sabato 11 aprile 2020

Traditori del popolo! - Massimo Erbetti

traditori

Si, siete traditori del popolo italiano!
Falsi, bugiardi, venduti, affamatori di popolo!
Si mi riferisco a voi, voi che da ieri riempite le pagine dei social, con insulti e sproloqui verso il governo. Si proprio voi, che da quando il vostro capo, il vostro capitano, o come cavolo lo chiamate, si è inventato la balla che il governo italiano ieri notte avrebbe firmato il MES, cosa falsa come una banconota da 7€…perché proprio da 7€? Perché sette sono gli euro che il vostro idolo andava dicendo sarebbero spettanti ad ogni italiano per l'emergenza alimentare…andatelo a dire a tutti quelli che invece passeranno una pasqua con qualcosa da mangiare grazie a quella che chiamavate "elemosina". Voi che non fate altro che gioire. Ma non provate neanche un minimo di schifo verso voi stessi? Si proprio voi, che festeggiate come se aveste vinto i mondiali. Voi che ridete perché il governo avrebbe calato le braghe. Voi…si proprio voi, voi nazionalisti, voi sovranisti, voi che "prima gli italiani", voi che..solo voi pensate agli italiani, voi che prima di tutto vengono gli interessi della nazione. Voi che “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana". Si proprio voi che andate in giro con il rosario in mano, voi che recitate preghiere in TV. Voi che volete le chiese aperte a Pasqua… Eh si "Chiese aperte per Pasqua solo per i capifamiglia: il resto è cianciare di politici senza virilità" come chiede un vostro consigliere, che in una frase ci ha rimandato indietro nel tempo di cento anni. Uno per famiglia, anzi il capo famiglia e le donne a casa mica meritano di uscire, no, le donne a casa e gli uomini in chiesa…roba da far accapponare la pelle..chiese aperte? Tanto che pure il papa si è dovuto scomodare per dirvi che è una grande cazzata. Voi, si parlo proprio a voi. Se il vostro interesse principale fosse stato veramente il popolo italiano, il suo bene, la sua felicità, avreste dovuto essere i primi a piangere, a disperarvi, a maledire i paesi del nord che non sentono ragioni, che non vogliono aiutarci, che vogliono affamarci. Voi avreste dovuto spargere lacrime per i nostri diciottomila morti, per la sofferenza che ogni giorno vediamo, per quei poveri cristi che muoiono soli senza nessuno accanto, per i loro familiari chiusi nelle loro case, senza poter dare l'ultimo saluto a chi se ne è andato senza neanche un funerale e per tutto il disastro economico che questo maledetto virus porterà dopo di se. Voi avreste dovuto piangere per tutti quelli che avrebbero perso il lavoro, per le aziende che avrebbero chiuso, per i tagli alla sanità che ci sarebbero stati, per i tagli alle pensioni, agli stipendi, ai servizi, avreste dovuto piangere perché avremmo dovuto vendere monumenti, stazioni aeroporti, perché è questo che avrebbe portato la sottoscrizione del MES. E invece voi sghignazzavate, vi sfregavate le mani, già speravate nella sommossa popolare, nella caduta del governo. I veri traditori del popolo siete voi, che sperate nella distruzione di questo paese, nella fame e nella disperazione di un popolo, per un unico, solo scopo: il potere, il potere ad ogni costo, il potere passando sui cadaveri di migliaia di italiani, quelli che dite di mettere al primo posto, il potere fregandovene di tutto e di tutti. Come i cani festeggiano sui cadaveri dei leoni, voi già festeggiavate sui cadaveri degli italiani, ma ricordate che i cani rimangono cani e i traditori rimangono traditori.


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Coronavirus, un primario dell’ospedale di Alzano: “Mancata chiusura? Lo ha ordinato il dg della Regione”. Polemica sul servizio del Tg1. Lega: “Tv della vergogna, caso in Vigilanza”. M5s: “Giornalismo d’inchiesta”.

Coronavirus, un primario dell’ospedale di Alzano: “Mancata chiusura? Lo ha ordinato il dg della Regione”. Polemica sul servizio del Tg1. Lega: “Tv della vergogna, caso in Vigilanza”. M5s: “Giornalismo d’inchiesta”

La testimonianza di un medico presente alla riunione del 23 febbraio, quando si decise di riaprire il pronto soccorso del comune in provincia di Bergamo: "E' arrivata la chiamata del direttore generale dell'assessorato al Welfare Cajazzo, che ha detto: non si può fare, riaprite tutto". Il Carroccio all'attacco, annuncia querele. Di Nicola (M5s): "Hanno la coda di paglia". A difesa dell'autrice del servizio Fnsi, Usigrai, il cdr del tg e i consiglieri d'amministrazione Borioni e Laganà.

Perché l’ospedale di Alzano Lombardo fu riaperto il 23 febbraio scorso? Perché non venne sigillato dopo il trattamento dei primi pazienti positivi ricoverati da più giorni vicino ad altri degenti? Perché non venne chiuso, quello che in seguito diventerà praticamente l’epicentro del contagio di coronavirus in Italia? “Il 23 febbraio è arrivata la chiamata del direttore generale dell’assessorato al Welfare Cajazzo, che ha detto: non si può fare, perché c’è almeno un malato di Covid in ogni provincia, non possiamo chiudere oggi Alzano, tra due ore Cremona…Quindi riaprite tutto“. A puntare direttamente i riflettori sulla Regione Lombardia e un primario dello stesso ospedale di Alzano, che – in forma anonima e con la voce camuffata- ha raccontato ai microfoni del Tg1 chi diede l’ordine di riaprire il pronto soccorso il 23 febbraio scorso: Luigi Cajazzo, direttore generale dell’assessorato regionale al Welfare, quello guidato da Giulio Gallera.
Lega all’attacco: “Tv della vergogna, caso in Vigilanza” – Il servizio del telegiornale della rete ammiraglia – andato in onda durante l’edizione delle 20 del 9 aprile – ha subito scatenato le polemiche con la Lega – il partito che da anni governa la Regione Lombardia – subito all’attacco. “Medici, scienziati e dirigenti che da settimane lottano per strappare pazienti da una morte tremenda trattati come delinquenti da quello che fu un telegiornale autorevole. Con un’aggravante, che una giornalista senza scrupoli ha infangato un bravissimo dirigente convalescente di Covid-19 ammalatosi sul campo”, ha detto l’assessore regionale al Bilancio, Davide Caparini, riferendosi all’autrice del servizio, l’inviata Stefania Battistini. “Questa è la dimostrazione – prosegue Caparini – di quanto sono caduti in basso nel disperato tentativo di assolvere gli unici colpevoli dei ritardi nell’adottare quelle misure di contenimento che proprio la sanità lombarda invocava da giorni. Non a caso – conclude Caparini – la Rai è la televisione di Stato. La tv della vergogna“. Toni molto forti anche quelli usati dal deputato Alessandro Morelli, responsabile Editoria del Carroccio, che definisce il servizio “uno sciacallaggio indegno su morti e professionisti che combattono una battaglia difficile per il bene di tutti”. Annuncia querele e l’intenzione di portare il caso in Vigilanza, anche Massimiliano Capitanio, che della commissione parlamentare è segretario: “Se il direttore non esiste più in redazione, vediamo se comparirà in Tribunale qualora venissero accertati aspetti penalmente rilevanti in questo modo di fare giornalismo che non condividiamo e condanniamo fermamente. Il primo passo sarà affrontare la pericolosa situazione del Tg1 in Vigilanza, poi vedremo cosa succederà in altre sedi”. Porterà il caso in Vigilanza anche Forza Italia, che con Maurizio Gasparri usa toni simili ai primi anni duemila definendo quella del Tg1 come “un’informazione parziale e senza contraddittorio”.
Di Nicola (M5s): “Da Tg1 giornalismo d’inchiesta” – A difesa dell’operato del Tg, invece, si schiera Primo Di Nicola del Movimento 5 stelle: “Leggo di imbarazzanti attacchi al Tg1 per un servizio andato in onda ieri sera sull’ospedale di Alzano. Dunque il Tg1 che ha, per dovere di cronaca, intervistato un primario, coprendone la voce per far luce su una vicenda tutta da chiarire, di cosa sarebbe colpevole? Di aver fatto grazie alla sua inviata Stefania Battistini un ottimo servizio all’insegna di quel giornalismo d’inchiesta che tutti a parole invochiamo?”. Il senatore ricorda che sulla vicenda ci sono “indagini in corso” e “la libertà di stampa è ancora un valore di questo Paese. Forse disturba chi, in queste drammatiche vicende, evidentemente ha la coda di paglia per la pessima gestione dell’emergenza covid che in Lombardia sta costando la vita a migliaia di cittadini? La giustizia farà il suo corso, così come l’informazione. Come è giusto che sia”. Attacca il Tg1 schierandosi praticamente con l’opposizione il renziano Michele Anzaldi: “In queste ore una polemica della Lega coinvolge il Tg1 e a sua difesa si sono schierati consiglieri di amministrazione, partiti, il sindacato, esponenti politici. A loro vorrei chiedere: il Tg1 che difendete è lo stesso che nel mese di marzo ha sostanzialmente cancellato il pluralismo e i partiti politici dall’informazione? Nelle prime 3 settimane di lockdown del Paese, dal 7 al 27 marzo, il Tg1 è diventato TgConte: spazio quasi elusivamente al Governo, che ha addirittura sfiorato il 60% (56,8%) nei tempi di parola, relegando i partiti a percentuali a una cifra, con il record censorio contro Italia Viva.
Borioni e Laganà: “Si esprimano l’ad e il presidente” – Al fianco dell’inviata Battistini anche la Federazione nazionale stampa italiana, l’Usigrai, il sindacato interno dei giornalisti di viale Mazzini, e comitato di redazione del Tg1. Ma anche due membri del cdr: Rita Borioni Riccardo Laganà. “I giornalisti e i medici non sono eroi a tempo determinato, altrimenti la storia degli eroi diventa trita retorica così come la libertà di stampa. Quando al caso di Alzano Lombardo, se qualcuno ha la certezza che quello che sta dicendo il primario intervistato è una sciocchezza, ne porti le prove”, dice la consigliera, eletta in cda in quota Pd. Il membro del cda eletto dai dipendenti, invece, chiama in causa l’amministratore delegato, Fabrizio Salini, e il presidente, Marcello Foa: “La Rai come Servizio Pubblico deve rappresentare l’interesse alla notizia dei cittadini non dei partiti o di privatissimi interessi finanziari. Auspico che l’Ad ma soprattutto il Presidente di garanzia della Rai intervengano sul tema”.
La testimonianza del primario: “E’ arrivata la chiamata del dg” – Sulla gestione dell’ospedale di Alzano Lombardo dopo la scoperta dei primi casi di contagio e sulla mancata istituzione della zona rossa della Bergamasca, la procura della città orobica ha aperto un’indagine contro ignoti, ipotizzando l’epidemia colposa. “Il 23 febbraio ero a una riunione con tutti primari e i capidipartimento di Alzano. Il pronto soccorso era chiuso e doveva decidere cosa fare. C’era stato Codogno due giorni prima. Tutti noi abbiamo espresso il nostro parere: l’ospedale andava chiuso. Si discuteva come fare”, è il racconto del medico al Tg1. “A un certo punto – continua – arriva la chiamata del direttore generale dell’assessoreato al Welfare Cajazzo, e dice: non si può fare perché c’è almeno un malato di Covid in ogni provincia, non possiamo chiudere oggi Alzano, tra due ore Cremona. Quindi riaprite tutto“. L’ordine, quindi, sarebbe arrivato dal cuore della Regione Lombardia. “Noi – continua il testimone – non sapevamo che Alzano sarebbe stata epicentro italiana, sapevamo solo di Codogno e quindi credevamo si dovesse fare come a Codogno”. Cioè chiudere e sigillare tutto. Ma così non è stato. Cosa hanno pensato i medici dopo che da Milano è arrivato l’ordine di riaprire il pronto soccorso ?”Siamo morti. Abbiamo pensato: se noi tecnici dobbiamo dipendere da loro, siamo morti“.
La lettera del direttore: “Serve intervento urgente” – Dopo tre giorni metà delle persone presenti a quella riunione si è ammalata. Ventiquattro ore prima, invece, il direttore dell’ospedale di Alzano, Giuseppe Marzulli, scrive alla direzione generale. Una lettera ufficiale, pubblicata da Tpi, in cui il dirigente spiega che “presso il Pronto Soccorso stazionano tre pazienti senza che vengano accolti né dall’ospedale di Seriate né da altre strutture aziendali. È evidente che in queste condizioni il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo non può rimanere aperto”. In un primo momento all’ospedale è stato chiesto di attendere l’esito del tampone sui 3 pazienti. “Tale indicazione” – continua il direttore – “è assurda (ed uso un eufemismo) in quanto come noto i tempi di refertazione sono mediamente intorno alle 48 ore e ciò vuol dire far stazionare tali pazienti per 48 ore presso il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo, cosa contraria a qualunque protocollo e anche al buon senso”. Una volta sollevata l’assurdità della disposizione, ad Alzano era stato comunicato che il problema era diventato “la mancata disponibilità di posti letto”. “Ridengo indispensabile un intervento urgente“, chiude la sua missiva Marzulli. Era già troppo tardi pero: ad Alzano, a Nembro, in tutta la Bergamasca, il virus aveva cominiciato a fare strage. A Bergamo il 26 febbraio c’erano “solo” 20 casi che però diventano 72 il giorno dopo, quasi quattro volte in più. Si passa a 103 il 28 febbraio, il 1 marzo raddoppiano a 209, poi 243 e in pochi giorni il focolaio si espande inarrestabile. Così inarrestabile che per poter cremare i deceduti il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha dovuto chiedere aiuto ad altre città e regioni.

venerdì 10 aprile 2020

Coronavirus, primi dati positivi dai test preclinici dei vaccini italiani.


Particelle di coronavirus (fonte: NIAID)

Aurisicchio (Takis), forte produzione di anticorpi.

Sono positivi e incoraggianti i primi risultati dei test preclinici dei cinque candidati vaccini contro il coronavirus SarsCoV2 condotti in Italia dall’azienda Takis e inducono una forte produzione di anticorpi. Lo ha detto all’ANSA l’amministratore delegato dell’azienda, Luigi Aurisicchio. “Dopo il primo esperimento e con una singola somministrazione abbiamo riscontrato un forte titolo anticorpale. I primi risultati nei modelli preclinici – ha aggiunto -dimostrano la forte immunogenicità dei cinque candidati vaccini”. 
Tutti e cinque i candidati vaccini sono stati progettati per contrastare la principale arma che il virus utilizza per invadere le cellule, la proteina Spike. Si basano infatti sui frammenti del materiale genetico del coronavirus che corrispondono a diverse regioni della proteina e tutti sono somministrati con la tecnica chiamata elettroporazione, che consiste in un'iniezione nel muscolo seguita un brevissimo impulso elettrico che facilita l'ingresso del vaccino nelle cellule e attiva il sistema immunitario. Dei cinque vaccini in sperimentazione sono al momento due quelli che sembrano più promettenti, ha detto ancora Aurisicchio.

Coronavirus, visto il motore che lo fa moltiplicare.


Rappresentazione grafica dell'enzima che permette al coronavirus SarsCoV2 di moltiplicarsi.(fonte: Yan Gao et al. Science)

E' un enzima, ora più facile trovare farmaci mirati.

Descritta la struttura del motore molecolare che permette al virus SarsCoV2 di moltiplicarsi. Il risultato, pubblicato su Science, rende più facile mettere a punto farmaci mirati contro la Covid-19. Il motore è l'enzima polimerasi nsp12, lo stesso che è il bersaglio dell'antivirale remdesivir utilizzato contro il nuovo coronavirus, ma nato come arma anti-Ebola. Autore della ricerca è il gruppo di Yan Gao, dell'Università Tsinghua di Pechino.

Da un lato, osservano gli autori della ricerca, conoscere la struttura dell'enzima permetterà di verificare se il remdesivir è effettivamente in grado di bloccare la replicazione del virus SarsCoV2; dall'altro accelererà la ricerca su nuovi farmaci antivirali specifici, progettati per combattere la Covid-19, indispensabili per arginare la pandemia.

Finora del virus SarsCoV2 era stata scoperta la struttura della sua principale arma, la proteina Spike, e della parte di quest'ultima chiamata Rbd, che si lega alla porta d'ingresso del virus nella cellula, il recettore Ace2. Con questo nuovo risultato adesso è nota anche la struttura dell'enzima che permette al nuovo coronavirus di duplicare il suo materiale genetico, l'Rna, e di moltiplicarsi.

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2020/04/10/coronavirus-scoperto-il-motore-che-lo-fa-moltiplicare-_aac6c489-edfe-4ca8-96ac-52d7a9e598bd.html

IL MIO PREFERITO DI OGGI E': ERRE (dal blog di Gilioli)

Distacchi: le incongruenze del DAP!

Tutti a spaccare il capello in quattro. Ora è il turno dell'Azzollina.
"aggrotta la fronte", "è nervosa mentre parla", "costrutti lessicali imperfetti", "alla domanda: quando riapre la scuola, non sa rispondere (cercasi palla di vetro...)"
Ci fosse stato un giornalista che abbia ricordato che mentre Spadafora intimava la chiusura di stadi e rinvio delle partite, i mammasantissima quotidianamente incensati da stampa e media, se ne infischiavano. Causando i focolai più gravi d'Italia.
Poi c'è il fenomeno che vuole mandare tutti a messa, per sfidare ovviamente le abilità cosmiche di Dio e Angeli nell'organizzare il più grande tetris di tutti i tempi, in modo tale che non s'infetti nessuno tutti e va comunque di lusso.
Poi ci son quelli che con i soldi in Lussemburgo rubati alle autostrade, vogliono gli aiuti dall'Italia.
Poi ce stanno quelli in Olanda per cui tutti i giornali europeisti hanno esultato. Ed invece era meglio avere dei nazionalisti, in Olanda... Avrebbero fatto e detto le stesse cose, ma almeno adesso li mannavi a fanculo.
Queste colossali smadonnate valutative, quando le passiamo al setaccio, come i quattro dell'Avemmaria? Quando avverrà l'autocritica?
Non c'hanno ragione su tutto i 5 Stelle, su questa Europa, su questo modello economico? L'avete sfanculati per 10 anni. E i nodi vengono al petto.
Certo, non è il momento di dividersi, ed è vero.. gli occhi, son come buchi neri. Ne abbiamo due, per assorbire in prospettiva ogni cosa..
Io sto con tutti, però.. c'ha ragione pure Vasco Rossi. Bisogna sapere da che parte stare. E quasi tutta la stampa italiana è sempre stata dall'altra parte.
Gesù era il migliore.
Lui parlava con pastori e pescatori. E i congiuntivi li sbagliava apposta.
Ma forse non vi leggete, sia chiaro. Siamo noi qui a leggervi. E io vi leggo quasi tutti, da molto tempo.
A seguire le indicazioni di giornalisti che invocano:
- "riaprire tutto" con quello di Rignano e De Angelis (risultato, ecatombe)
- "pasqua tutti in chiesa" con quello dei mojito (risultato, ecatombe)
- conti in ordine e pareggio di bilancio (risultato, gli stessi che volevano conti in ordine e pareggio di bilancio, adesso si lamentano se Conte e i 5 Stelle - che erano contrari, tacciati di anti-europeismo - non sforano bilanci, bilancini, regole, non prendono a martellate la Merkel, e non inondano le dighe degli Olandesi.)
- poi ci son quelli che vogliono Draghi, uno che ha le mani in pasta su tutte le operazioni finanziarie italiane ed europee ed è proprio per questo il più debole esponente politico che l'Italia possa avere in questo momento in cui serve agibilità e manovrabilità.
- poi ci son quelli che se torniamo alla lira è la fine (e ora li vedo a commentare che bisogna tornare alla lira)
- poi c'è Sgarbi che pure lui si butta a capo-fitto nella soluzione ecatombe (salvo poi scusarsi)
Altro che mani conserte, croci, e pollici.. altro che capello in quattro. Se i 5 stelle avessero dato retta a uno qualsiasi di questi personaggi, s'era davvero nell'apocalisse.
A schivare le gigantesche travi tra tutte le stronzate che ho sentito negli ultimi dieci anni, c'è da diventare pelato.
E non mi fate parlare del reddito di cittadinanza.
QUELLI CHE NON PASSAVA GIORNO, SENZA CHE IL REDDITO DI CITTADINANZA NON FOSSE INUTILE, SPRECATO, ASSISTENZIALISTA
Che parlino ora.
Poi ce sta il mitico Jocobono, che il Signore lo illumini pure a lui, che se la prende se i russi inviano la roba, anzi no.. lo fanno con i mezzi militari. Dovevano farlo con i mezzi civili, così alla prima frontiera passata ce rubavano tutto. Così poteva scrivere l'altro articolo, quello in cui accusava i russi di non averla inviata la roba, perchè dovevano usare i mezzi militari in questa situazione.
E' diventato questo, in fondo il mestiere del giornalista. Vedere la realtà, e descrivere con il senno di poi quello che lui avrebbe voluto. E allora il declino di questo mestiere è inevitabile.
Poi, sia chiaro. Anche io avrei preferito Umberto Eco, ministro dell'Istruzione. Quello che il web lo considerava un posto inutile di idioti. Ed infatti la scuola sta andando un po' avanti solo grazie al web e ai suoi webeti. Però vuoi mettere che figurone facevamo con Umberto Eco, ministro dell'Istruzione? Porca vacca, sbavo solo a pensarci.
Però va sempre ricordato che a gestire questa crisi avremmo potuto avere un quartetto composto da Salvini premier, Bitonci all'economia, La Russa all'istruzione e Gasparri allo sviluppo economico. È mancato tanto così!
In questa immagine poi c'è cosa è adesso l'Europa
Una cosa al cui confronto quelli che "Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur"
Erano di poche parole. E capisci perché quello è un impero durato migliaia d'anni, e questa fetecchia non reggerà più di 20 anni. E lo sanno.
Germania e Olanda, a differenza nostra.. i loro scenari "Savona" se li son costruiti tranquillamente e di questa Europa se ne sbattono, perché stanno lavorando al dopo
Da noi c'era Giorgina che passava i documenti all'hp, per la gioia di Annunziata che da sola è riuscita a fare all'Italia un regalo di 200 punti spread.
E anche in questo caso, zero autocritica. Miliardi di danni, provoloni politici, massoni e poi quell'amabile casta di informatori che se l'avessi saputo prima avrei preferito restare analfabeta.
Per piegare Germania e Olanda, deve arrivare Dio in persona a far loro un culo grosso come una casa. Poi capiscono.
Il momento in cui da nord si spostano a sud è arrivato per l'Italia.
Poi quando arriverà anche per l'Europa, da bravi olandesi e tedeschi quali siamo, alla frontiera saremo tutti quanti con il bancomat, perchè noi, in Italia come ad Atene,non temiamo lo straniero, je famo un mutuo a tasso variabile agevolato per ogni secondo di respiro che passa in Italia (ovviamente a spread italiano).
Non è nemmeno bastato il gesto di Rama. Uno che dall'Albania ti aiuta. Che se lo dicevi un anno fa, se sarebbero messi tutti a ridere.
Olanda e Germania stanno ancora ad immaginare uno scenario geopolitico in cui ce la fanno e la spuntano mejo degli altri, quando basta uno spillo per rovesciare tutto.
E immaginano questo scenario futuro, in uno scenario presente che non avevano previsto nello scenario passato.
L'Italia deve uscire da euro e ue, e lo deve fare adesso, per entrare in qualcosa di molto più utile, e grande. Specialmente in questo momento.
Un percorso che porti l'Italia dall'Africa, all'Asia a farsi vettore di innovazione e diplomazia portando valori più che moneta. Pace e intelligenza, non guerra e follia. Tanto è inutile girarsi intorno. Se l'Europa non esiste adesso, e non esisteva neppure quando da solo sul Mediterraneo dovevi farti carico dell'Africa, non esisterà neppure in futuro. Quindi tanto vale gestire in modo positivo e resiliente, con autonomia, questa nuova fase.
Un'unione mediterranea il cui obiettivo non sia il libero scambio di persone e merci, ma il libero scambio di valori, benessere e salute.
Abbiamo dato dimostrazione di lungimiranza in Libia. Di pazienza in Egitto. Siamo stati un cuscinetto che ha assorbito in questi decenni le scorribande secolari di Olanda, Francia, Belgio, Inghilterra, e le più attuali della Cina. C'è un mondo sotto le Alpi. E' li che dobbiamo, portare la nostra ricchezza.
E' l'Africa il continente davvero inesplorato. Un mondo a cui siamo obbligati a dimostrare che prima dei soldi ci sono i valori.
Non mi va di stare in una Unione che dimostra quotidianamente di adorare Satana. Non si raggiungono le stelle, con questa mentalità.
E dobbiamo farlo perché non c'è davvero null'altro da fare che possa definirsi progresso. Sono queste sfide che caratterizzano lo scopo di un popolo e di una nazione e la ragion di vita di altri.
L'Europa non ha senso di esistere. Non ha alcuna ragione fondativa e la sua laica neutralità sta naufragando in tutta la sua incapacità. E' irrilevante dal punto di vista strategico. Inutile dal punto di vista politico, e peraltro il più grande accumulatore di stress. L'Italia ha pagato un prezzo altissimo (il 21% della sua manifattura, una ventina di trimestri di recessione), per vedere paesini di quattro gatti, fare i frodatori fiscali e pontificare a tutti i tavoli.
Grazie, ne abbiamo davvero abbastanza.
Non si può rifondare qualcosa che non è mai stato fondato. E' questa roba qui, proprio questa roba qui.. fa davvero pena.
Da 5 Stelle queste cose sono sempre state osservazioni latenti. C'è stata sempre consapevolezza di queste debolezze. Hanno provato per anni, i grandi gruppi di informazione e le lobby, ad attenuare questa visione. I primi per la fantasia e l'illusione di vivere un sogno, i secondi perché il sogno lo stavano vivendo davvero, pagare le tasse nel paradiso fiscale olandese e buttarla in culo agli operai italiani.
I coronabond possiamo farli con altri paesi più illuminati. Può essere un fondo di resilienza, tra Italia, USA, Cina e Russia e altre nazioni che vorranno partecipare ad una New Union, che già avrebbe molto di più da condividere in termini di valori, storia e ambizioni.
Che dobbiamo fare? Aspettare che arrivino due più che nefaste esperienze politiche a gestire questo processo vincendo le elezioni, peraltro con le idee già espresse dai 5 Stelle ed in più zero credibilità internazionale?
Usciamo con Conte dall'Europa.

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Roby Festa 6 aprile alle ore 11:13

Sulla soglia dell'eternità' di van Gogh, la disperazione di vivere ...

Il 3 marzo chiamo il 112 perché mia madre ha febbre alta (39.5)e tosse fortissima. Viene dimessa lo stesso giorno dal pronto soccorso di Chiari. Diagnosi: polmonite, ma il tampone non le viene fatto in quanto “non è Covid”. La curo a mani nude, fidandomi dei medici, più esperti di me. Due giorni dopo trovo mio papà svenuto in bagno, con una pozza di sangue sotto la testa. Penso a un problema di glicemia, chiamo di nuovo il 112 ma non essendosi rotto niente non lo faccio ricoverare (non sia mai che prenda il covid in ospedale). La mamma intanto non migliora. Il mio compagno resta a dormire qui dai miei, per darmi sostegno. Il papà inizia a tossire con tosse secca. La mamma nel frattempo peggiora al punto che chiamo di nuovo il 112. La ricoverano e le fanno, stavolta, il tampone. Ovviamente è positiva. A Marco viene febbre, 38.5 per tre gg, con tosse e raffreddore. A me poche linee. Decido di portare mio papà a fare rx. Decido io, non un medico. Ha la polmonite e la febbre. Tutti e tre perdiamo il gusto e l’olfatto. Tutti mi sconsigliano di far portare il papà al pronto soccorso. Dopotutto respira ancora bene. Il numero verde della regione è gestito da impiegati di 12 anni. Litigo con l’ATS perché mi vogliono togliere la quarantena dopo 14 gg dal contatto con mia mamma, spiegando che sto vivendo col papà. Me la rimettono allora per altri 14 gg, ma perché gliel’ho detto io. Per telefono. Riesco a far venire l’unico santo medico che visita ad Orzinuovi, Micheli, che pubblicamente ringrazio e che non è il nostro medico di base. La decisione viene completamente demandata a me, sento medici del Civile, tramite mio fratello ho contatti con una virologa dello Spallanzani. Mi prendo l’enorme responsabilità di curarlo a casa, con le ovvie conseguenze che qualora fosse peggiorato avrei avuto sulla coscienza questa decisione per il resto della mia vita. Non ci hanno mai fatto un tampone, nonostante le mie continue richieste. “Dovete contare 14 gg da che siete asintomatici,se peggiora chiamate il 112”. Quando mia madre è morta non ci siamo potuti nemmeno abbracciare tra di noi, perché psicologicamente il timore di nuocere (perché questo succede, temi di nuocere agli altri) era più forte del desiderio di conforto.
Ecco perché non trovo ancora le parole per ricordare mia madre, che se ne è andata sola e spaventata in un cazzo di ospedale dove il secondo antivirale è arrivato dopo un’altra settimana, perché mancava.
Mia madre che non ho ancora sepolto.
Perché sono arrabbiata.
Perché la Regione Lombardia ha gestito di merda la situazione e lo dico con cognizione di causa, perché ho amici in diverse regioni e mi sto confrontando.
Perché so di dirigenti di fondazioni trovati a farsi fare di nascosto i tamponi.
Perché si parla tanto di Roma ladrona, ma l’incapacità gestionale, il populismo e la propaganda emergono in questi casi: quando i sindaci delle città più colpite ti chiedono aiuto con domande dirette (perché non vengono fatti i tamponi ai famigliari dei pazienti covid? Perché non partiamo con le analisi sierologiche come tante altre regioni? dove sono le mascherine? Perché non c’è un servizio di assistenza medica domiciliare come in altre regioni?) viene risposto che è polemica politica.
È una pandemia, mai successa prima, tutti sono alla sbaraglio, ok, ma ieri mi sono guardata un’ora intera di conferenza della World Health Organization e questo diceva il direttore generale (si, l’ho trascritto) “The best way for countries to end restrictions is to attack the virus with the aggressive and comprehensive package of measures that we have spoken about many times before: find, test, isolate and treat every case and trace every contact.” Trovare i sospetti, testarli, isolarli e curarli.
Se non vengono rispettate le disposizioni mondiali, ma andiamo avanti a clientelismi, non ne usciremo mai da questo incubo.
Oltre a tutti gli amici e amiche che ho sentito sempre vicini, ringrazio i medici che mi hanno aiutata e stanno aiutando grazie a Micheli, Lucio Scroffi, Francesca Angelini, Claudia dello Spallanzani, Diego Pezzola, Rosario, Carlo Lombardi, la Croce verde di Orzinuovi e Andrea Ferretti, il mio medico di base d.ssa Salvaderi che mi sta facendo tutte le ricette e che comunque mi chiama sempre, ma voglio ringraziare particolarmente una persona, un’amica piccolina ma dal cuore grande grande, un’infermiera che mi è stata vicino, mi ha dato costanti consigli, mi ha fatto prendere il saturimetro subito (me lo sognerò di notte), è volata a casa mia (con i rischi del caso)quando pensavo mia mamma morisse soffocata per causa mia (era andata di traverso una pastiglia), ha gestito tutte le mie crisi di panico e soprattutto quando mia mamma è stata ricoverata mi ha obbligata a chiamare l’ospedale per andare a salutarla (mi avevano già detto che era gravissima). Grazie a Carolina le ho potuto almeno dire addio, non lo dimenticherò mai. Avere un’amica infermiera è stata la mia fortuna più grande, nella sfortuna.
Scusate se sono stata lunga, ma era un mese che tenevo tutto dentro, ma vedere il video delle Iene dove uno dei loro giornalisti dichiara di essere ancora positivo dopo un mese mi ha fatta sbiellare.
Se volete condividerlo fate pure, in modo che sia noto ai più come noi famiglie siamo state abbandonate.


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Il discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei. - Tomaso Montanari



“Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”. Con queste celebri parole, pronunciate più di sessant’anni fa, Piero Calamandrei costruiva per la Resistenza una proiezione ideale e invitava a pensare la Resistenza del futuro come il cittadino a cui importa del bene comune, al punto di metterlo prima dell’interesse particolare. Parole oggi più che mai da riscoprire.

Il Discorso sulla Costituzione ai giovani di Milano di Piero Calamandrei ha avuto una fortuna davvero singolare. Esso nacque da un invito «dal basso» all’ormai venerato padre costituente: «Il 26 gennaio 1955 ad iniziativa di un gruppo di studenti universitari e medi fu organizzato a Milano nel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana, invitando insigni cultori del diritto a illustrare in modo accessibile a tutti i princìpi morali e giuridici che stanno a fondamento della nostra vita associata. Il corso è stato inaugurato e concluso da Piero Calamandrei» (così Riccardo Bauer, allora presidente dell’Umanitaria).

Ben al di là di questa contingenza, il discorso ha goduto di un favore crescente, fino a imporsi negli ultimi anni come uno dei pochissimi classici «repubblicani» italiani, riconoscibile anche nell’indistinto piano di internet. La ragione di questo successo è probabilmente la stessa che portò prima l’autore e poi i più autorevoli curatori della sua opera a non includerlo nelle antologie ufficiali: e cioè il suo taglio dichiaratamente divulgativo, il suo carattere antiaccademico e in un certo modo informale. Calamandrei non lo scelse per Uomini e città della Resistenza (uscito da Laterza in quello stesso 1955), Norberto Bobbio non lo mise negli Scritti e discorsi politici (1966) del suo «maestro e compagno», né Alessandro Galante Garrone lo ha recuperato nella raccolta del 1996 Costituzione e leggi di Antigone. Significativamente, esso è invece presente nel fortunatissimo Lo Stato siamo noi, l’instant book di Chiarelettere del 2011 introdotto da una bella prefazione di Giovanni De Luna.

Ma c’è un’altra ragione di questa popolarità, ed è che il Discorso uscì non in un libro, ma in un disco della Fonit Cetra (1959) commentato, sulla copertina, da Enzo Enriques Agnoletti, oggi rarissimo, ma ascoltabile integralmente sul web.

Si tratta di un testo breve: sei cartelle in tutto, cinque inclusi nel disco («la parte sostanziale», scrive Bauer) più un’altra introduttiva.
Ascoltando oggi la voce – fiorentinissima – di Calamandrei, è difficile dar torto alle commosse considerazioni di Bauer: «La parola del maestro indimenticabile suona oggi ancora come un altissimo richiamo all’impegno scientifico e morale di tutti i giovani che si apprestano a una sempre rinnovata battaglia di civiltà, di progresso e di libertà». A ragione Agnoletti sosteneva: «Pensiamo che se fosse stato concesso a Piero Calamandrei di scegliere in quale volto, della sua pur così varia, ricca e armoniosa umanità avrebbe voluto venire ricordato ritratto, nessuna immagine gli sarebbe stata più cara di quella che lo avesse raffigurato in atto di spiegare ai giovani che cosa è, che cosa può, e deve essere, la Costituzione italiana. […] Forse nessuno in Italia ha sentito il valore della Costituzione così intensamente come Calamandrei. Forse nessuno ha tanto operato perché venisse completata e attuata, e perché la sua originalità venisse veramente conosciuta, e perché, soprattutto, venissero accettati i doveri che essa ci impone: quel programma di libertà e giustizia che essa contiene e proclama, e che molti, purtroppo, hanno considerato come un puro esercizio retorico. Non così Calamandrei».

È esattamente questa la ragione per cui questa pagina merita di figurare nella «biblioteca ideale di chi sta dalla parte dell’uguaglianza, della libertà, della giustizia, della laicità», per citare le parole usate da Paolo Flores d’Arcais per introdurre questo volume speciale di MicroMega.


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Il Discorso si può dividere in quattro parti. La prima (quella che nel disco fu omessa) è una sorta di introduzione in cui si dichiara il tema («Domandiamoci che cosa è per i giovani la Costituzione. Che cosa si può fare perché i giovani sentano la Costituzione come una cosa loro»), si ricorda che la Costituzione è di tutti («La Costituzione è nata da un compromesso fra diverse ideologie. Vi ha contribuito l’ispirazione mazziniana, vi ha contribuito il marxismo, vi ha contribuito il solidarismo cristiano. Questi vari partiti sono riusciti a mettersi d’accordo su un programma comune che si sono impegnati a realizzare»), e si introduce il nodo centrale del discorso («La parte più viva, più vitale, più piena d’avvenire della Costituzione, non è costituita da quella struttura d’organi costituzionali che ci sono e potrebbero essere anche diversi: la parte vera e vitale della Costituzione è quella che si può chiamare programmatica, quella che pone delle mete che si debbono gradualmente raggiungere e per il raggiungimento delle quali vale anche oggi, e più varrà in avvenire, l’impegno delle nuove generazioni»).

Nella seconda parte, quella per così dire portante, Calamandrei sviluppa la visione programmatica e progettuale della Costituzione, che «è in parte una realtà, ma soltanto in parte: in parte è ancora un programma, un impegno, un lavoro da compiere». Calamandrei esalta il significato antifascista della Carta, ma mette l’accento sulla «parte della Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società. Perché – afferma – quando l’articolo 3 vi dice: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, riconosce con ciò che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto, e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani».

Nella terza parte Calamandrei ammonisce i suoi giovani uditori, ricordando che tutto dipende dal loro impegno: «Però, vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo».

La prospettiva offerta nella quarta sezione del discorso è dunque quella di una vera e propria religione civile della Costituzione: «La Costituzione, vedete, è l’affermazione, scritta in questi articoli che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune: ché, se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento. È la carta della propria libertà, la carta, per ciascuno di noi, della propria dignità d’uomo».

Questa appassionata apertura sul futuro, e questa sorta di pacifica e civilissima chiamata alle armi, si nutriva della consapevolezza di una legittimità della repubblica completamente diversa e altra rispetto a quella del Regno d’Italia dello Statuto albertino: a una lunga storia di civiltà (Calamandrei invoca Mazzini, Garibaldi, Cattaneo, Beccaria) si univa ora una legittimità dal basso che si fondava sulla libera scelta di chi aveva dedicato la propria vita alla liberazione dal nazifascismo. Ed è su questa nota altissima, legata alle vicende più brucianti dei padri e dei fratelli maggiori degli studenti che lo ascoltavano, che il discorso si chiude: «Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».

In questo, come in altri suoi celebri interventi, Calamandrei è riuscito a costruire per la Resistenza una proiezione ideale, non astratta ma profondamente incarnata nel sangue e nella carne del paese: la Resistenza declinata al futuro è il cittadino a cui importa del bene comune, al punto di metterlo prima dell’interesse particolare. Il suo opposto è la Desistenza, come scrive genialmente Calamandrei, il cittadino a cui non interessa la sorte dello Stato: «Questo è l’indifferentismo alla politica: è così bello, è così comodo, la libertà c’è, si vive in regime di libertà, ci sono altre cose da fare che interessarsi di politica. Lo so anch’io. Il mondo è bello, vi sono tante belle cose da vedere e godere oltre che occuparsi di politica. E la politica non è una piacevole cosa». La politica per Calamandrei non è quella dei professionisti, che anzi egli indicherà come un serio pericolo, ma quella dei cittadini che si mettono al servizio dello Stato inteso come bene comune.

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La lacerante attualità di questa visione è determinata dal fatto che gli ultimi trent’anni (dal 1989 in poi) hanno visto i governi della repubblica (sia quelli di destra che quelli di sinistra) dedicarsi indifferentemente e indistinguibilmente al progressivo smontaggio del progetto della Costituzione: potremmo dire che c’è stata una De­sistenza di Stato. La parte più colpita della Carta è proprio quella che Calamandrei riteneva il suo cuore. Il grande giurista assume nel discorso del 1955 una posizione decisamente sostanzialista: perché le affermazioni solenni dei princìpi fondamentali della Carta non siano solo altisonanti ipocrisie, bisogna «dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità d’uomini. Soltanto quando questo sarà raggiunto si potrà veramente affermare che la formula contenuta nell’articolo 1: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto un’uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messi a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società».

Il Discorso ha conosciuto una rinnovata fortuna in occasione delle campagne referendarie sulle riforme costituzionali di Berlusconi (2006) e Renzi (2016): ciò che forse si è meno compreso è che quei progetti (per fortuna respinti) di stravolgimento formale della Carta erano solo l’esplicitazione di un purtroppo efficacissimo svuotamento del progetto costituzionale, giocato proprio sul tema che Calamandrei riteneva fondamentale, quello dell’eguaglianza.

Anche la negazione dei princìpi fondamentali non solo attuata ma enunciata dal Matteo Salvini ministro dell’Interno (con toni esplicitamente fascistoidi) e la sostanziale indifferenza del Movimento 5 Stelle per il progetto sociale della Costituzione rappresentano in fondo non una novità radicale, ma un’ulteriore involuzione di un lungo processo di tradimento della Costituzione. È in gran parte un problema culturale, di educazione alla cittadinanza, di scolarizzazione democratica.


Non per caso questo meraviglioso discorso è rivolto agli studenti, e si apre con l’enunciazione dell’articolo 34, che dice: «I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». «Eh! E se non hanno mezzi?», commenta Calamandrei. «Allora nella nostra Costituzione», continua, «c’è un articolo [il 3] che è il più impegnativo, impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti».

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Oltre sessant’anni dopo le parole di Piero Calamandrei sono vive, urgenti, energetiche: sono capaci di farci sentire che l’amore per la Costituzione è amore per la costruzione di un’umanità giusta, è il progetto di un’altra Italia. E che la realizzazione di quel progetto, l’avvento di questa Italia diversa, direi opposta all’attuale, non dipende dallo stellone italico, dalla benevolenza degli dei o dalla qualità del ceto politico ma solo dalla nostra capacità di essere cittadini sovrani fino in fondo. È di vitale importanza che questa voce vivissima continui a dire ai ragazzi di ogni generazione che la Costituzione non è dalla parte dell’ingiusto e bestiale ordine costituito, non è dalla parte dello stato delle cose difeso dal Tina («There is no alternative») liberista, ma che, anzi, la Costituzione è dalla loro parte, e che come loro essa «dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale». Capire, sentire questo è la condizione essenziale per «metterci dentro il senso civico, la coscienza civica» per «renderci conto che ognuno di noi non è solo, non è solo».


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