Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 7 agosto 2011
Caccia a 17 miliardi, nel mirino le pensioni di anzianità. - di Mario Sensini
Contratti aziendali estesi, il governo preme. Dubbi del sindacato.
ROMA - Gli esperti si sono già messi a fare i conti, arrivando a una conclusione univoca: anche a essere molto cattivi, dalla spesa per l'assistenza sociale sarà impossibile tirar fuori 17 miliardi di euro, quanti ne servono per anticipare il pareggio di bilancio, entro la fine del 2013. E così si fa strada l'ipotesi di nuovi interventi sulle pensioni per evitare di pescare nel serbatoio delle agevolazioni fiscali, destinato a finanziare la riduzione delle aliquote Irpef, e in qualche modo a bilanciare i tagli.Ufficialmente l'argomento non è all'ordine del giorno, e il governo non ha neanche accennato alle parti sociali nell'incontro di due giorni fa. Prima di tutto, con loro, c'è da affrontare il problema delle norme per estendere "erga omnes" la contrattazione aziendale. Il governo le vuole, la Confindustria le sollecita, ma i sindacati hanno ancora qualche perplessità. Mettere subito sul piatto anche la questione previdenziale sarebbe forse troppo. Resta il fatto che tra i tecnici dell'esecutivo e gli esperti del settore, la discussione sulla previdenza è già avanzata.
Il perché è presto detto: dalla riforma dell'assistenza, in soli due anni, si possono tirare fuori al massimo 4 miliardi di euro. È vero che a regime, cioè in un tempo più lungo, potranno essere molti di più. Ma i soldi per arrivare al pareggio di bilancio un anno prima del previsto, nel 2013, servono subito.
E dunque si ragiona su almeno tre fronti: l'età di pensione delle donne nel settore privato, le pensioni di reversibilità, e soprattutto quelle di anzianità. Per le donne si tratterebbe di accorciare drasticamente il periodo di avvicinamento ai 65 anni degli uomini, che si concluderà solo nel 2030. Mentre sui 5 milioni di pensioni di reversibilità, che l'Italia concede con generosità senza pari in Europa (38 miliardi l'anno), l'intervento sarebbe più graduale, dovendo far salvi i diritti acquisiti.
Il vero problema, come il grosso della spesa e dei possibili risparmi, è nelle pensioni di anzianità. Nel 2010 l'età media effettiva di pensionamento degli uomini è stata di appena 58,5 anni. Nel 2011 salirà a 58,8. Da qui al 2014, a tirar su l'asticella, contribuirà l'aumento progressivo delle "quote", date dalla somma di contributi ed età anagrafica. Tra tre anni, tuttavia, si potrà ancora andare in pensione a 61 anni (a 62 per gli autonomi). E di questo passo, per arrivare a un pensionamento effettivo a 65 anni ci vorranno almeno trent'anni.
Perpetuando ancora a lungo, per giunta, le ingiustizie del "doppio binario". Chi va in pensione anticipata oggi, ci va con il vecchio sistema "retributivo", cioè con un assegno pari alla media degli ultimi dieci anni di stipendio. Chi arriverà alla pensione di anzianità fra quindici anni, invece, ci andrà parecchi mesi dopo, e con il sistema "contributivo", ovvero con una pensione di gran lunga più bassa. C'è dunque anche una ragione di equità, oltreché l'emergenza del momento, che potrebbe spingere il governo a compiere il passo decisivo e finale sul sistema previdenziale.
Gli esperti valutano due strade possibili. La più drastica è l'abolizione tout-courtdelle pensioni di anzianità, lasciando nell'ambito della legge sui lavori usuranti le uniche vie di fuga prima dei 65 anni (che poi saliranno con l'agganciamento alle speranze di vita). C'è chi suggerisce, invece, la strada dei disincentivi: un "x" per cento in meno di pensione per ogni anno che manca al limite della vecchiaia, oppure il ricalcolo dell'assegno solo con il meccanismo contributivo.
Israele, 200 mila in piazza contro carovita.
Netanyahu prepara task force per rispondere a richieste della piazza.
TEL AVIV - "Il popolo chiede giustizia sociale": all'insegna di questo slogan, masse di israeliani di tutte le età, ma soprattutto tanti giovani, sono scesi questa sera in strada In Israele per una nuova manifestazione di protesta contro il caro vita e per denunciare i problemi socioeconomici del paese. Il raduno maggiore per partecipazione di popolo si è verificato a Tel Aviv - la città da dove erano cominciate le agitazioni meno di un mese fa - ma altri si sono pure svolti a Gerusalemme e in altri centri del paese, dal nord a sud. Nelle intenzioni degli organizzatori quella di stasera doveva essere "la madre di tutte le manifestazioni", nella speranza di vedere nelle piazze del paese almeno 250 mila persone. A Tel Aviv, secondo la Tv privata Canale 10, i manifestanti sarebbero 200 mila, più della scorsa settimana: allora furono stimati in circa centomila.
A Tel Aviv i manifestanti si sono assiepati nella grande piazza del teatro nazionale Habima e nelle strade adiacenti: poi si sono mossi lentamente tra grida, canti, battiti di tamburi in direzione del complesso che a meno di un chilometro di distanza, ospita gli uffici di ministeri e il ministero della difesa, davanti al quale era stato eretto un grande palco per gli oratori - tra i quali anche un rabbino e un esponente della minoranza araba ma nessun uomo politico - e per i numerosi artisti che si sono esibiti gratuitamente. Il clima é stato chiassoso ma non violento. Molti i cartelli esposti con lo stesso messaggio per una società più equa in un paese dove il divario tra la classe più abbiente e gli altri ceti è il maggiore tra le economie sviluppate dell'Occidente. Non sono però mancati alcuni cartelli con scritte ostili al governo. All' incirca alla stessa ora migliaia di persone si sono radunate vicino alla residenza del primo ministro a Gerusalemme per lanciare lo stesso messaggio. E così è stato anche in altri centri del paese. Ma la manifestazione odierna, la terza dall'inizio delle agitazioni, non sarà, a quanto pare, l'ultima: un'altra risulta in programma anche per il prossimo sabato. L'intenzione dei manifestanti è di non demordere e di lanciare il chiaro avvertimento che le proteste andranno avanti fino a quando il governo non proverà di aver recepito, nei fatti e non solo a parole, il messaggio della piazza.
NETANYAHU VERSO 'TASK FORCE' PER RISPOSTE A PIAZZA - Il primo ministro israeliano Benyanim Netanyahu intende istituire una task force per rispondere alle richieste dei manifestanti. Lo ha riferito un alto funzionario, che ha voluto mantenere l'anonimato, spiegando che "Netanyahu vuole creare una task force, composta da ministri e accademici, per ascoltare le richieste dei manifestanti e presentare le proprie raccomandazioni". Raccomandazioni che - spiega la stessa fonte - riguarderanno le "misure per contrastare l'alto costo della vita e quelle per permettere un accesso più facile alla casa".
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/08/07/visualizza_new.html_757504878.html
Crisi, presto consulto ministri G7 Trichet: Bce decida oggi su Btp.
Robin Hood, il principe dei ladri … - di Claudia Petrazzuolo
Questo governo non ha ritenuto di dover procedere ad un taglio DRASTICO dei costi della politica, non ha ritenuto necessario inserire una tassazione, almeno a livello della media europea, dei redditi da capitale; non ha ritenuto inasprire la lotta all’evasione, magari con un decreto legge che per urgenti e necessari motivi, se ne fanno tanti in Italia, stabilisse la confisca immediata dei beni materiali a coloro sorpresi in flagranza di reato prevedendo una eventuale restituzione del pagato a ricorso vinto; né, infine, ha ritenuto necessaria una tassa patrimoniale che andasse a colpire non soltanto il dichiarato in funzione del dichiarato, ma che lo facesse in funzione del vissuto e dello stimato in base ad una sorta di “ Studio di settore ” il quale, ad esempio, stabilisse che se vai in vacanza alle Seichelles vali un milione anche se dichiari centomila per cui paghi per un milione: vale per i poveri cristi ( commercianti, agenti di commercio ecc. ecc.), perché non deve valere per i ricchi?. Mano al portafogli dunque e zitti in coda e senza troppo vociare onde non disturbare la, di per sé già troppo dispiaciuta, CASSA ERARIALE.
Pagheremo?. Si, pagheremo!. Siamo tutti, chi più e chi meno, vittime del “ ricatto di stato “ e sotto la minaccia perenne dello scheriffo di Notthingam/Equitalia e/o similari: tantissimi hanno una casa, tutti hanno un’auto o un motorino o comunque qualcosa che gli si può portare via e siccome questo stato, forte con i deboli ma debole con i forti, quando deve avere PRETENDE mentre quando deve dare si NASCONDE, NOI, purché ci lascino il nostro orticello, PAGHEREMO.
Ma riflettete un attimo, se Robin Hood avesse fatto la stessa cosa, sarebbe poi riuscito a sposare Marian? E cosa succederebbe se ciascuno di noi decidesse di rischiare quell’orticello e, novello Robin Hood, ne seguisse l’esempio? Quanto tempo pensate sarebbe necessario a LOR SIGNORI per capire che un gettito fiscale dimezzato, ridotto ad un terzo, nullo è solo l’inizio di una rivoluzione incruenta ma molto, molto più dannosa di una fatta a colpi di forconi? E secondo Voi potrebbero confiscare la casa, il motorino o comunque qualcosa a tutti o alla maggioranza degli Italiani? E quand’anche lo facessero, cosa impossibile date le condizioni della giustizia, la carenza di personale, l’arretratezza dei servizi informatici, come potrebbero poi gestire la rabbia conseguente? Quanto tempo sarebbe necessario a cambiare le cose? Io credo POCHISSIMO. E dunque ancora una volta, SIAMO O NON SIAMO NOI QUELLI CHE GODONO A CURARE LA PROPRIA DISPERAZIONE CON UNA CONTINUA TERAPIA A BASE DI SUPPOSTE?
Masochisti … ecco cosa siamo, MASOCHISTI!.