martedì 30 giugno 2020

I Mes-tatori. - Marco Travaglio

zingaretti rovina l'estate di conte: ''le 10 ragioni per dire sÌ ...
Quest’anno, in mancanza del giallo dell’estate (tipo il delitto della contessa Alberica Filo della Torre), della hit dell’estate (tipo Vamos a la playa) e del gioco dell’estate (tipo il frisbee), partiti e giornaloni al seguito han deciso di trastullarsi col Mes, il Meccanismo europeo di stabilità che, per quanto pallosissimo, è insieme un giallo, una hit e un gioco di società. Ciascuno, per carità, si diverte come può. Ma qui ci vanno di mezzo il governo, la maggioranza, la reputazione dell’Italia in Europa e altre questioni un po’ più serie di un passatempo da spiaggia. Infatti del Mes si parla esclusivamente in Italia: nessun altro Stato membro dell’Ue (a parte forse Cipro) intende chiederlo. Il che la dice lunga sul provincialismo italiota e sulla vantaggiosità del Mes: le condizionalità sono sparite a parole, ma nei fatti i trattati non sono cambiati; dunque è sempre possibile che chi chiede i soldi si veda poi imporre ex post di ristrutturare il suo debito sovrano secondo il graziosi diktat della Trojka. Ieri persino il segretario del Pd Nicola Zingaretti, la cui competenza e le cui competenze in materia sfuggono ai più, ha spiegato le 10 ragioni per cui l’Italia deve assolutamente accedere al Mes, e alla svelta. Pare che non si sia neppure premurato di avvertire il premier, che aveva appena ribadito le perplessità non tanto sullo strumento in sé, quanto sulla convenienza di chiederlo noi soli. E aveva spiegato che è meglio attendere le mosse degli altri partner Ue, per non restare isolati a tendere il cappello come accattoni alla fame.
Già, perché il Mes è fatto apposta per Paesi in stato prefallimentare: chi lo chiede ammette di non farcela da solo e dà un pessimo segnale ai famosi “mercati”. I mercati che due anni fa allarmavano il presidente Mattarella al punto da indurlo a invocarli esplicitamente per giustificare la mossa più incauta e incomprensibile del suo mandato: il respingimento del primo governo Conte perché aveva come ministro dell’Economia quel pericoloso terrorista anti-euro di Paolo Savona, che poi invece gli andò benissimo agli Affari europei (sic!) con il suo prediletto Giovanni Tria all’Economia. Ora evidentemente i “mercati” non esistono più. E il primo che passa per la strada, persino la Lorenzin, Bonaccini e financo l’Innominabile (manca solo Scalfarotto), dà fiato alla bocca e invoca il Mes come gli ebrei in fuga dall’Egitto la manna dal cielo. Intanto chi dovrebbe decidere (il ministero dell’Economia, come ha ricordato Conte alla Merkel), tace. E parte il solito teatrino all’italiana, con i competenti per definizione (Pd, Iv e FI) pro Mes e i barbari incompetenti (M5S, Lega e FdI) contro. Ma le cose non stanno affatto così.
Il Mes ha i suoi pro e contro (vedi pagg. 6 – 7); sarebbe meglio riuscire a farne a meno; non sarebbe scandaloso se invece alla fine fossimo costretti a chiederlo, possibilmente insieme ad altri Paesi Ue; parlarne ora è assurdo e pericoloso, perché ancora non conosciamo dettagli e dimensioni del Recovery Fund e questa batracomiomachia alla vigilia del Consiglio europeo decisivo del 17-18 luglio indebolisce il potere contrattuale dell’Italia. Come arrendersi prima di giocare la partita. Non sappiamo se Zinga, mentre scriveva il suo compitino all’insaputa di Conte, abbia informato il suo ministro e il suo viceministro dell’Economia, Roberto Gualtieri e Antonio Misiani. Ma, sia come sia, i due dovrebbero parlare. Perché furono proprio loro a dire che l’Italia non ha bisogno del Mes e non lo chiederà: non secoli fa, ma poche settimane fa. Disse Gualtieri l’11 aprile al Tg3: “Abbiamo sempre detto che il Mes non ha la dimensione adeguata per mettere in campo risorse necessarie, tra 1 e 1,5 trilioni. Ci stiamo concentrando sugli eurobond e sul fondo per la rinascita dell’Europa, abbiamo detto che non abbiamo bisogno del Mes, ma ci siamo impegnati perché offra a tutti i Paesi che ne faranno richiesta – c’erano molti Paesi interessati – delle risorse senza nessuna condizionalità. Questa è la proposta che l’Eurogruppo mette sul tavolo del Consiglio europeo, che dovrà decidere se si potrà attivare per i Paesi che fanno richiesta di questa linea di credito senza nessuna condizionalità. Ma l’Italia punta a un obiettivo più ambizioso: il fondo per la rinascita dell’Europa”. Ora quel fondo (il Recovery Fund) è realtà e i Paesi che avevano chiesto all’Italia di appoggiare il Mes anche senza chiederlo, in primis la Spagna, non lo vogliono più: perché dovremmo volerlo noi? Gualtieri ha cambiato idea e, se sì, perché?
Due giorni dopo il suo vice Misiani dichiarò a Canale5: “Non utilizzeremo i fondi del Mes” (13 aprile). Misiani ha cambiato idea e, se sì, perché? Un altro grande sponsor last minute del Mes è Carlo Cottarelli. Lo stesso che il 28 aprile scriveva su Repubblica, a quattro mani con Enzo Moavero, che – in costanza dei trattati – il rischio di condizionalità ex post è tutt’altro che scongiurato; che il Mes ci farebbe risparmiare “un punto e mezzo” sul “nostro tasso di interesse di mercato”, cioè appena “2-2,5 miliardi su sette anni”; e soprattutto che “ricercare l’ausilio del Mes potrebbe segnalare ai mercati che siamo più in difficoltà di altri; il rischio sarebbe ridotto se procedessimo insieme ad altri Stati, fra cui qualcuno di dimensione comparabile alla nostra”. Posto che nessun altro Stato intende chiederlo (tranne forse Cipro), Cottarelli ha cambiato idea e, se sì, perché?

Fondazioni, cda e scuole: i politici hanno due vite. - Lorenzo Giarelli

Fondazioni, cda e scuole: i politici hanno due vite

Da Maroni a Mogherini - Seconda occasione.
L’ultimo a indicare la via è stato Roberto Maroni, ex presidente della Regione Lombardia, leghista per una vita, che nel 2018 rinunciò a ricandidarsi a governatore – era l’epoca in cui a destra ci si sfregava le mani in vista delle elezioni politiche – e che adesso trova fortuna in consigli d’amministrazione, banche, studi legali. È notizia recente il suo arrivo nel cda del Gruppo San Donato, uno dei maggiori gruppi della sanità privata italiana, dopo essere già entrato nel board dello studio di avvocati Gatti Pavesi Bianchi ed esser diventato senior advisor in Mediobanca, oltreché presidente del consiglio d’amministrazione di SGB Humagnest Holding, specializzato in consulenza alle imprese. Niente male, ma la seconda vita – quella fuori dalle istituzioni – è spesso lastricata di sorrisi per parecchi ex parlamentari ed ex ministri, magari usciti dal giro e in attesa di tempi migliori per riproporsi in politica.
Per informazioni chiedere ad alcuni reduci del governo gialloverde o a qualche ex volto noto dell’ultima legislatura. Federica Mogherini, per esempio, ha concluso l’anno scorso il mandato da Alto Rappresentante per gli Affari esteri dell’Unione europea (ci perdoni se banalizziamo: una sorta di ministero degli Esteri della Ue) ma non ha corso il rischio di annoiarsi: a maggio di quest’anno è stata scelta per diventare Rettore del College of Europe, incarico che diventerà effettivo da settembre. Non si tratta di un istituto qualunque, perché il College – che ha sede a Bruges e a Varsavia – è finanziato direttamente dall’Unione e, oltre a offrire master in Studi europei, è un granaio di futuri leader e funzionari. Peraltro, la scelta ha provocato parecchi malumori, dato che il consiglio amministrativo guidato dall’ex presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, ha accolto l’indicazione del suo nome dopo aver scartato illustri pretendenti che avevano partecipato al bando, tanto che alcuni professori del College si sono lamentati del presunto favoritismo (“Inizierà il suo mandato con una nuvola sopra la testa”, ha scritto Jon Wort).
Erede dell’epopea renziana è anche Ernesto Carbone, ex deputato che salutò con un “Ciaone” su Twitter il mancato raggiungimento del quorum al referendum sulle trivelle. Era il 2016 e il Giglio magico sembrava dover durare vent’anni. Oggi, dopo aver fallito la rielezione in Parlamento nel 2018, Carbone ha dovuto attendere l’ultimo giro di nomine pubbliche per avere soddisfazione, finendo nel consiglio d’amministrazione di Terna, una società di Cassa Depositi e Prestiti che gestisce la rete elettrica nazionale.
Più bucolica la destinazione di Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Esteri dell’era Salvini-Di Maio, la cui esperienza politica è – al momento – tramontata con la surreale estate del Papeete. Se non altro, Moavero avrà di che occuparsi: a gennaio è diventato presidente di Filiera Italia, un insieme di aziende e associazioni del settore agroalimentare che promuove il Made in Italy e le coltivazioni sostenibili.
Era ministro gialloverde anche Alberto Bonisoli, ex titolare della Cultura (prima e dopo di lui, Dario Franceschini). Chiuse le porte del governo, è però sempre dalla politica che Bonisoli ha trovato una missione, perché alla fine del 2019 la ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone (anche lei M5S) lo ha indicato come presidente di Formez PA, una associazione che si definisce “centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle pubbliche amministrazioni”. Auguri.
È invece tornato a Milano il suo ex collega Marco Bussetti, all’epoca voluto dalla Lega come ministro dell’Istruzione: dal settembre scorso è presidente dell’Ufficio Scolastico del territorio, quel che è più noto come Provveditorato. Ritorno al passato che ha in comune con Cécile Kyenge, ministra dell’Integrazione ai tempi del governo Letta ed eurodeputata fino al maggio del 2019. Lo scorso anno, fallita lo ricandidatura, si è rimessa il camice (è medico chirurgo specializzata in oculistica) tornando a Padova per far parte delle Unità speciali di assistenza create per il Covid-19.

lunedì 29 giugno 2020

Il crack Wirecard arriva in Italia: bloccate almeno 325mila prepagate per oltre 20 milioni di euro. - Piaerangelo Soldavini

Reuters

Sono almeno 325mila la carte di debito emesse in Italia da Wirecard che sono state bloccate, con fondi attorno a 20 milioni di euro, dopo lo stop operativo imposto dalla Fca alla fintech tedesca finita nell’occhio del ciclone per l’ipotesi di falso in bilancio. SisalPay|5 è intervenuta subito assumendosi direttamente l’onere finanziario e impegnandosi a restituire i fondi congelati ai propri clienti, per lo più ignari di essere finiti nel mezzo dello scandalo Wirecard.
Non è chiaro al momento quanti siano altri clienti italiani che abbiano in tasca carte prepagate emesse dalla fintech tedesca dei pagamenti. Anche Soldo si trova nella stessa situazione. Sarebbero una settantina in tutta Europa le fintech e milioni gli utenti coinvolti nel crack.
Alla pari di altre fintech SisalPay|5 si trova ad avere Wirecard come “issuer” delle proprie carte prepagate: i 325mila possessori hanno visto le loro carte congelate senza alcun preavviso dopo che venerdì l’authority finanziaria inglese, la Fca, ha imposto lo stop operativo a Wirecard. Sulla base di una giacenza media attorno a 60-65 euro, SisalPay ha previsto una copertura finanziaria pari a 20 milioni di euro per l’intervento.
L’intervento di SisalPay|5, effettuato con il supporto degli azionisti Cvc Capital Partners e Banca 5 del gruppo Intesa Sanpaolo, punta a sostenere nell’immediato i propri clienti, molti dei quali colti di sorpresa dal blocco mentre erano in viaggio o in vacanza. Già sabato i clienti e gli esercizi convenzionati erano stati informati e rassicurati sul rimborso delle somme bloccate.
Nello specifico ai possessori della carta prepagata a brand SisalPay verrà data la possibilità di trasferire il saldo direttamente su una nuova carta, emessa in partnership con Banca 5, per permettere al cliente di tornare velocemente a effettuare pagamenti in tutta tranquillità oppure di ricevere l'accredito o rimborso del saldo presente sulla carta.
Ma SisalPay|5 non è l’unica società italiana ad essersi appoggiata per l’emissione delle proprie carte prepagate alla soluzione di Wirecard, istituto di moneta elettronica che ha accesso ai paesi dell’area euro. Anche Soldo, fintech italiana con base a Londra specializzata nella gestione delle spese aziendali.
Al momento non è stato possibile avere i numeri delle carte di debito di Soldo in circolazione in Italia. In un messaggio mandato immediatamente ai propri clienti la società afferma che sta accelerando il processo di migrazione degli account da Wirecard, per assicurare un ripristino tempestivo dell'operatività.
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Decreto Semplificazioni, appalti senza gara fino a 5 milioni di euro e procedure accelerate per le opere di rilevanza nazionale.


Decreto Semplificazioni, appalti senza gara fino a 5 milioni di euro e procedure accelerate per le opere di rilevanza nazionale

La bozza in 48 articoli punta a sbloccare i contratti pubblici e sburocratizzare il Paese. Previsti un fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche e l'accelerazione della Valutazione di impatto ambientale. Modifiche alle norme su responsabilità erariale e abuso d'ufficio per far sì che i funzionari rischino di più in caso di omissioni che quando mettono la firma per far partire i lavori. All'interno della maggioranza restano dubbi, martedì vertice a Chigi.
Fino al 31 luglio 2021 niente gare per affidare i lavori su opere piccole e medie fino alla soglia comunitaria, 5,3 milioni di euro. E possibilità di deroga all’iter ordinario del Codice appalti, con procedure a trattativa ristretta, anche per le opere di rilevanza nazionale individuate dalla presidenza del Consiglio. Mentre solo per gli interventi infrastrutturali più complessi e con alto tasso di difficoltà attuativa arriveranno uno o più commissari straordinari. Sono alcune delle novità previste nella bozza del decreto Semplificazioni, che punta a sbloccare i contratti pubblici e sburocratizzare il Paese per spingere la ripresa post Covid. I 48 articoli, per ora solo abbozzati a grandi linee, dispongono anche l’accelerazione delle Valutazioni di impatto ambientale e modificano le norme su responsabilità erariale e abuso d’ufficio per far sì che i funzionari pubblici rischino di più in caso di omissioni e inerzie che quando mettono la firma per far partire i lavori.
Martedì è in agenda un vertice politico di maggioranza e il decreto dovrebbe approvare in consiglio dei ministri entro la fine della settimana. Ma in seno al governo ci sono diversi dubbi sul capitolo appalti, sulla certificazione antimafia, sulle norme per l’edilizia e sulla Via semplificata. La senatrice di Leu Loredana De Petris parla di “testo per molti versi inaccettabile se dovessero essere confermate le indiscrezioni”, perché “dietro l’alibi della semplificazione non possono nascondersi passi indietro sulla tutela dell’ambiente, deregolamentazioni sul consumo di suolo o ennesime sanatorie“. Il riferimento è all’articolo con misure in materia edilizia, che prevede solo sanzioni – ed esclude la demolizione – nel caso di abusi edilizi “leggeri”.
Deroga al Codice per un anno per i lavori sotto soglia europea – I primi due articoli sono dedicati alle procedure per “incentivare gli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale”. Per quanto riguarda i lavori sotto soglia, viene introdotta una norma transitoria – fino al 31 luglio 2021 – che prevede solo due modalità di affidamento: diretto o in amministrazione diretta per lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 150.000 euro e procedura negoziata senza bando con consultazione di almeno cinque operatori per tutte le altre procedure. Oggi l’articolo 36 del Codice appalti, più volte modificato negli ultimi anni (l’ultimo intervento risale allo sblocca cantieri del governo gialloverde) prevede procedure differenziate in base alle soglie e alla tipologia di contratto. Fino a 40mila euro affidamento diretto; tra 40mila e 150.000 euro o fino alle soglie comunitarie affidamento diretto previa valutazione di tre preventivi per i lavori; tra 150.000 e 350.000 procedura negoziata previa consultazione di almeno 10 operatori economici; per lavori tra 350.000 e 1 milione di euro procedura negoziata previa consultazione di almeno quindici operatori e infine per lavori tra 1 milione e le soglie comunitarie procedura aperta, cioè gara.
Procedure veloci per opere “di rilevanza nazionale” – Per i contratti pubblici sopra soglia e di rilevanza nazionale, la norma prevede sempre entro il 31 luglio 2021 l’applicabilità, “salva motivata determinazione di ricorso alle procedure ordinarie”, della procedura ristretta o, nei casi previsti dalla legge, della procedura competitiva con negoziazione prevista dal decreto legislativo 50 del 2016 per i settori ordinari, e per i settori speciali, ovvero ricorrendone i relativi presupposti con le procedure sempre previste dallo stesso provvedimento in ogni caso con i termini ridotti, per ragioni di urgenza. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro delle infrastrutture, sarà individuato l’elenco delle opere di rilevanza nazionale la cui realizzazione è necessaria per il superamento della fase emergenziale o per far fronte agli effetti negativi del Covid-19 e per i quali vi è una situazione di estrema urgenza tale da non consentire il rispetto dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie. In quei casi sarà applicabile la procedura negoziata di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all’articolo 124 per i settori speciali.
Nasce il fondo prosecuzione opere pubbliche – Viene poi istituito un fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche per evitare che la mancanza temporanea di risorse pubbliche possa costituire un ostacolo alla realizzazione dell’opera. Beneficiari del fondo sono le stazioni appaltanti. E fino al 31 luglio 2021 sarà obbligatoria sia per appalti di valore superiore alle soglie comunitarie sia per opere di interesse nazionale la costituzione del collegio consultivo tecnico. Il collegio ha “funzione di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche” di ogni natura.
Previsto poi il controllo concomitante della Corte dei conti per accelerare la realizzazione delle spese di investimento: le sezioni di controllo possono nominare, previo contraddittorio con le amministrazioni e gli altri soggetti interessati, un commissario ad acta per la rimozione dell’inerzia.
Procedura d’urgenza per il rilascio della certificazione antimafia – Per un anno si prevede anche la procedura d’urgenza per il rilascio della certificazione antimafia, con specifico riferimento alla consultazione della banca dati nazionale unica e revoca del beneficio o dell’agevolazione al privato nel caso in cui in seguito emerga la sussistenza di una delle cause interdittive. Si introduce, quindi, all’interno della legislazione antimafia, l’istituto dei protocolli di legalità, delimitandone il contenuto e l’ambito di applicazione.
Modifiche alla responsabilità erariale e all’abuso d’ufficio – La responsabilità dei funzionari pubblici sarà limitata ai casi di dolo , solo per le azioni e non anche per le omissioni, mentre l’abuso d’ufficio sarà circoscritto attribuendo rilevanza alla violazione, da parte del pubblico ufficiale, di “specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge”.
Corsia veloce per la Valutazione di impatto ambientale – In arrivo anche una serie di semplificazioni in materia di attività d’impresa, comprese quelle per i lavori necessari alla realizzazione della banda larga, e di ambiente e green economy. In particolare sono previste semplificazioni per progetti o impianti alimentati da rinnovabili e per punti e stazioni di ricarica di veicoli elettrici e viene accelerata la procedura di Via che oggi richiede fino a 10 anni nei casi peggiori. Si propone, tra l’altro, la “previsione dell’obbligo di presentazione sin dall’avvio del procedimento da parte del proponente del progetto di fattibilità o del progetto definitivo (in luogo degli attuali elaborati progettuali)”, la riduzione dei termini previsti in capo all’amministrazione e l’esercizio del potere sostitutivo in caso di inerzia nella conclusione del procedimento. Il titolare del potere sostitutivo (attualmente il Capo Dipartimento del ministero dell’Ambiente) deve provvedere all’adozione del provvedimento entro un termine prefissato. Prevista anche una procedura speciale accelerata (fast-track) dedicata all’espletamento delle procedure Via delle opere ricomprese nel Programma Nazionale Integrato Energia e Clima: sarebbero affidate all’istruttoria di una Commissione speciale composta da dipendenti pubblici.

Arisen, - Sara Sapienza



Sempre lei, la mitica Sara, mia figlia.

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

Incongruenze e dubbi | Amoremare - la community del Canottaggio ...
Casta News/1. “Perché bisogna dire No al referendum sul taglio dei parlamentari” (Marco Damilano, Espresso, 28.6). Mo’ me lo segno.
Casta News/2. “Via i tagli ai vitalizi. I partiti: schiaffo inaccettabile” (Corriere della sera, 26.6). Sta’ a vedere che i vitalizi si son ripristinati da soli.
Calta News. “Il ritorno degli anti-casta quando erano già al tappeto” (Mario Ajello, Il Messaggero, 27.6). Giusto: il problema non è la casta che riarraffa i vitalizi, ma la gente che potrebbe ricordare chi aveva ragione sulla casta.
Asta News. “Io metterei in Costituzione il vincolo di mandato. Non è che se sei eletto da una parte poi passi a quella opposta!” (Matteo Salvini, segretario Lega, Twitter, 7.12.2017). “Diamo il benvenuto nella grande famiglia della Lega ai senatori Grassi, Urraro e Lucidi che sul Mes e su tanto altro sono rimasti coerenti con i propri ideali, rinnegati e traditi dai 5Stelle ormai al rimorchio del Pd” (Salvini, Twitter, 12.12.2019). “Benvenuta alla senatrice Alessandra Riccardi, che da oggi lascia i 5Stelle ed entra nella grande famiglia della Lega” (social Lega, 23.6). “Ci saranno nelle prossime settimane altri ingressi nella Lega, dai 5Stelle ma non solo” (Salvini, 26.6). “Arrivi dal M5S? Se qualcuno bussa, le porte della Lega sono aperte” (Salvini, 28.6). Quindi il vincolo di mandato vale solo per chi esce dalla Lega. Sul percorso inverso vale la regola del circo: più gente entra, più bestie si vedono.
Pisapippe. “Dopo il Covid diritti più deboli. La pandemia acuirà povertà e diseguaglianze. Per contrastare lo scivolamento delle garanzie serve una riforma bipartisan che renda la giustizia più celere ed efficiente. E tuteli i diritti. Cancelliamo lo stop alla prescrizione grillina: non ha né capo né coda” (Giuliano Pisapia, eurodeputato Pd, Riformista, 25.6). Invece il nesso tra Covid e prescrizione è pura logica cartesiana.
L’intenditore. “Palamara accende i riflettori sul Cav perseguitato dai pm. Il magistrato in tv invita ad approfondire il tema dei processi all’ex premier” (Luca Fazzo, il Giornale, 23.6). Ah beh allora.
Maremma Maiolo. “1995, io e Sgarbi accusati di mafia. Ci difesero tutti, a parte Travaglio” (Tiziana Maiolo, Riformista, 23.6). Ora vuole proprio farmi arrossire.
Mercante in Fiera. “L’ospedale in Fiera realizzato per obbedire a Palazzo Chigi” (Attilio Fontana, Lega, presidente Regione Lombardia, La Verità, 22.6). Questo ormai sente le voci come Giovanna d’Arco.
Gaia dei Valori. “Il voucher datelo a vostra sorella. Vogliamo essere pagate per ciò che valiamo. Quanto valiamo” (Gaia Tortora, Twitter, 22.6). Ottima idea, così nel suo caso si risparmia.
Briabonus. “Questi ministri sono i peggiori mai visti. Lancerò una petizione per chiedere loro i danni: stanno distruggendo il Paese” (Flavio Briatore, La Verità, 22.6). Quale Paese? Ah, Montecarlo.
Comitato tecnico-scientifico. “La mascherina non serve a un cazzo. Le distanze poi, sono legate al mondo omosessuale, perché se tu lo prendi da dietro, chini avanti uno, e sei a un metro di distanza: è stato fatto apposta per inclinare le persone a prenderlo nel culo” (Vittorio Sgarbi, deputato FI, La Zanzara, Radio24, segnalato da @nonleggerlo, 11.6). “Se una scoreggia riesce ad attraversare senza problemi mutande e jeans, come può una mascherina di carta proteggerci dal virus?” (Alessandro Meluzzi, ex deputato FI, Twitter, 22.6). “Dal Covid danni anche per il cervello” (il Giornale, 27.6). Prima o poi tutto si spiega.
Tempismo perfetto. “I grillini e le ragioni del declino” (Giovanni Orsina, La Stampa, 27.6). “Il M5S in ripresa a quota 18%” (Nando Pagnoncelli, Corriere della sera, 27.6). Orsù, Orsina, è andata così. Ritenta, sarai più fortunato.
Nave scuola. “Ho visto una nave ormeggiata, significa che qui arrivano turisti, ci sono prospettive” (Giancarlo Cancelleri, M5S, viceministro Trasporti, a proposito della nave da crociera Moby Zazà coi migranti in quarantena, Porto Empedocle, 23.6). La prospettiva che il viceministro si informi.
Traduzione simultanea. “L’Italia dovrebbe avvalersi delle offerte del Mes?”. “Questa è una decisione italiana… Tutti possono utilizzare questi strumenti. Non li abbiamo messi a disposizione perchè restino inutilizzati” (Angela Merkel a La Stampa, 27.6). “Merkel: l’Italia utilizzi tutte le risorse Ue” (titolo de La Stampa, 27.6). Serve un interprete dall’italiano all’italiano?
Cazzullate. “Se nello studio di Einaudi fosse entrato Di Maio a proporgli un reddito universale e garantito, temo che sarebbe stato messo alla porta” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 24.6). Se poi Einaudi avesse saputo che fino al 2019 tutta Europa aveva una forma di reddito minimo tranne l’Italia, non avrebbe messo alla porta Cazzullo solo perchè non l’avrebbe fatto proprio entrare.
Il titolo della settimana. “Arrestano Fede, non i camorristi” (Libero, 24.6). Ma non si vede perchè l’una cosa debba escludere l’altra.

domenica 28 giugno 2020

Todo cambia. - Marco Travaglio

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Ci avevano giurato che, dopo la pandemia, nulla sarebbe stato come prima e tutto sarebbe cambiato. Detto, fatto.
Il Senato resuscita il vitalizio, privilegio che definire medievale è offendere un’epoca seria come il Medioevo. E tutti quelli che 13 anni fa tuonavano e scrivevano articoli e libri contro la casta ridacchiano soddisfatti perché i 5Stelle sono stati sconfitti con la loro antipolitica, mentre la Politica con la P maiuscola è riempire le tasche finché morte non ci separi a vecchi arnesi mantenuti da noi dalla notte dei tempi. Fra le migliori esultanze degli incassatori per lo scampato pericolo, vince “Dalla politica ho avuto solo svantaggi”: parola di Francesco Speroni, leghista della prima ora, pensionato baby Alitalia a 50 anni, in politica dal 1986, parlamentare italiano e/o europeo dal 1989 al 2014 e financo ministro, sempre grazie alle leggendarie campagne contro “Roma ladrona”. Seguita da quest’altra: “Il taglio dei vitalizi fu una decisione pessima che ha messo alla fame alcuni ex parlamentari”: parola di un pesce di nome Zanda, già consigliere del gruppo Espresso, poi portaborse di Cossiga, poi presidente del Mose, di Lottomatica, del Giubileo2000, consigliere Rai, senatore del centrosinistra per appena 5 legislature, tesoriere del Pd (sua l’idea, l’anno scorso, di aumentare un po’ i magri stipendi dei parlamentari) dimissionario ma ancora in carica, perché nominato di fresco, alla tenera età di 78 anni, presidente della fondazione di Carlo De Benedetti (85 anni) che sta per dare alle stampe un nuovo giornale-ossimoro: Domani. Ridateci Storia Illustrata.
La Camera intanto espelle Vittorio Sgarbi perché dice dei magistrati e di chiunque lo contraddica (“vaffanculo stronza troia”) quel che diceva 30 anni fa su Canale5, prima che B. lo mandasse a spasso per non pagargli più le querele perse (tutte). Ma continuerà a essere invitato in tutti i salotti di Rai, Mediaset e La7, intervistato da tutti i giornaloni e giornalini e candidato a parlamentare, sindaco, assessore, ministro, viceministro, sottosegretario perché è tanto colto (sul fatto). Ridateci Sgarbi quotidiani.
Angela Merkel sul Mes dice un’ovvietà (“può essere usato da tutti”, ma quella dell’Italia “è una decisione italiana”), Conte risponde un’ovvietà (“A far di conto per l’Italia ci siamo io e i ministri italiani”) e tutti i giornali italiani titolano sul “gelo”, lo “scontro”, la “lite” Merkel-Conte e La Stampa su una frase mai detta dalla cancelliera (“L’Italia utilizzi tutte le risorse Ue”). Perché ovviamente ha ragione la Merkel: come osa l’Italia di non prendere ordini dalla Germania (che peraltro non s’è mai sognata di dargliene)?
Ridateci l’asse Roma-Berlino-Tokyo e la Repubblica di Salò.
Il ministro Gualtieri ha un nuovo consulente: il giovane millennial Franco Bassanini, classe 1940, una dozzina di cattedre, 7 legislature, mezza dozzina di partiti dal Psi al Pci Pd, un ministero, una decina di Cda, banche, assicurazioni (la lista completa di poltronissime è a pag.4). Ridateci i dinosauri.
Aria nuova anche nei servizi segreti: pare che Conte e altri nel governo pensino, per la vicedirezione dell’Aise, a Marco Mancini. Che non è omonimo del Marco Mancini arrestato due volte nel 2006, quand’era capo del Controspionaggio del Sismi, per concorso nel sequestro dell’imam di Milano Abu Omar e per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla rivelazione di segreto d’ufficio per aver passato dossier segreti alla Security Telecom, poi condannato a 9 anni per la prima accusa e infine salvato sia per la prima sia per la seconda dal segreto di Stato apposto dai governi di destra e di sinistra: è sempre lui. Eppure la Corte dei diritti umani di Strasburgo nel 2016 ha stabilito che il Sismi e la Cia, sequestrando Abu Omar e mandandolo a torturare in Egitto, e i governi italiani, coprendoli, hanno violato ben cinque principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e “applicato il legittimo principio del segreto di Stato in modo improprio e tale da assicurare che i responsabili del rapimento, della detenzione illegale e dei maltrattamenti ad Abu Omar non dovessero rispondere delle loro azioni”. Ridateci Pollari&Pompa.
Salvini, noto leader del futuro visto che politicamente è più vecchio di B., non perde occasione per guardare all’avvenire con la strenua difesa dei pagamenti in contanti fino ad almeno 3mila euro a botta, in tandem con l’altro giovane vecchio che porta il suo stesso nome, ma ha un dodicesimo dei suoi voti. E, siccome il Matteo maior chiede a gran voce il condono tombale per gli evasori, il Matteo minor per non essere da meno lancia l’ideona di una “voluntary disclosure”, cioè di un bel condono sui contanti in nero. Poi, per essere ancora più moderno, rilancia sul Ponte sullo Stretto. Ridateci il decreto Biondi, i lodi Schifani e Alfano, la Cirami, la Cirielli e l’immunità parlamentare.
La gara di modernità fra i due Matteo prosegue sulla campagna acquisti di parlamentari. Salvini annuncia “altri 5Stelle pronti a passare alla Lega” e l’Innominabile risponde che “nel centrodestra c’è una miniera” di voltagabbana sul mercato. Ridateci Scilipoti, Razzi e De Gregorio.
Si attende ad horas il ritorno del borsello a tracolla, del telefono a gettoni, degli scubidù, delle pastiglie Valda e dell’Amaro Medicinale Giuliani.