Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 20 giugno 2016
domenica 19 giugno 2016
Lo studio, i traumi si ereditano. Da genitori a figli e nipoti, fino alla terza generazione.
I ricercatori del Brain Research Institute dell'Università di Zurigo sono riusciti a identificare piccole frazioni di materiale genetico chiamato microRna. Si tratta di brevi sequenze, veicoli con cui vengono trasmesse le istruzioni per costruire le proteine ma conservano anche la memoria di eventi traumatici.
ROMA - Lasciano cicatrici indelebili, segni che si tramandano per generazioni. I traumi possono essere ereditari, le paure passare da padre in figlio. E segnare vite. Queste trasmissioni genetiche sono state studiate sui topi ma probabilmente hanno effetto anche sull'uomo.
Il processo per il quale i traumi possono essere tramandati fino alla terza generazione. Il segreto di questa ereditarietà si nasconde nei microRna, molecole genetiche che regolano il funzionamento di cellule, organi e tessuti. Il trauma altera questi 'registi molecolari', e il difetto viene passato alla progenie attraverso i gameti. A svelare un meccanismo finora misterioso è uno studio dell'università di Zurigo, pubblicato su 'Nature Neuroscience'.
Coordinati da Isabelle Mansuy, i ricercatori del Brain Research Institute sono riusciti a identificare alcuni componenti chiave di questo processo, piccole frazioni di materiale genetico chiamato microRna. Si tratta di brevi sequenze, i veicoli con cui vengono trasmesse le istruzioni per costruire le proteine ma conservano anche la memoria di eventi traumatici. "Ci sono malattie come il disordine bipolare che si tramandano in famiglia nonostante non siano riconducibili a un particolare gene", ricorda Mansuy, docente all'Istituto federale di tecnologia (Eth) e dell'ateneo di Zurigo.
Per identificare il meccanismo sono stati messi a confronto topi adulti che erano stati esposti a condizioni traumatiche nei primi anni di vita con altri topi, non traumatizzati. I ricercatori hanno studiato il numero e il tipo di microRna nei roditori traumatizzati e hanno scoperto che lo stress traumatico altera per eccesso o per difetto la quantità di numerosi microRna nel sangue, nel cervello e nel liquido spermatico. Modificazioni che influenzano il funzionamento delle cellule regolate da queste mini-molecole.
Gli studiosi hanno osservato che i topi traumatizzati modificavano il loro comportamento. Per esempio perdevano la naturale avversione agli spazi aperti e alla luce, e mostravano segni di depressione. Caratteristiche che tramite lo sperma venivano trasferite alla prole, anche se gli esemplari della progenie non subivano stress o traumi. Anche il metabolismo dei cuccioli di topo stressato cambiava: i livelli di insulina e di zuccheri nel sangue, ad esempio, erano inferiori rispetto a quelli dei topolini nati da genitori non traumatizzati.
"Siamo stati in grado di dimostrare per la prima volta - riassume Mansuy - che le esperienze traumatiche influenzano il metabolismo a lungo termine, che i cambiamenti indotti sono ereditari" e che gli effetti del trauma ereditato sul metabolismo e i comportamenti psicologici persistono fino alla terza generazione. "Lo squilibrio dei microRna nello sperma si è dimostrato un fattore chiave per il passaggio degli effetti del trauma da genitore a figlio".
Anche se molte questioni restano aperte e dovranno essere chiarite in studi successivi, puntualizzano gli autori, la conclusione è che "i condizionamenti ambientali lasciano tracce nel cervello, negli organi e nei gameti, e attraverso i gameti queste tracce vengono trasmesse alla generazione successiva". L'èquipe zurighese sta cercando adesso di verificare se anche nell'uomo i 'colpevoli' siano i microRna.
http://www.repubblica.it/scienze/2014/04/13/news/genitori-traumi_figli-83509020/
venerdì 17 giugno 2016
Piano criminale dietro gli incendi a Palermo? Indaga la Procura.
PALERMO. La Procura di Palermo acquisirà gli elementi raccolti dalle forze dell'ordine sugli incendi scoppiati in città per accertare se dietro alle decine di roghi divampati nelle ultime ore ci sia un piano criminale. Al momento polizia e carabinieri sono concentrati sul soccorso alla popolazione. Sono state decine le case fatte evacuare.
Anche a Cefalù gli investigatori seguono la pista dell'origine dolosa nelle indagini sulla causa degli incendi divampati tra ieri sera e oggi. Il commissariato della polizia di Stato, diretto da Manfredi Borsellino, ha chiesto anche l'intervento della scientifica. L'ipotesi che dietro i roghi ci sia un piano criminale nasce dal fatto che i focolai sono scoppiati contemporaneamente in diversi posti anche lontani. I piromani avrebbero scelto le condizioni più favorevoli per provocare danni maggiori.
Sprechi di Roma, le spese pazze del Comune: 5 milioni l’anno solo per l’acqua delle fontane. - Anna Morgantini
E' il conto che il Campidoglio paga all'Acea. Per rifornire gli impianti che alimentano bellezze monumentali come Piazza Navona o Fontana di Trevi. Una bolletta pesantissima adesso entrata nel mirino del M5S. Che in caso di vittoria al ballottaggio di domenica annuncia tagli milionari al contratto di servizio con la multiutility.
Ma, in fatto di soldi, il Campidoglio ci è o ci fa? A poche ore dal ballottaggio Raggi-Giachetti, proprio mentre lo scontro si focalizza sul debito, nella capitale scoppia il caso-fontane: consumano oro anziché acqua, a giudicare dalle bollette che Acea ha inviato nel 2012 al comune di Roma e che il Campidoglio ha pagato senza dire neanche beh. Ben 234 mila per la fontana alla salita del Pincio. Quasi 250 mila per piazza Farnese. La fontana di Trevi si beve 294 mila euro l’anno. E Piazza Navona? Tre bollette-monstre: per i Quattro Fiumi del Bernini, ecco la numero 2304625 dell’11 dicembre 2012 che ammonta a 523 mila euro, a cui ancora bisogna aggiungere le fatture numero 2304521 e 2304522 (33 e 31 mila euro) per l’alimentazione delle due fontane laterali. In tutto fanno 590 mila euro, che sommati al costo di tutte le altre fontane e fontanelle dell’Urbe portano a un conto finale clamoroso: 5 milioni 134 mila e 147 euro, regolarmente liquidati dal Campidoglio nell’ottobre 2015 come «debiti fuori bilancio».
E IO PAGO Un conto stratosferico. Ma tutt’altro che chiaro, limpido e trasparente: «Secondo i funzionari del comune, le fontane monumentali di Roma sono alimentate con acqua potabile e sono prive di impianto di ricircolo» spiegano Laura Maragnani, giornalista di Panorama, e Daniele Frongia, ex presidente M5S della Commissione capitolina per la riforma della spesa, che hanno scovato queste bollette micidiali e le hanno pubblicate nel loro libro“E io pago” (Chiarelettere). A tutto questo si è aggiunta anche la scoperta di Sky tg 24: l’impianto di ricircolo in realtà esiste e le fontane monumentali sono alimentate non dalla rete potabile ma da quella non potabile, quindi i consumi reali non hanno nulla a che vedere con l’importo finito in fattura. Il consumo di piazza Navona, per dire, secondo i tecnici di Acea Ato 2 Spa ammonterebbe a soli 4.757 euro l’anno, a fronte di bollette per quasi 600 mila. Centoventi volte di più.
ACQUA PAZZA Problemino. Siamo di fronte a bollette pazze di cui il Campidoglio è vittima innocente, e che però ha scioccamente pagato senza protestare? O si tratta invece di specifici contratti di fornitura che il Campidoglio ha scientemente firmato, offrendo ad Acea un «minimo annuo (da concessione)» al di fuori da ogni logica di mercato? E chi li ha sottoscritti? Quando? E perché? Il mistero è sempre più fitto. «Come quasi tutto quello che riguarda le spese del Campidoglio», si sfoga Frongia, che oggi è in predicato, se vince Virginia Raggi, di diventare vicesindaco o capo di gabinetto con specifica missione taglia-sprechi: «L’amministrazione capitolina è il trionfo della mancanza di trasparenza, della confusione, della sciatteria, dello spreco sistematico».
LUCE! LUCE! Parole forti. Ma tra il 2013 e il 2015, malgrado il boicottaggio della macchina amministrativa, la commissione Frongia ha scovato sprechi («recuperabili») per almeno un miliardo e 200 milioni l’anno. Tra cui un altro extra-costo targato Acea, quello per l’illuminazione pubblica: «Su un contratto di servizio che garantisce alla multiutility di piazzale Ostiense più di 70 milioni di introiti l’anno, abbiamo stimato che il comune potrebbe risparmiarne addirittura 20. Un euro su quattro».
FRONTE LIQUIDO Non c’è da stupirsi se in questi giorni, all’Acea, la prospettiva di una vittoria dei Cinque Stelle renda tutti un po’ nervosi, a cominciare dall’amministratore delegato e direttore generale Alberto Irace, ex Publiacqua, renzianissimo. Già c’è stato, a marzo, il precedente di Virginia Raggi che ha annunciato di voler rivoltare l’azienda come un calzino in caso di vittoria: «Solo quest’anno l’Acea dovrebbe chiudere con un utile di esercizio di 50 milioni. Sicuramente questo tipo di gestione è in perfetto contrasto con il risultato del referendum del 2011 perché con l’acqua non si devono fare profitti». E nemmeno dividendi. Ma proprio lunedì 20 Acea staccherà una cedola pari a 0,50 centesimi per azione, 20 centesimi in più del 2012. E anche se gli azionisti gongolano (il comune controlla il 51 per cento, seguito dall’editore del Messaggero, Francesco Gaetano Caltagirone, con il 15,86, e da Suez con il 12,48) è facile prevedere che con l’acqua delle fontane pazze si aprirà un altro fronte di scontro.
RISCHIATUTTO Il management di Acea non è però l’unico a correre qualche rischio in caso di vittoria grillina. Tra i macigni che pesano sul bilancio di Roma Capitale c’è anche e soprattutto il Vaticano: sono ben 400 i milioni pagati dai romani per le spese e i servizi «non previsti e non dovuti» forniti gratuitamente alla Chiesa (dalle transenne alla pulizia di piazza San Pietro dopo ogni udienza papale) e per le tasse e i tributi allegramente evasi dal Cupolone Spa, come i 20 milioni di canone per la fognatura che Oltretevere si è sempre rifiutata di pagare all’Acea e che l’Acea – rieccola! – ha trasferito pari pari alle casse del Campidoglio.
BUCHI ROMANI Tra i tanti buchi censiti dalla commissione, ecco il disastro del patrimonio immobiliare: a 216 milioni ammonta «l’evasione di Imu e Tasi che sfugge agli accertamenti perché i dati presenti in catasto sono errati»; altri 100 milioni sono sprecati per il mancato adeguamento degli affitti (memorabile l’inquilino, dotato di Porsche, che paga 7,75 euro al mese per un appartamento in via del Colosseo); una quarantina di milioni se ne vanno per gli affitti irrisori di immobili non residenziali e 20 per le concessioni ridicole degli impianti sportivi (caso record: 5.500 euro al mese per l’intero ippodromo di Capannelle, 170 ettari, uno dei più grandi d’Europa). L’evasione della tassa sui rifiuti marcisce sui 50 milioni e quella sui mezzi pubblici viaggia sui 90. Altri 10 milioni se ne vanno per le auto blu e 35 per l’evasione della tassa di soggiorno, mentre l’extracosto dei funzionari e dei dirigenti assunti grazie a Parentopoli nelle aziende del gruppo Roma Capitale è di 15 milioni.
DEFICIT MILIARDARIO Un miliardo e 200 milioni di sprechi sono un’enormità. Ma è anche l’ammontare del «disavanzo strutturale» del Campidoglio calcolato dalla società di consulenza Ernst&Young: «Un disavanzo fisso che, insieme alle spese per le somme urgenze e per i debiti fuori bilancio, come quelli per le bollette delle fontane», secondo il revisore legale Massimo Zaccardelli, membro dell’Oref capitolino fino allo scorso febbraio, «ha di nuovo portato Roma praticamente al default, benché non dichiarato». In tre parole: Roma è fallita. Di nuovo. E il suo bilancio fa acqua da tutte le parti, e non solo per colpa delle fontane.
L'operaio antincendio brucia la riserva. - Alfonso Contrera
Si era assentato dalla sua squadra. Ma gli agenti lo hanno scoperto mentre appiccava le fiamme all'oasi di Vendicari. L'ultimo caso che alimenta i sospetti sull'industria dei roghi.
L'hanno visto con l'accendino in mano, mentre appiccava il fuoco nella riserva di Vendicari, un'oasi di macchia mediterranea nella Sicilia orientale. E sono bastati pochi minuti per capire che il piromane era un operaio antincendio, ingaggiato per fronteggiare la stagione delle fiamme. L'unico che si era assentato dal posto di lavoro per “motivi di famiglia”.
L'arresto di Giovanni Conforto sembra confermare i peggiori sospetti sulla fabbrica dei roghi: gli incendi scatenati solo per giustificare il rinnovo dei contratti alle squadre destinati a spegnerli. Lui è stato particolarmente sfortunato. Una pattuglia del Corpo forestale di Siracusa stava controllando proprio l'attività della squadra di operai che doveva difendere il tesoro verde di Vendicari, una riserva che unisce lo splendore del mare siciliano al patrimonio di vestigia archeologiche e di animali rari. Il capoturno ha spiegato agli agenti che uno dei suoi uomini era rimasto a casa. Ma poco distante i forestali hanno notato un automobile parcheggiata, con una persona chinata a terra che stava accendendo il fuoco. Quando ha capito di essere stato scoperto, Conforto è salito sulla sua vettura e ha cercato di fuggire. L'hanno bloccato nel giro di pochi minuti: un arresto in flagranza di reato, con l'aggravante di avere colpito nella riserva.
«È inammissibile che chi deve tutelare il nostro patrimonio boschivo, lo danneggi», ha dichiarato il presidente della Regione Rosario Crocetta: «Il licenziamento deve essere immediato, per fare comprendere che su queste cose non ci possono essere sconti per nessuno». Solo il 31 luglio l'amministrazione siciliana ha varato un accordo per dare lavoro a 1400 operai stagionali, destinati alla lotta contro le fiamme.
Sull'efficacia di queste misure non mancano le critiche. La scorsa settimana sul Monte di Erice, uno degli angoli più belli del Trapanese, il fuoco ha divorato boschi per ventiquattro ore di fila. E da anni si ripetono le accuse sul ruolo degli operai stagionali.
Nel 2012 l'allora assessore siciliano Andrea Vecchio fece accuse esplicite: «C’è un rumor: che appicchino loro gli incendi. Com’è possibile che in Sicilia ci siano più incendi che nelle altre regioni? È solo un sospetto, ma credo che il numero degli incendi sia direttamente proporzionale al numero dei forestali, precari o da stabilizzare. Loro vengono impiegati, e dico impiegati perché lavorare è un termine troppo importante per utilizzarlo in questi casi. Parole dure? È quello che penso, io dico di me che la parola precede il pensiero, non ho veli. E mi assumo le mie responsabilità». Queste dichiarazioni provocarono l'uscita di Vecchio dalla giunta Lombardo. Ma il politico e imprenditore, oggi parlamentare di Scelta Civica, non ha mai rinunciato a sostenere la sua visione del problema. Anche quando nel 2013 un altro operaio antincendio è stato bloccato mentre creava un rogo a Sciacca, usando addirittura una fiamma ossidrica.
giovedì 16 giugno 2016
Incendi Sicilia, fiamme a Palermo. Case evacuate e autostrade chiuse, vento blocca i soccorsi: “Manca regia per emergenza”.
Bloccati dal vento i Canadair. I vigili del comando provinciale sono in azione con una ventina di mezzi e 85 uomini, ma soccorsi stanno arrivando da tutta l’isola. Stanno bene i bambini dell'asilo "Il girasole" di Monreale evacuato stamattina, in ospedale solo per precauzione. Crocetta: "Non credo all’incendio casuale"
Le fiamme che per tutta la notte hanno bruciato ettari ed ettari di macchia mediterranea del litorale palermitano, in Sicilia, sono arrivate anche dentro Palermo, dove intorno alle 14 si sono registrati 46 gradi di temperatura. Un incendio è divampato anche sul Monte Pellegrino che sovrasta la città: le fiamme, alimentate dal forte vento di scirocco che da ieri sera sferza il capoluogo siciliano, stanno abbracciando l’intera montagna. Il rogo lambisce anche il cimitero dei Rotoli e minaccia il Santuario di Santa Rosalia, che è stato evacuato. Un incendio è divampato in via Sperone nella periferia est di Palermo. In un appartamento c’è stato un boato, forse provocato dallo scoppio di una bombola di gas. Dentro c’era un anziano che è stato soccorso dalla polizia e dal 118. Incendi anche nel rione Brancaccio, con diversi palazzi evacuati. In fiamme anche diverse auto e alcuni pali della luce. La Prefettura ha istituito l’unità di crisi. I vigili del comando provinciale sono in azione con una ventina di mezzi e 85 uomini, ma soccorsi stanno arrivando da tutta l’isola. Intanto è polemica sui soccorsi: “In Sicilia non c’è una regia in caso di incendi per cui Protezione civile, vigili del fuoco e Corpo forestale operano senza raccordo, è un problema serio” dice l’assessore all’Ambiente della Regione siciliana, Maurizio Croce. “Ognuno di questi operatori – spiega – lavora su piattaforme informatiche diverse, per cui non c’è dialogo tra loro”.
Più di 100 persone sono state evacuate fra Lascari, Cefalù, Madonie e sul litorale palermitano, a causa dei tanti incendi, che lambiscono gli hotel e i resort della zona, divampati nella serata di ieri e che il vento di scirocco ha alimentato nella notte. È pronto all’evacuazione l’ospedale di Cefalù. A causa di un incendio partito da Monte Caputo, a Monreale è stato evacuato l’asilo nido “Il Girasole”. Una cinquantina di bambini sono rimasti intossicati dal fumo e sono stati trasportati all’ospedale Ingrassia. Le loro condizioni non sono gravi. Anche diverse abitazioni sono state danneggiate dal fuoco. “Stanno tutti bene”, dice il sindaco di Monreale, Piero Capizzi. “La struttura è distante dal fronte del fuoco, ma si è deciso a scopo precauzionale di evacuarla e trasportare i bimbi in ospedale per un controllo. Le operazioni di spegnimento del rogo sono rese difficoltose dalle forti raffiche di vento – aggiunge il primo cittadino -, ma la situazione è sotto controllo”. Sulla natura dell’incendio Capizzi non ha dubbi. “È di matrice dolosa, spiega, l’area non è stata scelta a caso perché nella zona c’è una fitta vegetazione. È il gesto vigliacco di incivili, che vanno assicurati alla giustizia”.
Ma numerosi incendi si sono sviluppati anche in provincia di Messina nei comuni che ricadono all’interno del Parco dei Nebrodi, come Santo Stefano di Camastra, Capo d’Orlando e Torrenova. “Certo, è una strana coincidenza che gli incendi siano iniziati esattamente 24 ore prima dall’avvio della campagna antincendio della Regione. E quando si sapeva che ci sarebbe stato un forte vento di scirocco. Insomma, non ci credo all’incendio casuale. Tutto questo ci lascia tristi, indignati e sgomenti”. Lo ha detto il Governatore siciliano, Rosario Crocetta commentando l’emergenza incendi nella Sicilia occidentale.
Chiusa in entrambe le carreggiate l’autostrada A20 Palermo-Messina tra gli svincoli di Buonfornello e Castelbuono, come anche la statale 113 tra Lascari e Cefalù. Le squadre di soccorritori sono intervenute anche all’interno della galleria Battaglia dell’autostrada, per aiutare alcuni automobilisti che erano rimasti bloccati a causa del fumo dell’incendio boschivo che aveva invaso il tunnel. L’Anas è stata costretta a chiudere anche la strada statale 116 Randazzo-Capo d’Orlando a causa di un incendio divampato in località Cresta, tra Naso e Capo d’Orlando, nel messinese. Per un incendio ai margini dell’autostrada, tra gli svincoli di Carini e Cinisi, chiusa in entrambe le direzioni l’autostrada A29 Palermo-Mazara del Vallo. Roghi anche nella zona dell’Agrigentino, nel territorio di Favara, dove i vigili del fuoco sono impegnati dalla mattinata con 4 squadre nella zona industriale, e dove è coinvolto un capannone.
Il forte vento di scirocco, che dalla notte soffia sul palermitano, ha bloccato i due Canadair in azione dall’alba di oggi per tentare di spegnere alcuni degli incendi scoppiati ieri sera. “Purtroppo – spiega il Comandante dei Vigili del fuoco di Palermo, Giampiero Boscaino – il vento non ci permette di proseguire con i lanci dei Canadair, quindi al momento siamo stati costretti a fermare i voli”. La situazione più critica riguarda Collesano, nella zona limitrofa del Parco della Madonie, in cui stanno andando in fumo centinaia di ettari di macchia mediterranea. A Lascari invece sono state evacuate le scuole, alcune abitazioni e una casa di riposo. Gli altri comuni colpiti sono Bisacquino, Terrasini e Gratteri.
“Il sistema è mobilitato, ora bisogna lavorare e sperare che il vento cali un po’, perché questo aiuterebbe le operazioni di spegnimento. E faccio un appello a tutte le persone ad avere un comportamento di attenzione al territorio”, ha detto il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio. “Non sono in grado di dire se si tratti di incendi dolosi o meno, ma di per sè gli incendi non si creano da soli e soprattutto se nascono in più luoghi diversi”, ha aggiunto.
lunedì 13 giugno 2016
IL CASTELLO DI MONTEBELLO E LA LEGGENDA DI AZZURRINA. - Dominella Trunfio
Un tempo la rocca di Montebello fu teatro di numerose battaglie, oggi è un antico monumento mozzafiato, che racchiude una storia millenaria ornata di una buona dose di antiche leggende.
Il castello di Montebello si trova a Rimini, in Emilia Romagna nella valle del Marecchia e dell'Uso, dove arte, storia e natura si fondono armoniosamente.
La vera protagonista di questo castello è Azzurrina, la figlia di Ugolinuccio di Montebello, nata nel 1370 e scomparsa appena cinque anni dopo. Si narra che la piccola fosse albina. Ed è per questo diventata la protagonista di una leggenda popolare medievale, molto conosciuta in Romagna, dal momento che la superstizione popolare collegava l’albinismo a eventi di natura diabolica.
LA STORIA DI AZZURRINA
Per evitare che Azzurrina fosse vittima delle antiche credenze, la madre le tingeva periodicamente i capelli di nero con pigmenti di natura vegetale che, perdendo la tonalità, donavano alla piccola dei riflessi azzurri. Da qui il nome di Azzurrina.
La povera bambina era tenuta comunque relegata in casa, vigilata da due guardie per garantirne l'incolumità. Si racconta che il 21 giugno del 1375, mentre giocava con una palla di stracci durante un brutto temporale, accadde un terribile incidente.
La palla di Azzurrina cadde all’interno della ghiacciaia sotterranea e la bimba corse a recuperarla. Si udì forte urlo e subito dopo della bambina e della palla non vi fu più traccia.
La leggenda narra che da allora il fantasma di Azzurrina viva ancora oggi nel Castello di Montebello, manifestandosi ogni cinque anni il 21 giugno, durante il solstizio d’estate, in corrispondenza della data della sua scomparsa.
"...Anno dopo anno, i colori di quel mondo e di quella storia iniziarono a spegnersi. I ricordi divennero polvere nella mente dei posteri ed il tempo ne approfittò per continuare indisturbato il suo corso. Passò un secolo. Montebello cambiò i propri signori regnanti. I nuovi castellani vennero a conoscenza,dalle voci dei più anziani, di una vecchissima leggenda legata alla rocca. Parlava di una strana bimba dalla pelle pallida ed i capelli azzurri. Durante certi giorni, all'imbrunire, un flebile lamento sembrava provenire dal nevaio. Era appena percettibile e bisognava essere molto attenti per udirlo. Passò quasi un altro secolo e tutti, proprio tutti si dimenticarono di Deline. La sua vicenda pareva essere definitivamente sepolta nel passato. Poi, un giorno, uno strano giorno, incominciarono improvvise le apparizioni...", si legge sul sito del castello di Montebello.
Oggi ai turisti in visita alla Rocca vengono fatte ascoltare diverse registrazioni effettuate nel castello. In esse alcuni riconoscono il pianto di bambina, altri una risata, molti dicono di sentirci una voce, di distinguerci una parola, tanti altri sostengono di non sentirci né più né meno che vento e pioggia nel temporale.
Lasciando libera l’interpretazione, il Castello resta un luogo affascinante, che merita una visita almeno una volta nella vita.
Lasciando libera l’interpretazione, il Castello resta un luogo affascinante, che merita una visita almeno una volta nella vita.
Il Castello di Montebello è visitabile e aperto al pubblico, consulta qui orari e prezzi del biglietto d'ingresso. E' possibile portare con sè il proprio cane.
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