Per ordine del ministero dell'Economia l'Unità di informazione finanziaria (Uif) di Bankitalia non interviene a Strasburgo di fronte all'organismo Moneyval. Per protesta il direttore dell'Uif ritira la delegazione. E il Vaticano va verso un'insperata promozione dalla lista nera a quella grigia.
Il governo italiano ha imbavagliato la delegazione della propria Autorità antiriciclaggio in Europa per aiutare il Vaticano. E il capo dell’UIF ( l’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia), per protesta contro il Governo, ha ordinato il ritiro dei suoi uomini da Strasburgo. Ieri la Santa Sede è stata sottoposta all’esame finale dagli ispettori di Moneyval, l’organismo antiriciclaggio del Consiglio d’Europa riunito in seduta plenaria a Strasburgo. Ma il Governo italiano ha scelto di non parlare alla sessione plenaria in cui si discuteva il caso. Anche grazie a questo assordante silenzio italiano sulle tante inadempienze delle autorità della Santa Sede, il Vaticano è riuscito a ottenere una mezza promozione insperata alla vigilia. La partita vinta dalla Santa Sede con l’aiuto del governo italiano era fondamentale per lo Ior e le istituzioni finanziarie d’Oltretevere. Moneyval è il fratello minore della principale organizzazione internazionale antiriciclaggio, il GAFI, e si occupa di dare le pagelle agli Stati membri del Consiglio d’Europa o agli esterni (come è accaduto prima della Santa Sede con Israele) che chiedono di essere valutati. Lo scopo di chi si assoggetta alle forche caudine di Moneyval è quello di essere inseriti nella lista dei Paesi affidabili per accedere poi alle procedure semplificate delle operazioni bancarie.
La promozione insperata
La sessione plenaria dell’organismo europeo è iniziata il 2 luglio e si concluderà domani. Ieri però è stato il giorno del Vaticano. Il Fatto aveva già pubblicato i contenuti della bozza della valutazione sulla Santa Sede stilata dagli ispettori di Moneyval e spedita ai Paesi membri (tra cui l’Italia) nella quale il Vaticano aveva ottenuto un voto insufficiente: solo 8 delle 16 raccomandazioni fondamentali del GAFI erano rispettate. Grazie anche all’atteggiamento dell’esecutivo italiano, ieri si è passato da un 5 in pagella (8 su 16) a un 6 risicato: 9 promozioni e 7 bocciature. In polemica con questa scelta del governo Monti, il direttore dell’UIF Giovanni Castaldi ha ritirato i suoi due dirigenti dalla delegazione che rappresentava il nostro Paese a Strasburgo per non essere complice di una posizione sbagliata.
Grilli: “Non c’entro”
La decisione di tacere davanti al Consiglio di Europa sulle inadempienze di Oltretevere in materia bancaria – secondo quanto riferito da alcuni membri autorevoli della delegazione ministeriale a Strasburgo – sarebbe stata sponsorizzata dal viceministro dell’Economia Vittorio Grilli. Una circostanza molto grave, se confermata, perché il ministro dell’Economia (Monti che delega Grilli) è la prima autorità dello Stato in materia di antiriciclaggio secondo il decreto 231 del 2007. Grilli ha negato al Fatto ieri tramite il suo portavoce di avere fatto pressioni sulla delegazione, ma il risultato di cui l’esecutivo si dovrà assumere la responsabilità è che lo Stato italiano non ha tutelato gli interessi dei cittadini alla trasparenza bancaria, ma quelli del Vaticano e dello Ior all’opacità dei conti dei suoi correntisti incappati in indagini come Luigi Bisignani o Angelo Balducci.
I rappresentati dell’UIF di Bankitalia, cioè i principali testimoni “a carico” del Vaticano e a favore della trasparenza del sistema bancario nel piccolo processo allo Ior, al Vaticano e alle sue prassi opache che si teneva a Strasburgo, ieri erano assenti. Non c’era dall’inizio della sessione di Moneyval il rappresentante del ministero della Giustizia, che avrebbe potuto raccontare le rogatorie mai arrivate alla Procura di Roma da Oltretevere nelle indagini sui misteri della morte di Roberto Calvi. Ma non c’erano nemmeno i dirigenti dell’UIF che all’inizio erano partiti convinti di poter dire la loro e che invece si sono sentiti imporre un bavaglio dal ministero.
Il 3 luglio, infatti, alla vigilia dell’esame decisivo, la dirigente del ministero dell’Economia che guidava la delegazione del governo italiano ha comunicato al rappresentante UIF che non avrebbe parlato nessuno perché così era stato deciso a Roma. A quel punto Castaldi, informato dai suoi due dirigenti dell’accaduto, ha ordinato loro di rientrare a Roma. A nome dell’UIF, Castaldi aveva inviato a fine giugno una lettera al ministero dell’Economia nella quale specificava la sua posizione sulla bozza di rapporto trasmesso da Moneyval come base della discussione che si sarebbe tenuta a Strasburgo di lì a poco. In quella bozza, svelata dal Fatto, il Vaticano riceveva 8 bocciature e 8 promozioni sulle 16 raccomandazioni del GAFI in materia di antiriciclaggio. L’UIF riteneva quella pagella troppo benevola ed elencava le ripetute inadempienze del Vaticano: le mancate risposte alle rogatorie, l’involuzione della nuova normativa voluta dal segretario di Stato Tarcisio Bertone nel gennaio del 2012 rispetto alla legge del dicembre 2010 che rappresentava un passo avanti e istituiva l’AIF, l’autorità antiriciclaggio del Vaticano e via elencando inadempienze su inadempienze della Santa Sede.
Bertone e così sia
Dopo avere letto quella lettera il governo italiano ha deciso di impedire all’UIF di commentare pubblicamente il rapporto ieri davanti agli ispettori Moneyval. Così a rappresentare l’Italia in questo dibattito sono rimasti solo gli uomini della quinta direzione del ministero dell’Economia preposta alla lotta contro il riciclaggio, guidata da Giuseppe Maresca che però ha inviato l’avvocato Francesca Picardi, la dirigente del ministero che, in qualità di capo della delegazione, ha trasmesso il diktat di Roma.
Castaldi, per evitare l’effetto silenzio-assenso, ha ordinato ai suoi due uomini di rientrare a Roma immediatamente. Una scelta accolta con sollievo dalla delegazione vaticana guidata dal braccio destro del segretario di Stato Tarcisio Bertone, monsignor Ettore Balestrero. L’obiettivo del Vaticano era quello di ottenere almeno una valutazione migliore di quella di partenza che permettesse l’inserimento della Santa Sede nella cosiddetta grey list, la lista grigia dei Paesi ancora inadempienti secondo i parametri Moneyval che però stanno migliorando il loro sistema al fine di aderire alle raccomandazioni del GAFI.
L’ostacolo principale per il Vaticano sulla strada verso la lista grigia era proprio l’UIF, l’autorità aveva segnalato infatti il peggioramento del sistema antiriciclaggio nel 2012 grazie alla nuova normativa voluta da Bertone. E così l’obiettivo del Vaticano è stato raggiunto.
Aggiornamento. Nel primo pomeriggio il ministero dell’Economia ha diffuso una nota in cui non smentisce l’accaduto ma afferma:
“Non siamo membri di Moneyval e quindi nella veste di osservatori non votiamo. Anche la Uif è osservatore in Moneyval quindi non vota”.
“Da parte italiana il rapporto Moneyval viene giudicato completo in quanto contiene sia le riforme sia le carenze rimanenti. Nulla è stato taciuto”.
“Nella sua veste di osservatore il rappresentante del Tesoro ha svolto un intervento tecnico per spiegare il meccanismo alla base del sequestro dei fondi Ior da parte della magistratura italiana”.
“Da parte italiana il rapporto Moneyval viene giudicato completo in quanto contiene sia le riforme sia le carenze rimanenti. Nulla è stato taciuto”.
“Nella sua veste di osservatore il rappresentante del Tesoro ha svolto un intervento tecnico per spiegare il meccanismo alla base del sequestro dei fondi Ior da parte della magistratura italiana”.