mercoledì 10 agosto 2011

La Legge Mosca: una truffa a danno del Popolo Italiano, voluta da parlamentari e sindacalisti disonesti .


LA LEGGE MOSCA: UNA TRUFFA QUASI TOTALMENTE DIMENTICATA. QUESTA LEGGE TRUFFA FU FATTA SOLO PER DARE BENEFICIO A 40.000 PERSONE CIRCA, DI BENEFICIARE DI PENSIONI IMMERITATE. LE TRUFFE DELLA SINISTRA A DANNO DEGLI ITALIANI CON LA COMPLICITA’ DEI SINDACATI LADRI.

Pochissimi sanno che cosa davvero sia questa truffa perpetrata al popolo italiano. Per più di 37 anni questa vergognosa legge truffa è rimasta in silenzio. Non ne ha parlato mai nessuno: lo facciamo adesso noi. Solo il 30 luglio del 1998 un senatore dell'opposizione, Eugenio Filigrana, allora di Forza Italia, presentò una lunga dettagliatissima interrogazione rivolta agli allora ministri del Lavoro e delle Finanze, Tiziano Treu e Vincenzo Visco. Il nome di Giovanni Mosca, comunque, rimane legato, piaccia o no, alla legge grazie alla quale decine di migliaia tra funzionari ex Pci, portaborse ex Dc e socialisti, e, immancabilmente, sindacalisti Cgil-Cisl e Uil,hanno potuto beneficiare - spesso abusivamente - di pensioni agevolate, e di godere dell'incredibile privilegio di riscattarsi a basso costo non solo gli anni trascorsi nel partito o nel sindacato, ma persino quelli passati sui banchi di scuola, purché si rientrasse nelle suddette categorie. Nel complesso, a beneficiare di questa manna sono state 37.503 persone, delle quali il 60% della Cgil (9.368 unità) o dell'ex Pci (8.081), seguiti a ruota degli ex padrini o impiegati della Dc (3.952), Psi (1.901), Cisl (3.042) e Uil (1.385). Rimangono poi altre 9,390 pensioni erogate, sempre grazie alla legge Mosca, ad appartenenti ad organizzazioni minori, comunque quasi tutte distribuite secondo la logica del favoritismo, della clientela e della lottizzazione.
IL DANNO CAUSATO AL POPOLO ITALIANO TOCCA E PROBABILMENTE SUPERA I 35MILIARDI DI LIRE ! Il meccanismo della truffa, peraltro, era semplice. In molti casi venivano dichiarati anni, persino decenni, fasulli oppure lavorati in maniera non continuativa. Tra i soggetti beneficiari della «legge Mosca», alcuni risultavano aver fatto gli autisti fin dall'età di 12 anni! Un altro esempio del modo truffaldino con cui ci si servì del provvedimento fu la vicenda giudiziaria di un impiegato toscano della Dc, che venne condannato per truffa e falso ideologico e dovette restituire quasi 325 milioni di lire di pensione intascati senza averne diritto. Ma il caso più eclatante fu il processo istruito contro 111 lavoratori fittizi di Pci, Dc, Cisl e Lega Coop, tutti accusati di aver usufruito della pensione garantita dalla legge Mosca senza aver mai lavorato, rispettivamente, presso partiti, sindacati e cooperative. In realtà, la maggior parte di costoro, negli anni riscattati, erano stati partigiani, soldati, studenti (delle medie inferiori) quando non addirittura detenuti! La questione ripiombò nel silenzio fino a quando, nel gennaio del 2001, Marco Palma, consigliere comunale di Roma, tirò nuovamente in ballo lo scandalo: «Il presidente dell'Inps, Paci, tiri fuori i nomi dei beneficiari della legge Mosca. Così avvieremo una vera e propria perestrojka presso l'Inps. Faremo luce sulla spartitopoli e sui moralisti che oggi lanciano strali sulla previdenza dei lavoratori». Parole che, come nel '98 quelle di Filigrana, sono rimaste del tutto prive di risposta.


martedì 9 agosto 2011

Una firma contro la “porcata” - di Stefano Corradino


Cinquantaquattro. Sono i giorni che abbiamo a disposizione per raccogliere 500mila firme, il numero necessario per far partire la macchina del referendum elettorale che dovrà abolire ilcosiddetto “porcellum”. Una legge pensata per sottrarre ai cittadini il potere di scegliere i propri rappresentanti. Da quando nel dicembre 2005 la legge è stata approvata, chi siede in Parlamento è infatti nominato esclusivamente dalle segreterie dei partiti.

Le regole elettorali sono uno strumento fondamentale della nostra Costituzione e della vita democratica. Se non funzionano, non funziona la democrazia. Abrogare questa legge, come affermaAndrea Morrone, presidente del Comitato referendario per i collegi uninominali è la condizione essenziale affinché “la Costituzione repubblicana sia resa, di nuovo, effettiva: per non essere più costretti a subire la “violenza politica” di dovere accettare “tutto o niente”, segnando, nella scheda elettorale, una croce su una lista di candidati integralmente scelti da altri e da pochi (com’è accaduto nelle elezioni del 2006 e del 2008): candidati spesso sconosciuti, spesso senza esperienza politica, senza nessun collegamento con i territori che pur dovrebbero “rappresentare”, semplicemente scelti – per meriti tutt’altro che indiscussi – da chi può premiarli, per ragioni spesso indicibili, con uno scranno in Parlamento”.

Inutile e ridicolo pensare che lo stesso Parlamento nato e consolidatosi con questa legge possa volerla abrogare o riformarla: chi l’ha voluta detiene ancora la maggioranza, nonostante il suo autore materiale, il ministro Roberto Calderoli, l’abbia definita lui stesso una “legge porcata”. Porcata perché truffaldina come ha più volte ripetuto Giovanni Sartori. Truffaldina perchè “assegna un premio di maggioranza alla maggiore minoranza”. Per effetto di questa legge se per esempio alle prossime elezioni Berlusconi si ricandidasse, ottenesse il 30% del voti e nessun altro partito o coalizione arrivasse a tanto, Berlusconi avrebbe alla Camera il 55% dei seggi.

L’unica possibilità per cancellare questo mostro giuridico è pertanto affidata agli stessi cittadini. Il tentativo fatto due anni fa è fallito allorché il referendum non raggiunse il quorum. Ma oggi, sull’onda dello straordinario risultato ottenuto il 12 e il 13 giugno l’abrogazione di questa legge è possibile.

Da oggi al 30 settembre
serve però uno sforzo straordinario da parte di tutti e fin da subito è fondamentale che si costituiscano comitati territoriali e che ognuno di noi, singolarmente o in gruppo vada a firmare, faccia circolare l’informazione. Che si allestiscano banchetti perfino nelle spiagge tra gli ombrelloni e i chioschi di bevande, in montagna tra i parchi e le riserve naturali, nelle città accanto all’ingresso dei musei o all’entrata dei botteghini dove si fa la fila per un concerto o un film in un’arena.

Abbiamo lottato e vinto contro la privatizzazione dell’acqua, il nucleare e contro una delle tante troppe leggi ad personam. Adesso dobbiamo impegnarci tutti insieme affinché sia restituità la dignità ai cittadini-elettori contro le tante caste e logge che vorrebbero costringerci al silenzio e alla logica della delega in bianco.



Legge elettorale, dalla masseria di Di Pietro parte la raccolta firme per il referendum.


Per abrogare il porcellum si muove anche Vendola e lancia una manifestazione a Roma per il primo ottobre

Parte da Montenero di Bisaccia la raccolta firme dell’Idv per il referendum per abrogare la legge elettorale. Le prime firme sono state raccolte nella masseria di Antonio di Pietro, in provincia di Campobasso, in occasione dell’annuale Festa sull’Aia con la quale il leader del partito incontra, nella sua casa, dirigenti e militanti. E al fianco dell’Italia dei Valori si schiera anche Nichi Vendolache, per cancellare il “porcellum” lancia una grande manifestazione a Roma per il primo ottobre. Prima Di Pietro dal trattore poi Vendola dal sito internet di Sel, hanno così aperto una corsa di due mesi per raccogliere le firme necessarie per una nuova legge elettorale.

Il referendum, ha detto il leader dell’Idv, “è l’unico sistema per indurre il Parlamento a modificare questa legge elettorale che ha arrecato danni alla democrazia e al Paese. Invece di aspettare le nuove elezioni e quindi un nuovo Parlamento che poi riformi il sistema di voto, noi crediamo che il referendum sia il giusto pungolo per lavorare subito alla soluzione. Da oggi – conclude Di Pietro – siamo anche impegnati per il referendum abrogativo delle province, che noi chiediamo da sempre. L’Italia deve tagliare spese inutili e sprechi, se vuole ritrovare stabilità finanziaria e utilizzare risorse per lo sviluppo”.

Nella lettera appello, invece, Vendola parte dalla crisi economica e arriva all’Italia che “affoga in un post-berlusconismo fatto di macerie e di qualunquismo, la sinistra si consegna alle bancarelle come un gadget per turisti. Non possiamo star fermi, assistere a questa discesa agli inferi senza reagire”, scrive. “Le giovani generazioni – prosegue Vendola – e parti rilevanti di opinione pubblica chiedono un segno tangibile, credibile, radicale di cambiamento. Scontiamo anche la poca credibilità di una rappresentanza parlamentare ostaggio delle nomenclature di partito, con un sistema elettorale che riesce a umiliare i principi del pluralismo democratico non garantendo alcuna stabilità politica”.

Per la somma di queste ragioni, Vendola chiede di predisporre i banchetti per la raccolta delle firme per promuovere un nuovo referendum per abrogare il porcellum “legge-vergogna”, e porre il tema di un nuovo sistema elettorale. Ignorare la crisi della democrazia comporta, per Vendola, conseguenze gravi per la qualità e la moralità della politica. “E il primo ottobre noi di Sinistra Ecologia Libertà – conclude Vendola – prepariamoci a riempire una grande piazza di Roma. Fare piazza, intrecciare parole di verità e di ribellione, rendere visibile la voglia di cambiare, aiutare l’Italia migliore a uscire dal guscio della paura e del rancore. Il tempo dell’alternativa è ora”.



WHY?- postato da Claudia Petrazzuolo.


Ho mal di pancia!, ancora, di nuovo.
“Non ti preoccupare – mi dice il medico all’ennesimo consulto – se fosse una cosa brutta…, ormai ce ne saremmo accorti: è lo stress, un po’ di colite…, mangia qualche giorno in bianco e vedrai, passa da solo… -
- Medicine … ? – gli chiedo nella speranza di attenuare quel sordo spasmo cronico che da tempo immemorabile mi è compagno di tutti i giorni.
- Ma no, sopporta, e poi non vorrai farmi sforare con la spesa sanitaria …, vai, vai… e se non passa… fammi sapere.-
Non sbatto la porta solo perché il suo studio di porte non ne ha. Una pesante tenda lo divide da un lungo corridoio che da nella sala d’aspetto. Il tutto alla faccia della privacy di ciascuno.
Salgo in macchina, ancora una volta mi tocca andare a spendere di tasca i soldi per il buscopan oppure per il rilaten o per qualsiasi cosa mi consiglierà il farmacista. Sono incazzato nero, il ventolin più di due al mese non si può, il mepral me lo devo comprare dato che è prescrivibile solo dopo una gastroscopia e per farne una o paghi o aspetti tre mesi, l’ecoaddome … non ne parliamo, di mesi ce ne vogliono quattro….
- Oh Signore! - Penso sgommando all’uscita del parcheggio , rendendomi immediatamente conto di aver fatto l’ennesima cazzata; il vigile messo lì dalla divina provvidenza e dalla fame di soldi comunale, alza immediatamente la paletta e fa segno di accostare. Mi affianco al marciapiedi, spengo il motore, che veda che voglio collaborare, e con il mio miglior sorriso lancio un accomodante, speranzoso “ buon giorno”.
- Lei è senza cintura – mi assale - guida come un pazzo …, per chi dovrebbe essere un buon giorno?... Patente e libretto. –
Gesù, ecco che ho di fronte un altro con la voglia di fare lo spiritoso o che magari è solamente incazzato pure lui. Lo guardo, no, non mi pare che manifesti qualche sintomo di dolore: ha l’aria tipica di quello che, indossata una divisa, ha deciso che adesso l’aggiusta lui il mondo:
- Veda è che … - gli porgo la patente- … il problema sta nel fatto che ho mal di pancia e avevo fretta di arrivare in farmacia ….-
- Lei era senza cintura … -
- Non lo nego … le stavo spiegando … -
- Io so solo che lei era senza cintura … -
S’è rotto questo qua e non ha alcuna intenzione di collaborare; adesso mi fa male anche lo stomaco, avessi almeno con me il mio Mepral: diciassette euro e quando ti serve non ce l’hai mai appresso:
- Mi lasci dire …, non posso mettere la cintura perché mi stringe sulla pancia e dato che mi fa male, allora non la metto …-
- Ah – esclama - Ha l’esenzione, bene, me la faccia vedere … -
- No guardi, l’esenzione non ce l’ho, per averla devo fare una visita specialistica che mi hanno programmato fra tre mesi e quindi … -
- E quindi è in contravvenzione …, che fa concilia?... –
- Guardi, ho le prescrizioni del mio medico … queste non vanno bene?-
- La legge dice che deve essere il Medico della Asl a fare il certificato …, allora concilia?-
- No, non solo non concilio, - cerco di tagliar corto tra uno spasmo intestinale ed uno gastrico - ma le contesto il verbale e pretendo che lei scriva che non ho nessuna intenzione di pagare la multa … e facciamo presto perché se no le vomito addosso ... .-
La minaccia funziona perché dopo poco sono di nuovo in macchina in cerca di una farmacia con in più un mal di stomaco bestiale ed un debito di 170 euro verso il sindaco che io ho votato e che ha abbassato i pantaloni a questo governo di merda … .
Passo davanti alla Asl, decido di fare il buon cittadino e mi metto in fila per la visita dal medico sanitario; due ore, finalmente è il mio turno, entro: sono una persona educata, saluto, mi siedo, spiego i miei sintomi, gli dico del mio medico, gli racconto come per fare gli accertamenti richiesti ci siano almeno tre mesi di attesa. Lo sa, ma sembra non gliene freghi nulla, gli chiedo di visitarmi e poi di certificare quanto di sua competenza. Sbuffa, mi guarda dice che non può certificare niente: senza quegli esami il certificato di esenzione all’obbligo della cintura non può farmelo. Nemmeno provvisorio.
- Ma dottore … - tento un dialogo da collaborazionista - … lei mi visiti.., la sua scienza le suggerirà di certo qualcosa, potrà certificare se non la causa, almeno i sintomi … .-
Si incazza, alza la voce, volge lo sguardo al cielo e poi intorno come a chiedere aiuto e protezione dalla protervia di questi rompicoglioni che ogni giorno vengono ad arrecargli fastidio, quindi puntando un dito tremante e minaccioso:
- Quello che posso o non posso fare – sbotta – lo decido io, ha capito?..-
Non lo lascio continuare, gli acchiappo quel dito con la mano e glielo spingo fin sotto il naso:
- Maledetto idiota – gli faccio – almeno certificami quanto sei stronzo! – poi lo mando affanculo ed esco sbattendo una porta, lui ce l’ha, che si apre in una sala di persone le quali, avendo sentito tutto nonostante la porta, sono plaudenti ed approvanti.
Non credo mi denuncerà, avrei troppi testimoni a mio favore; comunque sia, ormai sono lanciato, ho deciso che, per quanto mi riguarda, stomaco ed intestino vadano a farsi fottere anche loro, che crepino, si ulcerino, muoiano ed io con loro, ma questa volta non mi fermo: punto di arrivo la stazione dei caramba. Ha i capelli bianchi, arruffati, sembra si sia svegliato da poco ma la sua espressione è tipica di colui che “ almeno per oggi basta! “. E’ un maresciallo maggiore, dietro alla scrivania ricolma di carte ed incurante del telefono che continua a squillare mi esorta a raccontargli il motivo della mia visita. Lo stomaco si contorce strappandomi un gemito di dolore, si preoccupa, mi offre un bicchiere d’acqua che rifiuto per poi sotterrarlo nel pantano della mia storia.
Vedo, anzi intuisco che è tentato dal farmi un sermoncino sul rispetto che si deve ad un pubblico ufficiale, ma ci ripensa, poi scrolla le spalle e con fare rassegnato ma accomodante lancia un: - Ed io cosa dovrei fare?....? – che mi lascia disarmato e frustrato. Lo guardo, scrollo le spalle anche io, mi alzo, faccio per andarmene e, sulla porta, tento un ultima disperata carta:- Ma la legge Bassanini, non mi permetterebbe di autocertificare il mio stato di sofferenza? –
Scuote la testa senza rispondere, lo lascio che sorride forse pensando alla mia illusione o forse solamente al fatto che la giornata sta per terminare. L’insegna della farmacia, pretenziosamente scritta anche in greco, illumina le mie spalle, ho fatto rifornimento di tutto ciò che mi serviva: 60 euro di medicinali! Chissenefrega, li leverò dai soldi dell’iva e chi s’è visto s’è visto … .
Finalmente a casa.
I farmaci cominciano a fare il loro effetto mentre il televisore biascica notizie su notizie ed ogni telegiornale è normalizzato all’altro nel dire che: “ I mercati qui .., Berlusconi là …., Tremonti sopra …, Bossi sotto …, gli italiani comunque inchiappettati! ”. Socchiudo gli occhi e mi perdo in alte considerazioni socio-politico-filosofiche: “ Domani …, domani …, sto meglio e rompo il culo a tutti …, domani … FORSE … !.
Fortebraccio “



lunedì 8 agosto 2011

Londra brucia, ancora guerriglia nei quartieri. Arrestati in 225 e 35 poliziotti feriti.


Dopo gli scontri di sabato, ancora paura per le strade della capitale. Nuove violenze si sono registrate domenica sera nella vicina zona di Enfield. Nella notte gruppi di giovani incappucciati hanno attaccato diversi negozi a Brixton, Streatham, Turnpike Lane, Walthamstow, Chingford e Leyton.

Palazzo in fiamme a Tottenham, quartiere a nord di Londra

Dopo 225 arresti e due notti di delirio a Londra gli umori dei quartieri ‘difficili’ continuano a essere volatili quanto i listini delle borse. I nervi di politici e poliziotti dunque restano tesi. Un conto, infatti, è avere a che fare con un’ondata di teppismo, per quanto incubata all’interno di una situazione economico-sociale più che fragile, un altro è una rivolta su larga scala delle banlieu di sua Maestà. Al momento l’ago sembra pendere verso la prima ipotesi: le comunità locali hanno in gran parte preso le distanze dai facinorosi. Eppure le schermaglie continuano. E basta un errore, una manganellata di troppo, per rischiare un’altra escalation di violenza.

Theresa May, il ministro dell’Interno britannico, lo ha capito ed è tornata in anticipo dalle vacanze appositamente per discutere il da farsi con la polizia. Così pure Nick Clegg, il vicepremier. Che oggi, prima di recarsi in visita a Tottenham per ispezionare l’entità dei danni e ascoltare le ansie dei residenti, ha espresso dure parole di condanna per gli eventi definendoli come “un’inutile e opportunistica serie di furti e violenze che non ha assolutamente niente a che vedere con la morte di Mark Duggan“. Sarà. Sta di fatto che in pieno pomeriggio un centinaio di giovani si sono scontrati con gli agenti di Scotland Yard nel popolare quartiere di Hackney, nell’East End di Londra. Risultato: vetrine rotte, qualche furto, traffico deviato. Ovvero lo stesso andazzo di domenica notte. A Endfield, Edmonton, Brixton, storico quartiere della comunità afro-caraibica dove i danni sono stati più intensi, gli attacchi sono stati repentini, coordinati grazie al sistema di scambio messaggi ‘privato’ dei BlackBerry più che dai social network d’ordinanza come Facebook o Twitter.

Se dunque la scala dei disordini non può certo essere paragonata al disastro di Tottenham, alcune zone di Londra ieri notte erano irriconoscibili: centinaia di agenti per le strade, decine di cellulari in continuo movimento a sirene spiegate, elicotteri di pattuglia nei cieli armati di potenti fari che illuminano a giorno i marciapiedi. “Sono disgustata da questa inutile violenza”, ha detto questa mattina, osservando i danni nel suo quartiere, Yvonne Clarke, 48enne residente di Brixton. Un sentimento spesso condiviso: “a che serve svaligiare i negozi? perché spaccare tutto senza motivo?”, si chiedono gli abitanti dei rioni colpiti. Il comandante della Metropolitan Police Adrian Hanstock taglia corto: “Qui non si tratta di un gruppo di persone che agiscono per conto o con il sostegno delle comunità locali; sono al contrario le comunità locali ad essere sotto attacco”.

Ma c’è di più. I tagli decisi dal governo, infatti, stanno finalmente iniziando a mordere. A Tottenham, ad esempio, vi sono 50 persone per ogni lavoro disponibile, le richieste di sussidi alla disoccupazione sono saliti del 10% rispetto all’anno passato e la disoccupazione ha colpito i giovani duramente. Contemporaneamente il budget della circoscrizione di Haringey dedicato ai servizi per i ragazzi è stato ridotto del 75%. Così otto ‘youth club’ su tredici, centri ricreativi giovanili, sono stati chiusi dal comune. “Ora non sappiamo più cosa fare e giriamo per la strada; e la polizia ci ferma”, ha raccontato un ragazzo nero al Guardian. E non è raro che gli incidenti scoppino proprio a causa di semplici controlli e perquisizioni. Ad Hackney è andata così. Lo spettro, ad ogni modo, viene dal passato. “Non vogliamo tornare negli anni ’80″, ha messo in guardia l’ex sindaco Ken Livingstone. Eppure il paragone inizia a fare capolino: scontri, manifestazioni di protesta, l’economia che ristagna, un premier Tory a Downing Street.


Financial Times ironizza: “Crisi? Berlusconi la guarda dalla spiaggia”.



“Berlusconi guarda la crisi dalla spiaggia”. Questo il titolo dell’ultimo impietoso articolo che ilFinancial Times dedica all’Italia e alla sua situazione economica. Dietro le parole, il doppio significato che il giornale britannico legge nel ruolo del governo del Cavaliere nella risoluzione della crisi. Da un lato, infatti, Berlusconi è fisicamente assente: “Alla riapertura dei mercati sarà al mare – scriveva ieri sera il Financial Times – ansioso di sapere se le misure annunciate in fretta e furia saranno sufficienti per fermare la marea”. Talmente ansioso, scrive ancora il Times, da essersi “rifugiato nella sua lussuosa villa, ufficialmente per festeggiare il 45° compleanno di sua figlia Marina”.

Dall’altro, e qui la critica diventa feroce, nessuno sembra stracciarsi le vesti per la sua assenza: “I critici hanno insinuato che la cosa sia poco rilevante, considerato che la politica economica è nei fatti dettata dall’esterno, nel momento in cui l’Italia diventa l’ultimo fronte nella battaglia per salvare l’Euro dalla crisi dei debiti sovrani”.

Italia commissariata? Sì, almeno a leggere la successiva impietosa analisi della situazione della borsa italiana, della considerazione del premier e della lettura che i media del Belpaese danno della crisi. Insomma, sembra dire il Financial Times, che il premier guidi o meno l’Italia in questo momento non fa alcuna differenza.


Berlusconi si fa pagare il conto. - di Peter Gomez.




Dopo soli tre anni di governo Silvio Berlusconi ce l’ha finalmente fatta. Con la fortunata collaborazione di buona parte del parlamento il premier é riuscito a portare il Paese, che lui diceva stare “meglio degli altri”, a un passo dal baratro e a minacciare di tirarsi dietro nel precipizio tutto il resto di Europa. Risultato: da domenica le decisioni che riguardano la nostra economia, come dimostrano il comunicato congiunto di Merkel e Sarkozy e la lettera di Trichet e Draghi, non vengono più prese a Roma.

Ovviamente il commissariamento del nostro esecutivo non sarebbe di per sé un gran guaio. Per i bilanci dello Stato meno Berlusconi e il suo futuro ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, fanno e meglio è. Purtroppo però una cosa sono i conti pubblici e un’altra le condizioni reali dei cittadini. E già dai prossimi giorni gli elettori avranno modo di rendersene conto.

All’invito a fare in fretta e a passare dalle parole ai fatti, il governo non potrà che rispondere con un decreto legge. Dentro ci saranno più tasse (molte di più) e meno stato sociale (molto di meno). Presto, poi, si inizierà a discutere seriamente di patrimoniale. Ma non tarata sui ricchi, come sarebbe giusto e logico. Visto che si é arrivati in ritardo di almeno 24 mesi, si dovrà fare cassa subito. Per questo verranno colpiti i ceti medi. Il risparmio delle famiglie, del resto, è l’unica voce del bilancio italiano che, nel bene e nel male, continua a dare qualche soddisfazione (i depositi bancari tra il 2007 e il 2011 sono aumentanti in valore reale del 4,7 per cento). I denari per non fallire il governo non saprà far altro che andarli a prendere lì. Come, lo sapremo presto.

Le chiacchiere, del resto, stanno a zero. La conferenza stampa congiunta di venerdì sera tra i due separati in casa Berlusconi e Tremonti, ha rappresentato l’acme della tragicomica pochade messe in scena in questi anni dai due anziani politicanti. Il tentativo di far passare l’idea che per rendere competitivo il Paese fosse necessario cambiare l’articolo 41 della Costituzione è stato un insulto all’intelligenza. E non solo per una questione di merito. Anche per una questione di metodo.

Se pure il premier e il suo ex commercialista avessero ragione (e non ce l’hanno), non possono far finta di non sapere che per cambiare la Carta fondamentale ci vogliono, a essere ottimisti, 18 mesi e due terzi dei voti del Parlamento. Troppo. Decisamente troppo per un paese che di fronte a sé ha un futuro da contare non i mesi, non in settimane, ma in giorni.

Certo se (e non è per nulla detto) la cura da cavallo imposta da Parigi e Berlino, con i relativi acquisti di titoli di Stato da parte della Bce, servirà per farci sopravvivere alla tempesta dei mercati, resta il non secondario problema di che cosa fare per tentare di risalire la china.

Mentre si discute di privatizzazioni, liberalizzazioni e di tagli ai costi della politica (tutti scelte doverose) l’intervento più semplice è la drastica riduzione del denaro contante che circola nel nostro paese. Eliminare il cash infatti vuol dire dare, da subito, un duro colpo a evasione fiscale e corruzione.

Come farlo? Rendendo obbligatorio da subito l’utilizzo di bancomat, assegni e carte di credito in tutte le transazioni economiche superiori ai 500 euro (un limite che poi andrà ritoccato progressivamente verso il basso).

Un provvedimento del genere, questo è chiaro, Berlusconi non lo digerirà facilmente. Nel 2008, al grido “vogliono uno Stato di polizia tributaria”, eliminò tutte le disposizioni del governo Prodi sullatracciabilità dei pagamenti (poi solo parzialmente reintrodotte). E lo fece tra gli applausi. Del suo elettorato, dei professionisti, degli industriali, delle organizzazioni di categoria e, ovviamente, di buona parte dei media. Pure di quelli che oggi gli danno addosso.

Ma allora il premier era un vincente. Era un mercante di falsi sogni a cui gli italiani avevano fatto scivolare il Paese in mano. Oggi quel Paese non c’è più. I sogni del mercante lo hanno distrutto. Restano solo i conti. Che, purtroppo per noi, andranno pagati tutti.