mercoledì 17 aprile 2019

Mondo di mezzo, 13 a giudizio per falsa testimonianza. Anche Micaela Campana: al processo pronunciò 39 “non ricordo”.

Mondo di mezzo, 13 a giudizio per falsa testimonianza. Anche Micaela Campana: al processo pronunciò 39 “non ricordo”

Con la deputata del Pd, per decisione del gup Costantino De Robbio, andranno a processo altre 12 persone tra le quali Antonio Lucarelli, ex braccio destro del sindaco Gianni Alemanno, e l’ex direttore del Dipartimento promozione dei servizi sociali del Comune di Roma, Angelo Scozzafava. Il processo è stato fissato al 13 novembre.

Molti “non so“, moltissimi “non ricordo“. Trentanove in tutto, tutti pronunciati in aula. Troppi per i magistrati capitolini, che per tutte le amnesie inanellate il 17 ottobre 2016 hanno rinviato a giudizio per falsa testimonianza deputata la del Partito Democratico Micaela Campana. Con lei, per decisione del gup Costantino De Robbio, andranno a processo altre 12 persone tra le quali Antonio Lucarelli, ex braccio destro del sindaco Gianni Alemanno, e l’ex direttore del Dipartimento promozione dei servizi sociali del Comune di Roma, Angelo Scozzafava. L’accusa: nel corso del processo di primo grado al Mondo di mezzo mentirono davanti ai giudici della X sezione penale del Tribunale di Roma. Il processo è stato fissato al prossimo 13 novembre davanti alla settima sezione penale.



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I pm di piazzale Clodio, che il 26 ottobre 2018 avevano chiesto il rinvio a giudizio, contestavano alla Campana di “aver negato reiteratamente numerose circostanze della sua vita politica e personale”, fra le quali “la richiesta rivolta a Salvatore Buzzi di curare il trasloco per il cognato Nicolò Corrado, le ragioni dell’incontro del 4 aprile 2014 con Buzzi presso la sua abitazione, i collegamenti diretti di Buzzi con l’ex viceministro dell’Interno Filippo Bubbico e l’interessamento di quest’ultimo alle vicende inerenti alla gara per la gestione del Cara di Castelnuovo di Porto“. Secondo i pubblici ministeri campana aveva “affermato il falso, ovvero taceva, in tutto o in parte, ciò che sapeva intorno ai fatti sui quali era interrogata”.
Ex moglie di Daniele Ozzimo, assessore alla casa della giunta Marino (condannato in appello a 2 anni e due mesi per corruzione), Campana aveva pronunciato la prima raffica di “non ricordo” proprio a proposito dell’incontro tra Buzzi e Bubbico: la deputata aveva riferito di non ricordare, negando circostanze ben definite nelle intercettazioni telefoniche. “Non ricordo se Buzzi mi indicò le motivazioni per cui mi chiese quell’incontro”, affermava la Campana, che, di fronte all’incalzare delle domande del difensore del presidente della Cooperativa 29 giugno, aveva motivato l’amnesia con il fatto che erano passati diversi mesi.
All’ennesima dichiarazione approssimativa la presidente della Corte, Rossana Ianniello, l’aveva redarguita: “Lei non può rispondere dicendo ‘Probabilmente sì’. Lei è una componente della Commissione Giustizia e dovrebbe sapere che il testimone risponde sui fatti di cui è a conoscenza. E qui non facciamo giudizi sulla base di probabilità”. All’ennesimo “non ricordo” Ianniello era costretta a ricordarle la gravità di una testimonianza falsa in un processo e rincarava: “Lei è anche una persona giovane, quindi questo “non ricordo” continuo come ce lo spiega?“. “Faccio anche altre cose“, era stata la risposta lapidaria della parlamentare Pd.
Nonostante il rinvio a giudizio che pendeva sulla sua testa, il Pd aveva deciso di ricandidarla e con il voto del 4 marzo la Campana era tornata in Parlamento anche nella diciottesima legislatura: ancora una volta alla Camera, dove è membro della commissione Affari sociali. Durante il mandato precedente aveva tenuto per tre anni il proprio assistente con contratti a progetto da 1500 euro lordi al mese. Davanti al giudice  aveva poi accettati di pagarne 16mila, ma in cambio dall’ex collaboratore aveva preteso un impegno al silenzio tombale.

Per la Procura, poi, Lucarelli aveva detto il falso nell’aula bunker di Rebibbia quando aveva affermato “di non conoscere Massimo Carminati, di non essere mai stato contattato dallo stesso nel periodo in cui ha svolto le mansioni di capo segreteria di Alemanno, di non aver subito da Carminati alcuna intimidazione e di aver avuto rapporti conflittuali con Buzzi che, poi, ridimensionava nella rilevanza”.
Il giudice De Robbio ha disposto il proscioglimento per Biagio Campanale, Maurizio Mattei, Maurizio Franchini e Angelo Chiorazzo.

È ARRIVATO IL CONTO - Marco Travaglio

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Spiace per Nicola Zingaretti, che è appena arrivato alla segreteria del Pd e non ne ha certo selezionato la classe dirigente. Ma quello che sta accadendo con lo scandalo della (in)sanità in Umbria, il rinvio a giudizio della deputata Micaela Campana per falsa testimonianza su Mafia Capitale e la fine delle indagini sul governatore calabrese Oliverio & his friends è la resa dei conti finale di un equivoco durato troppo a lungo, dai tempi di Tangentopoli: quello della “diversità morale” del partito della sinistra. 
Una diversità che aveva una ragion d’essere ai tempi del vecchio Pci, più per l’onestà personale (indiscutibile) di Enrico Berlinguer che per la correttezza (molto opinabile) delle sue classi dirigenti. 
Mani Pulite dimostrò che il Pci-Pds era pienamente integrato nel sistema della corruzione. E fu solo per la tenuta stagna dei cassieri-faccendieri alla Primo Greganti se lo scandalo coinvolse solo dirigenti locali, quasi tutti dalla corrente filocraxiana che si faceva chiamare “migliorista” (e tutti chiamavano “pigliorista”). 
Infatti Greganti, in cambio del suo preziosissimo silenzio sugli anelli superiori della catena, fu sempre protetto dal partito, tant’è che ancora cinque anni fa faceva il bello e il cattivo tempo nel sistema degli appalti per l’Expo di Milano. Ma, nell’immaginario collettivo, anche se decine di ex Pci furono arrestati e condannati per tangenti, la sinistra riuscì a perpetuare la leggenda della sua diversità: un po’ perché i suoi rubavano perlopiù per il partito, senza lo scandalo supplementare degli arricchimenti personali; un po’ perché l’altro fronte era dominato prima dal Caf e poi dal campione mondiale dell’illegalità, Silvio B. che non temeva confronti.
Il centrosinistra s’impegnava allo spasimo per stargli appresso e tenere i suoi ritmi, ma non ce la faceva: e così, per 25 anni, è riuscito a gabellare da “mele marce” (in un cestino sano) e da “compagni che sbagliano” la miriade di amministratori locali e nazionali presi con le mani nel sacco. A ogni elezione l’appello al fronte comune anti-Caimano funzionava, almeno fra chi non fuggiva nell’astensione: il giorno del voto milioni di persone, imprecando e giurando che era l’ultima volta, accettavano di subire il ricatto e si turavano il naso sugli scandali del centrosinistra per non ritrovarsi nella Cloaca Maxima. Il bipolarismo penale fra berlusconiani e menopeggisti è durato fino al 2013, quando il sistema è diventato tripolare con l’avvento dei 5Stelle. Che proprio della questione morale facevano una delle loro bandiere. Infatti i due vecchi poli si misero insieme al seguito di Letta, Renzi e Gentiloni.
Prima direttamente con B., poi coi suoi cascami (alfanidi e verdiniani). Per la prima volta in 25 anni il centrosinistra che aveva sempre finto di opporsi a B., salvo poi chiedere i voti contro di lui e sopravvivere a se stesso grazie a lui, dimostrò quanto era simile a lui. Al punto da governare per cinque anni (e riformare la Costituzione e la legge elettorale) con lui o chi per lui. Così, alle elezioni del 2018, il ricatto “votateci o vince B.” smise di funzionare. Infatti il Pd si ritrovò a tifare espressamente per lui, in vista di nuove “larghe intese” contro il nuovo spaventapasseri creato ad arte per gabbare gli elettori più gonzi e trascinarli un’altra volta alle urne con gli occhi tappati e il naso turato: i “populisti”. Contro di loro si invocava un nuovo fronte comune senza andare troppo per il sottile, un’Union Sacrée per stomaci forti dal Pd a FI. Lo spauracchio funzionò all’incontrario: Pd e FI ai minimi storici, M5S e Lega ai massimi.
Finalmente liberi da tutti i ricatti (prima “votate Dc sennò vince il Pci”, poi “votate B. se no vincono i comunisti”, infine “votate Pd se no vince B.”), gli elettori hanno ritrovato la vista e l’olfatto, e si sono divisi secondo le proprie inclinazioni: uno strano e confuso movimento post-ideologico di centro, che però assorbe molte battaglie disertate dalla sinistra, cioè i 5Stelle; e una destra estrema, popolare, demagogica e xenofoba che si identifica fideisticamente in un capo rude e parolaio, ma empatico e abile a spacciare la vecchia Lega per una novità. Ed ecco questo governo Frankenstein che ha senso solo come espiazione di tutti i precedenti. Convinti di aver visto tutto il peggio possibile, gli elettori rifiutano i tentativi dei partiti sconfitti di ricondurli all’ovile con nuovi ricatti: tipo “votateci sennò torna il fascismo”, “votateci perché siamo competenti”, “votateci perché siamo cambiati”. Il fascismo era una cosa seria (purtroppo), la Lega è una mezza farsa. Di competenza se ne vedeva poca anche prima, altrimenti non saremmo da 30 anni sull’orlo della bancarotta. Quanto al cambiamento, be’, un pregiudicato mezzo rintronato di 82 anni che si ricandida in Europa parla da sé. E Zingaretti, col poco tempo che ha avuto dal congresso alle Europee, ha cambiato poco o nulla. E lo scandalo dell’Umbria, come se non bastassero quelli in Campania, in Basilicata, in Calabria ecc., sembra fatto apposta per fotografare un partito sopravvissuto a ogni “rottamazione” e rimasto fermo a Tangentopoli. Ma ormai nudo, senza più il trio Craxi-Forlani-Andreotti e la Banda B. a fare da schermo e da alibi. Le carte dell’inchiesta sui concorsi truccati nella sede del Pd umbro, sui disabili costretti a farsi raccomandare dal partito per non essere scavalcati da quelli con tessera e padrino, sui direttori generali di stretta osservanza che “se mi intercettano mi scoprono cinque reati all’ora”, richiederebbero ben altro che le giaculatorie di padre Zinga sulla “fiducia nei magistrati” e sul “senso di responsabilità della governatrice Marini” (che finalmente se n’è andata). Sennò la gente scuote il capo e, casomai si fosse riavvicinata al Pd, scappa a gambe levate.

martedì 16 aprile 2019

Noam Chomsky : Auguri Professore!

Noam Chomsky  ha compiuto 90 anni. A Boston parla di Oggi, guarda al Futuro e ci ricorda il Passato.
Riportiamo qui di seguito la traduzione della trascrizione di una trasmissione televisiva, andata in onda su Democracy Now, sulla conferenza tenuta a Boston il 12 aprile da Noam Chomsky. Per comodità di esposizione la trascrizione della conferenza è stata suddivisa  in quattro sezioni e presentata  da AMY GOODMAN  in forma di intervista
 Qui il Video
AMY GOODMAN: stiamo trasmettendo da Boston e oggi passeremo la nostra ora con  Noam Chomsky, che questa settimana è tornato nella sua città Boston dove è stato professore al Massachusetts Institute of Technology per più di cinquant’anni, ora insegna alla University of Arizona di  Tucson. Giovedì scorso più di 700 persone si sono affollate nella  Old South Church  per ascoltare il noto linguista e dissidente politico, padre della moderna linguistica  che ha parlato sulle minacce alla democrazia:  ha parlato  della questione Israelo-Palestinese, dell’arresto di Julian Assange, della guerra nucleare e del cambiamento climatico. Dopo aver visto un frammento  di un nuovo film  che parla di lui “Internationalism or Extinction” Noam Chomsky ha parlato degli ultimi due anni e della presidenza  Trump.
Parte 1. Dobbiamo confrontarci con i movimenti  “Ultranazionalisti reazionari”  che stanno crescendo in tutto il mondo
Noam Chomsky ha parlato ricordando le origini del fascismo nel 20º secolo e il  germogliare di movimenti ultranazionalisti dal  Brasile agli  USA, da Isreaele all’ Arabi Saudita.
NOAM CHOMSKY:  Se me lo concedete, avrei piacere a cominciare con una breve reminiscenza di un periodo che è stranamente simile a oggi, sotto molti sgradevoli aspetti. Mi riferisco esattamente a 80 anni fa, ricordo che fu proprio di questi giorni che scrissi il mio primo articolo che parlava di politica. E’ facile ricordare la data, fu subito dopo la caduta di Barcellona nel febbraio 1939.
L’articolo parlava di quella che sembrava essere l’inesorabile avanzata del fascismo in tutto il mondo. Nel 1938, l’Austria era stata annessa alla Germania nazista. Pochi mesi dopo, la Cecoslovacchia fu tradita e abbandonata in mano ai nazisti, dopo la Conferenza di Monaco. In Spagna, una città dopo l’altra stava cadendo in mano ai franchisti. A febbraio 1939 cadde anche Barcellona e quella fu la fine della Repubblica spagnola. Quella che era stata una grande rivoluzione popolare, la rivoluzione anarchica del 1936, ’37, ’38, era già stata annientata con la forza. Sembrava che il fascismo si sarebbe allargato a macchia d’olio.
Non è esattamente quello che sta succedendo oggi, ma, se possiamo prendere in prestito la celebre frase di Mark Twain, “La storia non si ripete ma a volte fa rima“.  Ci sono troppe analogie per non volerle vedere.
Quando cadde Barcellona, ​​ci fu un’enorme ondata di profughi che scapparono dalla Spagna. La maggior parte se ne andò in Messico, circa 40.000. Qualcuno andò a New York e una libreria dove si vendevano libri usati, sulla 4° Avenue, divenne la sede degli anarchici. È lì, girovagando da quelle parti, che io cominciai a sentir parlare di politica. Questo succedeva 80 anni fa.
All’epoca nessuno riusciva a capirlo, ma sembra che anche il governo degli Stati Uniti stesse cominciando a cercare di comprendere come mai questa marcia del fascismo potesse sembrare ormai inarrestabile. Il governo di allora non vedeva questo fenomeno con lo stesso senso di allarme che poteva sentire un bambino di 10 anni. Ora sappiamo che l’atteggiamento del Dipartimento di Stato era piuttosto confuso nel comprendere quale fosse il significato del movimento nazista. In realtà, c’era un console a Berlino, il console statunitense a Berlino, che stava inviando a Washington dei commenti piuttosto contraddittori sui nazisti, suggerendo che forse non erano così male come dicevano tutti. Rimase lì fino al Pearl Harbour Day, quando fu richiamato, era il famoso diplomatico George Kennan. In fondo non era una sbagliato esprimere  lo stato di profonda confusione in cui versava chiunque cercasse di comprendere quegli eventi.
Oggi scopriamo che, anche se all’epoca non potevano saperlo, già nel 1939, lo State Department ed il Council on Foreign Relations cominciarono a pianificare il dopoguerra, cominciarono a pensare come sarebbe stato il mondo del dopoguerra. E subito dopo, nei primissimi anni, cominciarono a ipotizzare che il mondo del dopoguerra sarebbe stato diviso tra un mondo controllato dalla Germania  -un mondo sotto il controllo nazista- composto da buona parte dell’Eurasia e un mondo  sotto il controllo Usa, che avrebbe incluso l’emisfero occidentale, l’ex impero  britannico, che gli Usa avrebbero  preso in consegna. e parte dell’estremo oriente. Quello sarebbe stato il modello del mondo post bellico e questa panoramica, che noi oggi conosciamo, restò valida fino a quando i russi non entrarono in azione e cambiarono il corso della storia. Stalingrado nel 1942, poco dopo,  la grande battaglia fatta con i carri armati a Kursk, che rese ben chiaro che i russi avrebbero potuto sconfiggere i nazisti e fu allora che l’orizzonte americano cambiò: l’immagine del mondo del dopoguerra cambiò e prese le sembianze di quello che noi abbiamo visto negli anni  che sono succeduti a quel momento. Bene questo era ottant’anni fa.
Oggi non è così —noi non ci troviamo di fronte a qualcosa che è il Nazismo, ma siamo di fronte ad un dilagare di quello che a volte viene chiamato reazione internazionale ultranazionalista, sbandierato apertamente dai suoi sostenitori, compreso Steve Bannon, l’ impresario del movimento.  Proprio ieri c’è stata una sua vittoria: Le elezioni di Netanyahu in Israele che hanno reso più solida l’alleanza reazionaria che sta prendendo forma in tutto il mondo, sotto l’egida degli USA, gestita dal triumvirato Trump-Pompeo-Bolton — potrei facilmente prendere in prestito una frase di  George W. Bush per descriverli, ma per delicatezza, preferisco non farlo. L’alleanza del medio oriente è formata dagli Stati più reazionari della regione — Arabia Saudita, Emitati Arabi Uniti, Egitto sotto la più brutale delle dittature di tutta la sua storia e  Israele che si trova nel centro — contro l’Iran. Altre gravi minacce vengono anche dall’America Latina. L’elezione di  Jair Bolsonaro in Brasile ha insediato  al potere il più estremista, il più oltraggioso dei governi ultranazionalisti di destra che ora stanno affliggendo l’intero emisfero. Ieri Lenín Moreno dell’ Ecuador ha compiuto un passo decisivo che lo porta ad aderire a questa alleanza di estrema destra, cacciando Julian Assange dalla ambasciata dellì’Ecuador. Presto gli USA se faranno consegnare quest’uomo che andrà incontro a un brutto periodo a meno che  non si metta in moto una importante protesta popolare. Il Messico è uno dei paesi dell’ America latina che fa eccezione a tutto ciò sta accadendo, come in Europa occidentale, dove i partiti di estrema destra stanno crescendo e alcuni di questi mettono davvero paura.
Ma si intravedono delle controindicazioni. Yanis Varoufakis, ex Ministro delle Finanze della Grecia, una persona molto interessante, insieme a Bernie Sanders, ha cercato di dar vita ad una formazione Progressista Internazionale per contrastare l’internazionale di estrema destra che si sta creando. A livello di Stati,  c’è uno schiacciante sbilanciamento nella direzione sbagliata. Ma gli stati non sono le uniche entità che contano, a livello delle persone è tutta un’altra cosa. E questo potrebbe fare la differenza. Significa che bisogna dare una protezione agli Stati che funzionano democraticamente per migliorarli, per sfruttare le opportunità che questi Stati offrono a quelle tipologie di attivismo che hanno portato nel passato a raggiungere importanti progressi e che potrebbero salvare il nostro futuro. 
Parte 2 :Armi Nucleari, Cambiamenti Climatici & Minacce alla Democrazia nel Futuro del Pianeta
Mentre il Presidente Trump si ritira dagli accordi nucleari con la Russia e si accinge ad ampliare l’arsenale nucleare Usa, Noam Chomsky vede come la minaccia di guerra nucleare resti una delle questioni più importanti per l’umanità. Nel suo discorso alla Old South Church ha parlato anche dei cambiamenti climatici e dei rischi per la democrazia in tutto il mondo.
NOAM CHOMSKY: Vorrei  fare un paio di osservazioni sulle grosse difficoltà per riuscire a mantenere in vita le nostre istituzioni democratiche, sulle poderose forze che si sono da sempre opposte e sui risultati che in qualche modo  devono permettere di tenerle in vita, di valorizzarle e sul significato che tutto ciò costituisce per il futuro. Ma prima, vorrei dire un paio di parole sulle sfide che dobbiamo fronteggiare,  sfide delle quali avete già sentito parlare e che già conoscete. Pertanto una discussione seria sul futuro dell’umanità  deve cominciare riconoscendo un fatto essenziale, un fatto che la specie umana deve affrontare oggi, una domanda che non si era mai presentata finora nella storia dell’umanità, la domanda a cui dobbiamo rispondere e presto è: per quanto tempo riuscirà ancora a sopravvivere la società umana?
Bene, come tutti ben sapete, da 70 anni viviamo sotto l’ombra di una guerra nucleare. Tutti quelli che hanno avuto l’opportunità di comprendere quello che è successo, non possono far altro che esprimere tutto il loro stupore per il fatto che siamo riusciti a sopravvivere fino ad oggi. Ogni minuto che passa l’ora del disastro finale  sembra avvicinarsi sempre più rapidamente. È quasi un miracolo il fatto che siamo sopravvissuti, ma i miracoli non durano per sempre. Questa storia deve essere risolta e presto. La recente Nuclear Posture Review  fatta dall’amministrazione Trump fa aumentare in modo drammatico le minacce di uno scoppio  della conflagrazione, cosa che in effetti porterebbe  alla fine della specie. Potremmo ricordare che questa Nuclear Posture Review è stata sponsorizzata da Jim Mattis, che è considerato troppo acculturato per restare a far parte di questa amministrazione:  questo può darci un’idea di che cosa può essere tollerato nel mondo dei Trump-Pompeo-Bolton.
Bene, c’erano tre importanti trattati sulle armi: il trattato ABM, il trattato sui missili anti-balistici – il trattato INF, Intermediate Nuclear Forces –  il nuovo trattato START.
Gli Stati Uniti si sono ritirati dal Trattato ABM nel 2002. E chiunque creda che i missili anti-balistici siano delle armi di difesa resterebbe deluso dalla natura di questi sistemi. Gli Stati Uniti sono appena usciti dal trattato INF, che fu firmato da Gorbaciov e Reagan nel 1987 e che fece diminuire drasticamente quelle minacce di guerra in Europa, che si sarebbero diffuse in breve tempo. Il background della firma di quel trattato sono le dimostrazioni che avete appena visto nel film che è stato proiettato. Quelle massicce dimostrazioni pubbliche hanno fatto da sfondo a un trattato che ha cambiato le cose in modo significativo. Vale la pena ricordare che sia quello che avete visto che molti altri casi sono stati importanti esempi di una presa di coscienza popolare che fece una enorme differenza. Le lezioni sono troppo ovvie per essere ricordate una ad una. Bene, l’amministrazione Trump si è appena ritirata dal Trattato INF; i russi si sono ritirati subito dopo. Se osservate attentamente, scoprirete che ognuna  delle parti ha trovato una specie di alibi credibile per poter dire che è stato l’avversario a non rispettare il trattato. Per chi volesse farsi un’idea di come potrebbero averla vista i russi, il Bulletin of Atomic Scientists, la principale rivista sui problemi di controllo degli armamenti, aveva pubblicato un  articolo di piombo scritto da Theodore Postol un paio di settimane fa,  articolo che sottolineava quanto fossero pericolose le installazioni anti- missili balistici USA posizionate sul confine russo: quanto siano pericolose queste istallazioni e come possano essere percepite dai russi.  Come un cartello messo sul confine russo e le tensioni stanno aumentando sul quel confine. Tutte e due le parti stanno facendo azioni provocatorie. In un mondo razionale, quello che dovremmo immaginare sono negoziati tra le due parti, con degli esperti indipendenti che  valutino le accuse che ciascuna parte sta facendo contro l’altra, in modo da arrivare  a una risoluzione per mettere fine a  queste accuse e per ripristinare il trattato. Questo accadrebbe in un mondo razionale. Ma sfortunatamente questo non è il mondo in cui stiamo vivendo. Non è stato fatto nessuno sforzo in questa direzione. E non ce ne sarà nessuno, a meno che i governi non  siano messi sotto una fortissima pressione.
Bene, ci resta solo il nuovo trattato START. Il nuovo trattato START è già stato definito dalla figura in carica  — colui che si è modestamente descritto come il più grande presidente della storia americana — con i soliti titoli che dà a  tutto ciò che è stato fatto dai suoi predecessori: il peggior trattato che sia mai stato stipulato in tutta la storia, quindi  dobbiamo sbarazzarcene. Se, come in effetti è, questo contratto dovrà essere rinnovato subito dopo le prossime elezioni, molto è ancora in gioco. Molto sarà ancora in gioco, se questo trattato sarà rinnovato. Questo accordo è riuscito a ridurre in modo molto significativo il numero delle armi nucleari, certo saranno sempre molto più di quante dovrebbero essere, ma comunque  molto al di sotto di quante erano prima. E potrebbe essere prorogato.
Bene, nel frattempo, il riscaldamento globale procede nel suo inesorabile corso. Durante questo millennio, ogni singolo anno, con una unica eccezione,  è stato più caldo del precedente. Ci sono recenti articoli scientifici –  James Hansen e altri – che dicono che il ritmo del riscaldamento globale, che sta aumentando continuamente dal 1980 circa, potrebbe subire delle brusche impennate e passare da una crescita lineare a una crescita esponenziale, il che significa che potrebbe raddoppiare ogni due decenni . Ci stiamo già avvicinando alle condizioni di 125.000 anni fa, quando il livello del mare era di circa 25 piedi più alto di oggi, con lo scioglimento, il rapido scioglimento dell’Antartico, e delle sue enormi distese di ghiaccio. Potremmo arrivare a quel punto. Le conseguenze di quello che sto dicendo sono quasi inimmaginabili. Voglio dire, non cercherò nemmeno di descriverle, ma si potrà  capire presto di cosa sto parlando.
Bene, intanto, mentre stanno succedendo tutte queste cose, leggiamo tutti i giorni sulla stampa articoli euforici di come gli Stati Uniti stanno progredendo nella produzione di combustibili fossili. Ora hanno superato la produzione dell’Arabia Saudita. Siamo in testa nella produzione di combustibili fossili. Le grandi banche, JPMorgan, Chase e altre stanno pompando altro denaro nei nuovi investimenti sui combustibili fossili, compresi i più pericolosi, come le sabbie bituminose del Canada. E tutto questo viene presentato con grande euforia, con una specie di eccitazione. Stiamo raggiungendo l’indipendenza energetica. Possiamo controllare il mondo, possiamo decidere che devono essere usati i combustibili fossili nel mondo.
Devo dire almeno una parola sul significato di queste affermazioni, benché sia abbastanza ovvio. Non è che i giornalisti e i commentatori non lo sappiano, non è che i CEO delle banche non lo sappiano. Certo che lo sanno. Ma sono tutti soggetti a certe pressioni istituzionali dalle quali è estremamente difficile districarsi. Provate a mettervi nei panni di –  per esempio –  il CEO di JPMorgan Chase, o del Ceo di una delle  banche che stanno spendendo cifre enormi  in investimenti sui combustibili fossili. Certamente, anche voi, come CEO, siete a conoscenza di quello che sanno tutti sul riscaldamento globale. Non è un segreto per nessuno: Ma che autonomia di scelta avete? Fondamentalmente avete due scelte. Una scelta sarebbe fare esattamente quello che stanno facendo oggi tutti i CEO. L’altra scelta sarebbe dimettersi ed essere sostituiti da qualcun altro che farebbe esattamente quello che stanno facendo oggi tutti i CEO. Non è un problema individuale. È un problema istituzionale, che può essere affrontato, ma solo se il sistema sarà messo sotto una tremenda pressione pubblica.
E lo abbiamo visto da poco, molto chiaramente, come cio è possibile – come si può raggiungere  un obiettivo. Un gruppo di giovani, il Sunrise Movement, è arrivato al punto di sedersi negli uffici del Congresso, ci sono state nuove figure progressiste che hanno suscitato interesse e che sono riuscite a presentarsi al Congresso. Grazie a una forte pressione popolare, Alexandria Ocasio-Cortez, affiancata da Ed Markey, è riuscita a far inserire il Green New Deal nell’agenda del Congresso. Questo è un risultato importante. Ovviamente, deve fronteggiare attacchi ostili che arrivano da qualsiasi parte, ma non importa. Un paio di anni fa sarebbe stato inimmaginabile che questo sarebbe stato discusso, ma questo è il risultato dell’attivismo di questo gruppo di giovani, è ora un loro punto è al centro dell’agenda. In un modo o nell’altro dovrà essere implementato. È un punto essenziale per la sopravvivenza, forse non è essenziale esattamente nella forma in cui sarà approvato, forse servirà qualche modifica, ma questo è già un enorme cambiamento ottenuto grazie all’impegno di un piccolo gruppo di giovani. Questo deve farci comprendere che tipo di azioni devono essere intraprese.
Nel frattempo, il Doomsday Clock del Bulletin of Atomic Scientists lo scorso gennaio è arrivato a due minuti prima di mezzanotte. Questo è il punto più vicino alla catastrofe finale mi raggiunto dal 1947. Questo annuncio — dei due minuti a mezzanotte  — è dovuto all’esistenza sia delle due minacce maggiori che ci sono familiari: la minaccia della guerra nucleare e la minaccia del riscaldamento globale, che stanno entrambe aumentando sempre di più, ma ora si sta aggiungendo per l prima volta anche  una nuova minaccia: l’indebolimento della democrazia. Con  questa sono tre le minacce. E questo sembra un fatto abbastanza normale, perché una democrazia che funziona bene costituisce l’unica speranza con cui si possono sconfiggere queste minacce. Non si vince con i trattati firmati dalle istituzioni dello Stato, o dalle istituzioni private o muovendosi senza avere alle spalle una massiccia pressione dell’opinione pubblica. Per questo bisogna che i mezzi che garantiscono il funzionamento democratico siano sempre mantenuti in vita e usati come ha fatto il Sunrise Movement, come hanno dimostrato le grandi manifestazioni di massa all’inizio degli anni ’80 e il modo in cui questi ragazzi stanno muovendosi oggi.
Parte 3 : L’Arresto di  Assange è  “Scandaloso”  e spiega lo scioccante Potere Extraterritoriale U.S.A.
Gli avvocati del fondatore di WikiLeaks, Julian Assange,  promettono di dare battaglia contro la possibile estradizione negli Stati Uniti, dopo l’arresto a Londra, dopo essere stato prelevato con la forza  dall’ambasciata equadoregna, dove era rimasto in asillo per quasi sette anni.  Amy Goodman di Democracy Now ha parlato con Noam Chomsky  sull’ arresto di Assange, su WikiLeaks e sul potere americano.
AMY GOODMAN: Sono Amy Goodman da Boston  e sono seduta accanto a  Noam Chomsky per una conversazione pubblica. Gli ho chiesto dell’arresto di Julian Assange.
NOAM CHOMSKY: L’arresto di Assange è scandaloso sotto molti aspetti. Basta pensare solo allo sforzo dei governi, e non è solo a quello del governo degli Stati Uniti. Gli inglesi stanno collaborando. L’Ecuador, ovviamente, ora sta collaborando. La Svezia, prima, aveva collaborato. Gli sforzi per mettere a tacere un giornalista che produceva materiale che gli uomini del potere non volevano che fosse conosciuto dalla moltitudine del volgo – Capito? – questo è praticamente quanto  è successo. WikiLeaks stava divulgando informazioni che la gente dovrebbe conoscere su chi è al potere, ma questo non piace alle persone al potere  e quindi dobbiamo metterlo a tacere. Capito? Questo è il tipo di cosa, il tipo di scandalo, a cui stiamo assistendo, purtroppo, ancora una volta.
Per fare un altro esempio, andiamo proprio in un paese vicino all’Ecuador, in Brasile, dove quello che è successo è  estremamente sintomatico. Il Brasile è il paese più importante dell’America Latina, uno dei più importanti del mondo. Sotto il governo Lula all’inizio di questo millennio, il Brasile era il paese forse maggiormente rispettato al mondo. Era diventato la voce del Global South sotto la guida di Lula da Silva. Guardate bene cosa è successo. C’è stato un colpo di stato, un colpo di stato-soft, per eliminare gli effetti nefasti del partito laburista, il Partito dei Lavoratori. Questi effetti sono stati descritti dalla Banca Mondiale – non da me, dalla Banca Mondiale – che parla di un “decennio d’oro” nella storia del Brasile, di una radicale riduzione della povertà, di un aumento massiccio dell’inclusione di popolazioni emarginate, di vaste parti della popolazione afro-brasiliana e di indigeni che sono stati fatti entrare nella società, un senso di dignità e di speranza per il popolo. Questo non poteva essere tollerato.
Dopo che Lula ha completato il suo mandato, ha avuto luogo una specie di “colpo di stato”, non entrerò nei dettagli, ma l’ultima mossa è stata lo scorso settembre quando Lula da Silva, il protagonista e figura più popolare del Brasile, che era quasi certo di vincere le prossime elezioni, è stato messo in prigione, in isolamento, come per una condanna a morte, 25 anni di carcere, senza poter più leggere un libro o una rivista e, essenzialmente con il divieto di rilasciare dichiarazioni pubbliche, nemmeno fosse stato un serial killer nel braccio della morte. Questo solo per mettere a tacere la persona che avrebbe probabilmente vinto le elezioni. È il prigioniero politico più importante del mondo. Ne avete sentito parlare?
Bene, Assange è un caso simile: abbiamo dovuto mettere a tacere questa voce. Torniamo a parlare di storia  Qualcuno si ricorderà di quando il governo fascista di Mussolini mise in prigione Antonio Gramsci. Il PM dichiarò: “Dobbiamo mettere a tacere questa voce per 20 anni. Non possiamo lasciarlo parlare“.   E’ quello che è successo a  Assange, a  Lula e ci sono altri casi.  Questo è uno scandalo.
Altro scandalo è la portata extraterritoriale del potere esercitato dagli Stati Uniti che è scioccante. Voglio dire, perché dovrebbero gli Stati Uniti — o meglio, perché dovrebbe qualsiasi stato — poter esercitare questo potere? Perché gli Stati Uniti dovrebbero avere il potere di controllare quello che si sta facendo in un altro posto del mondo?  Voglio dire, è una situazione bizzarra, ma così va avanti così da tempo e ormai non ci facciamo più nemmeno caso e comunque nessuno ne parla.
Per esempio, prendiamo gli accordi commerciali con la Cina. OK? Di cosa parlano gli accordi commerciali? Sono uno sforzo per evitare lo sviluppo economico della Cina. È proprio di questo che si tratta. Ora, la Cina ha un modello di sviluppo che non piace all’amministrazione Trump. Quindi, dobbiamo fare in modo di  indebolire quel modello di sviluppo. Proviamo a chiederci: cosa accadrebbe se la Cina non osservasse le regole che gli Stati Uniti stanno cercando di imporre? Se la Cina, per esempio, quando la Boeing o la Microsoft, o un’altra importante azienda, che investe in Cina, pretendesse di avere un certo controllo sulla natura dell’investimento. Se pretendesse un certo grado di trasferimento tecnologico. Se volesse ottenere qualcosa dalla tecnologia. Ci sarebbe  qualcosa di sbagliato in queste richieste? In fondo è così che si sono sviluppati gli Stati Uniti, rubando – rubando tecnologia come dicono in Inghilterra. È così che si è sviluppata l’Inghilterra, prendendo la tecnologia da altri paesi più avanzati: dall’India, dai Paesi Bassi, persino dall’Irlanda. È così che ogni paese sviluppato ha raggiunto lo stadio di sviluppo avanzato. Se la Boeing e la Microsoft non gradiscono questo tipo di accordi, non devono investire in Cina. Nessuno gli sta  puntando  una pistola alla nuca. Se qualcuno credesse veramente nel capitalismo, dovrebbe essere libero di firmare qualsiasi accordo con la Cina. E se questi accordi prevedono un trasferimento di tecnologia, OK.
Gli Stati Uniti vogliono bloccare questi trasferimenti e quindi la Cina non può svilupparsi.
Prendiamo ad esempio quelli che vengono chiamati diritti di proprietà intellettuale, diritti di brevetto esorbitanti sui farmaci. Oppure la Microsoft che ha il monopolio sui sistemi operativi, grazie all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Supponiamo che la Cina non voglia osservare questi diritti di proprietà intellettuale. Chi ci guadagnerebbe e chi ci perderebbe? Bene, il fatto è che i consumatori negli Stati Uniti ci guadagnerebbero. Significherebbe che le medicine costerebbero di meno. Significherebbe che quando si compra un computer, non si resta bloccati senza Windows. Si potrebbe trovare un sistema operativo migliore. Bill Gates farebbe un po’ di soldi in meno. Le società farmaceutiche non sarebbero tanto ricche, sarebbero solo un po ‘meno ricche. Ma i consumatori ci guadagnerebbero. Che cosa c’è di sbagliato in questo? Qual è il problema?
Bene, potreste chiedervi: Ma che cosa c’è nascosto dietro tutte queste discussioni e queste trattative? Questo è il vero problema. Di quasi qualsiasi problema vogliamo cominciare a parlare, la domanda è sempre la stessa: perché viene accettato tutto questo? Quindi, in questo caso, perché troviamo accettabile che gli Stati Uniti abbiano anche solo il potere per cominciare a suggerire una proposta di estradare qualcuno il cui crimine è stato di esporre al pubblico delle informazioni che la gente al potere non vuole che vengano esposte? Fondamentalmente questo è ciò intorno a cui tutto gira.
Parte 4 : Trump ha interferito profondamente sulla rielezione di Netanyahu in Israele       
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta cominciando il suo quinto mandato, dopo aver sconfitto l’ex Capo militare Benny Gantz.  In una discussione con Amy Goodman di Democracy Now!, Noam Chomsky parla di come il presidente Trump abbia interferito direttamente sulle elezioni israeliane aiutando più volte Netanyahu, trasferendo l’ambasciata USA a Gerusalemme e riconoscendo la sovranità di Israele sulle alture del Golan, in spregio al diritto internazionale.
AMY GOODMANNoam, che è successo in Israele, il primo ministro Netanyahu ha conquistato il record di un  quinto mandato. Poco prima delle elezioni ha annunciato che annetterà gli insediamenti illegali israeliani nella West Bank occupata. Il mese scorso, Trump ha ufficialmente riconosciuto la sovranità di Israele sulle alture del Golan.
NOAM CHOMSKYBeh, prima di tutto, se Benny Gantz fosse stato eletto al posto di Netanyahu, non ci sarebbe stata una grande differenza. La differenza tra i due candidati non è sostanziale in termini di politica. Netanyahu: ecco un altro esempio della portata extraterritoriale degli Stati Uniti. Netanyahu è un po’ più estremista. Gli Stati Uniti volevano disperatamente che venisse eletto. E l’amministrazione Trump gli ha fatto un regalo dopo l’altro per fare in modo che fosse rieletto. Bastava farlo arrivare vicino al 50/50, prima delle elezioni.
Uno di questi regali è stato, naturalmente, lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme, in violazione non solo della legge internazionale, ma anche delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza a cui gli Stati Uniti avevano partecipato. Uno spostamento molto drammatico.
Un secondo regalo, altrettanto drammatico, è stato quello di autorizzare l’annessione a Israele delle alture del Golan. Le alture del Golan siriano sono, secondo il diritto internazionale, territori occupati da  Israele. Tutte le principali istituzioni, tutte le istituzioni competenti, il Consiglio di Sicurezza, la Corte Internazionale di Giustizia, tutti sono d’accordo su questo punto. Israele si è formalmente annesso le alture del Golan. Ma il Consiglio di Sicurezza, il Consiglio di Sicurezza, dell’ ONU, con la partecipazione degli Stati Uniti, ha dichiarato che questa annessione è nulla. OK?  Trump ha smentito unilateralmente, le istituzioni internazionali,  un altro regalo a Netanyahu, dimostrando, con questo gesto al popolo di Israele che, con il sostegno degli Stati Uniti, può ottenere tutto quello che vuole.
L’ultimo regalo di Trump, poco prima delle elezioni, è stata la dichiarazione di Netanyahu  che se fosse stato eletto, avrebbe annesso  le zone della West Bank, con la tacita autorizzazione degli Stati Uniti.
Queste sono misure forti che sono state prese per interferire decisamente con elezioni straniere. Avete sentito qualcosa su quanto sia considerata una cosa terribile interferire nelle elezioni straniere? Penso che forse ne abbiate già sentito parlare da qualche parte. Qui, è stato fatto con decisione, e sembra  che non ci sia niente di male. Ma quali sono esattamente le conseguenze di questo comportamento in termini di evoluzione della politica? Alla fine dei conti non sono molte.
Quindi, prendiamo l’annessione delle alture del Golan. In effetti, questa decisione è stata dichiarata nulla dal Consiglio di sicurezza. È stata condannata dalla Corte internazionale di giustizia. Ma a parte queste dichiarazioni  c’è qualcuno che abbia fatto qualcosa di concreto? È stata fatta qualche mossa per impedire che Israele prenda possesso delle alture del Golan?  che vengano fatti degli insediamenti, che vengano aperte delle imprese, che si costruiscano  delle stazioni sciistiche sul monte Hermon? Nulla. Nessuno ha alzato un dito. E nessuno ha alzato un dito per una semplice ragione: gli Stati Uniti non lo permettono. Nessuno lo dice, ma questo è il fatto. Bene, ora è formalmente autorizzato, e non è solo un fatto che è accaduto.
Prendiamo questa proposta di Netanyahu di annettere le parti della West Bank. E’ una storia che sta andando avanti da 50 anni, letteralmente. Subito dopo la guerra del ’67, sia i partiti politici, sia i principali raggruppamenti in Israele – l’ex partito laburista, il conglomerato basato sul Likud – hanno politiche leggermente diverse, ma sostanzialmente portano tutti avanti un programma di espansionismo in Cisgiordania orientato verso un obiettivo  molto chiaro:  creare quella che sarà una specie di Grande Israele, in cui Israele prenderà possesso di qualsiasi cosa abbia valore in Cisgiordania, lasciando che le concentrazioni di popolazione palestinese, come a Nablus e Tulkarm. restino isolate. Nel resto della regione ci sono circa 150 enclave palestinesi, più o meno circondate da posti di blocco, e la gente che vive spesso lontano dai campi dove lavora, riesce a malapena a sopravvivere.
Nel frattempo, gli insediamenti ebraici si sono sviluppati. Sono state costruite nuove città – una città importante, Ma’ale Adumim, costruita durante il periodo di Clinton, casualmente, a est di Gerusalemme. La strada che porta a questa città divide in due la West Bank. Poi Gerusalemme stessa si è estesa verso nord  ed ora è forse cinque volte più grande di quanto sia mai stata. Tutte queste nuove infrastrutture sono collegate da progetti altamente sviluppati. Potete fare un viaggio e andare a vedere quanto siano piacevoli i nuovi quartieri che stanno sorgendo attorno a Tel Aviv e a Gerusalemme nella West Bank. Si può  andare da Ma’ale Adumim a Tel Aviv con una grande autostrada— riservata agli israeliani e ai turisti, ma non ai palestinesi — più comoda della strada che va da South Shore a Boston — senza mai vedere un arabo.
Tutto questo è stato fatto costantemente, anno dopo anno, con il tacito supporto degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti forniscono il loro appoggio diplomatico, gran parte del sostegno economico, l’aiuto militare. E nel frattempo, il governo dice “Non ci piace quello che state facendo, fermatevi ” ma continua a fornire i mezzi. Bene, l’unica differenza nella dichiarazione di Netanyahu con il tacito appoggio di Trump è: “Ho intenzione di andare avanti e di annettere i territori, di annettere tutto, non voglio continuare a costruire, aspettando una eventuale annessione”. Queste sono le cose vere che sono successe.
Ora, la vittoria di Netanyahu, come ho detto prima, consolida un’alleanza — che è già in atto — e che in qualche modo, tacitamente va avanti da anni, non formale, ma funzionale, ora sta venendo allo scoperto sotto gli occhi degli stati arabi più reazionari come, in primo luogo, l’Arabia Saudita, uno degli stati più reazionari del mondo,  dell’Egitto di Sisi, il peggior dittatore della storia egiziana, degli Emirati Arabi Uniti. Ora Israele, si trova proprio al centro di tutto ciò. Fa parte del sistema delle alleanze internazionali di destra, del sistema di alleanza reazionario internazionale ultranazionalista che sta prendendo forma con la leadership degli Stati Uniti, una specie di nuovo sistema globale che sta nascendo. L’America del Sud, con Bolsonaro, è un’altro pezzo di questo sistema.
AMY GOODMAN: Eppure, negli Stati Uniti, c’è una crescente consapevolezza. Per esempio, il voto repubblicano-democratico contro la guerra dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti nello Yemen, alimentata dagli Stati Uniti. Questo le dà qualche speranza?
NOAM CHOMSKY: Questo è uno punto molto interessante ed in realtà è Bernie Sanders. Questo è  — guardiamolo bene — uno sviluppo molto importante, ma osserviamo che cosa è successo. La guerra tra Emirati Arabi Uniti e Emirati Arabi Uniti nello Yemen è stata una terribile atrocità. Probabilmente, nessuno lo sa, forse 60.000, 70.000 sono state le persone uccise, metà della popolazione riesce in qualche modo a sopravvivere. L’ONU descrive questa guerra come il peggior disastro umanitario del mondo. È una vera mostruosità. Sta andando avanti anno dopo anno, e l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti stanno impiegando armi statunitensi — e poi armi britanniche — c’è l’appoggio diretto e indiretto dell’intelligence USA che lavora a stretto contatto con i sauditi per colpire e bombardare e così via. Tutto questo sta succedendo senza nessuna protesta.
Poi è arrivata l’uccisione di Khashoggi, l’uccisione brutale di un giornalista del The Washington Post. Omicidio che ha causato indignazione. OK? Questo non dovrebbe essere il motivo per cui all’improvviso si accendono i riflettori sulla guerra in Yemen, non dovrebbe essere così, ma così è stato. Poi è arrivato Bernie Sanders, con un paio di altre persone, e ha dato il  via alla legislazione che ha cominciato a mettere qualche freno sul sostegno diretto degli Stati Uniti per questa guerra. Il che è significativo, ma dovremmo inserirlo meglio in tutto il contesto di quanto è successo realmente. E penso che possiamo essere abbastanza fiduciosi che il triumvirato Trump-Pompeo-Bolton troverà un modo per aggirare quelle regole e continuare questa guerra, a meno che a gente non cominci a protestare seriamente.
Ora, c’è qualche altra cosa a cui  vale la pena prestare attenzione. Il sostegno all’espansionismo di Israele, alla repressione, all’intera alleanza che si sta sviluppando, questo  sostegno negli USA si è spostato dai settori più liberali – grosso modo, il Partito Democratico – all’estrema destra. Non molto tempo fa, il sostegno a Israele contava sulla passione dei settori liberali della popolazione. Era una questione democratica. Ora, in effetti, non è più così se si guarda ai sondaggi, le persone che si identificano come democratiche tendono più a sostenere i diritti dei palestinesi che non quelli di Israele. Questo è un cambiamento drammatico. Il sostegno per Israele ora poggia sulla parte più reazionaria della popolazione: cristiani evangelici, ultranazionalisti. Fondamentalmente, è diventato un problema di estrema destra. Tra i più giovani questo sentimento è ancora più forte.
Voglio dire, posso vederlo sulla mia persona, in base alla mia personale esperienza. Fino a  10 o 15 anni fa, se dovevo tenere un discorso in un’università su Israele-Palestina, anche nella mia stessa università, il MIT, dovevo avere la protezione della polizia, letteralmente. La polizia doveva cercare di impedire che l’evento venisse rotto. Non mi permettevano di tornare verso la mia macchina da solo. Dovevo essere accompagnato dalla polizia. Le conferenze venivano interrotte e nessuno si opponeva a questi fatti che succedevano ogni volta. Ora questo è cambiato totalmente ed è un cambiamento molto importante. Penso che prima o poi, spero prima, questo possa portare a un cambiamento nella politica degli Stati Uniti.
Ci sono alcune mosse molto semplici che potrebbero essere fatte nella politica degli Stati Uniti che farebbero cambiare radicalmente la situazione in Medio Oriente. Quindi, per esempio, una semplice proposta è che il governo degli Stati Uniti dovrebbe rispettare la legge degli Stati Uniti. Non sembra troppo difficile. Gli Stati Uniti hanno delle leggi, come la cosiddetta legge Leahy o la Patrick Leahy Law, che prevedono che nessun aiuto militare possa essere dato a organizzazioni militari coinvolte in sistematiche violazioni dei diritti umani. Bene, l’esercito israeliano è coinvolto in massicce violazioni dei diritti umani. Se gli Stati Uniti dovessero rispettare la legge degli Stati Uniti, taglieremmo gli aiuti alle IDF, le forze di difesa israeliane. Questo passo da solo avrebbe un effetto importante, non solo toglierebbe gli aiuti materiali, ma avrebbe anche un  significato simbolico. Ed è del tutto possibile che con lo spostamento dell’opinione pubblica, specialmente tra i più giovani, potrebbe arrivare un momento in cui ci sarà un appello per chiedere che gli Stati Uniti rispettino le proprie leggi. OK? Ancora una volta, non parliamo di richieste molto drammatiche. E non si dovrebbe pensare troppo.
AMY GOODMAN: Noam Chomsky. Abbiamo parlato  con lui alla Old South Church, giovedì sera, quando è tornato alla sua vecchia casa di Boston. È stato professore al Massachusetts Institute of Technology per oltre 50 anni e alla fine dell’evento, abbiamo festeggiato il suo 90° compleanno.

Firenze, inchiesta sul degrado del “Giglio” sfiorito.

Droga: smantellato spaccio a Fortezza Firenze, 26 arresti

Spaccio di droga, risse, degrado in pieno centro. Viaggio in una città in crisi che si prepara alle elezioni comunali.

(panorama.it) – Perfino l’affabile cingalese in piazza della Repubblica, venditore di trottole volanti, sussurra furtivo: «Vuoi una canna?». No, grazie. Firenze, allo sbocciar di primavera, è un dedalo asserragliato. Orde di turisti, bivacchi selvaggi, clandestini piantagrane, ambulanti di tarocchi e spacciatori di tutto. L’apocalisse diventata ordinarietà. «Città dal fascino sottile» scriveva Stendhal. E adesso, ahilui, dalle grossolane brutture. Così, dal palco di un’anonima piazza periferica, Matteo Salvini arringa la folla. Accanto c’è Ubaldo Bocci, sessantenne con barba e capelli bianchi: è sulla sua spalla che s’è poggiato lo spadone leghista. A fine maggio tenterà l’inosabile: sfilare al Pd la Disneyland del Rinascimento. Il leader della Lega già lo chiama «Caro sindaco». Lui si schermisce, ma ci conta. «C’è molto da fare» sprona Salvini. «Non ci servono supereroi e belli da Pitti Uomo, ma serve gente che ami la città: compresi i quartieri dove non si può andare nei giardini perché spacciano».

L’altro Matteo, quel Renzi disarcionato, ribatte ribaldo: «Caro Salvini, prima di parlare dei risultati della mia città, sciacquati la bocca. Perché la mia città si chiama Firenze, e Firenze sa riconoscere da lontano i venditori di fumo. Viva la bellezza, viva Fiorenza». Da mesi, Renzi largheggia: dalle rive dell’Arno partirà la riscossa. L’ex premier, già sindaco della capitale medicea, medita vendetta, tremenda vendetta. Si frega le mani. Le amministrative, spera, saranno l’occasione per dare un buffetto all’arcinemico populista. Che gli ha sottratto potere, voti e popolarità.

Matteo contro Matteo. A Firenze è scoccata la campagna elettorale. Da una parte, Dario Nardella: delfino dell’ex Rottamatore. Dall’altra, Ubaldo Bocci: candidato del centrodestra. Del primo contendente molto si sa: ex diessino, poi renzianissimo, adesso zingarettiano. Anche se, malcelando imbarazzo, notifica: «Il mio partito è Firenze». L’altro è un neofita della politica: manager di Azimut, società di consulenza patrimoniale, e cattolico attivissimo nel volontariato. Dunque, Dario contro Ubaldo: il partitone della prossima tornata. L’inarrestabile Lega tenta di gabbare il declinante Pd. Buttando in campo gli endemici malanni del capoluogo toscano: degrado, criminalità e lassismo.

Nardella, reduce da un lustro al comando, mette le mani avanti: «Firenze non è una città più insicura di altre. Non abbiamo un’emergenza sicurezza». Le cronache degli ultimi mesi lasciano qualche perplessità. Una sequela di violenze: e non nelle lande periferiche, ma tra i palazzi rinascimentali del centro. Come la recente megarissa in piazza dei Ciompi: una spedizione punitiva, sul far della sera, con un gruppetto di nordafricani che aggredisce un tunisino con una mazza. O la singolar tenzone, due settimane fa, al mercato di san Lorenzo: cinque extracomunitari finiti all’ospedale. Oppure la furibonda lite, un mese orsono, in via dei Servi, a pochi passi dal Duomo. Una zona che, ogni weekend, diventa un ring urbano: cazzotti, spranghe, bottiglie, furti, spaccio. Residenti e commercianti, esasperati, fanno colletta per pagare un servizio di vigilanza. Per fortuna, arriva Nardella: «Non lasceremo che in via dei Servi viga la legge del più forte!».

Campa cavallo, gli rispondono i fiorentini. Già scossi dalla morte, il 10 giugno 2018, di Duccio Dini, 29 anni. In sella al suo scooter, una domenica mattina, è centrato da due auto che si inseguono: un regolamento di conti da poliziottesco americano. Sette rom vengono arrestati. Segue sommossa popolare, al grido di: chiudete i campi nomadi. A partire dal più problematico: il Poderaccio. «Lo smantelleremo» promette Nardella. La contingenza richiede determinazione e tempismo? «Ci vorranno diciotto mesi» indugia il sindaco. Nell’attesa, il campo rom rimane lì: intonso. Tra le usanze locali c’è il rogo di cataste di rifiuti e masserizie. Solo nelle ultime settimane, i vigili del fuoco sono intervenuti tre volte.

Nell’attesa di smobilitare, la scorsa estate è stata sgomberata l’attigua baraccopoli. Il 2 luglio 2018, mentre osserva ammirato la più salviniana delle ruspe in azione, Nardella annuncia: «Un altro intervento concreto su legalità e cura della città. Andiamo avanti con il nostro piano contro le occupazioni abusive». Già. Eppure, come documenta solerte il deputato di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, due mesi dopo i rumeni s’erano riaccampati: poche decine di metri più in là.

Tutto tace invece in un altro insediamento dei dintorni. È in una fabbrica dismessa: la Gover. Anche qui: cumuli di lerciume, carcasse d’auto, escrementi umani. A pochi metri, in via del Pesciolino, c’è una distesa di palazzoni e un parco giochi. L’olezzo arriva fino agli scivoli. Niente paura, però. Rinascita imminente. Già il 18 aprile del 2012 il predecessore di Nardella, l’indimenticato Renzi, deflagra: «Così non può andare avanti! Bisogna mettere a posto». Agli inferociti residenti spiega che il tempo dei cincischiamenti è finito: o intervengono i proprietari dell’area, altrimenti ci pensa il Comune. Ruspa! Com’è finita, non smette di ricordarlo il solito Donzelli, con periodiche e urticanti incursioni. L’ultima è di qualche settimana fa. Solita solfa: «Insicurezza, sporcizia, degrado» cataloga il deputato. «Ormai gli abitanti della zona sono in balia degli abusivi». 

Altra cavalcata trionfale è quella degli immobili occupati. Un anno fa, in risposta a un’interrogazione di Arianna Xekalos, allora capogruppo dei Cinque stelle in consiglio e adesso alla guida della civica «Firenze in movimento», l’assessore al ramo ne conteggia ben 26. Diciassette sono di privati. Come l’ex hotel Concorde, dove lo scorso dicembre l’ennesimo incendio ha mandato sette persone all’ospedale. Quattro edifici, poi, sono pubblici. A partire dall’ex scuola Don Facibeni, sede del centro sociale Cpa occupata dal 2001. Tra le iniziative più acclamate del collettivo si segnala, un anno fa, l’incontro con l’ex brigatista Barbara Balzerani, in occasione del quarantennale del rapimento di Aldo Moro. L’opposizione, in testa il battagliero capogruppo di Fratelli d’Italia, Francesco Torselli, chiede l’immediato sgombero. Ma Nardella frena: «È un’operazione complessa». E aggiunge: «Se fosse stato facile, l’avrebbero sgomberato da vent’anni…». Inappuntabile.

Niente paura, però. L’arma segreta contro le occupazioni abusive c’è. E ha persino un nome: cabina di regia. Orpello di memoria craxiana e d’indimenticabile inutilità. Stavolta invece si fa sul serio. Regione, Comune, demanio, diocesi. Tutti uniti, meglio degli Avengers. Gli irregolari hanno le ore contate. Lo stesso dicasi per i turisti sudicioni e maleducati. Quelli sì, messi in riga come soldatini. Rieducati, uno dopo l’altro, a suon d’illuminate ordinanze. «Cos’è il genio?» ragionava il fiorentinissimo Perozzi di Amici miei. «È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione». Qualità sfoderate dal sindaco nella lotta ai bivacchi. I gitanti si sbracano indecorosamente? Lui fa bagnare con gli idranti gli scalini del Duomo e le altre zone di assembramenti. «Una misura gentile, che evita la multa» chiarisce Nardella. Talmente gentile da aver accolto il plauso dei turisti. Pronti a riaccomodarsi sui limpi gradini, dopo rapida evaporazione acquea. O a bagnarsi i calzoni in cerca di refrigerio.

Ben congegnata anche la soluzione per le code in via de’ Neri, dove c’è un’affollatissima rivendita di cibarie. Qui vige un’inflessibile ordinanza anti-panini. Impone consumazione dinamica, evitando ogni staticità. Insomma: bisogna mangiare in piedi, o meglio camminando. Passi lunghi e ben distesi. «Una risposta concreta e di buonsenso» esulta Nardella.

Magari il problema fossero solo i turisti maleducati… Ci sono quelli che scambiano i monumenti per latrine. Gli studenti ubriachi che vagano molesti nella notte. Le risse a colpi di bottigliate. E uno spaccio ormai capillare. Qualsiasi droga in qualsiasi angolo del centro. Ogni giorno: dalle 8 e 30 del mattino fino all’alba successiva. Malavita di strada che s’è ormai regolamentata. Del resto, nell’ultimo indice di criminalità pubblicato da Il Sole 24 ore, Firenze è la quarta provincia italiana per denunce di reati. «È diventata la città delle illegalità» bombarda Marco Stella, coordinatore fiorentino di Forza Italia. 

In ossequio al conterraneo Dante Alighieri, Nardella però «guarda e passa». Anzi: rilancia. «In questi cinque anni» gongola «abbiamo realizzato il 95 per cento dei punti del programma!». Urca! Nemmeno Renzi avrebbe osato tanto. L’allievo straccia il maestro. La dura realtà costretta a inchinarsi davanti a palmari evidenze numeriche: un nuovo Rinascimento è già cominciato. I colpevoli fiorentini, distratti dal logorio della vita moderna, se ne facciano una ragione. 

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