Per saperlo bisogna mettere in rapporto le cifre di spesa ufficiali depositate in Comune con il numero di voti preso. Lo schieramento di liste e candidati che appoggia Letizia Moratti ha investito 11,6 milioni di euro e ha ricevuto 273,542 voti (41,59%), spendendo così per ogni voto una media di 40,4 euro per ogni preferenza ricevuta mentre lo schieramento in sosteno a Giuliano Pisapia ha speso 814.820 euro e ha incassato 315.999 voti (il 48,05% del totale) arrivando ad un costo per voto pari a 2,58 euro.
Il record spetta a Letizia Moratti: per la propria campagna elettorale dichiara di aver speso 4,5 milioni di euro e in termini di voto ha ricevuto 15.634 preferenze, con una media di 287,83 euro spesi per ogni voto ricevuto. Come si è arrivati a questo calcolo è semplice. Per ottenere le preferenze del candidato sindaco di uno schieramento basta prendere i voti totali e sottrarre quelli riconducibili a liste e candidati diversi dal candidato sindaco. La differenza coincide con il voto di preferenza. Sono stati 15.635 i cittadini che hanno scritto Moratti. Pisapia la doppia con 34.371 preferenze.
Rimanendo ai dati finora noti. Perché , in realtà, il sindaco uscente non ha ancora ufficializzato l’intera somma investita. E questo aveva dato adito a polemiche proprio sulla trasparenza delle singole liste. Si è ipotizzato che Moratti avesse stanziato qualcosa come 20 milioni di euro. Così è intervenuta in prima persona per chiarire: “Ritengo che la spesa sarà come quella del 2006 pari acirca 6,5 milioni di euro” . Eppure secondo gli atti ufficiali depositati per legge in Comune ha speso 4,5 milioni. Dove sono finiti due milioni di euro? Si ritrovano spalmati in tre liste in sostegno del sindaco uscente. “Milano al centro” di Mariolina Moioli e Giovanni Terzi ha speso 1,4 milioni di euro. Ancora più sospetta la lista “Giovani per l’Expo! Insieme a Letizia Moratti” che conta 48 candidati, tutti dal profilo giovanissimo e senza alcuna esperienza, che ha speso 970mila euro. E la lista che fa campo a un ex assessore (Edoardo Croci), cui la stesa Moratti aveva ritirato le deleghe, torna a sostenerla con una dote elettorale di 550mila euro. Nei giustificativi presentati non è obbligatorio indicare la provenienza dei fondi ma solo il totale della cifra.
L’iniezione di soldi, secondo molti, ha trasformato le amministrative del 2011 in un supermarket del voto. Paragonabile al mercato calcistico creato Silvio Berlusconi quando ha iniziato a pagare i giocatori con cifre a sei zeri, alterando gli equilibri. Ma Milano, guardando al risultato del primo turno, sembra essere diventata refrattaria alla logica economica del più forte. Ma chi sono allora i veri vincitori? Si è parlato tanto del Movimento a Cinque Stelle perché con soli settemila euro di spese per la campagna elettorale sono stati abbondantemente premiati dalle urne (21.251 voti presi pari al 3,2 per cento delle preferenze). Un voto è costato ai cosiddetti “grillini” 0,32 centesimi. Ma il recordman del voto “meglio speso” è Giancarlo Pagliarini, fuoriuscito della Lega della prima ora confluito nel gruppo misto per manifesta lontananza dal partito: ha speso mille euro di tasca propria e ha incassato 4mila voti. Una preferenza gli è costata 0,26 centesimi, meno di chiunque altro. Si scopre decisamente caro l’arancio, simbolo della lista di Milly Moratti, cognata milionaria del sindaco. La sua lista civica spende 93mila euro, incassa 7.940 voti (1,33%) e finisce per quotare un voto a 11,7 euro. Si vedrà adesso il risultato del ballottaggio. Se cioè l’investimento morattiano può sortire effetti positivi nella fase finale della corsa elettorale. E’ però evidente, a oggi, che per vincere le elezioni non basta avere più soldi degli avversari da investire nella propaganda.
DOCUMENTI: LA TABELLA DELLE SPESE ELETTORALI