domenica 26 dicembre 2010

I cittadini di Giampilieri chiamano Berlusconi "il menzognero"



The Showmen - Un'ora sola ti vorrei


WESS - I Miei Giorni Felici (1967)


JULIE DRISCOLL & BRIAN AUGER TRINITY - Save Me (1969)


Addio Italia, vado via perché…




  1. Vado via perché hanno ridotto le borse di studio per l’università, che erano già poche, del 90%.

  2. Vado via perché le borse di studio vanno sempre ai figli degli evasori fiscali.

  3. Vado via perché ci sono troppi evasori fiscali.

  4. Vado via perché gli evasori fiscali non vengono quasi mai scoperti e se vengono scoperti se la cavano con poco. Sono ladri, ma non si fanno mai un giorno di galera.

  5. Vado via perché c’è Bruno Vespa.

  6. Vado via perché fanno parlare Gasparri e lo ascoltano pure.

  7. Vado via perché hanno trasformato il campo da tennis del complesso dove abito in un campo di calcetto.

  8. Vado via perché non ho ancora capito che cazzo sia un tronista.

  9. Vado via perché i giornali usano sempre incomprensibili termini stranieri.

  10. Vado via perché hanno fatto Bondi ministro della Cultura.

  11. Vado via perché il rispetto delle strisce pedonali è un optional che varia da città a città.

  12. Vado via perché la sinistra italiana è quella che è.

  13. Vado via perché la sinistra italiana si permette il lusso, in un momento così, di continuare a essere quella che è.

  14. Vado via perché quando potevano non hanno mai fatto una legge sul conflitto di interessi.

  15. Vado via perché la notte del terremoto in Abruzzo c’erano quelli che ridevano al telefono.

  16. Vado via perché per il terremoto in Abruzzo sono morte 307 persone e per un terremoto con la stessa intensità in Giappone sono morte 8 persone.

  17. Vado via perché Pannella dopo tanti anni continua a interpretare il ruolo di Pannella.

  18. Vado via perché non ci libereremo mai del Nano.

  19. Vado via perché se, per un miracolo, ci liberemo del Nano non farà mai un giorno di galera.

  20. Vado via perché se ci liberemo del Nano continuerà a tenersi i suoi soldi sporchi.

  21. Vado via perché, dopo 35 anni di lavoro, con la mia pensione in Italia in 3 persone non ce la facciamo a campare.

  22. Vado via perché hanno ucciso nei giovani la speranza.

  23. Vado via perché i romanzi di Faletti hanno venduto milioni di copie.

  24. Vado via perché i miei romanzi spesso non si trovano in libreria e i librai a volte non li fanno nemmeno ordinare.

  25. Vado via perché qua c’è il Vaticano.

  26. Vado via perché qua non mi permettono di morire con dignità.

  27. Vado via perché nessuno parla di quelli che hanno perso il lavoro dopo più di venti anni, sono troppo vecchi per trovarne un altro e sono troppo giovani per avere la pensione.

  28. Vado via perché in prigione ci vanno solo i poveri, i tossici e gli extracomunitari.

  29. Vado via perché Cesare Previti, condannato in via definitiva a 6 anni in prigione, ci ha passato solo pochi giorni.

  30. Vado via perché nelle carceri italiane ci sono 44.000 posti e 66.000 detenuti.

  31. Vado via perché quando uccidono una povera ragazza ci fanno per mesi uno show televisivo.

  32. Vado via perché gli italiani hanno perso la capacità di vergognarsi.

  33. Vado via perché esiste la Lega.

  34. Vado via perché hanno inventato la Padania.

  35. Vado via perché Calderoli è un ministro della Repubblica Italiana.

  36. Vado via perché Brunetta è un ministro della Repubblica Italiana e non il clown di un circo.

  37. Vado via perché le puttane quando frequentano i potenti vengono chiamate escort.

  38. Vado via perché le povere puttane di strada rimangono puttane.

  39. Vado via perché non c’è più Fabrizio De André.

  40. Vado via perché non c’è più Giorgio Gaber.

  41. Vado via perché non ci sono più Leonardo Sciascia, Italo Calvino e Pier Paolo Pasolini.

  42. Vado via perché la Juve non vince niente da tanti anni.

  43. Vado via perché non ho vinto al Superenalotto.

  44. Vado via perché non esiste più la mezza stagione, signora mia.

  45. Vado via perché peggio che da noi solo in Uganda, come diceva Gaber.

  46. Vado via perché adesso dicono che i torturatori di Salò erano più o meno come i partigiani.

  47. Vado via perché troppi giovani sono precari e resteranno precari a vita.

  48. Vado via perché abbiamo la più bella Costituzione del mondo e in tanti la stanno calpestando prima di stracciarla.

  49. Vado via perché non mi sento più italiano.

  50. Vado via perché esistono almeno altre 50 ragioni per andare via.

Avrei piacere di sentire le vostre ragioni per andare via o per restare.

http://www.lettermagazine.it/?p=11257


Dal PDL mi salvi Iddio che dal PDmenoelle mi salvo io!




In Parlamento c'è chi pagherebbe per vendersi.

"Per indicare la connivenza del Pd con questa truffa politico-finanziaria che chiamiamo crisi, vediamo i dati di "tutte le volte che non c'erano".

Malgrado B avesse 100 deputati in più, in questa legislatura è stato battuto 72 volte!

Causa le endemiche assenza dei suoi deputati!

Ma avrebbe potuto esserlo molto di più se il Pd avesse voluto.

Per 200 volte il Pd avrebbe battuto B se 20 dei suoi non fossero stati assenti!

30 volte lo avrebbe battuto per soli 5 voti!

Alla sfiducia di Calderoli, che ha legalizzato la banda armata, erano assenti in 35!

Per le autorizzazioni a procedere, richieste da ben 3 procure contro il camorrista Cosentino, 20 del Pd si astennero e 2 votarono contro salvandolo!

Le Province (17 Mld l'anno, che avrebbero consentito di evitare tagli ai servizi pubblici) non sono state eliminate per 8 voti, con 22 del Pd assenti!

Per lo scudo fiscale che ha legalizzato patrimoni neri mafiosi gli assenti furono 55 e il decreto passò 267 a 215, il Pd poteva fermarlo! ...

Il pessimo decreto Alitalia passò per 23 voti, ma c'erano 24 assenti tra Pd, IdV e Udc!

La legge sui rifiuti della Campania che non ha risolto niente è passata per 25 voti e 30 del Pd assenti!

Gli ammortizzatori sociali ai lavoratori Eutelia e Phonemedia-raf sono stato bocciati per 5 voti con 12 assenti! (e da questi conti sono stati anche tolti i deputati in missione, sennò va anche peggio).

E Bersani ci viene a raccontare che si rimboccano le maniche? Ma si vergogni piuttosto! Maledette sanguisughe, lavative, parassite e vendute!".

viviana v., Bologna


Massimo D’Alema tra minacce e bugie. - di Peter Gomez.




Massimo D’Alema, esattamente come avevano fatto in casi analoghi Silvio Berlusconi e i suoi collaboratori, smentisce il contenuto dei cablogrammi dell’ambasciata Usa, pubblicati daWikileaks. L’ex presidente del Consiglio assicura di non aver mai detto, nel luglio del 2007, all’ambasciatore Ronald Spogli che la ”la magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano“.

È molto difficile credergli.

I dispacci tra le ambasciate e Washington vengono redatti ad uso interno. L’amministrazione americana richiede che siano precisi e circostanziati perché anche sulla base di quelle informazioni viene poi decisa la politica estera Usa. La pretesa (di Berlusconi e D’Alema) di dipingere le feluche statunitensi come un gruppo di imprecisi pasticcioni, soliti riassumere a casaccio il contenuto degli incontri con i loro interlocutori, fa quindi sorridere.

Nel caso di D’Alema, poi, basta veramente poco per capire come quelle parole sulla magistratura siano state da lui effettivamente pronunciate.

Nell’estate del 2007 D’Alema, Nicola La Torre e Piero Fassino, dovevano fare i conti con il deposito delle intercettazioni del caso Unipol-scalate bancarie. In quei giorni gli attacchi al gip Clementina Forleo, che come prevede la legge aveva messo il materiale a disposizione delle parti e poi ne aveva richiesto l’autorizzazione all’utilizzo al Parlamento, erano quotidiani.

Il contenuto dei nastri, del resto, dimostrava come tra gli uomini della Quercia ci fosse stato chi eraintervento a piedi uniti nella competizione tra banche. Primo tra tutti D’Alema che, tra le altre cose, era arrivato a offrire un aiuto al big boss di Unipol Giovanni Consorte per convincere uno dei protagonisti economici della vicenda (Vito Bonsignore, allora eurodeputato Udc) a non intralciare il suo assalto alla Banca Nazionale del Lavoro. Il tutto in cambio di una mai precisata “contropartita” politica.

Insomma leggendo le carte era facile accorgersi che D’Alema, durante i mesi delle scalate, non si era limitato a fissare le regole del gioco per poi osservare la partita economica da fuori, come dovrebbe fare la politica. E che nemmeno si era limitato a tifare per uno dei contendenti, come per due anni aveva sostenuto. Era invece sceso in campo di nascosto e aveva tentato di dare una mano a Consorte per buttare la palla in rete.

Un comportamento sconcertante che, una volta scoperto, aveva suscitato imbarazzo e rabbia nell’elettorato di centrosinistra. E che aveva portato D’Alema e una parte dei Ds a reagire con toni eargomentazioni speculari a quelle utilizzate da Berlusconi.

Quando le intercettazioni erano state messe a disposizione degli avvocati e le prime indiscrezioni erano state riportate dai giornali, Il Corriere della Sera e La Repubblica avevano, per esempio, pubblicato uno sfogo di D’Alema, in cui l’ex presidente del Consiglio diceva: “La magistratura s’è comportata in modo inaccettabile. Forse li abbiamo difesi troppo, questi magistrati. Ma adesso dobbiamo reagire. Diciamoci la verità: è una violazione della legge perpetrata dagli stessi magistrati. Qualcuno consente che si alimenti un clima da caccia grossa per mettere dei cittadini alla berlina. Allora dico: siamo ancora uno Stato di diritto? Io non vedo alcuna ragione di giustizia in tutto questo, dev’esserci dell’altro sotto… Magari tagliano, incollano, saltano pezzi di frase. Il metodo delle intercettazioni è distorsivo per sua natura… Quale elemento giustifica la pubblicazione di quel materiale? Quello che succede è intollerabile, dopo questo si apre lo spazio a ogni forma di giustizialismo e di barbarie. Nel resto del mondo non accadono cose del genere. Il bello è che facciamo conferenze sulla giustizia in Afghanistan, ma dovremmo occuparci di noi, del nostro sistema. Perché qui c’è una questione grande come una casa… “.

Poi D’Alema si era presentato al TG5 e, dopo aver ringraziato Fini, Casini e Berlusconi per “le parole molto misurate” sullo scandalo Unipol, aveva tra l’altro affermato: “Si vuole indebolire il sistema politico e si cerca di colpire la forza più consistente di questo quadro politico“.

Insomma se questo era quello che il leader diessino dichiarava pubblicamente (per poi rincarare la dose qualche settimana dopo, al momento della richiesta di utilizzo delle intercettazioni) ci si può davvero sorprendere se all’ambasciatore Spogli ha detto:La magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano?. Ovviamente no.

Su una cosa però D’Alema ha ragione. Una minaccia allo Stato italiano c’era e c’è ancora. È quella rappresentata dal rapporto malato tra politica e affari. Un rapporto che ha sì il suo massimo rappresentante in Silvio Berlusconi, il super imprenditore che si è fatto presidente del Consiglio. Ma che attraversa in varia misura tutti i movimenti politici.

Nel 2007, proprio partendo dallo spunto fornito dalle intercettazioni, all’interno dei Ds ci fu chi tentò di parlarne. Per esempio un padre nobile della Quercia come Alfredo Reichlin o il riformista Andrea Ranieri. Ma nelle direzioni del partito furono entrambi zittiti. “La questione morale non esiste“, dicevano i vertici.

Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti. Nonostante la crisi del berlusconismo, nonostante gli scandali che attanagliano il governo, il centrosinistra non riesce a guadagnare consensi. Tra l’originale (Berlusconi) e la copia (le cosiddette opposizioni) gli italiani che ancora votano, continuano a scegliere l’originale.

Gli altri invece restano a casa. Ma per capire il perché non serve Wikileaks. La cronaca, purtroppo, basta.