venerdì 14 febbraio 2020

Caso Palamara, Csm e Anm fanno sparire l’indagine. - 7 gennaio 2020 - Giovanni Altoprati

Caso Palamara, Csm e Anm fanno sparire l’indagine

E tre. Sparita dai radar l’indagine della Procura di Perugia, perse le tracce del procedimento disciplinare del Csm, anche la decisione dei probiviri dell’Anm sulle toghe coinvolte nel caso “Palamara” è finita nel cassetto. Dal Palazzaccio di piazza Cavour, sede dell’Anm, non si hanno da mesi più notizie sullo stato del fascicolo per violazione del codice etico aperto a carico dei magistrati coinvolti nelle cene dello scorso maggio con i deputati del Pd Cosimo Ferri, ora Italia viva, e Luca Lotti, dove si discuteva delle nomine di alcune Procure, iniziando da quella di Roma. Gli incontri romani fra toghe e politici furono registrati tramite il Trojan installato nel cellulare dell’ex presidente dell’Anm e membro del Csm, Luca Palamara, sotto indagine a Perugia dal 2018 per corruzione. Secondo l’accusa, Palamara avrebbe ricevuto denaro e benefit in cambio della nomina, non avvenuta, di Giancarlo Longo a procuratore di Gela.
Era il 5 giugno quando il Comitato direttivo centrale dell’Anm decise all’unanimità di deferire al collegio dei probiviri i magistrati investiti dalla bufera scaturita dall’indagine della Procura del capoluogo umbro. Venne anche diramato un comunicato: il Comitato, «deferisce al collegio dei probiviri, cui spetterà di verificare la sussistenza di violazioni del codice etico, i colleghi Luca Palamara, Cosimo Ferri, Luigi Spina, Antonio Lepre, Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli e Gianluigi Morlini, riservandosi di deferire altri colleghi che risultassero coinvolti nella medesima vicenda o in altre simili». Trascorsi sei mesi da allora, il nulla. I cinque ex consiglieri, costretti alle dimissioni, sono da tempo tornati in servizio nei rispettivi uffici. Spina, indagato per rivelazione del segreto e favoreggiamento nei confronti di Palamara, è addirittura procuratore facente funzioni a Castrovillari, una delle Procure più impegnate sul fronte del contrasto all’ndrangheta.
L’inerzia dell’Anm non ha molte giustificazioni. Il procedimento disciplinare per violazione del codice etico è di prassi molto rapido. La particolare natura del giudizio disciplinare associativo riguarda, infatti, esclusivamente violazioni delle regole associative, senza alcuna censura di carattere morale, ma con un giudizio solamente giuridico. È un procedimento celere, in ragione dei diritti associativi in gioco, e non necessita della conclusione di altri procedimenti, ad esempio penali, aperti nei riguardi degli interessati. La decisione dei probiviri è poi sottoposta al voto del Comitato direttivo centrale, che può anche decidere, nei casi estremamente gravi, di espellere il magistrato dall’Anm. Considerati i tempi, sarà molto però difficile che si arrivi ad una qualsiasi decisione. L’attuale Comitato direttivo centrale terminerà il mandato fra poche settimane. Le elezioni per il suo rinnovo sono state già fissate per il prossimo 22 marzo. A febbraio scadrà il termine per la presentazione delle candidature fra i rappresentanti delle varie correnti.
Di questa vicenda, quindi, l’unico che al momento ha avuto “contraccolpi” è stato Palamara, dallo scorso autunno in “ferie forzate”. Sospeso dal servizio e con lo stipendio ridotto, l’ex presidente dell’Anm attende la decisione delle Sezioni unite della Cassazione sul provvedimento cautelare disposto dalla sezione disciplinare del Csm. La tesi di molti commentatori secondo cui l’indagine di Perugia non sarebbe stato altro che un pretesto per il ribaltone degli equilibri all’interno magistratura associata prende sempre più corpo.  Travolta Magistratura indipendente, la corrente di destra della magistratura e di cui facevano parte tre dei cinque consiglieri dimissionari, destinata alla scomparsa Unicost, la corrente di Palamara, l’asse vincente per i prossimi anni sarà quindi quello Davigo-Magistratura democratica. Con la massima soddisfazione del ministro Alfonso Bonafede, il primo supporter dell’ex pm di Mani pulite.
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Questo è un grave episodio di corruzione, perché vuol dire che qualcuno, con metodi molto poco ortodossi, ha ordinato di non procedere per impedire a qualche uccellin di bosco di "cantare".
C.

Salvini alla sbarra. - Tommaso Merlo



Il processo a Salvini permetterà al paese intero di capire meglio che uomo e che politico sia davvero. I giudici analizzeranno i comportamenti di Salvini sulla vicenda Gregoretti e da questi emergerà la verità su come Salvini interpreti il suo ruolo politico e quindi la democrazia. Informazioni utilissime per comprendere i rischi che corre l’Italia a finire un domani nelle sue mani. Quello della Gregoretti non è stato un rapimento, Salvini se la caverà e i suoi figlioletti possono stare tranquilli che il loro papino continuerà a bighellonare libero per l’Italia a sparar baggianate. Ma quello della Gregoretti è stata una crisi politica seria che ha visto il Salvini Ministro dell’Interno scontrarsi con altre istituzioni e perfino con Conte. Una crisi politica e istituzionale avvenuta nel pieno del suo delirio di onnipotenza estivo, quando a furia di bagni di folla e processioni di selfie, Salvini ha progressivamente perso il controllo fino a tentare il maldestro colpo di mano. Ai tempi della Gregoretti Salvini era convinto di avere l’Italia in pugno, era all’apice della sua parabola e quindi nella vicenda Gregoretti ha espresso senza freni la sua vera essenza personale e politica. E se davvero emergerà che Salvini ha calpestato norme, prassi e istituzioni, se davvero emergerà che ha imposto illecitamente il suo potere, allora si avrà la dimostrazione di come Salvini sia un uomo e un politico inadatto a governare il paese se non addirittura pericoloso. È questo il rischio che corre Salvini col processo. Un rischio tutto politico. Anche perché tali comportamenti illeciti, Salvini non li avrebbe commessi come blatera lui per salvare i confini nazionali da chissà quale invasore, ma per bieca propaganda. Per spacciarsi come uomo forte e unico paladino della sovranità. Per conquistare il potere. Per tornaconto. Motivazioni ancora più inquietanti. Dal processo emergerà poi il profilo umano di Salvini. Che valore davvero dà alla vita e al dolore degli esseri umani che non sono della sua parrocchia. A parole Salvini ha sempre negato il suo spargere odio e cinismo verso gli stranieri. Ha slinguato rosai e brandito vangeli. Dal processo si conosceranno circostanze concrete che dimostreranno la sua vera sensibilità e i suoi veri valori. Fatti, non chiacchiere. Una volta alla sbarra, se davvero verrà dimostrato che Salvini l’ha fatta fuori dal vaso, il suo declino politico potrebbe accelerare bruscamente. I suoi fans last minute potrebbero rinsavire. E cioè tutti quei milioni di elettori che negli ultimi anni si sono accodati al Carroccio potrebbero rendersi conto della cantonata che stanno prendendo e che è davvero masochistico buttare via altri anni dietro all’ennesimo messia de noialtri. Se dal processo emergeranno infine comportamenti gravi, il fronte anti Salvini si potrebbe compattare ulteriormente e questo per impedire che il paese finisca nelle mani di una uomo e di un politico non solo inadatto a governare ma addirittura pericoloso.

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RENZI E TRE! ORA PURE LE INTERCETTAZIONI. - Roberta Labonia

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Ormai è chiaro come il sole che l'ex rottamatore, oggi assurto al nuovo ruolo di guastatore, è entrato nel Conte II al solo scopo di smontare, minare, fare tabula rasa delle riforme della Giustizia uscite dalla penna del Guardasigilli nonché senatore portavoce del MoVimento 5 StelleAlfonso Bonafede.
Se le vuole togliere di mezzo, almeno così come sono state concepite, e chissenefrega se sono già in buona parte legge dello Stato. Lasciarle in vigore come sono, ovvero far passare quelle già in cantiere da tempo, vorrebbe dire assicurare garanzie in più agli onesti cittadini che si sentirebbero finalmente calati in uno stato di diritto, a scapito delle storiche tutele dietro cui, da decenni, si scuda l'ancien regime: prescrizione sempre più corta, processi sempre più lunghi, scarso utilizzo di misure informatiche, annacquamento delle intercettazioni, etc, etc,...
Inaccettabile per l'allegra compagnia del microcontenitore di Italia Viva. Alla faccia del riformismo ostentato!

In queste ore, Renzi Matteo, non contento di aver rimesso in discussione la riforma della prescrizione e di sabotare in tutti i modi la riforma del codice penale che stasera verrà presentata dal Ministro della Giustizia Bonafede in Consiglio dei Ministri, con l'assenza ostentata delle sue 2 portavoce, sta tentando di riesumare anche il tema #intercettazioni, rimettendo in discussione il DL Bonafede, che apporta modifiche alla cosiddetta Legge "bavaglio" Orlando e che entrerà in vigore dal prossimo marzo.

Credo che a questo punto giocoforza l'attuale Esecutivo debba dire basta ai ricatti del Senatore semplice di Scandicci e andare a vedere se il suo è un bluff oppure no. Per farlo l'unico modo sarà quello di porre la fiducia in Parlamento.

Il giullare di corte fiorentino dovrà calare la maschera.
Basta palle al piede, l'Italia, noi, siamo stanchi dei suoi ricatti.

Ruby ter, pm di Siena: “Condannate Silvio Berlusconi a 4 anni e due mesi per corruzione in atti giudiziari”.

Ruby ter, pm di Siena: “Condannate Silvio Berlusconi a 4 anni e due mesi per corruzione in atti giudiziari”

Per l’accusa il Cavaliere ha pagato il pianista senese Danilo Mariani per indurlo a falsa testimonianza sul caso Olgettine. Per Mariani il pubblico ministero ha chiesto 4 anni e 6 mesi, anche per il reato di falsa testimonianza oltre a quello di corruzione in atti giudiziari.
Quattro anni e due mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari. È la richiesta del pm di Siena, Valentina Magnini, nei confronti di Silvio Berlusconi nell’ambito del processo Ruby ter in corso nella città del Palio. Per l’accusa il Cavaliere ha pagato il pianista senese Danilo Mariani per indurlo a falsa testimonianza sul caso Olgettine. Per Mariani il pubblico ministero ha chiesto 4 anni e 6 mesi, anche per il reato di falsa testimonianza oltre a quello di corruzione in atti giudiziari. Dopo la richiesta dell’accusa, sono previste le arringhe dei difensori dell’ex presidente del Consiglio, avvocati gli Federico Cecconi ed Enrico De Martino, di fronte al collegio del tribunale di Siena presieduto dal giudice Ottavio Mosti. Questo stralcio del processo Olgettine era stato trasferito a Siena dopo lo ‘spacchettamento’ deciso dal gup di Milano nell’aprile 2016. Il filone principale resta a Milano mentre altre posizioni, con sempre l’ex premier imputato, sono state trasferite a Torino, Pescara, Treviso, Roma e Monza.
Il 12 settembre scorso il tribunale di Siena aveva respinto la richiesta della procura di ascoltare come testimoni alcune giovani che avevano preso parte alle feste ad Arcore. Tra le giovani, in tutto cinque, che la procura aveva chiesto, mesi fa, che testimoniassero, figurava anche Imane Fadil, morta a marzo scorso. Il pm Valentina Magnini aveva chiesto di ammetterle affinché potessero testimoniare la presenza effettiva di Mariani ad Arcore. Ma il collegio cinque mesi fa aveva respinto la richiesta perché la loro testimonianza è stata ritenuta “non necessaria, avendo già testimoniato in altri processi con sentenze passate in giudicato“. Nell’udienza del 12 settembre venne ascoltato anche un perito di parte della difesa di Berlusconi, il commercialista Andrea Pierini, che, dopo aver analizzato i documenti contabili e gli accertamenti di Gdf e Agenzia delle Entrate, aveva confermato la tesi difensiva secondo cui i bonifici effettuati da Berlusconi a Mariani erano dovuti a prestazioni professionali di musicista e, in quanto tali, portati a tassazione come proventi da lavoro. La difesa dell’ex premier aveva poi rinunciato ad ascoltare in aula tutti i testimoni previsti in lista.
Il successivo 10 ottobre, poi, venne ascoltato Giuseppe Spinelli, contabile dell’ex premier. Alla domanda di uno degli avvocati difensori se ci fossero “state erogazioni a Mariani, in relazione alla sua testimonianza“, Spinelli ha negato categoricamente: “Assolutamente no”. Secondo l’accusa, come detto, i bonifici effettuati da Berlusconi a Mariani come rimborsi spese per circa 170mila euro in tre anni, dal 2011 al 2013, sarebbero stati pagamenti per indurre il pianista a falsa testimonianza sul caso delle ragazze che partecipavano alle feste di Arcore. Oltre al ragioniere Spinelli, il 10 ottobre 2019 venne stato sentito Marco Ciacci, attualmente comandante dei vigili urbani di Milano che già era stato chiamato come testimone lo scorso 13 giugno. All’epoca delle indagini che hanno portato al processo era capo della sezione di polizia giudiziaria e si occupava delle intercettazioni sulle telefonate delle ragazze a Spinelli nel periodo tra agosto 2014 e giugno 2015. Telefonate riguardanti richieste di denaro dopo che i pagamenti a loro favore erano stati interrotti. Ciacci, riguardo alla posizione del pianista ha precisato che nelle telefonate intercettate “non c’è qualcosa di riferibile a Mariani”.

giovedì 13 febbraio 2020

MADi: la nuova casa modulare Made in Italy che resiste ai terremoti, si costruisce in 8 ore e con costi accessibili.


Scritto da Gino Favola il . Pubblicato in Bioedilizia.

Al giorno d’oggi, in molti siamo attratti dalla possibilità di avere delle soluzioni abitative meno invasive, più sostenibili, e soprattutto economiche. A dare una risposta a questa esigenza, pare essere riuscito Renato Vidal, un architetto italiano  che ha creato MADi ( acronimo appunto di Modulo Abitativo Dispiegabile), di fatto un nuovo modo di intendere le costruzioni edilizie.
MADI: Leggerezza e Versatilità.
Una casa MADi può essere installata senza fondazioni posizionando l’unità su un terreno livellato. Tuttavia, per un uso a lungo termine, vi consigliamo un sistema di fondazione per pali a vite, facilmente rimovibile con un impatto minimo sul sito o una base di cemento. In un modo o nell’altro sarai comunque in grado di ripiegare l’edificio e spostarlo dove vuoi.
E’ possibile creare spazi sicuri e accoglienti che possono crescere, muoversi o cambiare con le esigenze del proprietario. Progettato per un soggiorno estremamente confortevole ed economico, ti assicura anche una struttura innovativa da adattarsi al proprio budget a disposizione.
Una casa da costruire ovunque.
MADi ti offre l’opportunità di possedere una casa conveniente ovunque tu voglia: grande città o zona rurale, fino alle montagne o al villaggio sul mare, MADI si adatta perfettamente in ogni contesto. Puoi aggiungere i tuoi tocchi personali scegliendo le dimensioni e i materiali preferiti, in base alle tue esigenze specifiche e alle circostanze finanziarie. MADi può essere abitabile in due giorni e godrai di tutta questa libertà riducendo i costi di costruzione.
Una nuova concezione dello spazio abitativo.
MADi utilizza metodi di costruzione tradizionali e materiali standard in un’abitazione modulare innovativa che si sviluppa per fornire uno spazio abitativo economico e di alta qualità in modo rapido e semplice. Antisismica e resistente ai terremoti, è la soluzione perfetta per ogni tipo di scopo: da case residenziali, villaggio sportivo e resort e per emergenze post-disastri naturali.
Il sistema MADi offre molte opzioni di costruzione basate su più moduli e materiali. La disponibilità di moduli di varie dimensioni e la possibilità di aggiungerli lateralmente ti consente una serie infinita di scelte creative. Inoltre, con il suo processo di produzione altamente standardizzato e la struttura di assemblaggio a secco, è possibile risparmiare sia tempo che denaro.
MADi casa modulabile in legno
Efficenza energetica superiore.
La versione standard di MADI è di classe energetica B e può essere facilmente aggiornata in classe A e A ++. Aggiungendo pannelli solari e accumulatore si può persino rendere le strutture MADi indipendenti dall’energia.
Ricordiamo le caratteristiche principali per parlare di una Casa in Classe A e ad alta efficenza energetica:
1- massima permeabilità dei materiali da costruzione (avvantaggiati sono tutti quelli naturali e tra quelli di derivazione possiamo annoverare le lane minerali)
2 -  pareti e coperture ventilate al fine di asciugare più velocemente i materiali isolanti e ombreggiare nella fase estiva le strutture sottostanti;
3 - trasmittanza delle pareti almeno inferiori a U 0,20w/mqK;
4 - sfasamento non inferiore a 12/14 ore in base alle zone;
madi casa modulabile
MADi: i costi delle strutture.
L’appartamento base di 27 metri quadrati dotato di cucina e servizi igienici, una scala e un soppalco, riscaldamento centralizzato e aria condizionata, costa 28 mila euro. La struttura, personalizzabile, è assemblata da 3 operai ed è energeticamente autonoma grazie alla presenza di pannelli solari, fotovoltaici e illuminazioni a LED. Esistono 5 versioni di questa casa pieghevole e la più grande, «ideale per l’uso residenziale», raggiunge gli 84 metri quadrati e costa 62 mila euro.
Il paradosso della burocrazia italiana.
La casa Madi, successo italiano nel mercato internazionale, a causa degli spioventi del tetto a 60 gradi con cui è stata progettata, sta però riscontrando difficoltà proprio in Italia, perché i regolamenti riguardanti la pendenza dei tetti delle case non sono uniformi. Come in altri settori della green economy e delle soluzioni sostenibili, si dovrebbe provvedere con legislazioni semplici e uniformi, e non delegare sempre ai territori. Ancora oggi, purtroppo, in Italia progresso e burocrazia non vanno di pari passo.

https://www.ambientebio.it/permacultura/casa-bio-edilizia/madi-nuova-casa-modulare-terremoti-costi/?fbclid=IwAR0F47EJyeRH5-PDLak9NoDFMpqdXyrNH1dwdC6IrwN9HR9xZWm509rW60A


Il cazzaro verde.

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Il propagatore di odio, seriale assenteista in Parlamento, ma ieri presente per difendere se stesso, ha tenuto un inatteso comizio elettorale mettendo in evidenza il fatto che lui ha difeso il suo paese da immigrati armati fino ai denti che volevano sbarcare da una nave italiana, la Gregoretti, sulle nostre coste senza neanche lavarsi la faccia e i piedi.
Ciò che più mi ha colpito è stato il continuo intervento della Casellati Serbelloni Mazzanti Viendalmare che difendeva lapalissianamente il cazzaro verde al quale i suoi sodali, inebetiti dalla sua baldanzosa eloquenza, battevano le mani ad ogni frase proferita pubblicamente.

C.

E ora, tutti fuori. - Marco Travaglio

In sintonia con questo clima di restaurazione da Congresso di Vienna all’amatriciana, la Consulta ha deciso di salvare dalla galera i corrotti eccellenti, tipo Formigoni, che una norma sacrosanta della Spazzacorrotti aveva escluso dalle pene alternative al carcere. I soliti falsari si sono affrettati a dire che dunque la legge di Bonafede è incostituzionale: nulla di più falso. La Corte ha dichiarato illegittima la sua applicazione da parte di molti giudici ai condannati per reati commessi prima della sua entrata in vigore: quella che qualcuno chiama “interpretazione retroattiva”, come se le regole dell’esecuzione della pena fossero norme penali sostanziali, dunque applicabili solo per i reati commessi dopo la loro approvazione (in base al principio della “norma più favorevole al reo”). Balla sesquipedale: nessuno può essere condannato per un reato e a una pena non previsti quando commise il reato; ma poi il luogo e le modalità dell’espiazione della pena dipendono dalle norme in vigore al momento della condanna (in base al principio “tempus regit actum”). Così ha sempre stabilito la giurisprudenza della Consulta e della Cassazione, ogni qual volta il Parlamento inseriva nuovi reati “ostativi” ai benefici penitenziari: prima quelli di mafia e terrorismo, poi via via le violenze sessuali, i sequestri di persona a scopo di estorsione, il contrabbando, il traffico d’esseri umani, la riduzione in schiavitù, la prostituzione minorile, la pedopornografia e la violenza sessuale.
Trattandosi di reati tipici dei delinquenti di strada e non dei colletti bianchi (a parte B., che spesso sconfina), nessuno eccepiva nulla. E, se qualcuno eccepiva sulla “retroattività” e la mancanza di norme transitorie per i reati “vecchi”, veniva bacchettato. Ora dalla Consulta, per i mafiosi sul 41-bis (nel 1993, 1997, 1998 e 2017). Ora dalla Cassazione, per gli altri condannati: per esempio, con la sentenza n. 24561/2006, le Sezioni Unite confermarono il divieto di misure alternative agli stupratori: “Le disposizioni concernenti l’esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non riguardando l’accertamento del reato e l’irrogazione della pena, ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali e pertanto (in assenza di una specifica disciplina transitoria), soggiacciono al principio ‘tempus regit actum’”. O con la 24767/2006 che consacrava il divieto di benefici ai condannati recidivi. O con la n. 11580/2013 che confermava il divieto di permessi premio ai sequestratori. I ricorrenti venivano amorevolmente invitati a farsi la galera senza rompere i coglioni.
Poi i 5Stelle hanno osato l’inosabile: infilare anche la corruzione, la concussione e il peculato fra i reati gravi da espiare in carcere senza eccezioni. E, alla sola idea di veder finire dentro anche politici e imprenditori, il sistema è impazzito. Il primo eccellente ad assaggiare il carcere vero grazie alle nuove norme è stato Roberto Formigoni, condannato a 5 anni e 10 mesi per oltre 6 milioni di mazzette in cambio del dirottamento indebito di 200 milioni di fondi regionali a cliniche private. Dopo 70 giorni era già fuori, perché ci si è messa pure una parte della magistratura: da allora una decina di tribunali hanno eccepito sulla “retroattività” dinanzi alla Consulta. Cosa mai accaduta per mafiosi, terroristi, sequestratori, stupratori, contrabbandieri, pedopornografi e schiavisti. L’Avvocatura dello Stato, anziché difendere la legge dello Stato, ha festosamente partecipato al massacro della Spazzacorrotti sostenendone la non “retroattività”. E la Consulta le è andata dietro, ribaltando decenni di giurisprudenza costante (a parte un caso isolato), sua e della Cassazione. Il ragionamento è strepitoso: quando il corrotto e/o il corruttore o il concussore rubavano, sapevano di commettere un reato, ma davano per scontato che le pene detentive previste per i loro delitti fossero finte (bastava tenersi sotto i 4 anni di pena o sopra i 70 anni di età, e sarebbero finiti ipso facto ai domiciliari o ai servizi sociali). E quando furono condannati, sapevano che la parola “reclusione” in calce alla sentenza era uno scherzo. Poi la Bonafede ha stabilito che era tutto vero: e quelli, a saperlo prima, non avrebbero rubato.
Dunque per loro la reclusione resta finta: diventa vera solo per chi delinque dopo l’approvazione della Spazzacorrotti. Quindi Formigoni, in barba al ricorso del Pg contro la sua scarcerazione, sconterà i restanti 5 anni e passa comodamente a casa sua. E così tutti i suoi simili, compresi i pregiudicati del processo Mondo di Mezzo, che usciranno tutti alla spicciolata se hanno più di 70 anni di età o meno di 4 anni di pena residua. Purtroppo la Consulta s’è scordata di abrogare l’articolo 3 della Costituzione, in base al quale “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge”: dunque lo stesso principio deve valere per mafiosi, terroristi, sequestratori, stupratori, contrabbandieri, pedopornografi e schiavisti. Si provveda dunque a scarcerare al più presto anche loro e soprattutto a risarcire tutti quelli che per 30 anni si sono visti applicare “retroattivamente” trattamenti penitenziari più duri di quelli previsti quando avevano commesso i reati. A cominciare dal 41-bis, varato il 6 agosto 1992, all’indomani di via D’Amelio: subito dopo, 532 mafiosi furono prelevati dai penitenziari ordinari e tradotti su aerei militari nei supercarceri di Pianosa e Asinara. Cosa che non sospettavano fino a pochi giorni prima. Dopo la sentenza di ieri, vanno subito risarciti e possibilmente scarcerati con tante scuse. Sennò saremmo di fronte alla solita, vecchia, vomitevole giustizia di classe immortalata da Trilussa: “La serva è ladra, la padrona è cleptomane”.