lunedì 23 maggio 2011

Berlusconi 'delocalizza' i ministeri, ma dimentica i call center.



Il sogno di un contratto a tempo indeterminato che si realizza, ma ora lo spettro del ritorno al precariato a 3 euro l’ora. E’ quello che stanno vivendo centinaia di dipendenti diTeleperformance, il colosso francese specializzato nei call center per aziende come:Vodafone, Alitalia, Eni, Enel, Sky e Mediaset. L’azienda, infatti, ha annunciato un piano di ristrutturazione che prevede oltre 700 esuberi solo tra Taranto e provincia, ma che si raddoppiano con quelli previsti per Roma. Molti servizi verranno delocalizzati in Albania.Teleperformance per legge si è dovuta adeguare alla direttiva del 2006 dell’ex ministro del Lavoro di centrosinistra, Cesare Damiano, e ha trasformato i rapporti di lavoro a tempo determinato in contratti stabili. Ora, però, la società dice di essere poco competitiva con quelle aziende che offrono costi stracciati e si ritorna così, grazie anche alle norme varate dal governo, ai contratti a progetto. Tutto a partire dal prossimo primo luglio. “Berlusconi – dichiara l’on. Damiano – vuole ‘delocalizzare’ i ministeri e non si rende conto che è il problema dei precari che per primo deve essere trattato”. Nel tarantino le aziende che si occupano di servizi al call center sono in alcune zone l’unica vera risorsa lavorativa per i giovani in una città, Taranto, che su 500mila abitanti conta circa 70mila disoccupati.

Servizio di David Perluigi, montaggio Paolo Dimalio



FINCANTIERI: UILM, AZIENDA ANNUNCIA 2.551 ESUBERI E CHIUSURA 3 IMPIANTI


(ASCA) - Roma, 23 mag - Fincantieri annuncia un piano di efficientamento e ridimensionamento per tutto il Gruppo dichiarando 2551 eccedenti in tutta l'azienda con la chiusura di tre Stabilimenti: Sestri Ponente, Castellamare di Stabia e Riva Trigoso dove per quest'ultimo e' previsto lo spostamento delle attivita' a Muggiano (la Spezia). Lo rendenoto, in un comunicato, Mario Ghini, segretario Nazionale Uilm e responsabile del Settore della cantieristica spiegando che il piano prevede che, da un'analisi della situazione di mercato per i prossimi 3/4 anni, ci sara' una insaturazione produttiva per circa 4-4,5 milioni di ore annue lavorate e quindi l'Azienda ritiene, per salvaguardare la stabilita' del Gruppo, la necessita' di avviare una fase di ridimensionamento produttivo (riducendo la capacita produttiva di 3 cantieri) e di conseguenza con forti impatti sugli assetti occupazionali, infatti mentre l'annunciata chiusura riguarda circa 1400 lavoratori (lo spostamento di lavoratori da riva Trigoso a Muggiano non viene considerato esubero), il piano prevede anche una riduzione occupazionale nei rimanenti Siti per circa 1150 persone.

''Non possiamo accettare - sottolinea Ghini - un piano in cui la soluzione del rilancio di Fincantieri passi attraverso la riduzione dei Siti del Gruppo e la sua conseguente riduzione occupazionale. Pur riconoscendo la difficile situazione di mercato internazionale che ad oggi e' priva di segnali positivi per il futuro, per la Uilm e' necessario salvaguardare un Gruppo industriale che ha sempre tratto la sua forza dalla sua integrazione produttiva e dall'unicita' dell'Azienda, per questo siamo disponibili ad un percorso che renda Fincantieri piu' competitiva sui mercati, piu' efficiente sul prodotto ma nello stesso tempo dovranno essere salvaguardati gli assetti occupazionali e tutti gli insediamenti industriali del Gruppo''.

E' inoltre necessario per la Uilm, anche alla luce dell'annuncio di oggi da parte di Fincantieri, che ''si riprenda il confronto al Mise perche' anche il Governo deve fare la sua parte per salvaguardare il piu' grande Gruppo navalmeccanico nazionale''.

http://www.asca.it/news-FINCANTIERI__UILM__AZIENDA_ANNUNCIA_2_551_ESUBERI_E_CHIUSURA_3_IMPIANTI-1019911-BRK-.html


Tracce suo sperma su abiti cameriera.


'Risulta da test del Dna effettuati a New York'. Lo dice un sito francese. In e-mail rivela: 'Sono triste'.


PARIGI - I primi test del Dna effettuati dalla polizia di New York avrebbero individuato tracce di sperma di Dominique Strauss-Kahn sugli abiti della cameriera dell'hotel Sofitel che lo ha denunciato per violenza sessuale. Lo rivela il sito francese Atlantico.fr, citando il rapporto fornito dalle autorità americane a quelle parigine, che "dovrebbe essere reso pubblico nelle prossime ore". I test, precisa il sito, sono stato effettuati sui campioni raccolti dopo la presunta aggressione da parte dell'unità vittime.

IN E-MAIL A FMI RIVELA FRUSTRAZIONE E TRISTEZZA - In una e-mail diretta ai suoi ex collaboratori del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn esprime la sua "profonda tristezza e frustrazione nell'aver dovuto lasciare in queste circostanze". La notizia viene diffusa dalla Cnn. "Respingo nel modo più assoluto le accuse che mi trovo a dover affrontare", scrive DSK, che afferma di essere sicuro che sarà prosciolto dalle accuse, ma spiega che non poteva accettare che il "Fondo monetario Internazionale - e voi cari colleghi - doveste in alcun modo condividere il mio incubo personale. Per questo motivo ho dovuto lasciare".


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Pil, Istat: “Italia fanalino di coda dell’Ue” Crescita peggiore di tutti nell’ultimo decennio.


L'istituto ha presentato i suoi dati sulla situazione del paese nel 2010. Un italiano su quattro ha sperimentato il rischio di povertà. In due anni 500 mila giovani hanno perso il lavoro. L’8,7 per cento delle lavoratrici racconta di essere stata allontanata perché incinta e i lavoratori stranieri vengono pagati il 24 per cento in meno degli italiani

Nel 2009, un attivista della 'coalizione italiana contro la povertà' manifesta contro il G8 con una maschera di Silvio Berlusconi

“Nel decennio 2001-2010 l’Italia ha realizzato la performance di crescita peggiore tra tutti i paesi dell’Unione europea“. Questo il giudizio dell’Istatsulla situazione economica della penisola, che emerge dai dati contenuti nel rapporto annuale ‘La situazione del paese nel 2010′, presentato oggi alla Camera dei deputati. L’Italia, nella definizione dell’istituto, è il “fanalino di coda nell’Ue per la crescita”, con un tasso medio annuo di appena lo 0,2 per cento contro l’1,3 registrato dall’Ue e l’1,1 dell’Uem. ”La crisi ha portato indietro le lancette della crescita di ben 35 trimestri, quasi dieci anni”, si legge nel documento, e l’attuale “moderata ripresa” ne ha fatti recuperare ancora solo tredici. Anche l’inflazione continua a crescere: nella media dell’anno scorso l’aumento è stato dell’1,5 per cento, sette decimi di punto in più rispetto al 2009. Nell’anno in corso la tendenza sembra restare in rialzo. Per l’Istat, nei primi mesi del 2011, fino ad aprile, il tasso d’inflazione è aumentato al 2,6 per cento. Un terzo della risalita, secondo l’istituto, è dovuto alla sola componente energetica. Unica nota positiva contenuta nel rapporto: “A differenza di molte economie europee”, l’Italia non ha avuto bisogno durante la crisi “di interventi di salvataggio del sistema finanziario”. La situazione economica ha portato un italiano su quattro - il 24,7 per centodella popolazione, più o meno 15 milioni di persone – a “sperimentare il rischio di povertà o di esclusione sociale”. Un valore superiore alla media europea, che è del 23,1 per cento. Così una famiglia italiana su dieci è in arretrato nei pagamenti del mutuo o delle bollette, e quattro su dieci non si possono permettere una settimana di vacanza lontano da casa. Secondo l’Istat, quello concluso con il 2010, per l’Italia è stato un “decennio perduto”.

L’occupazione e istruzione. ”In Italia l’impatto della crisi sull’occupazione è stato pesante”, conferma l’Istat. Nel biennio 2009-2010 il numero di occupati è diminuito di 532 mila unità. Tra questi, 501 mila sono giovani tra i 15 e i 29 anni. C’è chi non lavora, chi non studia né frequenta un corso di formazione: i giovani inattivi in Italia – con un calcolo al 2010 – sono più di due milioni, 134 mila in più rispetto a un anno prima. E insieme ai disoccupati, giovani e adulti, crescono anche gli scoraggiati. Nel 2010 sono stati circa 2 milioni gli italiani che hanno rinunciato a cercare un lavoro: 500mila tra loro sono però in attesa di una risposta di passate ricerche. Anche in questo caso l’Italia registra un primato negativo, con un’incidenza più che doppia del fenomeno “rispetto all’insieme dei Paesi dell’Unione”. La caduta dell’occupazione non è però uguale in tutta la penisola. Nel Mezzogiorno la discesa della manodopera industriale è doppia rispetto al centro-nord e anche l’impego della cassa integrazione è più massiccio. Nel sud, inoltre, si registra il minor numero di rientri sul posto di lavoro: il 33,6 per cento in confronto al 64,2 del nord. Per quanto riguarda ancora i giovani, resta preoccupante il numero di abbandoni scolastici prematuri nel Paese. Nel 2010 il 18,8 per cento dei ragazzi iscritti ha lasciato gli studi senza conseguire un diploma di scuola superiore. Una soglia molto più alta del limite del 10 per centofissato come obiettivo nella Strategia Europa 2020, e comunque più di quattro punti in rialzo rispetto alla media europea.

Le questione femminile. Secondo i dati Istat, il ruolo svolto dalle donne italiane all’interno della famiglia condiziona ancora la possibilità di lavorare. E, soprattutto, di ricoprire incarichi qualificati. Nel 2009 più di un quinto delle donne con meno di 65 anni - che lavorano o hanno lavorato – ha interrotto l’attività per il matrimonio, una gravidanza o altri motivi familiari. Per il 30 per cento si tratta di madri e l’interruzione del lavoro è dovuta nella metà dei casi alla nascita di un nuovo figlio. Nella metà dei casi, secondo l’istituto, non si tratta di scelte volontarie. Circa 800 mila donne - l’8,7 per cento di quelle che lavorano o hanno lavorato – hanno dichiarato di essere state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere, nel corso della loro vita lavorativa, a causa di una gravidanza. L’abbandono femminile del posto di lavoro diminuisce man mano che dalle generazioni più anziane si guarda alle più giovani: un trend dovuto alla diminuzione delle interruzioni per matrimonio. Sottolinea ancora l’Istat, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro italiano, confrontata con il resto dell’Europa, continua a essere “molto più bassa”. Nel 2010 il tasso di occupazione femminile è stato del 46,1 per cento, 12 punti percentuali in meno di quello medio europeo. A incidere negativamente sulla performance italiana è soprattutto il dato relativo al Mezzogiorno: sono circa tre su dieci le donne occupate al sud, contro le quasi sei del nord. Un altro indicatore del “peggioramento della qualità del lavoro femminile – si legge nel rapporto – riguarda poi la crescita delle donne sovraistruite“. Tra le lavoratrici laureate il 40 per cento – contro il 31 per cento degli uomini – svolge un lavoro sottoqualificato.

Il lavoro straniero in Italia. Le buste paga più leggere della penisola toccano ai lavoratori stranieri. A parità di professione, la retribuzione mensile netta dei migranti è stata del 24 per cento in meno rispetto a quella degli italiani: rispettivamente 973 euro contro 1.286. La differenza aumenta ancora di più se si considera la retribuzione delle donne straniere, inferiore del 30 per cento. “Le disuguaglianze – spiega l’istituto – tendono a differenziarsi a livello territoriale passando da circa il 22 per cento nel nord a poco meno del 34 del Mezzogiorno”. In generale, il tasso di occupazione degli stranieri è sceso dal 64,5 per cento del 2009 al 63,1 del 2010, “un calo più che doppio in confronto a quello degli italiani”, riferiscono gli esperti Istat. Allo stesso tempo, il tasso di disoccupazione è passato dall’11,2 all’11,6 per cento: la crescita dell’occupazione straniera ha riguardato però, in più della metà dei casi, le professioni non qualificate. Dal manovale edile all’addetto nelle imprese di pulizie, dal collaboratore domestico al bracciante agricolo, dall’assistente familiare al portantino. Ma, sottolinea l’Istat, “sono 880 mila gli stranieri che hanno un livello d’istruzione e un profilo culturale più elevato rispetto a quello richiesto dal lavoro svolto”. Si tratta del 42,3 per cento degli occupati: una quota più che doppia di quella degli italiani con le stesse caratteristiche.



E' un paese alla corde



Il commento alla giornata politica di Massimo Giannini (la Repubblica)









1) Il Pdl senza amore - 2) L’uomo nero della politica.




Il PdL senza amore.

Il litigio sui ministeri. Le bordate de Il Giornale contro Formigoni. E viceversa. L’insistenza sulla zingaropoli “islamica” di Berlusconi. Il silenzio imbarazzato della Moratti, che sembra imbambolata nell’ultima settimana di campagna elettorale. Le pernacchie di Bossi agli alleati.

Se la malignità fosse una categoria politica, e la dietrologia un metodo scientifico, non sarebbe fuori dal mondo pensare che nel centrodestra c’è chi sta facendo di tutto per perdere – se non è già persa – la città di Milano.

E invece, probabilmente, nessuno lavora veramente “contro”. Nessuno, a tavolino, ha deciso o sta decidendo di affossare la Moratti.

Più semplicemente, il caso Milano è la prova plastica che dietro la figura carismatica di Berlusconi non c’è la politica, ma un aggregato confuso di poteri in rotta di collisione reciproca. Poteri e persone che a forza di preparare la guerra, quella guerra finiranno per farla.

Quando i commentatori terzisti riconoscono al Cavaliere il merito di aver tenuto assieme istanze opposte e diverse, dimenticano di dire che lo ha fatto piegando le differenze a sé, e non guidando un processo di sintesi culturale e politica.

Direbbe Vendola, e stavolta a ragione, che la politica è come l’amore. Può nascondersi, anche per vent’anni. Ma alla fine una strada la trova.

L'uomo nero della politica.

Se vince quello arrivano i froci e i transessuali. Se vince quell’altro la città sarà preda di zingari e terroristi. Con il terzo musulmani e altri negri invaderanno le nostre chiese.

Sarà la paura che fa novanta, ma il livello della propaganda elettorale del Pdl si è inabissato in una preoccupante spirale regressiva.

Elettori trattati come bambini piccoli, in qualche asilo dei presunti orrori, terrorizzati dall’uomo nero.

Ogni giorno, nelle aule mediatiche allestite per l’occasione, i maestrini moderati spengono la luce e additano ai votanti in grembiule gli enormi pericoli che li attendono se non intendono marciare ordinatamente e in fila per due.

Chissà se i giovanardi, i gasparri e i berlusconi educherebbero mai così i propri figli.

Forse sì, e questo è ancora più preoccupante.

http://bracconi.blogautore.repubblica.it/?ref=HRER1-1





Occupare i telegiornali è stato solo un autogol. - di Giuliano Ferrara


La scelta di apparire quasi a reti unificate e di usare un linguaggio incattivito come mai rischia di essere un favore ai suoi detrattori.


Ho passato un bel pezzo della mia vita a difen­dere come potevo e sa­pevo Berlusconi, a cui ho sempre riconosciuto, in amicizia militante e mai servi­le, grandissimi meriti storici nel tentativo di tirare fuori l’Ita­lia dalla crisi della Repubblica e dalla rovina della giustizia, e una simpatia di tratto liberale e scanzonato senza eguali; e quando non ero d’accordo, è successo spesso, riprendevo forza ed energia dal modo di­sgustoso scelto dai suoi avver­sari per combatterlo.

La mostri­ficazione, la teoria del nemico assoluto,l’orrore del guardoni­smo giornalistico, della faziosi­tà dispiegata, le accuse forsen­nate di stragismo, di mafia, ac­compagnate dalla totale resa al più sinistro spirito forcaiolo: questo mi è sempre bastato per dirmi senza problemi ber­lusconiano e per prendere il mio posto, costante negli anni, nella battaglia contro la deriva ideologica e di stile della sini­stra più scalcinata e ipocrita del mondo, prigioniera di una cultura demagogica che la di­vorava.

Vorrei continuare la corsa, ma se la strada è quella dell’invadenza arrogante a reti unificate, del monologo che umilia gli interlocutori e gli elet­tori, del semplicismo e del ba­by talk arrangiato, sciatto, po­veramente regressivo, mi man­ca il fiato.

Va bene che Enzo Biagi face­va i suoi show el­ettorali con Be­nigni per bastonare il Cav sotto elezioni quando era capo del­l’opposizione, ma quale esper­t­o impazzito di marketing poli­tico ha suggerito al premier di presentarsi in tutti i tg come un propagandista, di diminuire la sua autorità e credibilità di pre­sidente del Consiglio e di lea­der del partito di maggioranza relativa di una grande nazione occidentale con discorsi da bet­tola strapaesana?

Chi gli ha consigliato di perdere all’istan­te i voti dei cattolici diocesani abbracciando a Milano, dove le intemerate leghiste più sprovvedute non hanno mai at­­tratto consensi, la crociata del­la lotta a zingaropoli o il truc­chetto del trasferimento in terra meneghina di al­cuni ministeri romani, subi­to contraddetto dal sindaco della Capitale?
Che cosa può portare il capo di una classe dirigente che dovrebbe pun­tare su libertà e responsabili­tà ad avallare, dopo la magra figura dell’attacco ad perso­nam a Pisapia, e senza le do­vute scuse, l’idea che la vitto­ria dell’avversario nella lotta per il Municipio porterebbe terrorismo e bandiere rosse a Palazzo Marino?

Perché farsi del male con parole d’ordine primitive, giocando irrespon­sabilmente la carta dei cosid­detti «valori conservatori» in una offensiva lanciata da gen­te di governo contro «gay e drogati», una caricatura del motto Dio-patria-e-fami­glia, quando quella carta è sempre stata pudicamente scartata quando si doveva giocarla con sensibilità e in­telligenza nelle occasioni giu­ste e per motivi giusti?

Spero che la Moratti vinca e che Pisapia perda il ballot­taggio, per ovvie e argomen­ta­te ragioni politiche e ammi­nistrative che si stanno per­dendo nei fumi sulfurei di un incendio ideologico senza senso.

Ma intanto non voglio che Berlusconi perda la fac­cia nella contesa, che il suo comprensibile radicalismo politico, il suo accento popo­lare e diretto nel linguaggio, diventino un incattivito vani­loquio della disperazione.

Non lo merita lui e non lo me­ritano coloro che si sono bat­tuti e si battono per ciò che lui ha rappresentato.

Ero in­curiosito dal suo silenzio pro­lungato, dopo il primo turno elettorale, mi auguravo fosse indizio di un ripensamento dopo l’ozio della ragione di questi ultimi tempi, e i vizi e le sconfitte che quell’ozio ha generato.

Chiunque conosca Berlusconi e la storia del ber­lusconismo sa quel che man­ca a questo punto della para­bola: mancano la sicurezza di sé, un minimo di ottimi­smo, la capacità originaria di sfidare le convenzioni, di fa­re cose nuove e liberali, di smascherare le ipocrisie al­trui, di parlare pianamente e urbanamente anche il lin­guaggio più irriducibile e aspro, manca il gentile «mi consenta», manca il Berlu­sconi ilare e sapido che rom­pe il monopolio dell’informa­zione, che disintegra ogni for­ma di conformismo, che spiazza e interloquisce con la società italiana alla sua ma­niera originaria.

Vedo in questa deriva la vit­toria dell’avversario di tutti questi anni, e di quello più in­carognito e miserabile. Farsi simili alla caricatura che il ne­mico fa di te è il peggiore erro­re possibile per un leader po­litico. È l’errore che può ca­gionare «l’ultima ruina sua», che lo isola con le tifoserie, che ne avvilisce l’indipen­denza intellettuale e di tono, la credibilità personale.