venerdì 19 agosto 2011

La casta non vuole lavorare, tanto vale eliminarne la metà.

La casta non vuole lavorare: tanto vale eliminarne metà
Niente,non c’è niente da fare. Non lo vogliono capire. Fuori dai loro palazzi privilegiati c’è un paese che non ne può più della Casta e questi che fanno? Bigiano la seduta del Senato, quella introduttiva alla manovra lacrime e sangue. Imbarazzante, per non dire penoso. Come le scuse che tirano fuori per giustificare quel vuoto di poltrone impressionante.

«Ma non era una seduta importante», hanno balbettato un po’ tutti. Come se un dipendente o un dirigente potesse andare a lavorare solo quando ci sono cose importanti da fare o da decidere! Nella vita lavorativa capitano giornate più o meno impegnative; talune lo possono essere fino a spaccare la schiena (ma non è mai il caso dei politici, tranquilli…) e altre non lo sono affatto. Però al lavoro si va lo stesso. In parlamento evidentemente no: ognuno fa quello che gli pare. Vanno e vengono, ci sono o non ci sono: dipende da come si svegliano la mattina. Ieri l’altro è stata l’apoteosi: solo undici senatori in aula. Altre assenze però ci sono state anche in passato; non poche volte il governo è persino andato sotto in aula per la mancanza dei deputati.

COSE EVIDENTI
A questo punto appaiono evidenti due cose. La prima è che un parlamento di circa mille politici mestieranti non serve a nulla, è un dispendio di soldi pubblici inutile. Perché se gli scranni sono vuoti, il Senato comunque gira a pieno con tutti i suoi costi di personale e di funzionamento vario. E chi lo paga il conto? Noi, cioè quegli stessi cittadini contribuenti che da anni chiediamo un dimagrimento della Cosa pubblica ma che ci ritroviamo solo l’ennesima batosta fiscale da pagare.

Anticipo l’obiezione: in questa manovra c’è una forte riduzione della politica. L’ho già scritto: non credo finché non vedo. È davvero difficile fidarsi di chi dall’oggi al domani perderebbe di colpo una serie di privilegi. E veniamo al secondo punto: le tasse noi dobbiamo versarle subito, i tagli alla politica invece necessitano sempre di una commissione che valuti, che rifletta, che non penalizzi eccetera eccetera. Che ci vuole a scrivere due righe secche: a partire dalla prossima legislatura i parlamentari saranno la metà di quelli attuali. Non dico di abolire il bicameralismo perfetto (ci avevano provato, va ammesso) in quattro e quattr’otto ma almeno dimezzare gli onorevoli, questo va fatto e pure alla svelta. Con progressiva normalizzazione pure del personale che gira attorno al parlamento.

MANCA LA VOLONTA'
Diciamo che non c’è la volontà. E la sfacciataggine con cui i parlamentari umiliano le istituzioni (quelle istituzioni che diventano sacre quando c’è da salvaguardare la poltrona) ne è la prova. Al lavoro si va quando si ha genio, il ristorante con prezzi da mensa dei poveri ma con menu da ristorante per ricchi. E poi i privilegi, pensioni e vitalizi, insomma tutte voci che ci hanno promesso mille volte di togliere e invece restano lì perché quando una mano li toglie l’altra li rimette. Si può andare avanti così? No.

Con che spirito, domando, la classe politica pensa di affrontare gli affanni dell’Italia quando coi fatti dimostra di essersi messa su un piedistallo? Forse non se ne sono resi conto ma nel Paese sta montando la rabbia. La politica dimostri di essere umile, si ricordi di essere al servizio del Paese e non al traino. E soprattutto si rassegni a dimagrire: la velocità con cui le Borse e gli andamenti economici mettono a soqquadro il pianeta si scontra con la lentezza della Casta.

di Gianluigi Paragone.


- POTA CONTRO PATO di Marco Travaglio per Il Fatto Quotidiano.


Ma sì, in fondo che sarà mai. La Borsa di Milano perde un altro 6%, consolidandosi all'ultimo posto in Europa, ma solo perché Africa e Asia non sono pervenute. La Fiat di quel genio di Marchionne che piace a destra ma pure a sinistra ("un vero socialdemocratico", lo benedisse Fassino) chiude a -11,8 per questioni di dettaglio: la gente non compra le sue auto nemmeno a spararle. Tonica anche Fondiaria-Sai di quell'altro gigante di Ligresti (-4,7).

TREMONTITREMONTIberlusconi merkelBERLUSCONI MERKEL

Quando si dice la classe dirigente. La famosa manovra-bis da 20 miliardi o giù di lì che doveva rassicurare l'Europa e i mercati, mettendo in fuga gli speculatori cattivi, è evaporata nel breve spazio di cinque giorni: la rapina ai fessi che pagano le tasse non piace al rapinatore per motivi elettorali (pare che lo voti anche qualche contribuente onesto), la rapina agli statali non piace agli statali, i tagli agli enti locali non piacciono alla Lega (che controlla molti enti locali), Tremonti è talmente suonato che non riesce neppure a spostare due o tre festività.

I Responsabili, o come diavolo si chiamano, si fanno vivi dalle località balneari proponendo "emendamenti al decreto": e certo la notizia che si muove anche Scilipoti deve aver ulteriormente elettrizzato i mercati. Rimane la liberalizzazione di alcuni canili municipali, se ce la fanno. Si era pensato tassare un pochino i ladroni scudati, ma qualcuno al governo s'è sentito chiamato in causa e non se n'è fatto nulla.

BOSSIBOSSI

Alla parola "scudo" il Cainano ha avuto un sussulto e, ridestatosi improvvisamente come ai bei tempi quando arrivava la Carfagna, ci ha preso gusto e ha proposto di farne un altro. Ma gli è andata buca pure quella: e se non riesce più nemmeno a fare la cosa che gli veniva meglio - i condoni - la situazione dev'essere seria. In compenso il premier si consola con una bitumatura parietale nuova di zecca: come ogni estate, s'è rifatto il manto stradale. Senza badare a spese: gli asfaltatori ci hanno dato giù pesante sul capino del Capo, ora mancano solo le striscioline pedonali per Brunetta.

Umberto Bossi - foto di Stefano CavicchiUMBERTO BOSSI - FOTO DI STEFANO CAVICCHIIL 'COMPAGNO' MARCHIONNEIL 'COMPAGNO' MARCHIONNE

Bossi intanto non esce più di casa. L'altroieri ha dovuto annullare il comizio a Calalzo: non tanto perché la metà del pubblico non ci avrebbe capito niente, quanto perché l'altra metà avrebbe capito tutto. Insomma, rischiavano di materializzarsi i famosi "trecentomila padani pronti alle armi", ma per sforacchiargli i pantaloni. Ieri poi è apparso in Cadore per alcuni secondi: l'hanno osteso brevemente come la Sindone, in canotta di ordinanza, poi l'hanno prontamente ritirato, prima che ridesse del nano a Brunetta e rimostrasse il manico alla "Boniver bonazza", che ora siede al governo insieme con lui. Subito sul luogo del disastro sono accorsi alcuni pensionati della bocciofila, tra i quali Calderoli in salopette tirolese e Tremonti in maniche di camicia, che ieri compiva gli anni: 64 prima della chiusura dei mercati, 84 dopo.

Era prevista anche una cena di compleanno, ma è stata annullata perché alcuni elettori padani avevano scoperto il ristorante. L'astuto Calderoli, in arte Pota, ha frattanto individuato il buco nero che inghiotte le migliori risorse del Paese: gli stipendi dei calciatori. Sono loro, insieme agli speculatori, a cospirare contro la nostra sanissima economia: bisognerà tosarli come meritano. Chissà che ne pensa Pato, fidanzato di Barbara B. Ecco: un duello rusticano Pota-Pato è proprio quel che ci vuole per rassicurare i mercati.

CALDEROLI   IL TROTA   UMBERTO BOSSI   FABIO RIZZI   TREMONTICALDEROLI IL TROTA UMBERTO BOSSI FABIO RIZZI TREMONTICALDEROLI E BOSSI NUOVE SEDI MINISTERIALI PONTIDACALDEROLI E BOSSI NUOVE SEDI MINISTERIALI PONTIDA

Peccato che rischi di incrinare i già fragili equilibri nella Real Casa di Arcore. Manca ancora che il pover'ometto, nel fuggifuggi generale, venga scaricato pure dalla prole. L'ex ministro Martino, all'alba del 18° anno, ha finalmente scoperto che B. non è liberale ("Con Frattini, Brunetta, Tremonti, Sacconi, altro che partito liberale di massa: questo è il partito socialista di Carrara..."). Pure Ostellino è colto dai primi, timidi dubbi sul liberalismo di B., mollato persino da Belpietro, il che è tutto dire. Resistono Sallusti e Fede, che finiranno come i gatti: a leccarsi il culo da soli.

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-ma-s-in-fondo-che-sar-mai-la-borsa-di-milano-perde-un-28840.htm

Lega contestata, Bossi “scappa” nella notte. - di Davide Vecchi


Dopo due giorni di insulti e proteste, il leader del Carroccio decide di lasciare il Cadore. "Brutto, brutto, brutto: andiamo via", si sfoga con pochi intimi all'interno di un hotel Ferrovia blindato. Il clima è talmente pesante che la cena per il 64esimo compleanno di Tremonti è spostato all'ultimo secondo nella baita a Lorenzago del ministro dell'economia

“Brutto, brutto, brutto: andiamo via”. Umberto Bossi nella notte decide di lasciare l’hotel Ferrovia di Calalzo di Cadore per timore di altre proteste. Ci sono voluti due giorni di contestazioni dell’ormai ex popolo leghista bellunese e decine di insulti dei passanti, per far comprendere al leader del Carroccio che la base ha superato il limite di sopportazione. Tornare indietro ora è difficile. Da contadino della politica quale è, Bossi ha compreso che non più salvarsi dal Titanic: affonderà insieme a Silvio Berlusconi.

Mercoledì sera ha dovuto cancellare il comizio in piazza per timore delle proteste leghiste, capitanate dal presidente della Provincia di Belluno che si è presentato con la bandiera dell’ente listata a lutto. Ieri ha ricevuto insulti dalle auto che passavano davanti all’albergo. Si è nascosto per tutto il giorno all’interno insieme a Roberto Calderoli. E i dieci minuti che è uscito per accogliere l’amico Giulio Tremonti, i tre sono stati costretti a farsi circondare da una decina di uomini della scorta. Prigionieri a casa loro. Tanto che ieri sera la tradizionale festa di compleanno del ministro dell’economia all’hotel Ferrovia è stata trasferita all’ultimo minuto (nella speranza di depistare proteste e giornalisti) nella baita di Tremonti a Lorenzago. La stessa baita dove i quattro saggi del centrodestra stilarono il federalismo che fu poi bocciato dagli elettori con il referendum.

La baita è raggiungibile solo attraversando un cancello ovviamente ieri notte sigillato e sotto stretta sorveglianza. Nascosti nella loro terra, in fuga dagli ex elettori che per venti anni hanno regalato alla Lega la sensazione di potere e immortalità che adesso comincia a franare. Alberto da Giussano non può fare nulla, l’inesistente padania comincia a essere ridimensionata agli occhi di Bossi. Le proteste fanno male. Anche ieri per tutto il giorno è stato un continuo susseguirsi di manifestazioni e contestazioni davanti all’albergo. Dal sindaco Pdl del Comune di Calalzo al presidente provinciale di Confcommercio, dagli ex leghisti e autonomisti, al Pd ai cittadini. Qui era impensabile fino a pochi mesi fa che qualcuno potesse criticare il Capo. All’hotel Ferrovia di Gino Mondin era un continuo pellegrinaggio di complimenti, mani da stringere, baci e foto ricordo tutti sorridenti col ministro leghista di turno. Dalle macchine che passavano davanti all’albergo è sempre stato un “viva Bossi, viva la Lega”. Da due giorni invece la strada è piena di contestatori e manifestanti. E dalle auto il conducente più delicato gli ha gridato contro “cialtrone”.

Il livello di sopportazione è ampiamente superato, ma la realtà non ha ancora preso forma nella mente del Carroccio. Il nervosismo è palpabile. A un giornalista della Rai regionale che lo segue imperterrito persino all’inaugurazione di una piccolissima centrale elettrica, Bossi si mostra molto infastidito. “Vaffanculo, siete anche qui”.

Così, dopo essersi nascosto per tre giorni, Bossi sceglie di scappare. Lo fa di notte. Mentre cenava nella baita, poco dopo le una di questa mattina, i sei uomini della scorta del leader leghista hanno pagato il conto dell’albergo (che era prenotato per Bossi fino a venerdì), fatto le valigie, caricato le macchine. Poi sono andati a prelevare il Capo e lo hanno portato lontano dalle contestazioni. Presumibilmente a Gemonio, a casa sua. Dove almeno una bandiera della Lega rimarrà alta: quella che ha nel suo giardino.

Calderoli è invece rimasto a dormire in albergo perché G., il figlio della compagna Gianna Gancia(presidente della Provincia di Cuneo) ha undici anni ed era stanco. Partiranno all’alba, ha fatto sapere il ministro per la semplificazione. Quando i giornalisti presumibilmente dormono e, soprattutto, i contestatori non saranno tornati qui davanti.

A ripercorrere gli eventi di questi tre giorni appare evidente come la Lega deve fare i conti con una inaspettata realtà: non ha più il polso del territorio. La base è stanca, non ne può più di leggi ad personam, nuove tasse. Da mesi gli elettori del Carroccio chiedono a Bossi di staccare la spina al governo e lasciare Berlusconi. La base lo ha chiesto talmente ad alta voce attraverso i canali consueti, che il Carroccio invece di dialogare con i malpancisti, ha preferisco censurarli chiudendo persino gli interventi liberi a Radio Padania. Ora è troppo tardi. Berlusconi non si può più scaricare. Ed è lo stesso Senatùr ad averlo compreso. “Silvio ha vinto grazie a noi e ora noi perdiamo grazie a lui”, si è confidato in uno sprazzo di spietata lucidità. Il gioco è finito. Le proteste fanno male. Meglio tornare a casa, durante la notte. Al buio, di soppiatto, senza farsi vedere da nessuno.




giovedì 18 agosto 2011

Ecco gli enti pubblici che finanziano Cl Così il Meeting ha raccolto un milione e mezzo


Il Lazio, il Friuli e la Sardegna (governo di centrodestra) sponsorizzano con 100.000 euro. La Lombardia ne tira fuori direttamente 84.000, ma fa aprire uno stand anche Trenord. Soldi da Roma anche attraverso gli enti previdenziali: E alla fine quella che i detrattori definiscono la "Lobby di Dio" fattura in una settimana 8 milioni e 400 mila euro.


Il vento della crisi, i ponti che saltano, le manovre grandi e piccole. “Un Paese in ginocchio”, spiega Romano Prodi. Lo stesso premier, Silvio Berlusconi, per la prima volta da 17 anni a questa parte non nega che ci siano difficoltà, anche se l’uomo continua a ripetere che il governo è solido e che lui ha tanta fiducia.

Gli unici che sembrano godere di ottima salute sono gli uomini della Evidentia Communication srl, sede legale a Rimini, operativa a Milano, cassaforte di Comunione e Liberazione, società nella quale confluiscono i finanziamenti per il Meeting di Cl, la macchina da 3.400 volontari e 8 milioni e 400.000 euro di fatturato. Numeri da grande industria che vengono polverizzati in una settimana, dal 21 al 27 agosto.

Una montagna di soldi che per il 70 % arrivano dalle sponsorizzazioni. Grandi colossi privati, come Intesa San Paolo, Finmeccanica, Enel e Wind. Ma anche da tanti enti pubblici: Comuni (tre, tra cui Roma), Regioni (sette), Province (due) e Ministeri (due), società partecipate dal pubblico come Poste Italiane, Trenitalia, Ferrovie Nord, per un totale di almeno un milione e mezzo di euro di sponsorizzazioni.

Nonostante la crisi, la Sardegna, che non se la passa benissimo (30 % di turisti in meno, la giunta di centrodestra che barcolla un giorno sì e l’altro pure) ha messo a disposizione di Cl 100 mila euro (più Iva) con una delibera firmata dal presidente Ugo Cappellacci il 26 luglio. L’Isola avrà a disposizione uno stand di 180 metri quadri gestiti dall’Assessorato al turismo, artigianato e commercio.

Sponsor storico è anche la Regione Lombardia targata Roberto Formigoni, una delle tessere più importanti di Cl, che parteciperà anche quest’anno doplo la polemica sollevata lo scorso anno dalla Lega Nord e dall’Italia dei Valori sui 168 mila euro “donati” al Meeting.

Il consigliere dipietrista Stefano Zamponi, in un’interrogazione dello scorso 30 settembre, chiese i motivi di un finanziamento così ingente in un “momento in cui diventa difficile riuscire a far quadrare il bilancio della Regione”. Tuttavia, proseguiva Zamponi, “sono noti i collegamenti e i legami che ci sono fra Formigoni, buona parte degli assessori e una consistente parte del Pdl, con il movimento ecclesiale che organizza ogni anno il Meeting”. Un finanziamento, concludeva il consigliere Idv, che non ha “nessun legame, nessuna inerenza con le attività della giunta regionale della Regione Lombardia”.

L’assessore al bilancio e alle finanze, Romano Colozzi, rispose che l’evento è un “unicum per le sue caratteristiche, per la sua dimensione e per la sua partecipazione”, ed “è di gran lunga l’evento che genera maggiore risonanza mediatica durante l’intero anno. Tra l’altro quest’anno era particolarmente bello”, ricordava Colozzi.

Così, dopo la bufera dello scorso anno, i soldi del Pirellone quest’anno saranno dimezzati: lo stand sarà di 255 metri quadri e la cifra deliberata direttamente dalla presidenza di 84 mila euro. Certo un prezzo di favore vista la grandezza dello stand.

Tuttavia altri soldi della Regione Lombardia arriveranno in Riviera per altre vie, in maniera indiretta. Tra gli sponsor dell’evento che si apre domenica per esempio compare Trenord, compagnia ferroviaria partecipata dalla Regione Lombardia tramite la sua Ferrovie Nord Milano, la quale a sua volta avrà uno stand.

Intanto, proprio la Lega Nord, che si era scagliata contro la sponsorizzazione, fa lo stesso dalle sue parti, in Veneto, dove le aziende hanno difficoltà a trovare soldi anche per chiudere. Il 16 agosto – e non doveva essere una seduta affollatissima – la giunta guidata dal leghista Luca Zaiaha deliberato lo stanziamento di 37.600 euro Iva inclusa, ripartita tra la Regione stessa e ilMagistrato delle Acque.

Spiccioli, che però lo stesso Zaia ha sostenuto con forza: “Il Meeting di Rimini, nel corso degli anni, si è caratterizzato come una manifestazione dal carattere spiccatamente internazionale, capace di attirare l’interesse di migliaia di visitatori ed è una fondamentale occasione di scambio e di crescita”. Nessuna opposizione, la delibera è stata protocollata come numero 61 del 16 agosto 2011.

Il Lazio tramite l’assessorato alle Attività Produttive, come negli anni precedenti, impegnerà 100 mila euro per uno stand di 130 metri quadri che ospiterà le imprese laziali e altre iniziative dei diversi assessorati. Anche l’Abruzzo avrà un suo piccolo stand, per una spesa di 20.000 euro.

Parteciperà anche l’Emilia Romagna che con un suo stand di 172 metri quadri pubblicizzerà i prodotti locali. Tutto è stato pagato dall’Apt (l’azienda turistica controllata dalla Regione al 51 %), che però ha un bilancio e scelte di investimento autonomi. La Regione, pur essendo ente patrocinatore del Meeting, direttamente non metterebbe un euro. Ad ogni modo la spesa sarà di100 mila euro in soldi pubblici.

A spendere sarà anche la Provincia di Rimini, che per l’occasione ha stanziato 37 mila eurotramite l’Agenzia per il Turismo: “Andiamo a varie fiere ed eventi per promuoverci, non solo al Meeting”, spiega Fabio Galli, assessore al Turismo, che ammette l’importanza per il territorio dell’enorme afflusso che si crea in quei giorni. La Provincia parteciperà all’interno di un gruppo di enti pubblici che comprende Comune, Camera di Commercio, Fiera di Rimini (che finanzia con 20 mila euro, oltre ad ospitare l’evento), Aeradria spa. Totale: 100 mila euro per 108 metri quadri di stand.

Al carrozzone, new entry assoluta, si è unito anche il Friuli Venezia Giulia, rigorosamente amministrato dal centrodestra, con 100 mila euro. Nel pacchetto, firmato sempre con la concessionaria Evidentia communication, è compreso il montaggio dello stand da parte dei volontari ciellini, la sponsorizzazione sulle brochure: “Andiamo lì per pubblicizzare il nostro territorio e in particolare le infrastrutture che si stanno costruendo o si costruiranno”. Nessuna remora nel partecipare a un evento di carattere fortemente politico e religioso come il Meeting. Del resto, fanno capire dagli uffici friulani “un sacco di gente passa da quelle parti”.

Per rimanere nel Nordest anche la Provincia autonoma di Trento guidata dal cattolico del Pd,Lorenzo Dellai, parteciperà, ma con una spesa di “appena” 15 mila euro.

Al Meeting ci sarà anche la Casa del Welfare. Qui a pagare saranno tutti i cittadini italiani: Ministero del lavoro, Inps, Inpdap, Inail, Italia Lavoro e la commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) saranno infatti presenti con il loro stand dedicato ai temi del lavoro e la previdenza. Avranno a disposizione 240 metri quadri, che visti i prezzi praticati ad altre regioni (Emilia Romagna e Sardegna circa 500 euro a metro quadro) potrebbero costare 120 mila euro. Il ministero delle Infrastrutture avrà invece uno stand di 104 metri quadri: e questo potrebbe costare intorno ai 50 mila euro. Totale ministeri: 170 mila euro

di Emiliano Liuzzi, David Marceddu e Nicola Lillo