integralmente (ma solo in modo parziale o riassuntivo) perché all'epoca vennero ritenute non utili all'inchiesta sulla gestione e la compravendita di ristoranti e immobili targati Mps.
In procura si corre comunque a precisare che alla luce degli accadimenti sul crac della banca più antica del mondo, quelle conversazioni verranno riesumate dagli archivi, riascoltate dalla prima all'ultima, e nuovamente trascritte per essere convogliate nel fascicolo sul disastro Antonveneta e derivati.
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Solo leggendo le trascrizioni dei colloqui Mussari-Ceccuzzi avremmo chiaro ciò che una «gola profonda» inserita nei segreti meccanismi del«groviglio armonioso» aveva spifferato ai carabinieri ad aprile 2012. Una fonte, dato il livello, estremamente importante, «conosciuta nell'ambiente e ben inserita negli ambienti politico imprenditoriali delle province di Siena e Grosseto».
Informazioni relative all'esistenza «da alcuni anni, di un gruppo di persone molto note in città che avrebbe sfruttato illegalmente, a fini di lucro, la posizione di potere assunta quale presidente della Fondazione Mps prima e della banca Monte dei Paschi poi, dall'avvocato Giuseppe Mussari».
La fonte rivelava ai carabinieri una serie di compravendite, su immobili d'interesse Mps, supervisionate direttamente dall'ex numero uno di Mps.
MUSSARIMUSSARI
«La Banca vende dove vuole e a chi vuole continua la gola profonda facendo riferimento a specifici casi -; e certe offerte non possono essere rifiutate perché sponsorizzate dal presidente Giuseppe Mussari». Da qui il discorso si allarga al gruppo «solito riunirsi in un bar-birreria di piazza del Campo» gestito «da Andrea Bellandi, in passato consigliere e assessore ai Lavori pubblici al Comune di Siena».
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Tra gli immobili citati a verbale dalla fonte, sul quale sarebbero state effettuati accertamenti capillari, vi sarebbe un appartamento di Castiglion della Pescaia «che era stato concesso al Partito democratico durante le elezioni amministrative del maggio 2011».

2. IL COMUNE DI SIENA RISCHIA IL CRAC: LE ELEZIONI POTREBBERO ESSERE ANNULLATE PER DUE ANNI
Marco Franchi per "Il Fatto Quotidiano"
Mentre il Monte dei Paschi cerca di guardare al futuro dopo aver incassato i Monti bond e mosso un'azione di responsabilità contro gli ex vertici travolti dalle inchieste giudiziarie, i senesi fanno i conti con il rischio crac del Comune. E del Pd.
È infatti attesa per il 4 marzo la decisione della Corte dei conti sulla relazione del commissario Enrico Laudanna che dall'estate scorsa ha preso le redini dell'amministrazione comunale dopo la mancata approvazione del bilancio consuntivo.
imu mussari non rispondeIMU MUSSARI NON RISPONDE
Bilancio che oggi si presenterebbe in rosso per circa 16 milioni e zavorrato da una montagna di debiti (circa 300 milioni) nonostante i 230 milioni versati dal 2001 al 2011 nelle casse comunali dalla Fondazione Mps. Una situazione disastrosa che potrebbero convincere la Corte a chiedere il dissesto formale del Comune di Siena che verrebbe così ricommissariato per altri due anni facendo saltare le elezioni fissate a maggio.
Ai conti che non tornano si aggiunge lo smarrimento della sinistra senese.
LANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA jpegLANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA JPEG
Il partito di Bersani in città non ha solo ha perso consensi ma anche il suo candidato alle comunali visto il ritiro dalla corsa dell'ex sindaco Franco Ceccuzzi nonché vincitore delle primarie locali, indagato dalla procura di Salerno per il fallimento del Pastificio Amato insieme all'ex presidente del Monte Giuseppe Mussari e all'ex direttore generale Marco Morelli.
Dopo la rinuncia di Ceccuzzi nel dibattito è entrato a gamba tesa il governatore della Regione Toscana, Enrico Rossi, che avrebbe proposto a Bersani la candidatura a sindaco dell'assessore regionale ai trasporti ed ex primo cittadino di Chiusi, Luca Ceccobao. Una soluzione che troverebbe ampia sponda anche nelle stanze della segreteria regionale del partito. Ma che, se accolta, per il Pd senese rischia di suonare di fatto come un commissariamento a tutti gli effetti.
PIERLUIGI BERSANI GIUSEPPE MUSSARIPIERLUIGI BERSANI GIUSEPPE MUSSARI
Qualche giorno fa, infatti, il segretario dell'Unione Comunale Giulio Carli e quello provinciale Niccolò Guicciardini avevano parlato di nuove primarie precisando che "lo stabilisce lo statuto del Pd".
Ma quelle di Ceccobao sindaco odi nuove primarie non sono le uniche ipotesi al centro del dibattito. Ambienti vicine alle liste civiche senesi starebbero infatti ragionando sulla figura di sindaco di garanzia per tutti, un professionista cui affidare una sorta di governo di transazione finché non verrà ritrovata la quadra sia sui conti sia sul confronto interno al centrosinistra.
LANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA jpegLANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA JPEG
Altre ipotesi sono quella di candidare Laura Vigni di Sinistra per Siena allargando dunque la scelta all'intera coalizione. Oppure Fabrizio Vigni (presidente della società Siena Ambiente che gestisce lo smaltimento dei rifiuti della provincia) o la docente universitaria Gabriella Piccinni entrambi sponsorizzati da Alessandro Starnini, ex presidente della Provincia di Siena in quota Pd.
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Nel frattempo il partito si trova anche con un'altra grana da gestire: ieri in Procura sarebbe stato presentato un esposto relativo ad alcune spese dell'amministrazione provinciale e in particolare quelle riferite agli incarichi affidati all'agenzia di comunicazione di riferimento del Pd. Intanto, ai piani alti di Rocca Salimbeni, il cda del Monte ha deciso giovedì sera di avviare azioni di responsabilità e risarcitorie nei confronti di Mussari, dell'ex direttore generale Antonio Vigni e delle due banche, Nomura e Deutsche Bank, con cui aveva intrapreso rispettivamente le operazioni strutturate Alexandria e Santorini.
GIUSEPPE MUSSARI E SUSANNA CAMUSSOGIUSEPPE MUSSARI E SUSANNA CAMUSSOMARCO MORELLI FOTO INFOPHOTOMARCO MORELLI FOTO INFOPHOTO
La quantificazione del risarcimento è ancora da definire ma il calcolo potrebbe essere fatto sulla base dei flussi di interesse pagati e ricevuti. In occasione dell'assemblea del 25 gennaio, anche la Fondazione Mps si era detta "determinata" ad eventuali azioni di responsabilità se ci fossero stati gli elementi utili a giustificarla. Elementi sempre più concreti.

3. LE "TELEFONATE COMPROMETTENTI" TRA MUSSARI E CECCUZZI
Dall'articolo di Andrea Greco e Francesco Viviano per "la Repubblica"

I Carabinieri di Siena hanno anche effettuato ore di intercettazioni telefoniche anche tra Mussari e Ceccuzzi, «telefonate compromettenti» dice chi indaga, che hanno svelato gli interessi personali di chi faceva il bello e il cattivo tempo dentro e fuori la banca. Queste telefonate ora saranno ripescate alla luce dell'intreccio di inchieste giudiziarie che hanno per protagonisti nomi ricorrenti: anche a Salerno Mussari, Ceccuzzi e Marco Morelli (interrogato ieri) sono indagati, per il fido da 19 milioni concesso da Mps al Pastificio Amato sull'orlo del fallimento.
4. LA PROFEZIA DI GRILLO
Dal blog di Beppe Grillo

Bersani é fuori dalla storia e non se ne rende conto. I giochini sono finiti e quando si aprirà la voragine del Monte dei Paschi di Siena forse del pdmenoelle non rimarrà neppure il ricordo.

Ha, ha, ha....



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sabato 2 marzo 2013

Maroni e la bufala della macroregione del Nord. - Ulisse Spinnato Vega

Roberto Maroni.

In Lombardia l'ipotesi di Roberto Maroni è impraticabile. Gli altri  casi d'Europa.

Una buona fiche da giocare in campagna elettorale, ma una bufala clamorosa in termini di sostanza istituzionale. Roberto Maroni diventa governatore della Lombardia inneggiando alla macroregione del Nord che dovrebbe dar seguito al patto di Sirmione del 16 febbraio scorso, siglato in pompa magna dai presidenti leghisti di Piemonte e Veneto, Roberto Cota e Luca Zaia, dal pidiellino Renzo Tondo, che guida il Friuli, e dallo stesso Maroni, che allora era candidato al Pirellone.

IL 75% DELLE IMPOSTE SUL TERRITORIO. La proposta di una maggiore autonomia amministrativa dell’area padana, condita con il succoso progetto del mantenimento del 75% delle imposte sul territorio, è una bella bandiera da sventolare sotto il naso del ridimensionato elettorato del Carroccio, ma presuppone una rivoluzione politico-istituzionale su cui i leghisti hanno finora furbescamente sorvolato.
Ci sono due vie legislative, infatti, per realizzare il progetto vagheggiato da Maroni. Ma entrambe passano da Roma e dall’odiato parlamento nazionale.

REFERENDUM APPROVATO DALLA MAGGIORANZA. Si potrebbe far leva infatti sull’articolo 132 della Costituzione che regola la fusione di due o più regioni attraverso legge costituzionale. In prima battuta, però, serve l’ok di almeno un terzo delle popolazioni interessate attraverso la richiesta dei loro Consigli comunali e poi ci vuole un referendum approvato dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
La Lega che prende solo il 4% su base nazionale, crolla all’11% in Veneto, al 14% in Lombardia e sotto il 5% in Piemonte, è in grado di convogliare tanti elettori su questo progetto?
Inoltre l’articolo 132 ha comunque bisogno di una norma costituzionale approvata a Roma. E le Camere che devono decidere non sono esattamente a trazione leghista.

UNA VERA MODIFICA DELLA CARTA. Maroni, tuttavia, è ancora più ambizioso. E sogna (è la seconda via) una modifica vera e propria della Carta che dia la percezione di una macroregione che nasce come soggetto del tutto nuovo. A parte la difficoltà dei numeri in Parlamento per il Carroccio, la procedura ‘aggravata’ di modifica della Costituzione prevede la doppia lettura con intervalli temporali di tre mesi e l’approvazione a maggioranza assoluta. Un meccanismo lungo e farraginoso che non sembra praticabile, soprattutto nell’ottica di una legislatura che si preannuncia comunque di corto respiro.

Gli ostacoli politici posti dai parlamentari

Maroni non ha insomma i numeri alle Camere, non avrà probabilmente il tempo e deve fare per giunta i conti con gli ostacoli politici. I parlamentari dell’alleato Pdl eletti nelle regioni del Sud, infatti, non appoggerebbero mai un disegno di autonomia rafforzata che ha come obiettivo principe il mantenimento sul territorio del 75% delle imposte.
La riforma degli articoli 116, 117 e 119 della Carta appare dunque del tutto impraticabile. E lo strumento del referendum rappresenta una chimera per le camicie verdi, visto che dovrebbe essere richiesto da cinque regioni, 500 mila cittadini o un quinto dei membri della Camera.

I TEMI FISCALI RESTANO TABU. Le tre grandi regioni del Nord a trazione leghista potrebbero fare delle leggi coordinate su materie economiche, per esempio. Ma i temi fiscali sono tabu. A parte il fatto che una Lombardia che dovesse trattenere il 75% delle imposte genererebbe gravi ripercussioni sulla ripartizione delle risorse per la sanità e penalizzerebbe fortemente le regioni meridionali.
I benefici per la locomotiva d’Italia, tra l’altro, non sarebbero quelli sbandierati dallo stesso Maroni e dal segretario regionale della Lega Matteo Salvini. I lombardi vedono già rientrare il 66% delle risorse prodotte, dunque una quota non lontanissima dal 75% evocato nei proclami del Carroccio come la panacea di tutti i mali. E la differenza fa circa 8 miliardi. Non i 20-25 miliardi di cui favoleggiano a Via Bellerio.
Su un gettito fiscale totale nazionale che nel 2011 è stato pari a 411 miliardi di euro (e nel 2012 è già a 378 miliardi tra gennaio e novembre), i lombardi versano circa il 21%, ossia 86 miliardi.

QUASI 20 MLD TRA TRIBUTI PROPRI ED ERARIALI. La Lombardia, peraltro, può contare su ben 11,5 miliardi di entrate dovute a tributi propri (bilancio di previsione 2012). E su 7,3 miliardi di tributi erariali e compartecipazioni attesi nel 2013. Senza dimenticare 1,2 miliardi di assegnazioni dallo Stato (parte corrente e conto capitale) nella previsione di competenza per il 2012.
Tra l’altro, se si allarga il discorso alla vagheggiata macroregione del Nord, il Veneto si riprende già oggi il 72% di quello che elargisce e il Piemonte arriva addirittura all’86%. Dunque, in base ai numeri, non si comprende in cosa consista questo presunto scippo ai danni dei poveri ‘padani’.
Certo, ci sono circa 50 miliardi di trasferimenti da Nord a Sud che sicuramente il Meridione deve imparare a usare con più oculatezza. Ma si tratta delle risorse che giustificano la solidarietà nazionale e costituiscono il collante necessario per l’esistenza stessa di uno Stato unitario.

Un trampolino di lancio verso l'Euro-regione alpina

Per il Carroccio il disegno della macroregione è inoltre una sorta di trampolino di lancio verso l’Euro-regione alpina che vedrebbe il Nord-Italia coordinarsi con la ricca Baviera e con altre aree di Paesi limitrofi quali, ad esempio, Austria e Slovenia.
In Europa esistono già oltre 100 realtà euro-regionali. Ma sono finalizzate sempre alla cooperazione transfrontaliera e sono partecipate da enti territoriali dell’una e dell’altra parte dei confini. Soprattutto, però, non implicano nuovi livelli di autonomia amministrativa.

NIENTE COSTI AGGIUNTIVI PER LA FINANZA PUBBLICA. Una cosa molto diversa, dunque, dal progetto che la Lega Nord di Codroipo (Udine) aveva enucleato qualche tempo fa e che prevedeva una Comunità autonoma con nuove forme di governo. Ogni Regione, secondo tale idea, dovrebbe confederarsi con un’altra creando un soggetto inedito senza costi aggiuntivi per la finanza pubblica.
Una volta formatasi tale comunità, sarebbe necessario enucleare gli organi comuni, definire l’ordinamento e individuare le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
Ma la legge regionale che forma la Comunità autonoma potrà essere promulgata solo con la vittoria a maggioranza dei voti validi espressi in un referendum in ogni regione interessata. Altro ostacolo non da poco per i leghisti.

UN PROGETTO BOLLATO COME IRREALIZZABILE. Tirando le somme, il sogno del cantone subalpino o del land settentrionale, a seconda di come lo si voglia chiamare, pare destinato a restare tale.
Non a caso Luca Antonini, esperto di autonomie locali, uomo vicino a Giulio Tremonti e Roberto Calderoli, ma soprattutto presidente per il governo Berlusconi della Copaff (Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, ndr), ha bollato il progetto di Maroni come irrealizzabile.
Mentre il governatore del Veneto Zaia, che pure è tra i firmatari del patto di Sirmione, qualche mese fa aveva bocciato l’ipotesi di una vera e propria fusione che avrebbe inevitabilmente creato un ente territoriale a trazione lombarda.

IL MONITO DI SILVIO BERLUSCONI. E lo stesso Silvio Berlusconi, infine, aveva sminuito in campagna elettorale la presunta portata storica del nuovo mantra leghista: «Il 75%? Al Nord rimangono già ora le stesse somme, se si intende questa percentuale come comprensiva delle spese di tutte le istituzioni situate al Settentrione, quindi anche le Province, i Comuni e tutte le società o articolazioni che amministrano servizi pubblici».

Petra Reski.



La giornalista tedesca Petra Reski, famosa per la sua produzione letteraria di denuncia sulla criminalità organizzata, ha definito "Follia pura" il comportamento dell'informazione italiana: "Mi sembrano tutti impazziti qui in Italia: La mia intervista per Focus non è ancora uscita e già viene citato Beppe Grillo con cose che non ha detto. Sul sito di Focus è stato pubblicato un riassunto della mia intervista, e questo riassunto viene non tradotto, ma distorto, in una conclusione che ho appena letto sul sito della Repubblica: "Grillo: "Si al governissimo" e poi: Grillo: "Ok a governo Pd-Pdl, per legge elettorale e tagli"". Ma è una falsità!"

Sul sito di Focus non è scritto questo. E' scritto: "Grillo non vuole fare una coalizione ne con Pier Luigi Bersani, ne con Silvio Berlusconi: 'Se PD e PDL dicessero: 'Legge elettorale subito, via i finanziamenti retroattivi, massimo due legislature e vanno fuori tutti quelli che hanno più di due legislature', cosi noi appoggiamo qualsiasi governo' diceva Grillo a Focus, e aggiungeva: 'Ma non lo faranno mai. Loro bluffano per guadagnare tempo.'"

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Le scomode verità



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