Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 9 novembre 2021
Renzi il rottamatore.
Matteo Renzi: soldi dall’Arabia, banche e Benetton per le conferenze. - Valeria Pacelli
TUTTI I CONTI DEL LEADER IV - In due anni il senatore ha incassato 2,6 milioni: a retribuire gli “speech”, dal “principale giornale coreano” al ministero delle Finanze saudita.
C’è una società di consulenza del Regno Unito e anche un quotidiano coreano. E ancora: due società italiane di cui una fondata da Alessandro Benetton e persino il ministero delle Finanze dell’Arabia Saudita. Ecco chi paga gli speech di Matteo Renzi. In totale, dal 2018 al 2020, il senatore oggi leader di Italia Viva, ha guadagnato (non solo con gli speech) oltre 2,6 milioni di euro in totale. Il dettaglio degli incassi (legittimi) dell’ex premier, sia per le conferenze ma anche per altro, ad esempio per i libri, sono finiti agli atti dell’indagine della Procura di Firenze. Qui Renzi è accusato di concorso in finanziamento illecito assieme agli ex ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi. Al centro dell’indagine ci sono i contributi volontari finiti nelle casse della Open, che i magistrati ritengono essere stata un’articolazione politico-organizzativa della corrente renziana del Pd. Sono migliaia gli atti depositati dai pm. Tra questi c’è anche un’informativa del 10 giugno 2020 della Guardia di Finanza che contiene anche gli estratti del conto corrente intestato a Renzi. Gli incassi dell’ex premier non sono oggetto di indagine: non è per questo che Renzi è finito sotto inchiesta. Leggendo l’informativa della Finanza però si scoprono i dettagli (alcuni finora inediti) dell’attività di speaker del senatore. “Svolgo attività previste dalla legge ricevendo un compenso sul quale pago le tasse in Italia – ha ribadito più volte in passato il leader di Italia Viva –. La mia dichiarazione dei redditi è pubblica. Tutto è perfettamente legale e legittimo”.
Nell’informativa della Finanza dunque è scritto: “Tra gli allegati alla segnalazione per operazioni sospette, risulta accluso l’estratto, dal 14 giugno 2018 al 13 marzo 2020, del conto corrente (…) Bnl – filiale Senato Roma, intestato a Matteo Renzi”. La lista dei bonifici in entrata è lunga: “Dalla disamina dell’estratto conto – scrivono le Fiamme Gialle –, si rilevano: in avere per complessivi 2.644.142,48 euro”. E poi aggiungono: “In dare, uscite per 2.543.735,66 euro, di cui 1.221.009 sono bonificati verso altro rapporto intestato allo stesso Renzi”. Vediamo dunque i dettagli degli incassi del premier dal 2018 al 2020.
Presta&Serra 653mila euro dalla Arcobaleno tre stl.
Oltre 653mila euro arrivano in totale in questi due anni dalla Arcobaleno Tre srl, società di cui è amministratore unico Niccolò Presta, figlio di Lucio, l’agente dei più noti volti della televisione. Tra Renzi e la Arcobaleno Tre, come già raccontato dal Fatto, ci sono sei scritture private: quattro per il documentario Firenze secondo me, una per conferire alla Arcobaleno Tre “mandato esclusivo” a rappresentarlo e una per la realizzazione di “opere dell’ingegno”. I rapporti tra la società e l’ex premier non sono oggetto dell’indagine fiorentina, bensì di un’altra Procura, quella di Roma dove Renzi è indagato per finanziamento illecito perché i pm capitolini ritengono che quelli con la Arcobaleno Tre siano stati “rapporti contrattuali fittizi” dietro i quali si celerebbe un presunto finanziamento alla politica. Ma questa è un’altra storia.
Torniamo a Firenze. Nell’elenco dei soldi finiti sul conto corrente di Renzi ci sono 507mila euro circa dalla Celebrity Speakers Ltd, “società global speaker del Regno Unito”. La somma di oltre mezzo milione sarebbe il totale di più pagamenti: comprende più speech svolti dall’ex premier per l’agenzia internazionale che promuove relatori famosi per le conferenze. “Questa è la società con la quale Renzi lavora di più – spiegano fonti vicine all’ex premier –. I suoi speech vanno da un minimo di 20 a un massimo di circa 50mila euro”.
147.300 euro invece arrivano da Algebris, “società di gestione del risparmio – la descrivono gli investigatori ma in un’altra informativa, quella del 17 febbraio 2021 – con sede a Londra (…) riconducibile a Davide Serra”, in passato finanziatore della Open (mai indagato). “La cifra pagata è la somma totale di almeno cinque o sei speech”, aggiungono le nostre fonti. Con Serra, Renzi figura tra i consiglieri dell’Algebris Policy & Research Forum.
Stanford e Usa L’ateneo e l’istituto di credito.
E non è finita. Dal 2018 al 2020 sul conto dell’ex premier sono arrivati in totale 83.679 euro dalla This is spoken Ltd, “società consulenza amm-gest. Regno Unito”. Altri 64mila euro arrivano dalla “Banca Usa” “Interaudi bank”.
La “società global speaker Regno Unito” Vbq Limited, ha pagato l’ex premier poco più di 44mila euro, sempre per alcuni speech. E poi c’è l’Arabia Saudita, la “culla del nuovo Rinascimento” secondo Matteo Renzi, come disse davanti a Mohammad bin Salman, il principe ereditario indicato in un rapporto della Cia come il mandante del rapimento o dell’omicidio di Jamal Khashoggi, il reporter ucciso nel consolato di Ryad in Turchia nel 2018.
Era già nota la partecipazione (pagata 80mila dollari l’anno lordi) di Renzi nel board del Future Initiative Investment, la fondazione saudita creata nel 2020 per decreto dal Re Salman. Ora si scopre che dal 2018 al 2020 sul conto di Renzi sono arrivati pagamenti direttamente dal “Ministry of Finance Arabia Saudita” per un totale di 43.807 euro, mentre altri 39.930 euro provengono dal “Saudi commission For Tourism Arabia Saudita”: “Anche questi sono i pagamenti degli speech”, spiegano sempre fonti vicine all’ex premier.
E la partecipazione a una conferenza sarebbe anche quella pagata da Chosun Ilbo, “il principale quotidiano coreano”, che versa 29mila euro circa.
E ancora. Nel periodo 2018-2020 arrivano sul conto corrente di Renzi in totale 26mila euro dal “Luxembourg Forum”. La “banca svizzera” Julius Baer International invece versa per gli speech 25.385 euro. Altri 25mila euro vengono sborsati da “Stanford University in Italy”. Dell’Università di Stanford Renzi parlava in una sua enews del 1º ottobre 2018: “Oggi riprendo l’attività di professore a contratto presso la sede fiorentina dell’Università di Stanford”.
I committenti Italiani E la causa contro Piero Pelù.
Nei conti di Renzi ci sono anche i 33.140 da parte della “Carlo Torino&associati srl”. Proprio per il pagamento di una sua partecipazione a una conferenza ad Abu Dhabi, Renzi è finito indagato sempre a Firenze ma nell’ambito di un’altra inchiesta – diversa da quella Open – che vede Renzi accusato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, in concorso con Carlo Torino, titolare della società di Portici che avrebbe fatto da tramite per la ricezione del compenso dell’ex premier.
La società – spiegavano in passato al Fatto fonti vicine all’ex premier – avrebbe fatto partecipare il leader di Italia Viva anche ad altre conferenze, oltre a quella di Abu Dhabi del dicembre 2019.
Tornando al conto di Renzi si trovano dunque altri 25.552 euro dalla Invest Industrial “private equity di Andrea Bonomi”, finanziere nato a New York. Anche in questo il pagamento, secondo quanto ricostruito dal Fatto, è per gli speech. Come pure lo sarebbero i 19mila euro dalla 21 Investimenti Sgr, società fondata da Alessandro Benetton.
Nei conti in entrata ci sono poi anche i soldi che non riguardano il suo ruolo di conferenziere. Come i 20 mila euro per un contenzioso civile pagati da Piero Pelù. Scrive la Finanza in un’informativa del 17 febbraio 2021: “È plausibile ritenere che il pagamento sia stato disposto quale composizione di una lite, dopo una querela per diffamazione presentata dal Senatore nei confronti del cantante”.
Il volo per Johannesburg Stavolta rimborsa il Pd.
Sul conto di Renzi arrivano anche 8.363 euro dal “Gruppo parlamentare Pd” per il “viaggio Johannesburg 15-17 luglio 2018”. Quella volta Renzi volò in Sudafrica per partecipare alle celebrazioni del centenario della nascita di Nelson Mandela. Era presente anche Barack Obama.
Per questa partecipazione Renzi non fu pagato, ma il biglietto del viaggio finì in capo al gruppo parlamentare del Partito democratico, quando l’attuale senatore ancora ne faceva parte.
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domenica 7 novembre 2021
Cassese, il prof delle élites in corsa dal secolo scorso. - Ilaria Proietti
RISERVE - Il professore è servitore dello Stato e dei privati e i poteri forti se lo contendono. Il "dottor Sottile" ha collezionato poltrone e ha abbandonato la politica già due volte.
C’era ancora la liretta e già era la carta segreta da giocare per il Colle, che gli è poi sempre sfuggito. Ma Sabino Cassese, giurista sopraffino e sempreverde, pure stavolta è dato in corsa a dispetto degli 86 anni suonati che gli consigliano, per garbo, di schermirsi: “Qualcuno ha fatto il mio nome per il Quirinale? Se lo tolgano dalla testa” ha detto, anche se, vai a sapere, con quanta sincerità. Pochi giorni prima di spegnere le ultime candeline, ha comunque fatto intendere di essere pronto a tutto. “Ho orari da metalmeccanico. Lavoro otto ore al giorno, domeniche incluse e non faccio le vacanze”. Insomma, il leone di sempre, come è stato fin dagli esordi in quel di Salerno, quando a 17 anni, dopo aver masticato senza problemi il liceo, aveva vinto il concorso per entrare alla Normale di Pisa stracciando i concorrenti: laurea a 21 anni per poi spiccare il volo verso lidi più ambiziosi e amicizie importanti. Come quella con Luigi Sturzo che “tradì” per Enrico Mattei e un posto in prima classe all’Eni con uno stipendio da leccarsi i baffi per l’epoca e la giovane età. E poi una lunga carriera universitaria, che ha affiancato al ruolo di conferenziere in mezzo mondo per cinquant’anni, per tacere dei libri scritti, ovviamente un’infinità, e del ruolo di editorialista dal Corriere della Sera in giù. Ma è stato pure ministro della Funzione pubblica quando a Palazzo Chigi c’era Carlo Azeglio Ciampi, già suo compagno di studi a Pisa, che poi da presidente della Repubblica lo nominò nel 2005 giudice alla Corte costituzionale. Nel mezzo, una miriade di incarichi pubblici su chiamata di Palazzo Chigi o di qualche ministero per riformare questo e quello: dalla gestione del patrimonio immobiliare pubblico alle partecipazioni statali, passando per il contrasto alla corruzione. Ma è stato generosissimo anche con i privati e loro con lui: ha servito Olivetti, Autostrade, Assicurazioni Generali, Lottomatica, Banco di Sicilia. Poi la Consulta e più di recente altri ruoli da civil servant: fino al 2017 è stato presidente della Scuola dei Beni Culturali e per un soffio gli è da poco sfuggita la guida della Scuola nazionale dell’Amministrazione.
Ma che importa. Chiusa una porta si potrebbe aprire un portone, e che portone: del resto, per citar le sue parole, nella vita ci vuole “culo”, “nel senso di metterlo sulla sedia applicandosi con costanza”. E Cassese, quanto a culo, non ha pari. Per questo è sempre accreditato per il Quirinale, che di riffa o di raffa non ha mai smesso di frequentare: due dei suoi allievi più brillanti e prediletti sono il figlio del Capo dello Stato, Bernardo Giorgio Mattarella, e l’erede del presidente emerito, Giulio Napolitano. E poi c’è Marta Cartabia, altra protegé entrata nella sua nidiata e che soddisfazione vederla prima nominare dall’allora Re Giorgio alla Consulta e oggi Guardasigilli. Alla corte di Mario Draghi che Cassese, manco a dirlo, adora sicché ha posto fine alla deriva degli incompetenti, leggasi la masnada a cinque stelle che Giuseppe Conte si è preso in carico disonorando la pochette e, va senza dire, l’élite di cui il professore è massimo interprete. Sarà per questo che Cassese non ha mai digerito l’ex premier, figurarsi i suoi dpcm d’emergenza con cui avrebbe umiliato la democrazia. E che importa se Draghi ha fin qui varato una tombola di decreti che il Parlamento è costretto ad approvare senza neppure il tempo di averli letti: Cassese benedice, anzi se potesse ci metterebbe la firma. Basta saper attendere: alle 9 del mattino, fa sapere, è sempre pronto in giacca e cravatta.
sabato 6 novembre 2021
Missione compiuta. - Marco Travaglio
Scusate se mi occupo ancora di Zerovirgola, anziché lasciarlo in esclusiva ai tribunali, ma questa è troppo bella. L’altro giorno era partito per New York per battezzare la quotazione a Wall Street di Delimobil, la società di car sharing russa, partecipata da una banca del Cremlino, incorporata in Lussemburgo, fondata dal napoletano Vincenzo Trani che sponsorizzava il vaccino Sputnik e che lo ha voluto nel Cda come portafortuna. E ha incontrato i giornalisti per lodare il suo ultimo datore di lavoro, in aggiunta al popolo italiano, a Bin Salman e ad altri preclari figuri che nel mondo lo pagano per sparare cazzate che qui nessuno ascolterebbe neppure gratis. Il comizietto si è svolto al Racquet&Tennis Club, circolo per soli uomini che gli ricorda il Rinascimento saudita, davanti a un quadro di caccia alla volpe. Tipica location progressista. Lì è partito con una filippica sul sottoscritto: “Da quando Travaglio ha fatto un pezzo sul Fatto e ha detto che tifava contro l’Italia, abbiamo vinto tutto: Europei, Eurovision, 100 metri, 4 per 100, salto in alto, mondiali di pasticceria, Paralimpiadi, pallavolo… ci manca le freccette. Marco, scrivi un articoletto sulla Fiorentina che non vincerà lo scudetto ed è fatta!”.
Ora, quel mio pezzo sul Fatto non è mai esistito: è frutto della sua fertile fantasia, o della sua cattiva digestione (il nostro, in evidente sovrappeso, aveva l’aria di uno con diversi cinghiali sullo stomaco), o della sua modestia. È noto infatti il potere letale dei suoi auguri. Nel 2013 presenta Bersani “prossimo presidente del Consiglio”. Nel 2016 presenta Giachetti “prossimo sindaco di Roma”. Qualunque cosa tocchi diventa cenere: rilancia l’Unità, Alitalia, Almaviva: tre funerali, seguiti da quelli all’Italicum, alla riforma costituzionale, al suo governo e al suo Pd. Per lo sport è una specie di mascotte. Fa gli auguri agli Azzurri per i Mondiali 2014 e vince la Germania. Ci riprova agli Europei 2016 e vince il Portogallo. Olimpiadi di Rio: dice “forza Vincenzo!” al ciclista Nibali, che si schianta alla prima curva con due fratture. Aggiunge “la mia preferita è la Pellegrini”, che arriva quarta. Poi lascia Palazzo Chigi e lo sport italiano torna a vincere per mancanza di (suoi) auguri. Nel ’17 gliene scappa uno: “L’Europa arriva su Marte con la sonda italiana Schiaparelli”: schianto inevitabile. Il suo tocco magico si abbatte anche sulle imprese in Borsa. “Mps è risanato, ora è un bell’affare, un bel brand”: come no. “La quotazione della Ferrari è un’occasione straordinaria”: titolo subito sospeso per eccesso di ribasso prima di perdere il 20% in sei mesi. Ah, dimenticavo: ieri il lancio di Delimobil a Wall Street è saltato e rinviato a data da destinarsi. Ora si attende un suo articoletto sulla Fiorentina.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/06/missione-compiuta/6381854/
venerdì 5 novembre 2021
M5s, ecco la nuova segreteria di Conte. Il leader: “Il confronto con il Pd continui, ma non siamo accessori. La fiducia a Draghi non è in bianco”.
I nomi dei 5 dei vice del presidente 5 stelle annunciati all'assemblea congiunta dei parlamentari: ci sono Taverna, Turco, Gubitosa, Todde e Ricciardi. Dura autocritica dell'ex presidente del Consiglio davanti agli eletti sulle elezioni amministrative. Poi il messaggio a chi continua ad evocare l'Ulivo e l'attacco a Renzi e Calenda: "Mai alleati".
Il nuovo Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte fa un altro passo. Il presidente M5s, davanti all’assemblea congiunta dei parlamentari, ha annunciato i cinque vicepresidenti che formeranno la sua segreteria: Paola Taverna (vicepresidente vicaria), Alessandra Todde, Mario Turco, Riccardo Ricciardi e Michele Gubitosa. Un annuncio che tra i 5 stelle era atteso da settimane, che permette al Movimento di strutturarsi ulteriormente e di farlo in una fase che si preannuncia molto delicata: prima dell’elezione del presidente della Repubblica e verso le prossime elezioni politiche. L’annuncio delle nomine da parte di Conte è stato anticipato da un discorso dai toni duri sul risultato “deludente” alle elezioni amministrative: una vera propria autocritica che ha messo sotto accusa i vari malumori fatti trapelare con “agenzia di stampa” con metodi che Conte non ha esitato definire da “vecchia politica”. “Non possiamo assolverci, dobbiamo incassare questa lezione e decidere ciò che vogliamo fare, ciò che vogliamo essere e ciò che non vogliamo essere”, ha detto l’ex premier.
Ha poi rinnovato la fiducia al Partito democratico: “Siamo disponibili a continuare il confronto col Pd”. Poi però l’ex presidente del Consiglio ha puntualizzato: “Nessuno pensi che la nostra spinta innovatrice possa spegnersi o accomodarsi in una funzione ancillare o accessoria a chicchessia”. E, a proposito del sostegno al governo Draghi, ha rimarcato: “Non è un assegno in bianco. Pretendiamo chiarezza su una rassicurazione fatta dal presidente del Consiglio in Consiglio dei ministri, che il cashback ripartirà nel 2022 dopo una sospensione” e “se qualcuno nei partiti di maggioranza vuole fermare l’innovazione e strizzare l’occhio agli evasori non avrà da noi il tappeto rosso”. Il Movimento, ha sottolineato, è “generoso, il sostegno a Draghi comporta un costo politico che stiamo pagando responsabilmente e coscientemente, abbiamo preso un impegno con gli italiani, non con Draghi, per prima cosa con gli Italiani – è stato il suo ragionamento – Fin in quando l’azione di governo perseguirà questi due obiettivi”, ovvero mettere in protezione i cittadini e il Pnrr, “il nostro sostegno sarà leale e non ci interessano le variazioni del consenso, se l’obiettivo è far ripartire l’Italia e farla correre.
Di certo questo non è un sostegno che nasce cieco e non muore cieco”. Allo stesso tempo ha anche rivolto un messaggio chiaro a chi, segretario dem Enrico Letta in testa, continua a proporre un nuovo Ulivo che vada dai 5 stelle a Renzi e Calenda. Rivolgendosi proprio al leader di Azione ha detto: “Forse non ti sei accorto che nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato“. Mentre parlando del leader di Italia viva, lo ha liquidato come “il caso limite di chi, saltellando da una comparsata tv e un rinascimento arabo” deve “accontentarsi delle percentuali dei sondaggi che stabilmente lo accreditano un punto sopra lo zero”. Quindi, per metterlo in chiaro: “Il Movimento 5 stelle non si alleerà mai con Azione di Carlo Calenda né con Italia Viva di Matteo Renzi“.
La squadra di vice – La prima notizia è chi rimane fuori dalla segreteria: la nomina era molto ambita, soprattutto da parte di chi non può aspirare a breve a nuove cariche. Non ci sono infatti né Chiara Appendino, né l’ex ministra Lucia Azzolina. La scelta del leader M5s è caduta su nomi di strettissima fiducia. Intanto la vice vicaria, che prende il posto di Conte in caso di sua assenza, è la 52enne Paola Taverna: senatrice e vicepresidente di Palazzo Madama, esponente M5s della prima ora e molto vicina ai vertici, da Beppe Grillo a Giuseppe Conte. Tra i nominati anche il 53enne Mario Turco, senatore pugliese del M5s ed ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio durante il governo Conte 2: è noto da tempo per essere una delle figure rimaste più vicine all’ex premier. Poi Alessandra Todde, 52 anni, viceministra dello Sviluppo economico ed ex sottosegretaria al Mise durante il governo giallorosso; Riccardo Ricciardi, 39enne deputato e vicecapogruppo, è considerato molto vicino a Roberto Fico; Michele Gubitosa, 42 anni, deputato eletto all’uninominale ad Avellino e negli ultimi tempi molto vicino al presidente Conte. L’ex reggente Vito Crimi sarà invece il nuovo responsabile dei dati personali del Movimento 5 stelle.
L’autocritica dopo le Comunali “deludenti” – Il discorso di Conte si è aperto con l’autoanalisi sulle elezioni amministrative: “Non possiamo assolverci, dobbiamo incassare questa lezione e decidere ciò che vogliamo fare, ciò che vogliamo essere e ciò che non vogliamo essere”, ha detto. “Al ballottaggio abbiamo vinto 12 partite sulle 18 in gara, in cui eravamo protagonisti o da soli o con altre forze politiche. Abbiamo riconfermato quattro sindaci M5S e fra pochi giorni ci saranno i ballottaggi in Sicilia”. Ma oltre le vittorie, secondo Conte, bisogna ripartire dalle tante sconfitte: “Questa tornata elettorale è stata segnata dal mancato rinnovo, da parte dei cittadini, della fiducia che in passato ci aveva consentito di amministrare città importanti come Roma e Torino. A Raggi e Appendino va il nostro ringraziamento per l’impegno riposto nel superare i tanti ostacoli che hanno dovuto affrontare”. E in questa fase, serve secondo Conte una maggiore condivisione delle responsabilità: “No alla caccia ai singoli a cui addossare il marchio dei colpevoli. Serve una grande assunzione di responsabilità collettiva”. In generale “io ci ho messo la faccia. I numeri sono testimonianze di sfiducia, segnali che non abbiamo avuto la capacità di dialogare” con i territori. Offrire “progetti percepiti come utili dagli stessi cittadini. Dobbiamo impegnarci con passione, partendo dai bisogni delle realtà territoriali”. Quindi ha aggiunto: “Non è il tempo delle lamentele del piangerci addosso, dobbiamo essere i primi a credere nella ripartenza del movimento. Noi siamo il Movimento, non abbiamo bisogno di scimmiottare i modi della vecchia politica, che vi da tanti anni l’avete combattute”. Conte ha anche rivendicato di aver girato città per città, anche là dove il Movimento è andato molto male: “Prendo su di me onore e onori e sono orgoglioso di rappresentare questa comunità. Ma anche a voi, uno per uno, chiedo di avere spalle larghe e di sobbarcarvi il peso di questa ripartenza. Molti ci vogliono vedere divisi, hanno intrapreso una danza sperando nella nostra frammentazione o dissolvimento. A costoro dobbiamo rispondere con voce ferma: rimarrete delusi”. Secondo Conte serve un ritorno alle origini: “Dobbiamo tornare sui territori, guardare negli occhi i cittadini, stabilire con loro un dialogo stretto, continuo, sincero. Questo moto deve riguardare tutti noi, possiamo e dobbiamo fare di più. Ognuno deve fare la sua parte, in modo da restituire al Movimento la sua originaria vocazione, quella brillantemente intuita da Beppe Grillo, poi corroborata dall’intervento di Gianroberto Casaleggio“.
A proposito di ritorno alle origini, Conte ha anche chiesto prudenza sulle proteste dei portuali di Trieste. “No vax e ni vax. In passato abbiamo intercettato questi voti, poi la nostra scelta di seguire la via della scienza ha fatto sì che molti compagni di viaggio ci abbiano lasciato, ma ora abbiamo fatto chiarezza. Questo non cambia la nostra capacità di ascolto delle voci fuori dal coro, di protesta, se pacifiche e non violente. Noi non esultiamo per gli idranti di Trieste”, ha proseguito l’ex premier, “il nostro motto deve essere: meno passi nei palazzi, più orecchie sul terreno per ascoltare”.
Il messaggio a Calenda e Renzi – Molto importante e molto attesa era anche la presa di posizione sugli annunci di nuovo Ulivo che sono arrivati in questi giorni dal fronte del Partito democratico: l’offerta è concreta e lo stesso Letta l’ha rilanciata più volte dopo il risultato delle amministrative. Ma Conte ha voluto mettere in chiaro, davanti ai suoi, che il M5s non si alleerà né con Calenda né con Renzi: “Leggo che il leader di Azione non ci vuole come alleati – perché ridete? – ripete questo mantra per convincere se stesso che è giusto così, ma noi lo solleviamo dal dilemma e gli diciamo: non ti sforzare, forse non ti sei accorto che nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato. Il Movimento 5 stelle non si alleerà mai con Azione di Carlo Calenda né con Italia Viva di Matteo Renzi. Il leader di Azione non ci vuole come suo alleato: non capisco perché continui a ripetere ossessivamente questo mantra, lo fa per convincere se stesso che sia giusto così. Ma noi lo solleviamo da questi dilemmi: gli diciamo non ti sforzare, non ti sei accorto che nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato”. Una chiusura che per Conte vale anche per Renzi, tanto che non ha risparmiato attacchi e critiche per il responsabile della caduta del governo giallorosso: “C’è anche il caso limite di chi saltellando da una comparsata tv e un rinascimento arabo per chiedere l’abolizione di una misura contro la povertà, non ha neppure avuto il coraggio di presentarsi col suo simbolo accontentandosi delle percentuali dei sondaggi che stabilmente li accreditano un punto sopra lo zero. Persone che mentre noi eravamo impegnati nella sfida più dura della pandemia a marzo 2020, mentre tutti copiavano le nostre misure, andavano alla Cnn per dire non fate come l’Italia. Noi non abbiamo nulla a che vedere con persone che accecate dall’egolatria e dall’odio politico sono andati in tv a parlare male del nostro paese”.
Le prossime tappe per il M5s – Per i 5 stelle ora si aprono mesi complessi, con la prima sfida dell’elezione del presidente della Repubblica. Anche per questo Conte ha spinto perché il direttivo della Camera sia rinnovato il prima possibile e così, nonostante le resistenze degli ultimi tempi, pare che succederà. “Nei giorni scorsi abbiamo avuto un confronto” col direttivo, ha detto in apertura del discorso Conte, “avevo chiesto la cortesia di indicarmi i tempi per quanto riguarda i prossimi rinnovi dei direttivi. Al Senato era già in scadenza, qui alla Camera c’è una scadenza che veniva a coincidere con la procedura di elezione del Presidente della Repubblica. Avevo chiesto, per ragioni di esclusiva funzionalità, che questa scadenza potesse essere anticipata per quanto necessario, quindi il direttivo della Camera ci è venuto incontro e di questo dobbiamo ringraziarli”.