lunedì 19 luglio 2010

Caro Di Pietro - Jacopo Fo



Caro Di Pietro,
Perché non fai il difensore dei cittadini?
Sarebbe ora di iniziare una battaglia per l’obbedienza civile, all’americana. Hai voglia di farlo tu?

Caro Di Pietro,
Come sai stimo molto il lavoro che hai fatto in tutti questi anni, come giudice e come difensore della legalità in parlamento.
Ma in questo momento credo che non basti più questo tipo di pregevolissimo impegno.
La crisi economica è grave e siamo in una situazione nella quale Silvio riesce impunemente ad inanellare una legge dopo l’altra, per evitare processi, ammende, spese per danni, tasse, per lui, i suoi parenti, i suoi amici e le sue aziende. Se non erro abbiamo superato le 45 leggi in suo favore.
Vorrei quindi proporti di far saltare il banco cambiando strategia.

Non è un’idea mia. Viene dai neri americani. Nel 1955, nella città di Montgomery, una donna delle pulizie nera quarantenne si sedette sopra un sedile libero nella parte di un bus riservato ai bianchi, e poi si rifiutò di cedere il posto a una persona di razza caucasica. Per questo fu arrestata. Martin Luther King fu tra gli organizzatori di una protesta colossale e incredibile. Per 381 giorni, la quasi totalità dei neri di Montgomery smise di prendere i mezzi pubblici. Migliaia di operai, cameriere, inservienti, impiegati, iniziarono ad andare al lavoro a piedi. Si organizzarono servizi di auto con la collaborazione anche di centinaia di democratici bianchi, per trasportare vecchi, invalidi e malati. Uno sforzo chiaramente colossale che alla fine portò al quasi fallimento dell’azienda dei trasporti pubblici e alla cancellazione dell’apartheid sui bus.

Fu questo il primo passo del movimento della Disobbedienza Civile, non violenta.
In 13 anni di lotte riuscirono a far cancellare una dopo l’altra, dal Congresso, le leggi sull’apartheid
Ma via via che le vittorie avanzavano si dovette affiancare alla Disobbedienza Civile un’altra tecnica di lotta non meno essenziale: l’OBBEDIENZA Civile.
Quando i neri poterono finalmente entrare nelle università bianche la battaglia era vinta solo a metà. Era necessario che gli studenti esercitassero quei loro diritti, che entrassero in una università, frequentandola e uscendone laureati. Fu anche questa una battaglia durissima, con i studenti neri che per entrare negli atenei dovevano passare in mezzo a due ali di razzisti bianchi che li insultavano. Ma tennero duro e si laurearono. E solo allora la battaglia fu vinta veramente.

La situazione italiana presenta un’analogia con quella americana.
In questo momento la corruzione e l’illegalità generalizzata che domina il paese sono teoricamente vietati dalla legge ma in pratica lo Stato non ha la forza di imporre questa legalità.
Ci sono le leggi ma i giudici e gli agenti da soli non possono farle rispettare.
Questo avviene a livello generalizzato su mille questioni grandi e piccole. E questa condizione di impunità generalizzata è il substrato della cultura del berlusconismo e dell’inciucio.
Che cosa succederebbe se un partito con la forza dell’Italia dei Valori decidesse di cambiare la situazione?
In realtà sarebbe relativamente facile proprio perché si tratta di dare un semplice “aiutino” allo Stato.

Faccio un esempio. Nel 1996 con Angese lanciammo una rivista di satira: l’Eco della Carogna. Nel primo numero denunciammo una situazione allucinante: avevamo scoperto che la vernicetta argentata dei biglietti del Gratta e Vinci, conteneva ftalati e fenoli ed era quindi cancerogena. Ogni mattina milioni di italiani grattavano la polverina tossica sul bancone del bar e poi con le dita impolverate inzuppavano il cornetto nel cappuccino.
Dopo la pubblicazione dell’inchiesta, documentata con analisi chimiche e pareri di specialisti, non successe nulla.
Restammo stupiti, avevamo denunciato un’aperta violazione della legge e del buon senso e nessuno interveniva!
Allora il 17 agosto presentammo un esposto documentato alla magistratura, denunciando il danno alla salute pubblica che si stava producendo per semplice idiozia, da parte di un ente statale per giunta.
Il 19 agosto i Gratta e Vinci tossici furono ritirati su tutto il territorio italiano. Fu uno shock nazionale, ci furono crisi di astinenza da grattazione ma dopo un paio di settimane i Gratta e Vinci tornarono in commercio, meno luccicanti e argentati di prima e senza cancerogeni. Modestamente abbiamo evitato un tumore a migliaia di connazionali e ci siamo guadagnati un posto nel paradiso degli impenitenti, che è addirittura meglio di quello musulmano.

L’attuale stato delle cose in Italia è che ci sono migliaia di casi analoghi. Migliaia di situazioni che danneggiano gravemente i cittadini, in plateale, aperto, conclamato disprezzo della legge, sulle quali nessun partito interviene in modo costante e organizzato.
E sono battaglie che i singoli cittadini e i piccoli gruppi non hanno la forza di condurre, servono energie notevoli e serve la forza di resistere poi alle ritorsioni (l’Eco della Carogna chiuse nonostante il grandioso successo di pubblico, forse fra 20 anni potrò raccontare come accadde).

Scovare queste illegalità è facile. Ho in mano il numero 235 di Altroconsumo, una rivista collegata a un’associazione straordinaria che da 37 anni informa i cittadini sulla qualità dei prodotti e sui loro diritti, fornendo convenzioni, supporto legale e consulenza tecnica in casi di contenzioso.
Leggo che su 15 modelli di casco per motociclisti sottoposti a un test di qualità e resistenza da Altroconsumo, addirittura 8 risultano essere fuori legge perché non rispettano i parametri minimi di efficienza.

Non stiamo parlando di un problema da poco. Vuol dire che in Italia su due morti in motocicletta grossomodo uno indossa un casco tecnicamente illegale.
Altroconsumo fa il suo lavoro impagabile informando su com’è la situazione. E credo che siano quotidianamente stupiti del fatto che la cosiddetta Società Civile non fa tesoro del loro lavoro.
Perché non c’è nessun partito che incarica un avvocato di presentare un esposto alla magistratura e far ritirare questi caschi fuori norma?
Io credo che questo dovrebbe essere uno dei compiti fondamentali dei partiti politici. Non basta fare le leggi nelle aule parlamentari. Bisogna poi praticare l’Obbedienza Civile e agire perché la legge diventi operativa.
E lo è tanto più oggi per i partiti dell’opposizione che ben poco possono per l’esiguità numerica e l’uso industriale del voto di fiducia.

Caro Di Pietro, secondo me otterreste una rivoluzione copernicana se l’Italia dei Valori mettesse in agenda questa battaglia. I cittadini italiani, abituati a partiti che poco si occupano della gente, resterebbero favorevolmente impressionati se vedessero farsi avanti un’organizzazione che prende a cuore il loro benessere.
Parliamo di prodotti scadenti che causano indirettamente o direttamente morti, feriti, contusi, malanni, sofferenze, perdite di tempo e di denaro. Parliamo di testi di contratti per servizi, palesemente fuori legge, con clausole vessatorie che non resisterebbero per un secondo nell’aula di un tribunale ma che per il singolo cittadino diventano ostacoli difficili da superare. Parliamo di tante piccole truffe, che continuano impunite, ad esempio nelle televendite, soltanto perché nessuno si prende la briga di far rispettare la legge con strumenti legali… Migliaia di vecchiette turlupinate ogni giorno non avrebbero il diritto a un difensore etico?
E otterreste anche un radicamento sul territorio e uno strumento di crescita sul campo, dei militanti e dei dirigenti del partito. Le sedi locali dell’IDV diventerebbero anche centri di Obbedienza Civile e difesa del cittadino.
L’IDV troverebbe finalmente quel rapporto localizzato con gli elettori che oggi le manca e gli italiani diventerebbero più ricchi e meno mazziati se, ogni lunedì, la settimana si aprisse con Antonio Di Pietro che mette fine a un’altra furbata dei potenti e di quelli che se ne fregano delle leggi dello Stato.

Una simile iniziativa politica avrebbe poi il pregio di creare un potere di dissuasione. Vi sono alcuni casi in cui si reca grande danno al cittadino anche senza violare una legge.
Casi di infima piccineria e miopia delle aziende che per ottenere utili minimi fanno danni enormi. Ad esempio sono in commercio pellicole che contengono pvc (che si scioglie a contatto con i grassi) vendute insieme alle pellicole per alimenti, senza una dicitura leggibile. Ho dato incarico a un avvocato di scoprire cosa dice la legge. E mi ha risposto che non c’è niente da fare. Se c’è scritto “Non usare per avvolgere alimenti contenenti grassi” non puoi denunciarli, anche se è scritto alto un millimetro. E’ una carognata che colpisce i consumatori che non leggono attentamente le etichette dei prodotti. Vecchiette, commercialisti disinformati… Secondo me succederebbe qualche cosa se un partito politico come l’IDV andasse dai dirigenti dei supermercati e gli dicesse semplicemente: “Vi sembra bello fare questo? E’ bello mettere insieme un prodotto a norma di legge per alimenti e uno che non si può usare per alimenti contenenti grassi, e magari quello insano costa un po’ di meno?…”.

Ai dirigenti dei supermercati gli verrebbe il senso di colpa che non ci dormono perché sono sensibili e il giorno dopo questa crudeltà cesserebbe.
Ci sono tante situazioni in cui si sente la mancanza della funzione di BUON PADRE DI FAMIGLIA GLOBALE che lo stato dovrebbe avere. Una funzione di dissuasione, consiglio, formazione etica pratica. E visto che lo Stato non espleta questa funzione, ricade nella sfera di responsabilità dei partiti che si candidano a gestire lo Stato. E che possono così dimostrare, anche stando all’opposizione, quale è la loro filosofia sociale. Non in astratto, a parole, ma calata nel quotidiano con i fatti.

Ecco quindi come vedrei un programma di Obbedienza Civile.
Il primo lunedì: si fanno ritirare dal territorio nazionale i caschi da motocicletta fuori norma.

Il secondo lunedì: si denunciano le banche che nascondono con capziosi artifici di calcolo il fatto che praticano interessi a volte superiori ai tassi di usura.

Il terzo lunedì: si apre la caccia gli estintori domestici e aziendali fuori norma (ti è mai capitato di correre con un estintore per spegnere un incendio e accorgerti che non funziona? Io l’ho provato, un’esperienza molto deprimente).

Quarto lunedì: televendite di orologi finti, materassi in puro lattice vegetale chimico, quadri d’autore originali stampati in serie.

Quinto lunedì: si stroncano i costi occulti dei numeri telefonici che offrono informazioni sui numeri di telefono (alcuni quando ti passano la comunicazione con il numero telefonico che hai richiesto, te lo dicono usando curiose espressioni verbali ambigue, e mentre parli continui a pagare come se stessi ancora collegato con l’ufficio informazioni: un botto. Pochi consumatori se ne rendono conto.)

Sesto lunedì: si dice basta alla gente che telefona a tutte le ore offrendoti raggiri incredibili come l’abbonamento alle riviste: Amo la Finanza, Amo i Carabinieri, e Amo i Poliziotti, con autoadesivo da attaccare all’auto così puoi andare a 200 all’ora e non ti fanno la multa, puoi non pagare le tasse e la Finanza ti ama lo stesso e puoi sputare sui marocchini che in fondo siamo tutti settentrionali dentro.

E così via 52 volte all’anno. Diventerebbe l’evento del lunedì più appassionante. Sei contrariato perché devi tornare a lavorare ma sei contento che è lunedì perché così scopri cosa ha combinato Di Pietro questa volta.

Si potrebbero anche stampare dei grandi manifesti:
Guerra pacifista all’illegalità generalizzata.
Guerra pacifista alla cultura dei furbetti impuniti.
Iniziamo a cambiare l’Italia, da subito, nel piccolo e nel grande, ovunque sia possibile, poi se ne andrà anche Berlusconi.

PS: Nella lettera della settimana scorsa a Bersani, gli ho proposto di realizzare in tutti i comuni gestiti dalla sinistra le azioni di efficienza energetica che decine di sindaci del PD hanno già concretizzato con enorme vantaggio economico e ecologico, migliorando contemporaneamente il benessere dei cittadini.
Questa impostazione di dialogo, positiva e pratica ha riscosso l’apprezzamento di molti che hanno commentato l’articolo e di alcuni che lo hanno diffuso linkandolo.
Ringrazio tutti per il sostegno che mi avete offerto.
Alcuni mi scrivono che bisognerebbe far arrivare questa lettera veramente a Bersani. Sono d’accordo. So che è improbabile che un big della politica ci ascolti ma mi piace sognare.
Sarebbe comunque interessante provarci, quantomeno a far sì che queste proposte non cadano sotto totale silenzio. Anche solo che se ne discuta sarebbe un grande risultato.
Ma ovviamente non posso farlo da solo.
Qualcuno ha voglia di impegnarsi in una campagna di comunicazione su questi temi?
Un link-corteo darebbe visibilità al discorso. Magari qualche sezione del PD potrebbe riprendere queste proposte e votarle. Avrebbe un peso. Insomma una campagna di opinione vecchio stile. Sono convinto che molti iscritti del PD sarebbero proprio d’accordo con queste proposte se le conoscessero.
E sono convinto che i lettori del Fatto Quotidiano siano una potenza galattica.
Credo che riuscire anche semplicemente a discutere su questioni di strategia e strumenti di lotta sarebbe un risultato notevole anche se poi passano altre idee e le nostre vengono scartate.
Tutto è meglio del sistema gelatinoso che sta immobilizzando i cervelli.



Archeologia, Matthiae: ''Il palazzo di Hammurabi è il nostro prossimo obiettivo''




Roma - (Adnkronos) - Il luminare a cui si deve la scoperta di Ebla nel 1964: ''Abbiamo rinvenuto una grande stele in basalto, omaggio alla 'dea siriana' Ishtar''''

Roma, 18 lug. (Adnkronos) - Portare alla luce il palazzo e gli archivi reali di Hammurabi, 'nascosti' sotto l'Acropoli, un tempo centro nevralgico di Ebla. E' questo il prossimo obiettivo del professor Paolo Matthiae e del suo entourage di archeologi. Si deve proprio al professor Matthiae la scoperta di Ebla, nel 1964. La città, situata a nord della Siria, a sud-ovest di Aleppo, era localizzata in una posizione intermedia fra Mesopotamia, Anatolia e Palestina .
''Nel corso dell'ultima campagna di scavi - spiega il luminare in un'intervista all'ADNKRONOS - abbiamo rinvenuto una grande stele in basalto con dei rilievi sui quattro lati. Le immagini rappresentano la dea Ishtar, una sorta di 'Venere' o 'Afrodite siriana' ''.

Oltre a proteggere l'amore e la fertilità, Ishtar, però, simboleggiava una 'versione femminile' del dio Marte, poiché era conosciuta anche come 'dea della guerra'. Protettrice di Ebla e della dinastia regnante, fu soprannominata dagli antichi romani 'La dea siriana' e pare che fosse amata e temuta anche in Occidente.

''La scoperta di questa stele - prosegue il professore - ha un valore considerevole perché presenta una serie di raffigurazioni fra cui quelle della dea stessa sospesa in una sorta di circonferenza celeste, identificata come il pianeta Venere. In più sono degni di interesse rilievi raffiguranti scene musicali connesse ai riti in favore della divinità, fra cui anche sacrifici di prigionieri. La stele, dunque, è importante perché documenta il culto di una religione molto antica''.

''Tutti i nostri sforzi adesso - continua Matthiae - si concentreranno per riportare alla luce il palazzo reale, fondato da Hammurabi, re di Babilonia, nel periodo di massima fioritura di Ebla, fra il 2000 ed il 1600 a.C., prima che la zona diventasse un insediamento rurale di secondaria importanza. Nel 1600 a.C., infatti, Ebla fu distrutta per la terza volta dagli Ittiti. Si concluse, così, il periodo d'oro della città, che era stato caratterizzato dall'incremento dei contatti con l'Egitto, da quello delle attività commerciali e dell'aristocrazia mercantile''.

''Ebla - chiosa il luminare - fu citata l'ultima volta in riferimento alle Crociate, quando divenne per un breve periodo, un accampamento per i soldati cristiani. Crediamo che il palazzo reale di Hammurabi, situato al centro dell'Acropoli, sia un edificio molto esteso. Potrebbe anche raggiungere i 15.000 metri quadri circa ed occupare così gran parte di quello che un tempo era il fulcro della città''.

Ma l'archeologo stesso ammette che l'impresa sarà ardua: ''L'edificio si trova al di sotto di strutture e sovrapposizioni meno importanti, probabilmente 3,5 o 5 metri al di sotto di questi materiali. Il lavoro sarà lento e faticoso e potrebbe durare anche più dei due o tre anni previsti… per adesso abbiamo rinvenuto, nella parte nord, una grande corte periferica e stiamo raggiungendo i limiti occidentali dove dovrebbe esserci una serie di corti minori. Speriamo di avvicinarci, già nella seconda campagna, in autunno, al nucleo centrale dell'edificio e di individuare i quartieri più importanti, ad esempio la zona di ricevimento, ma soprattutto gli archivi reali di Hammurabi''.

''Si tratta della quarantasettesima campagna di scavi a Ebla - dichiara Matthiae - Questo per gli abitanti del posto, è l'anno del Ramadan. Il digiuno inizierà l'11 agosto e terminerà il 12 settembre. Abbiamo deciso, quindi, di interrompere la campagna in estate e di riprenderla a settembre''. Il progetto è tuttora finanziato e promosso dall'Università degli Studi di Roma La Sapienza che opera in collaborazione con il ministero della Cultura di Damasco. Le ricerche, infatti, sono finalizzate anche all'allestimento di un parco archeologico di Ebla a Damasco.

''Questi lavori di scavo e protezione del sito - spiega Matthiae - si accompagnano all'iniziativa del ministero degli Affari esteri di Roma e della Direzione generale per la Cooperazione e lo Sviluppo, che intendono rinnovare completamente i locali del museo regionale di Idlib, città sotto la quale sono sepolte numerose civiltà fra cui quella di Ebla. La struttura sarà dedicata alle autorità siriane. Entro un paio d'anni vorremmo anche edificare un museo italiano in loco in cui esporre tutte le scoperte fatte dal nostro gruppo di ricerca''.

A proposito del ruolo dell'Italia in campo archeologico il luminare dichiara: ''Il nostro è sicuramente un paese leader in questo campo, soprattutto nell'ambito degli studi e delle scoperte e per i risultati che raggiungiamo. Purtroppo siamo un po' carenti in materia di strumenti e soprattutto, diversamente da paesi come la Germania e la Francia, non godiamo di sicuri finanziamenti. La crisi - prosegue l'archeologo - ha influito e sta influendo negativamente anche in questo campo… tuttavia nel 1975, anno della scoperta degli archivi reali di Ebla, che svelò al mondo intero l'importanza di questa missione, la Sapienza decise di stabilire un budget annuale da riservare ad alcune importanti imprese dell'università, sia in Italia che all'estero''.

''La decisione fu presa da Antonio Ruberti, a quel tempo rettore e quest'anno Luigi Frati non si è solo limitato a riconfermare il budget ma l'ha addirittura incrementato. D'altronde, - chiosa il professore - il dipartimento di Archeologia e quello di Fisica dell'università La Sapienza hanno sempre rappresentato dei punti di eccellenza''.

Matthiae che, grazie al suo impegno, è stato anche insignito della più alta onorificenza della Repubblica Araba Siriana, esorta a pensare l'archeologia come ''una scienza 'terribilmente contemporanea'. Ed uno strumento di tolleranza. Spesso si pensa che questa disciplina sia rivolta esclusivamente al passato. Io sono convinto del contrario. Il passato è allo stesso tempo familiare e diverso da noi ed è per questo che l'archeologia si configura come una 'scuola di tolleranza': indagando il passato - conclude Matthiae - possiamo affrontare e percorrere itinerari capaci di congiungere identità e alterità''.

domenica 18 luglio 2010

19 luglio 2010 - Le agende rosse tornano a Palermo con Paolo Borsellino


S.Borsellino: nessun flop è solo disinformazione strumentale alla fiaccolata della destra di domani. - David Perluigi



Salvatore Borsellino è nero.
Non usa mezzi termini: ‘Sono incazzato sì, è la solita disinformazione. Come si fa a parlare di flop quando 250/300 persone con il sole a picco si fanno due ore di marcia. Ma stiamo scherzando? Ancora faccio fatica io a parlare per riprendermi, abbiamo fatto un’ora in salita per raggiungere Castel Utveggio sul Monte Pellegrino. Eppure mi chiamano i giornalisti per dirmi: ’Borsellino, abbiamo letto le agenzie non sembra sia andata bene?’.

Il fratello del magistrato ucciso è profondamente amareggiato per come certa stampa e alcune agenzie hanno riportato nelle cronache odierne la riuscita del corteo partito stamane da via D’Amelio e organizzato dal Popolo delle Agende Rosse (il movimento fondato proprio da Salvatore Borsellino) nel secondo dei tre giorni di commemorazione nel 18mo anniversario della morte di Paolo Borsellino e della sua scorta.
‘E’ andata meglio rispetto all’anno scorso. Eppure nessuno parlò di flop un anno fa. Ho visto persone di Pordenone, Treviso, Venezia che sono arrivate qui stamane dopo un viaggio estenuante. Donne, anziani, ragazzi che si sono spaccati la schiena con il sole che c’è oggi a Palermo solo per commemorare Paolo e i suoi ragazzi. Tutte con le agende rosse alzate. Venute qui per ricordare, capire e vedere con i propri occhi. Abbiamo fatto vedere a questa gente come è possibile già a occhio nudo da Castel Utveggio avvistare il portone del palazzo dove abitava mia madre e avvisare, così, chi doveva innescare l’esplosivo’.

Il castello, infatti, secondo una tesi investigativa, avrebbe ospitato una sede del Sisde da cui sarebbe partito l’ordine di far esplodere l’autobomba usata nella strage. ’I responsabili del monumento per la prima volta – continua S.Borsellino - hanno aperto le porte del castello a una delegazione così grande. Prima di allora erano entrate solo delegazioni formate da una decina di persone al massimo’.
Eppure qualcuno anche tra le associazioni più rappresentative nella battaglia antimafia mancava oggi alla manifestazione, come ‘Addio Pizzo’. ’E’ un bilancio sui presenti che farò alla fine, a mente fredda, dopo questa tre giorni in ricordo della strage, non è questo il momento. Certo mi auguro che domani al corteo che partirà da via D’Amelio per raggiungere via Notarbartolo (dove c’era la casa del giudice Falcone ndr), vi siano tutte le associazioni antimafia e che qualcuno di ‘Addio Pizzo’ si faccia vivo. E’ mia sorella Rita che tiene i rapporti con le associazioni’.

Domani intanto è prevista alle 20,00 una fiaccolata organizzata dal movimento di destra della
‘Giovane Italia/Azione Giovani di Palermo’ che partirà da piazza Vittorio Veneto. ‘Ero intenzionato ad andare – dichiara S.Borsellino – poi ho sentito che verranno anche Nania e Gasparri e ho deciso che non andrò. Ma temo, viste le polemiche strumentali sulla manifestazione di oggi, che è facile che molti giornali dopodomani scriveranno che la fiaccolata della destra è stata un successo. Metteranno a confronto una fiaccolata fatta alle 20,00 di sera all’ombra con la nostra fatta sotto il sole rovente. Troppo facile così. Lo so che qualcuno si sta preparando a scriverlo’.

Il Popolo delle Agende Rosse intanto è impegnato nell’organizzazione nel teatro dell’ex cinema Edison, traversa di Corso Tukory (zona Ballarò), per la proiezione di questa sera alle 20,00 del documentario: ‘
19 luglio 1992: una Strage di Stato’ del regista Marco Canestrari, realizzato insieme alla redazione del sito internet 19luglio1992.com. A seguire vi sarà un dibattito con Antonio Ingroia, Marco Travaglio, Nicola Biondo, Gioacchino Genchi e Salvatore Borsellino. Il teatro, secondo quanto riferito dagli organizzatori, dovrebbe essere pieno.



Il babbeo, l’extravergine e la vittima di stalking. - Alessandro Gilioli



A leggere oggi i verbali e le interviste dei “quattro sfigati” e dei loro amici, pare di trovarsi di fronte a una scolaresca di seconda media finita dal preside dopo una gita scolastica in cui ne hanno fatte di tutti i colori: ognuno dà la colpa a quell’altro e si stupisce che se la prendano proprio con lui.

Prendete Ugo Cappellacci, il bravo signor Nessuno elevato a governatore della Sardegna per soffocare sul nascere le ambizioni nazionali di Soru: beccato nella compagnia, ora sostiene di essere «solo un babbeo». La qual cosa, onestamente, era sospettabile da tempo, ma ci sarebbe piaciuto se questo coming out fosse avvenuto già in campagna elettorale, in modo da aiutare i sardi nelle loro scelte.

Un altro della ’simpa compa’, Pasquale Lombardi, minimizza il suo ruolo ammettendo solo di aver fatto mandare dell’olio di oliva a un giudice: il particolare grottesco è che per procurargli questa “piccola regalia” (come la chiama lui) fa arrivare il bidoncino colmo in Cassazione, scomodando un carabiniere all’uopo. Secondo Lombardi, il racconto sull’extravergine dovrebbe minimizzare i danni, far intendere che erano solo piccoli scambi di derrate fra amici. Io invece pagherei per poter pubblicare la foto, infinitamente metaforica, della tanichetta sgocciolante caricata nel bagagliaio per ungere il magistrato con l’auto che procede verso il Palazzaccio sul lungo Tevere, attraversando con il suo prezioso carico gli epicentri del potere romano.

Infine, dopo il babbeo e l’untore, c’è il molestato, la vittima di stalking: il povero sottosegretario Giacomo Caliendo, che a Repubblica spiega di essere stato solo vittima di telefonate indesiderate, gente che lo chiamava e a cui lui non metteva giù solo per cortesia, perché essendo un gentiluomo risponde sempre a tutti. Per la precisione, aggiunge, rispondeva di sì proprio per toglierseli di torno, quei molestatori.

E qui siamo veramente al tripudio, perché è meraviglioso pensare che in mezzo secolo tra magistratura e politica, nessuno abbia mai spiegato al cortese Caliendo

che per togliersi dalle palle i molestatori basta rispondergli (sempre educatamente) di no.


http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/07/18/il-babbeo-lextravergine-e-la-vittima-di-stalking/comment-page-1/#comment-450191



Formigoni nega, ma le intercettazioni lo incastrano



E La P3 spunta nella vicenda Rai-Agcom per bloccare Annozero


di Monica Centofante - 18 luglio 2010


Alla prima occasione utile Roberto Formigoni, Presidente della Regione Lombardia, ha respinto pubblicamente il suo coinvolgimento nell'inchiesta sulla P3. Proprio quando la sua convocazione da parte della procura di Roma è diventata di dominio pubblico.


Venerdì, nel corso di un incontro tenutosi a Milano, il Governatore ha escluso ogni sua implicazione, “presunta o reale”, nell'indagine e ha etichettato le notizie uscite sul suo conto come “false e infondate”. Ma alla domanda sulle sue telefonate con Arcangelo Martino, l'imprenditore campano finito agli arresti insieme a Flavio Carboni e Pasquale Lombardi, ha evitato di rispondere.
Eppure, nelle corpose informative dei Carabinieri allegate all'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giovanni De Donato, il nome di Formigoni appare in centinaia di pagine. In quell'intreccio di rapporti di cui è piena l'inchiesta. E dal quale è emerso un quadro devastante, come lo ha definito ieri il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo che “riguarda l'assetto della società civile” e “configura un condizionamento della civiltà democratica”
Tre le vicende che ruotano attorno al Governatore. La più nota è quella legata all'iniziale esclusione della Lista Formigoni dalle elezioni del marzo 2010, le altre due ad altrettante inchieste che avevano visto il coinvolgimento del Presidente lombardo, terminate con l'archiviazione.

L'amico Roberto, “principale attore”
E' 1° dicembre del 2009 e i maggiori quotidiani nazionali pubblicano la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati del Presidente lombardo nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla Procura di Milano sull'inquinamento atmosferico.
Lo stesso giorno, sul sito dell'Agi, il procuratore aggiunto di Milano Nicola Cerrato, che coordina il pool reati ambientali, si affretta a definire quell'iscrizione - e quella del sindaco Letizia Moratti e del Presidente della Provincia, Guido Podestà - un atto “di garanzia”. Spiegando che la procura aveva addirittura chiesto l'archiviazione, respinta dal gip Marina Zelante.
Appena appresa la notizia il gruppo di potere occulto scatta sull'attenti e avvia una serie di controlli per assicurarsi che quell'inchiesta finisca nel migliore dei modi per “l'amico” Formigoni. E mentre Pasquale Lombardi chiama il legale del Governatore, avv. Brusa, per farsi comunicare i nomi dei magistrati che hanno in mano l'inchiesta milanese, Arcangelo Martino telefona allo stesso Formigoni per chiedergli se non è il caso di prendersi un caffé a Milano.
Il dialogo è criptico, ma l'oggetto della discussione non lascia spazio a dubbi.
“Non credo che valga la pena [che tu faccia] un viaggio speciale” per una simile sciocchezza, sono le parole del Presidente lombardo, sicuro dell'archiviazione. Ma Martino insiste: a Milano ci sarebbe salito comunque per seguire le vicende di un comune amico.
Nel frattempo Lombardi, appreso che pm dell'indagine sono il Cerrato e il dottor Giulio Benedetti, inizia a cercare il primo tramite Angelo Gargani, capo dell'ufficio Servizio di Controllo Interno dello stesso Ministero che accetta di combinare un appuntamento. E si accerta: “Lo conosci [già]?”, domanda al suo interlocutore, che risponde in modo molto significativo:
“Eeh... si deve ricordare, se non si ricorda glielo ricordi gli dici che questa è roba nostra e deve venire un poco da te... tu gli dici che è l'amico di Giacomino, amico mio e amico di tutti quanti”.
Il giorno seguente il magistrato Angelo Gargani chiama Lombardi: “Nicola – dice alludendo con tutta probabilità a Nicola Cerrato – ti aspetta domani all'una” “nel suo ufficio, si al quarto... devi entrare da via Freguglia al quarto piano”.
A quel punto Arcangelo Martino invia un sms a Roberto Formigoni per informalo che “domani ore 15:30 il mio Lombardi sarà dall'avvocato Brusa”. Il messaggio prosegue: “Ti prego di fargli pervenire l'informazione. A presto. Ti abbraccio. Arcangelo”.
Quando Lombardi chiama Martino per chiedergli di avvisare il suo amico, “il principale attore” (Formigoni), Martino risponde: “Già fatto, già fatto, tutto a posto”.

Il fatto dell'11
Dal 12 dicembre in poi, sulle utenze in uso a Lombardi e Martino si sente ancora parlare del presidente Formigoni. Questa volta l'oggetto delle conversazioni è una non meglio precisata vicenda d'interesse del Governatore, che gli interlocutori definiscono, in modo criptico, “il fatto dell'undici”.
Secondo i Carabinieri si tratterebbe della sentenza della Corte di Cassazione che in quella data, per come riportano notizie di stampa, avrebbe assolto il presidente Formigoni dall'accusa di abuso d'ufficio nell'ambito di un procedimento sulle presunte irregolarità nella gestione della fondazione Bussolera-Bianca.
I sodali vogliono essere sicuri della fondatezza della notizia e iniziano ad attivare i loro contatti. In primis Vincenzo Carbone, presidente della Corte di Cassazione e Antonio Martone, magistrato.
Carbone tranquillizza Lombardi: “Non ti preoccupare stai tranquillo, ciao”. E Lombardi telefona a Martino, in contatto con Formigoni: “Oh, figurati io mo sto aspettando di venerdì 11 (undici) mi pare che è andata bene, mi pare... ho parlato sia con una che con l'altro in questo momento e mi hanno detto che le cose sono andate bene”.
Sull'argomento tornano il successivo 14 dicembre. In quella data Lombardi chiama Martone: “Volevo sapere se avevi deciso il fatto di venerdì” e l'interlocutore risponde: “Più tardi vado in ufficio vedo, d'accordo”. Poi richiama il Lombardi: "Pasqualì. dovrebbe essere andato bene".
Subito dopo Lombardi rassicura Arcangelo Martino: “ E' andato bene, tutto a posto" prima di lasciare intendere, con tozo scherzoso, di pretendere un regalo per i suoi servizi: “Fammi dare il premio ora. Se no non faccio più niente .... voglio il premio. Voglio il premio per Natale, voglio l'uovo di Pasqua per Pasqua”.
Alle 11.34 Marino via un sms a Formigoni: “In attesa di mercoledì ti confermo anticipatamente tutto ok il giorno 11 ultimo scorso. Confermami. Ti abbraccio, Arcangelo”.

Il mandante è il Presidente
Per quanto concerne invece la vicenda dell'esclusione della Lista Formigoni dalle competizioni elettorali del marzo scorso i Carabinieri registrano una serie di conversazioni che lasciano intendere in modo chiaro come il gruppo occulto abbia agito, in questa occasione, dietro mandato del Presidente della Lombardia.
Tutto ha inizio quando le attività di intercettazione documentano il tentativo del sodalizio di influire sull'esito del ricorso presentato nell'interesse della lista “Per la Lombardia”, che fa capo al Presidente della Regione.
Il tentativo, si legge anche nell'ordinanza, viene operato mediante il diretto intervento di Lombardi su un loro uomo, il magistrato Marra, appena insediatosi nella funzione di Presidente della Corte d'Appello di Milano. E “successivamente, in seguito al rigetto del ricorso da parte della commissione elettorale milanese, prosegue con il tentativo dello stesso Lombardi e di Martino di esercitare pressioni su rappresentanti del Ministero della Giustizia, allo scopo di suscitare un'ispezione straordinaria nei confronti dei magistrati milanesi che avevano costituito il collegio”.

E' il 1° marzo del 2010 quando Formigoni chiama Martino: “Ciao senti volevo segnalarti questo che, in questo momento la commissione elettorale ci ha escluso dalle elezioni... c'è un contenzioso in corso, in quanto hanno annullato oltre cinquecento firme”, “raccolte da noi sul listino, quindi proprio sul nome Formigoni”. Poi continua: “Noi abbiamo tempo ventiquattro ore per presentare ricorso, quindi entro domani a mezzogiorno lo presentiamo”. Martino ascolta attento: “Bene, ne posso avere una copia di questo?”.
Formigoni: “Di che cosa?”.
Martino: “Del ricorso”.
Formigoni: “Del ricorso nostro, quando c'è te lo faccio avere”.

Quasi contemporaneamente Lombardi telefona a Marra e gli comunica di controllare “un po' sta situazione [delle liste], io per questo vengo domani mattina su Roma, su Milano”.
Il giudice annuisce: “Domani mattina ci sono in ufficio, va benissimo senz'altro, va bene”.

Subito dopo lo stesso Lombardi telefona al giudice Santamaria Gaetano per informarlo dell'accaduto e dell'appuntamento fissato con Marra prima di aggiungere che sarebbe opportuna anche la sua presenza. Santamaria è però impossibilitato: “No, ma non ci posso stare assolutamente, io tengo tre, quattro appuntamenti giù a Roma domani”.
(…) Lombardi: “Quando chiami Fofo' (Marra ndr.)”
Santamaria: “E lo chiamo più tardi, glielo dico che domani... (inc). Domani arrivo io verso le undici e cercasse già di chiamare questi, questi quattro stronzi della commissione elettorale... perché (inc)... presenta in mattinata il ricorso”.

Alle 17.15 Lombardi parla della vicenda Formigoni con Giacomo Caliendo, sottosegretario alla Giustizia, e alle 17.55 Formigoni telefona di nuovo a Martino, che lo rassicura: “Io domani ho già predisposto... e arriverà quel mio rappresentante lì”
Più tardi Formigoni si risente con Martino, è preccupato perché i giudici che devono esaminare il ricorso sono gli stessi che avevano escluso la lista. A questo punto il Presidente chiede: “Ma l'amico, l'amico, l'amico, l'amico, lo, Lombardo, Lombardo lì, Lombardo, Lombardi è in grado si agire?”. E l'interlocutore risponde: “Sì, sì, sì, ma lui ha già fatto qualche passaggio e sarà lì”.

La mossa delle ispezioni ministeriali
Il ricorso, come già detto, viene però rigettato dalla Corte di Appello di Milano e Martino rimprovera Lombardi in maniera dura per la brutta figura fatta. Prima di passare ad un nuovo piano: inviare presso la stessa Corte d'Appello gli ispettori del Ministero della Giustizia.
Allo scopo viene contattato Arcibaldo Miller, capo degli Ispettori presso quel Ministero che a Martino spiega: “Devono fare un esposto in cui dicono che sono... diciamo che... che i giudici della Corte d'Appello hanno fatto delle irregolarità... precisano e chiedono un intervento di contro al Ministro della Giustizia”.
La documentazione viene preparata mentre il Tar accoglie il ricorso e riammette la lista alle regionali.
In quei giorni i Carabinieri registrano una lunga serie di contatti tra i membri del gruppo che stanno preparando l'operazione e i diversi personaggi con cui sono in contatto.

Il 10 marzo del 2010 Formigoni parla con Martino. “Volevo capire – dice – se nonostante la neve... ci saranno gli spostamenti verso il nord”.
Il Martino fraintende il senso della richiesta e risponde che lui è disponibile a raggiungerlo, e Formigoni cerca di essere più chiaro: “No ma io pensavo ma non solo a te che hai mille cose da fare ma se ci saranno altri visitatori... secondo te ci saranno altre visite nonostante l'inverno?”

Martino: “No non, ci saranno! Ci saranno”.
Formigoni: “Chi saranno?”
Martino: “... è stato spedito quella cosa li!?”
Formigoni: “Sì, sì sì certo! Certo certo!”
Martino: “Ah bene bene! Questo volevo sapere io! Allora io provvedo e vengo su”.
Formigoni: “No sarebbe molto importante che avvenisse perché sai”
Martino: “Adesso?”
Formigoni: “Al ventotto... le visite sarebbe bene che avvenissero prima”.

Il 28 marzo è la data in cui si terranno le elezioni regionali.

Due giorni più tardi, il 12 marzo, Martino si sente con Lombardi per chiedere quando il sottosegretario Caliendo pensa che verrà ordinata l'ispezione: “Ma lui che ti ha detto Giacomo ieri che quando si poteva i... ipotizzare”. Il Lombardi ribadisce: “Subito come il Ministro arrivava a Roma... deve stare il Ministro a Roma per dare l'incarico” e aggiunge: “Hai capito è lui... perché io mo se acchiappo il Ministro (inc) quando vai a Roma? (inc) sta pure Giacomino! Speriamo che mo l'acchiappo a sto madonna!”

Nel frattempo il collaboratore di Formigoni, tale Willy, informa Martino di avere inviato il testo dell'esposto da cui dovrebbe scaturire l'ispezione ministeriale alla sua casella di posta elettronica e a quella personale del sottosegretario e le successive conversazioni dimostrano che la documentazione è arrivata a destinazione. Ma il tempo scorre e il 15 marzo Formigoni è nervoso: “Ciao, ciao – saluta Martino – no scusami se ti rompo le balle ma chi deve camminare sta camminando?” Il Martino risponde utilizzando lo stesso linguaggio allusivo: “Camminerà e arriverà dalle tue parti a farti visita a fine settimana!”
Formigoni: “No... perché sarebbe utili che parlasse! … parlasse prima della data così si... ci … ci porta giovamento”
Martino: “Ma sicuramente, ma ci sarò anch'io da quelle parti eh... staremo in compagnia”
Formigoni: “Se... voglio dire se ci vediamo mi fai enorme piacere però alle... alle finalità delle elezioni... camminassero e poi parlassero settimana vent... cioè (inc) la settimana ventura martedì, mercoledì”.
Martino: “Sicuramente lo faranno lo faranno”.

Gli amici sono impegnati a Trani
Nel frattempo però scoppia lo scandalo Rai-Agcom, quando vengono rese note le intercettazioni tra Berlusconi, Minzolini e il commissario Giancarlo Innocenzi che discutono di Tv pubblica e della necessità di fermare Annozero e Santoro.
Per questo il 17 marzo, quando Martino chiama Lombardi quest'ultimo si scusa: gli amici “per quello che sta succedendo a Trani rallentano un po' il fatto nostro su Milano, hai capito?”
Troppi scandali a cui badare, “però m'hanno detto che me lo fanno, me lo fanno”.

E infatti è in data 14 che Arcibaldo Miller riferisce a Martino: “Io mo dovrei andare a Trani”, sentendosi rispondere: “Ma forse devi andare anche altrove”.

Poi, il 19, Martino chiede a Perone (stretto collaboratore di Lombardi) di riferire a Lombardi che il suo amico Miller ha concluso il lavoro giù (a Trani, dove sono state fatte delle ispezioni ministeriali all'interno della Procura) e che bisogna sollecitare Caliendo a operare. Testualmente: “Gli devi dire guarda non serve più perché il mio amico laggiù dove è andato ha finito sta tornando già”.

Le telefonate sui generis, intercettate dai Carabinieri, sono tantissime. Di notevole interesse quella del 23 marzo, quando Formigoni riferisce a Martino che chi era impegnato a camminare velocemente non camminerà per niente in quanto “è stato consigliato a stare fermo... dallo stesso Arci... perché lui mi ha... mi ha detto che sarebbe un boomerang pazzesco... questi qui potrebbero addirittura rivalersi su di noi”.
La persona con cui Formigoni ha parlato, spiegano i Carabinieri, “è il Ministro Alfano, mentre Arci con ogni probabilità si identifica nel Capo degli Ispettori Arcibaldo Miller”.

In un successivo colloquio il Governatore della Lombardia concorda con Martino che la mancata ispezione debba avere le sue origini in un'ostilità nei suoi confronti : “Sarebbe interessante verificare esattamente da dove nasce, di chi è questa ostilità... a questo punto, a questo punto a me sembra che è chiaro che la cosa non si fa... mi fai sapere per causa di chi e quali sono i motivi, chi è il colpevole?... chi è il mandante e quali sono i motivi?”

La domanda è rimasta sospesa, ma forse il Presidente ci ha visto giusto. E per lui i guai potrebbero iniziare adesso.



Fiaccolata per Borsellino resa dei conti nel Pdl - Redazione Il Fatto Quotidiano




Tre giorni di memoria, ma anche di politica. Sì, perché il susseguirsi di manifestazioni, incontri, dibattiti per il diciottesimo anniversario della strage di via D’Amelio sembra spaccare ulteriormente il centro-destra. Mentre i ragazzi delle
Agende Rosse e Salvatore Borsellino chiedono che non vi siano politici sul luogo della strage, il finiano Fabio Granata – dai nostri blog – domanda che resti lontano dalle commemorazioni chi solidarizza con i condannati e chi rimane al suo posto nonostante le richieste di arresto: un chiaro riferimento ai casi Dell’Utri e Cosentino.

Del resto, il pensiero di
Paolo Borsellino, il giudice di destra vittima di Cosa Nostra (ma non solo), sul punto era chiarissimo. Già nel 1989, parlando dei rapporti mafia e politica, Borsellino diceva: “Vi è stata una delega totale e inammissibile nei confronti della magistratura e delle forze dell’ordine a occuparsi esse sole del problema della mafia […] E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no ! […] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quell’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto”.

Così Granata, riferendosi della fiaccolata della Giovane Italia di lunedì Palermo – dove è per ora prevista insieme alla presenza di
Gianfranco Fini anche quella di Maurizio Gasparri, Gianni Alemanno, Giorgia Meloni e Domenico Nania e Carlo Vizzini – scrive : “Sarebbe bello non dover scorgere, tra tante facce amiche, qualche presenza stonata: tutti coloro che sui temi della verità e giustizia sulle stragi e sul rapporto mafia politica non hanno assunto comportamenti rigorosi e coerenti. Chi ha appassionatamente solidarizzato con condannati per mafia esaltatori di mafiosi eroici o con chi resta attaccato alla poltrona nonostante i mandati di cattura per associazione camorristica.

Chi, da posti di responsabilità politica, non perde occasione per attaccare la magistratura compresa quella che, irriducibilmente, cerca ancora verità e giustizia su quelle stragi e pretende di individuarne esecutori e soprattutto mandanti. In una parola, ci piacerebbe che stessero lontani dalla nostra fiaccolata e da tutte le commemorazioni in programma tutti quelli che, per dirla con Paolo Borsellino, hanno perduto per sempre “il diritto alla parola”.

Gli risponde durissimo il vice-capogruppo dei deputati Pdl,
Maurizio Bianconi: “Ormai Granata con le sue 
dichiarazioni non ci stupisce più. Alla fiaccolata di lunedì a 
Palermo, non vorremmo vedere, per quanto ci riguarda, quanti hanno 
dimenticato la grande lezione di Leonardo Sciascia e quanti hanno 
fatto comunella con chi attaccò e demonizzò il giudice Falcone, ma 
soprattutto non vorremmo vedere chi seguace di ’incultura’ dipietrista 
pretende di fare il censore e il giustiziere per evidenti chiarissimi 
interessi di bottega e chi in preda a irrefrenabile logorrea e delirio 
mediatico si sta adoperando da mesi per tentare di sovvertire la 
volontà popolare”.

La fiaccolata per Borsellino, insomma, rischia di diventare l’occasione definitiva della resa dei conti nel Pdl. E adesso in molti si chiedono cosa farà Fini. Perché Borsellino anche a 18 anni di distanza dalla morte, a destra come a sinistra, scuote le coscienze. E il 19 luglio, se si ha coraggio, è il giorno giusto per dire da che parte si sta sta.