giovedì 27 maggio 2021

Massimo ribasso, minima sicurezza: sai che impresa… - Antonio Padellaro

 

Nel leggere l’accusa per gli arresti di Stresa – avere manomesso i freni d’emergenza per non bloccare l’impianto, e avere dunque provocato la tragedia del Mottarone – insieme al disgusto mi è venuta in mente questa frase: l’Italia del massimo ribasso. Procedura che probabilmente non c’entra nulla con la criminale decisione d’inserire sulla funivia il letale “forchettone” (termine molto italiano), ma che molto invece ha a che fare con quella cultura, diciamo così, d’impresa, che pur di aggiudicarsi un appalto – o di garantirsi gli incassi di giornata – non bada a spese. Nel senso che riduce i costi all’inverosimile, comprimendo i salari e favorendo il lavoro in nero.

Ma è soprattutto sulla minima sicurezza che si rivale il massimo ribasso, come dimostrano i numeri assurdi degli infortuni sul lavoro: 554.340 denunciati all’Inail nel 2020, leggermente in calo nell’anno della pandemia, ma con 1.270 morti, più 16,6% rispetto al 2019. Senza contare il problema delle infiltrazioni mafiose che nella deregulation trovano sempre un terreno più che fertile. Principio quello di risparmiare su tutto il risparmiabile sul quale si preferisce non sottilizzare troppo nel momento in cui l’Italia riprende a camminare. Infatti, se qualcuno prova a obiettare che la giusta necessità di accelerare il processo produttivo, evitando le lungaggini burocratiche, non può avvenire a discapito dell’incolumità dei dipendenti e degli utenti, apriti cielo. Nel migliore dei casi le osservazioni prudenziali sulla indispensabile incolumità delle persone saranno catalogate come “ideologiche” (ovvero stataliste e dunque anti-industriali). Come se chiedendo verifiche più rigorose avessi parlato male di Garibaldi.

Speriamo che dopo le aspre critiche di sindacati, Pd e sinistra sulla bozza del decreto Semplificazioni – con costi abbattuti in eccesso, subappalti a volontà e controlli affidati ai controllati – non si debba un giorno parlare del governo Draghi come del governo del massimo ribasso. E che l’auspicata ripresa non debba mai più consentire che le vite umane siano giocate sulla ruota della fortuna. Fino a quando succede che un cavo si spezza.

IlFQ

Farsa in Senato: sì unanime contro i vitalizi. - Tommaso Rodano

 

Palazzo Madama - Dopo aver abolito i tagli e restituito l’assegno ai corrotti come Formigoni, la destra di Salvini e B. vota con le altre forze le mozioni anti-privilegi.

Una burla, una recita gattopardesca: tanto fiato per nulla. Il Senato – che con Mario Draghi non tocca palla sulle questioni di sostanza – si riunisce per la prima volta sui vitalizi ai condannati, dopo che gli organi di giustizia interna hanno restituito l’assegno a Roberto Formigoni e a diversi colleghi che si sono macchiati di reati contro lo Stato.

Una seduta perfettamente inutile. In aula si fa solo fuffa, l’intervento sui vitalizi, in caso, dovrà spettare al consiglio di presidenza di Palazzo Madama. Al termine di una discussione a tratti surreale, il Senato approva, sullo stesso argomento, tre mozioni diverse. Firmate da gruppi che in teoria hanno posizioni molto differenti. I senatori – con maggioranze variabili e astensioni incrociate – dicono sì a tutto: al testo dei “giallorosa” (M5S, Pd e LeU), a quello di Italia Viva e pure al centrodestra. E quindi agli stessi partiti (Lega e Forza Italia) che hanno fatto restituire il vitalizio ai condannati col voto dei propri rappresentanti nella Commissione contenziosa e nel Consiglio di garanzia del Senato.

Cosa dicono le tre mozioni? Più o meno la stessa cosa, con qualche sfumatura. Quella di centrosinistra chiede che gli uffici del Senato trovino una soluzione per applicare la Legge Severino e revocare il vitalizio ai condannati; quella delle destre vuole “rivalutare” la direttiva del Senato del 2015 (firmata da Piero Grasso, toglieva i vitalizi agli ex senatori condannati). Infine c’è il testo bizantino dei renziani, che impegna il Senato “ad adottare tutte le opportune determinazioni, volte a disciplinare i casi di revisione o revoca del vitalizio dei senatori, cessati dal mandato, che siano stati condannati in via definitiva per delitti di particolare gravità”.

Fuffa, fuffa e ancora fuffa. Come denuncia il 5Stelle Primo Di Nicola, votando in dissenso dal suo gruppo: le mozioni sono inutili, un atto d’ipocrisia istituzionale. L’iniziativa appartiene al Consiglio di presidenza del Senato, scavalcato in modo illegittimo dalla sentenza dell’organo di giustizia interna (“Come se un tribunale avesse cancellato una legge ordinaria”). “Il Consiglio di presidenza – secondo Di Nicola – ha il dovere di sollevare un conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale. Altrimenti è meglio uscirne”.

Il resto del dibattito è un lungo palleggio retorico. Le mozioni sono di facciata: i partiti di centrodestra – da Italia Viva fino alla Lega – votano per risolvere il problema dei vitalizi ai condannati, ma parlano esplicitamente in difesa delle prerogative parlamentari. Di tutti i parlamentari, compresi i Formigoni. I senatori di Salvini – che un tempo metteva il faccione sui proclami “anti Casta” – hanno cambiato versione da un pezzo. Persino nel Pd (come si vedrà nelle parole di Anna Rossomando) la difesa delle prerogative “repubblicane” è al di sopra di ogni cosa.

La maggioranza degli eletti ha intenzioni evidenti, nonostante provi ad annacquarle nel bicchiere di una retorica parlamentare terribile. L’argomento magico di chi difende l’assegno per chi ha disonorato la sua funzione pubblica, paradossalmente, è la Costituzione.

Luigi Vitali (Forza italia) – I diritti umani e la dignità della persona – “Secondo due sentenze della Corte costituzionale, la n. 3 del 1966 e la n. 78 del 1967, non è sufficiente la semplice condanna o la semplice interdizione dai pubblici uffici per perdere un vitalizio, una pensione, un assegno, uno stipendio, ma si deve guardare alla gravità del fatto, alla tutela della dignità e al rispetto dei diritti umani e della dignità della persona”.

Giuseppe Cucca (italia Viva) – E allora il reddito di cittadinanza? – “Ho difficoltà oggettivamente a pensare che possiamo privare del sostentamento una persona che vive in condizioni di indigenza totale in un sistema nel quale un condannato per reati gravissimi, come può essere l’omicidio o qualsiasi altro reato, continua serenamente a godere della propria pensione, dei propri emolumenti per sopravvivere. Ciò maggiormente in un sistema che ha introdotto degli istituti che sono quantomeno strani, se è vero come è vero (la cronaca è piena di esempi), che talvolta dei condannati per fatti gravissimi hanno goduto del reddito di cittadinanza”.

Anna Rossomando (Pd) – I tribunali speciali e il patriottismo repubblicano – “Vogliamo dire che siamo qui in una democrazia rappresentativa a rappresentare un’altissima funzione? È soltanto per questo motivo che abbiamo delle prerogative, a difesa della libertà del Parlamento, perché non è un caso che la Costituzione sia nata all’uscita dal fascismo, quando c’erano i tribunali speciali e chi dissentiva veniva messo in carcere. La prerogativa è nata esattamente con quel tipo di funzione e in quel senso (…). Ho visto sottolineare molto i termini ‘onore’ e ‘tradimento’. Ne vorrei aggiungere uno, con il quale ci troviamo anche molto bene, ‘il patriottismo repubblicano’. Ed è in questo che ci richiamiamo alla Costituzione, alle sue libertà e al suo inquadramento”.

Stefania Craxi (Forza Italia) – L’orda giacobina – “Una premessa: non cogliere la differente natura della pensione e del vitalizio dei parlamentari – spiegata anche in una sentenza della Corte costituzionale – dice già tutto di coloro che urlano e strepitano (…). Questo, a mio avviso, è anche frutto dell’orda giacobina e del moralismo imperante che da oltre vent’anni si sono abbattuti sulla vita civile e democratica del Paese (…). È il risultato di una lunga stagione di demonizzazione della democrazia rappresentativa, nella quale abbiamo sostituito coloro che vivevano per la politica con l’improvvisazione e il dilettantismo e con alcuni che, sì, senza arte né parte, vivono oggi solo di politica e la usano per carriere e destini personali.

Massimiliano Romeo (Lega) – Sullo stesso piano – “A un cittadino condannato in via definitiva per terrorismo o per mafia non si può toccare o sospendere la pensione o il reddito di cittadinanza; ma se c’è un politico condannato, a lui bisogna per forza toglierla. C’è qualcosa che stona (…). Si tratta semplicemente di mettere tutti sullo stesso piano”.

Giacomo Caliendo (Forza Italia) – Robespierre dove sei? – “Mi limito, in conclusione, ad osservare che si tenta di fare come nel peggior periodo della Repubblica francese, quello della rivoluzione, quando si pretendeva di imporre, attraverso la piazza, le regole del processo e di imporre ai giudici di rispettare la volontà del popolo”.

IlFQ

Processo a punti. - Marco Travaglio

 

Abbiamo sempre sostenuto che questo governo non dovrebbe neppure sfiorare la Giustizia, visti i guai con la medesima dei leader di tre partiti che lo sostengono: il pregiudicato e plurimputato B., l’imputato Salvini e l’indagato Innominabile, senza contare il resto della truppa. Ma ora, lette le proposte sul processo penale della commissione Lattanzi voluta dalla cosiddetta ministra Cartabia, un’altra formidabile ragione sconsiglia a lorsignori qualunque iniziativa: il pericolo che, quando le autorità europee le leggeranno, muoiano dal ridere. Già il fatto che l’Europa possa darci lezioni sui processi brevi è esilarante: la Corte europea dei diritti dell’uomo ha impiegato otto anni per esaminare il ricorso di B. contro la sua condanna definitiva del 2013 e non l’ha né accolto né respinto, ma due settimane fa ha chiesto al governo italiano di spiegare se il processo a B., iniziato nel lontano 2004, fosse giusto o no. Una barzelletta. È noto però che l’Ue ha più volte minacciato di sanzionare l’Italia per la sua prescrizione, fatta apposta per garantire l’impunità, per esempio agli evasori e frodatori fiscali. Quindi, se c’è una riforma che non va toccata è quella di Bonafede che blocca la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Infatti la commissione Lattanzi precisa, bontà sua, che non è urgente. Poi però, siccome non è urgente, fa due proposte per cancellarla. Geniale.

Per sveltire i processi, altra ideona: si stabilisce per legge che le indagini devono durare da 6 mesi per i reati minori a 1 anno e 6 mesi per i più gravi, con una sola proroga semestrale; e i processi 3 anni in primo grado, 2 in appello e 1 in Cassazione. E se sforano? In caso di condanna, l’imputato ha uno sconto di pena proporzionato al ritardo. Cioè ha tutto l’interesse a scatenare i suoi avvocati per farli durare di più, sempreché possa permettersi di pagarli in eterno. Così una norma concepita per abbreviare i tempi finirà per allungarli: più sono lunghi, più ci guadagni. Una specie di patente a punti all’incontrario. Notevole anche la norma, copiata dal piano di Rinascita democratica di Gelli, del Parlamento che detta alle Procure le “priorità nell’esercizio dell’azione penale”, cioè quali reati perseguire e quali no, “tenuto conto della realtà criminale territoriale”. Così la Lega escluderà il sequestro di migranti e il razzismo, FI la corruzione e la frode fiscale, Iv i finanziamenti illeciti alla fondazione Open e gli appalti truccati di Consip e così via. La comica finale è l’“archiviazione meritata” targata Pd: l’indagato può evitare il processo se chiede scusa alla parte lesa e risarcisce il danno o effettua lavori di pubblica utilità. Quindi: se non lo beccano, non rischia nulla; se lo beccano, neppure.

IlFQ

Chi è Matteo Renzi?

 

Come avrà fatto una essere privo di etica e positività a diventare prima sindaco, poi presidente del consiglio e, infine, senatore?
Questo è uno degli enigmi per i quali non troverò mai una risposta.
Eppure può tanto... anche far cadere ben due Governi, entrambi facenti parte della sua sfera politica, eletti dal popolo.
Forse lui funge da esecutore materiale di atti che altri vorrebbero mettere in pratica senza apparire in prima persona.
Il serial killer della politica.
Seriale perchè ha contribuito a far cadere ben due governi, quello di Letta la cui frase: "Enrico stai sei sereno" la dice lunga sul suo intervento, il secondo, come noto a tutti, con i suoi paletti posti ad ogni proposta avanzata dal governo di cui faceva parte.
Non credo, infatti, che sia in grado di pianificare nulla che vada oltre il bisogno impellente di far soldi.
Un essere da evitare, disdicevole, repellente.
cetta.

mercoledì 26 maggio 2021

Vi serve un disegnino? - Marco Travaglio

 

C’è chi le cose le intuisce subito, chi dopo un po’ e chi mai. Eppure non era difficile capire perché Conte non doveva gestire i soldi del Recovery Fund che lui stesso (non la Von der Leyen o la Merkel, come raccontava l’altroieri a Ottoemezzo quel furbacchione di Bernabè, insieme a varie balle sui vaccini) aveva portato a casa il 21 luglio: perché il suo governo non obbediva a Confindustria e agli altri padroni del vapore, tutti puntualmente tornati a trafficare dopo la sua caduta, ben nascosti dietro il supercurriculum di SuperMario. Il bello è che molti continuano a non capirlo neppure ora che i Migliori hanno gettato la maschera. Non basta nemmeno che si parli di Paolo Scaroni – che nel ’96 patteggiò 16 mesi per le tangenti Techint al Psi in cambio di appalti Enel – alle Fs al posto dell’incensurato Battisti. Né che sia sufficiente un titolo del Sole 24 Ore contro il ministro Orlando – accusato di “inganno” per la proroga del blocco dei licenziamenti, annunciata in conferenza stampa con Draghi – per indurre il governo all’immediata retromarcia al fine di non contrariare troppo il padrone delle ferriere Carlo Bonomi, che si crede pure il padrone del governo e in effetti lo è.

Questo curioso esemplare di imprenditore senza impresa (non ne ha neppure una) si permette di accusare di “imboscata” il ministro del Lavoro senza che nessuno – tipo il premier – lo rimetta al posto suo. Silenzio di tomba, a parte la solidarietà a Orlando da un frammento del suo partito e da Patuanelli e le proteste dei tre leader sindacali (bentornati sulla terraferma: due mesi fa erano tutti a cena chez Brunetta, ora è arrivato il dessert). Cosa deve ancora accadere perché i giallorosa prendano atto di far parte non di un governo di unità nazionale, ma di centrodestra, dove comanda la minoranza Lega-Forza Italia Viva e la maggioranza M5S-Pd-Leu si limita a metterci i voti? Oggi, se tutto va bene, la Commissione di Indecenza del Senato, che ha già restituito il vitalizio ai ladri, lo ridarà anche agli ex senatori, per ribadire la prima legge della Restaurazione: la legge è uguale per gli altri. Nel 1993, per 4 autorizzazioni a procedere su 5 contro Craxi negate dalla Camera al pool di Milano, il Pds ritirò i suoi ministri dal neonato governo Ciampi. Non perché il voto della Camera fosse colpa del governo, ma perché Occhetto e persino Rutelli ritennero che allearsi con partiti che calpestavano il principio di eguaglianza fosse complicità. Ci pensino, 5Stelle, Pd e Leu, se oggi i loro alleati forzaleghisti compieranno l’ennesimo scempio sui vitalizi. Nel ’93 il governo Ciampi stava in piedi anche senza il Pds, mentre il governo Draghi senza i giallorosa va a casa: quando si ricorderanno di essere la maggioranza, sarà sempre troppo tardi.

IlFQ

Ruby ter, no allo stralcio di Berlusconi a Milano. La pm: “Patologie neurologiche, verificare se può stare in giudizio”

 

La procuratrice aggiunta Siciliano in aula: "Le sue condizioni sono il segreto di Pulcinella". Sia l'accusa che la difesa avevano chiesto di separare la posizione, ma il collegio presieduto da Marco Tremolada ha deciso nel senso opposto. Saltano quattro udienze, si ricomincia l'8 settembre.

Stralciato a Roma il martedì, non a Milano il mercoledì. Il Tribunale del capoluogo lombardo ha respinto le istanze di accusa e difesa che chiedevano di separare la posizione di Silvio Berlusconi da quella degli altri 28 imputati per corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza nel filone milanese del processo Ruby ter. “Tutte le parti concordano sulla sussistenza del legittimo impedimento per ragioni di salute, stimato come temporaneo e di durata non superiore a 90 giorni”, recita l’ordinanza. Il procedimento è stato aggiornato per tutti all’8 settembre prossimo, “saltando” quattro udienze che avrebbero dovuto tenersi fino a luglio. La decisione è opposta a quella assunta nemmeno un giorno prima dai giudici di Roma, i quali – per quanto riguarda la propria tranche – hanno considerato Berlusconi “assolutamente impedito a comparire”.

Intervenendo in aula a Milano, la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano ha addirittura sollevato dubbi sulla capacità dell’ex premier di stare in giudizio, citando tre diverse consulenze prodotte dalla difesa sulle sue patologie, di cui – oltre a quella relativa agli strascichi del Covid – “una è psicologica e un’altra è psichiatrica-neurologica“. “Ritengo – ha detto – che emerga un quadro che merita particolare attenzione e mi domando sin da ora se non sia necessaria una valutazione in termini di accertamento, anche peritale, della capacità del dottor Berlusconi di partecipare al dibattimento. Le sue condizioni di salute sono un segreto di Pulcinella e non devono essere ammantate di eccessiva riservatezza, ma depositate agli atti e accessibili alle parti”.

Il presidente del collegio, Marco Tremolada, ha chiarito che la Procura potrà chiedere di disporre una perizia in questo senso alla prossima udienza, cosa che Siciliano ha anticipato di voler fare. Il giudice si è poi detto “ottimista” sul fatto che il processo possa effettivamente riprendere a settembre. Ai cronisti che gli hanno chiesto se il quadro delle condizioni di salute del suo assistito fosse “serio”, il difensore di Berlusconi, Federico Cecconi, ha risposto di sì. Lui stesso ha depositato un nuovo parere medico-legale che risale a domenica scorsa. Alla richiesta di approfondire i riferimenti alle patologie neurologiche e psichiatriche fatti in aula, il legale ha risposto: “Non faccio commenti su questo, ha parlato il pm”.

IlFQ

Smart working, esteso il bonus da 516 euro per l’«ufficio» in casa. - Giovanna Mancini

 

Tra gli emendamenti al Decreto sostegni c’è la proroga a tutto il 2021 dell’aumento a 516,46 euro destinati ai cosiddetti «fringe benefits», lo strumento che consente ai datori di lavoro di cedere ai propri dipendenti un importo da spendere in beni e servizi.

Dal Decreto sostegni approvato la scorsa settimana potrebbe arrivare una spinta alla ripresa dei produttori di mobili per ufficio, uno dei settori più colpiti all’interno della filiera del legno-arredo, a causa non solo della crisi innescata dalla pandemia, ma soprattutto dall’ampio ricorso allo smartworking da parte delle aziende in tutto il mondo, che ha frenato gli investimenti nel mondo degli uffici.

Tra gli emendamenti approvati dal Parlamento c’è infatti la proroga a tutto il 2021 dell’aumento a 516,46 euro destinati ai cosiddetti «fringe benefits», ovvero lo strumento di welfare aziendale che consente ai datori di lavoro di cedere ai propri lavoratori un importo da spendere in beni e servizi. Il raddoppio del plafond (da 258,23 a 516,43 euro) introdotto dal Decreto agosto è una leva importante per spingere i consumi in un momento di crisi, e potrebbe rivelarsi fondamentale per il mondo dell’arredo da ufficio, perché tra i beni acquistabili, tramite le apposite piattaforme, sono compresi anche sedute ergonomiche, scrivanie e prodotti di illuminazione specifici per lavorare in modo adeguato (in termini di salute e sicurezza) anche da casa.

Bonus raddoppiato.

«Questa misura esisteva già, ma erano in pochi a conoscerla, soprattutto tra le aziende più piccole – osserva il presidente di Assufficio, Gianfranco Marinelli –. Inoltre, il precedente plafond era insufficiente per allestire in casa una postazione di lavoro consona ai criteri di ergonomia e salubrità». Il raddoppio della cifra a disposizione (sebbene inferiore ai 1.000 euro richiesti da FederlegnoArredo) dovrebbe favorire l’inserimento nel “paniere” dei beni acquistati anche gli strumenti necessari a svolgere correttamente il lavoro da remoto.

«L’entità dell’importo non consentirà grandi spese, ma è sufficiente all’acquisto di una seduta ergonomica, l’elemento più importante per chi lavora da casa, assieme a una piccola scrivania regolabile in altezza», precisa Marinelli».

Ora si tratta però di far conoscere meglio questa possibilità che, da agosto a oggi, è stata poco sfruttata per i mobili: il bonus è stato infatti speso soprattutto per prodotti tecnologici per la didattica a distanza, dispositivi di protezione individuale e prodotti per l’igiene e la pulizia.

Le aziende si organizzano.

Le aziende produttrici di arredi e sistemi per ufficio si stanno attrezzando in questo senso: «Stiamo sensibilizzando i nostri associati, perché si adoperino a individuare prodotti che possano essere oggetto di spesa per i dipendenti, oppure a creare dei prodotti ad hoc – spiega il presidente di Assufficio –. Penso in particolare a sedute e scrivanie adatte a entrare in appartamenti che, in media, non sono molto grandi, perciò dovranno essere di dimensioni ridotte, al massimo 70-75 centimetri per 55-60 e possibilmente elevabili in altezza». Si tratterà di avviare una importante campagna di comunicazione e informazione relativa a questa norma, sia tra i datori di lavoro, sia tra i dipendenti. L’auspicio è che la norma, ma anche l’aumento del plafond, vengano estesi anche nel 2022.

Il vantaggio per le imprese e i lavoratori è evidente. Ma anche per lo Stato: un recente studio Ambrosetti stima che, mantenendo la soglia di esenzione a 516 euro, si metterebbe in moto, potenzialmente, 1,6 miliardi di euro di consumi nel Paese, con un incremento complessivo di 794 milioni di euro (251,5 euro pro-capite). Se il plafond venisse innalzato a 1.000 euro, i consumi raggiungerebbero la cifra di 1,88 miliardi (337,2 euro pro-capite). Ovviamente, la stima è sulla spesa complessiva, non solo per quella potenzialmente indirizzata a postazioni per lo smartworking.

Come ottenere il bonus.

Questo tipo di benefit, come detto, esiste da tempo e dallo scorso agosto ne è stato aumentato il plafond. Eppure, a oggi pochissime aziende hanno utilizzato questa possibilità, per questioni soprattutto di scarsa informazione, come spiegano dall’ufficio tecnico di FederlegnoArredo. Dall’altra parte, poche aziende produttrici si sono attrezzate per stringere convenzioni con le piattaforme di welfare in modo da inserirvi i propri prodotti. Ora che il bonus è stato prorogato, ed è stata prorogato anche l’aumento del plafond, c’è il tempo per organizzarsi: i dipendenti interessati devono rivolgersi alle proprie aziende perché, a loro volta, concordino con le società di welfare aziendale l’inserimento di arredi ergonomici nel ventaglio di possibili utilizzi dei fringe benefits.

Un ottimo segnale.

Ma per i produttori di arredi per l’ufficio (oltre 300 aziende in Italia e 6mila dipendenti) è un ottimo segnale: «Siamo convinti che sarà d’aiuto – conferma Marinelli –. Il nostro settore è uscito un po’ malconcio dal 2020, a differenza di altri comparti del legno-arredo, che hanno invece contenuto le perdite e quest’anno registrano segnali di ripresa». L’anno scorso il settore ufficio ha chiuso con un fatturato in calo del 20%, poco sopra il miliardo di euro, con un calo superiore sul mercato interno (-22,2%) rispetto a quelli esteri (-17,5%), che incidono per il 47% sui ricavi complessivi. «Nel 2021 non ci aspettiamo ancora un recupero, ma speriamo almeno che la situazione si stabilizzi – aggiunge il presidente –. Il futuro degli uffici è molto incerto. Tuttavia, anche se diminuiranno gli spazi destinati alle sedi delle aziende, credo che questo calo potrà essere compensato da nuovi fenomeni, come appunto quello dello smartworking, e anche del coworking. Il mondo del lavoro è cambiato ed è chiaro che anche quello delle attrezzature per il lavoro debba cambiare».

IlSole24Ore