venerdì 27 luglio 2012

Scarpinato e Ingroia, non lasciamoli soli. - Beatrice Luzzi



Non c’è più tempo né scelta. Chiedo al Fatto Quotidiano e ai suoi coraggiosi sostenitori di lanciare immediatamente una pressante campagna mediatica a difesa di Scarpinato e Ingroia perché simbolo di tutti coloro che vogliono sia scoperchiato definitivamente il vaso di Pandora. Se saranno costretti ad abbandonare il loro posto, noi elettori italiani alle prossime elezioni scriveremo sulle nostre schede elettorali solo i loro due nomi. Di persone serie e oneste ce ne sono tante in Italia, di quelle che a queste virtù aggiungano anche la capacità di sacrificare le loro esistenze a beneficio della collettività pochissime, e tra queste coloro che trovano il coraggio di dire la verità si contano sulle dita di due mani. Sono stati uccisi quasi tutti. Vogliamo restare completamente monchi? Scriveremo solo i loro nomi sulle nostre schede elettorali. Sono loro che ci rappresentano e non vogliamo, questa volta no, lasciarli soli!


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http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/26/scarpinato-e-ingroia-non-lasciamoli-soli/307112/

Deontologicamente, la proposta è valida, ma non sortirebbe alcun effetto perchè le schede con su scritti i loro nomi risulterebbero nulle. Sappiamo, infatti, e i trascorsi lo confermano, che le schede nulle e le astensioni non fanno altro che agevolare chi i voti - quelli di scambio, che non sono pochi come si vorrebbe far credere - li ottiene con "estrema certezza". La protesta dovrebbe essere ideata con criteri e parametri diversi per poter sortire un esito che sia allo stesso tempo "non sfavorevole" per i cittadini onesti e valido per l'ottenimento del fine da raggiungere. Non condivido, pertanto, la proposta della Luzzi.
By Cetta.

In Sicilia la formazione è affare di famiglia.


In Sicilia la formazione è affare di famiglia

Sono tutti figli, nipoti e parenti di qualcuno. E' il business procura lavoro più in voga nell'isola.

Il più in vista è Francantonio Genovese, deputato del Pd e figlio e nipote d’arte (il padre Luigi è stato senatore della Dc per sei volte, mentre lo zio Nino Gullotti otto volte ministro): ha piazzato la moglie, due nipoti e tre cognati nel ricco business dei corsi di formazione in Sicilia con quattro società che nell’ultimo anno hanno incassato quasi 2 milioni di euro. Lo scrive Panorama in un articolo pubblicato sull numero in edicola da giovedì 26 luglio.
Genovese non è l’unico politico siciliano i cui familiari sono attivi nei corsi di formazione, un settore sul quale, nel 2012, sono piovuti 455 milioni di euro che servono, in larga misura, per pagare gli 8.612 dipendenti: il business è bipartisan. A Taormina, scrive Panorama, impera incontrastato  il Cufti, finanziato con 2 milioni. La direttrice del centro è Fina Maltese, moglie di Carmelo Briguglio, parlamentare del Fli. Mentre la direttrice dei corsi è la di lei figlia, Claudia Viola. Altro ente ad alta densità parentale è l’Anfe. Vincenza Dentino, consorte del consigliere regionale del Pid, Nino Dina, è in forza alla sede di Palermo. Nella sede di Catania, invece, ha lavorato fino al 2009 Saveria Grosso, moglie del governatore Raffaele Lombardo.
Tutti soldi e corsi che, secondo Panorama, non servono a far calare il numero delle persone senza occupazione: in Sicilia la disoccupazione giovanile sfiora il 30 per cento, benché la sola Ue dal 2003 al 2010 abbia finanziato corsi per 1,5 miliardi di euro.

Volkswagen: "Marchionne inqualificabile deve dimettersi da presidenza Acea".


Volkswagen: "Marchionne inqualificabile deve dimettersi da presidenza Acea"

L'azienda tedesca attacca l'ad Fiat, a capo dell'associazione delle case automobilistiche europee, che ieri aveva accusato la Volkswagen di causare "un bagno di sangue sui prezzi" di mercato. Fiat non commenta.


MILANO - "Marchionne è insopportabile come presidente dell'Acea, gli chiediamo di dimettersi". È quanto ha dichiarato il responsabile della comunicazione di Volkswagen, Stephan Gruehsem, rispondendo alle accuse lanciate dall'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, contro la politica commerciale della casa automobilistica tedesca. Gruehsem ha spiegato che, a seguito dei commenti di Marchionne "ancora una volta inqualificabili", Volkswagen sta valutando l'uscita dall'Acea, l'associazione delle case automobilistiche europee. Ieri il numero uno del Lingotto, in un'intervista all'International Herald Tribune, ha detto che la politica di Volkswagen sta provocando "un bagno di sangue sui prezzi e sui margini".

Fiat "non commenta" le dichiarazioni del portavoce di Volkswagen. Ieri, durante la conference call con gli analisti per la presentazione dei conti, il responsabile vendite della casa automobilistica tedesca, Christian Klingler, ha respinto le accuse di Marchionne, sottolineando che la società non persegue una politica di prezzi eccessivamente aggressiva in Europa, pur ammettendo che la concorrenza in Europa si stia intensificando. Volkswagen ieri ha comunicato conti in crescita nel secondo trimestre, risultati in contrasto con quelli delle altre case automobilistiche concorrenti come Psa Peugeot-Citroen, Ford e General Motors.

Falsi ciechi, scoperta intera famiglia.



In 4 intascavano indennità dal 1982.

TORINO - A Torino è stata scoperta una famiglia di falsi ciechi. Nella stessa città la Guardia di Finanza ha anche individuato altri due falsi ciechi: in tutto sei persone che hanno procurato all'Inps un danno che supera i 700 mila euro. La famiglia di "furbetti" (fratello, sorella, madre e zio) intascava indennità di accompagnamento sin dal 1982: 800 euro al mese. In un altro caso, le indagini sono scattate, sempre a Torino, dopo la segnalazione di un cittadino al 117, il numero di pubblica utilità della Guardia di Finanza. La persona denunciata, oltre alla cecità, simulava anche un'infermità che la costringeva sulla carrozzella. Sesto caso quello di un falso cieco, residente a Torino, di origini siciliane, che è riuscito a mettere in tasca 80.000 euro nell'arco di 10 anni.  

Nei confronti dei sei finti ciechi individuati è scattata la denuncia per truffa aggravata e continuata ai danni dell'Inps. Nel caso in cui risultino assunti nella graduatoria riservata ai diversamente abili, rischiano anche il posto di lavoro. I filmati e le prove raccolte sono stati acquisiti dalla Procura di Torino, che nel frattempo ha disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per risarcire l'erario, dei beni mobili ed immobili degli indagati. Si tratta di conti correnti, titoli, 13 terreni agricoli e cinque appartamenti nelle province di Torino e Latina, per un valore complessivo di quasi 600.000 euro. Il primo caso, infatti, riguarda una donna originaria della provincia di Latina, residente a Moncalieri (Torino) e centralinista di un ente pubblico, che da oltre 30 anni percepiva un'indennità di accompagnamento. Una volta lontana dall'ufficio, riponeva nella borsa il bastone e si muoveva con sicurezza per la città. I finanzieri si sono poi incuriositi quando hanno scoperto che anche il fratello, la madre e lo zio, tutti residenti in provincia di Latina, risultavano portatori dello stesso handicap. I successivi accertamenti nella cittadina laziale hanno confermato i sospetti: anche nel loro caso, la cecità era del tutto simulata. I quattro sono stati filmati in un ristorante quando, nel corso di un ricevimento, oltre a ballare, si muovevano con disinvoltura tra i tavoli. Il quinto falso cieco, un dipendente di una ditta privata residente a Torino da più di 20 anni, è stato filmato mentre accompagnava il figlio a scuola, attraversando incroci stradali privi di semafori e cicalini sonori per non vedenti, o mentre faceva acquisti al mercato. In dieci anni aveva percepito 80.000 euro non dovuti. L'ultimo caso riguarda un'altra centralinista di un ufficio pubblico a Torino che, dichiarata cieca totale da 14 anni, ha intascato indebitamente oltre 130.000 euro, ma in realtà conduceva una vita pressoché normale. E' stata filmata mentre saliva alcuni scalini dopo aver parcheggiato la sedia a rotelle per dirigersi verso lo studio del proprio medico, mentre suonava il cicalino della carrozzella per avvisare un finanziere che le impediva il passaggio e mentre evitava un cassonetto appositamente posto sul marciapiede.

Roberto Formigoni, arroganza Celeste. - Peter Gomez


Roberto Formigoni dice di aver letto le carte e di non avere “nulla da temere”. Di fronte ai testimoni e ai documenti che, secondo l’accusa, raccontano la sua vita da nababbo finanziata per dieci anni da Pierangelo Daccò, il futuro ex governatore dei lombardi afferma spavaldo: “La corruzione dov’è? Io non l’ho trovata”. Un po’ come, qualche mese fa, non era riuscito a trovare, dopo aver promesso ai giornalisti di esibirle, le ricevute delle sue vacanze da jet set trascorse, a spese di Daccò, ai Caraibi, a Saint Tropez, in Costa Smeralda, a Montecarlo o su uno yacht di oltre 20 metri. Un Ferretti 70 sul quale, secondo i marinai, in una cabina di prua venivano sempre “custoditi gli effetti personali” di Formigoni “imbarcati all’inizio della stagione e portati via nel mese di ottobre”.
Il fatto che Daccò fosse un faccendiere capace di farsi liquidare più di 70 milioni di euro da gruppi sanitari convenzionati con la Regione non inquieta il Celeste presidente. E nemmeno i due partiti che ancora lo sostengono: la Lega e il Pdl. Eppure la vicenda Formigoni, ora arricchita da un invito a comparire, spiega bene almeno 200 dei 500 punti di spread che separano l’Italia dalla Germania.
Formigoni, infatti, resiste sulla sua poltrona perché qui la politica, che pure continua ad attaccare la magistratura, ha totalmente demandato ai giudici il compito di selezionare le proprie classi dirigenti. I comportamenti dei leader da noi non contano. Contano (qualche volta) i reati, che però possono essere accertati (giustamente) solo al termine di un processo.
Il principio di elementare prudenza che, nelle democrazie mature, spinge partiti e istituzioni a escludere dalla vita pubblica chi non è in grado di chiarire le sue frequentazioni o giustificare le proprie ingenti spese, in Italia non vale.
Risultato: a Berlino il Presidente della Repubblica, Christian Wulff, si dimette in febbraio per un prestito a tassi di favore alla moglie e cinque giorni di vacanza finanziati da un produttore cinematografico (287 euro per notte). A Roma come a Milano, a destra come a sinistra, migliaia di piccoli o grandi Formigoni, invece imperano e montano in cattedra, arroganti. I Daccò di turno fanno lievitare la spesa pubblica. E il Titanic Italia va, placido, verso il naufragio. La crociera intanto non la offre un lobbista-faccendiere. A pagare sono solo i cittadini.
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giovedì 26 luglio 2012

Spending Review, Irpef più cara nelle regioni con la sanità in rosso.




MILANO - Le regioni in deficit sanitario potranno anticipare al 2013 lo sblocco dell'addizionale Irpef, previsto per il 2014 (dell'1,1%). Lo prevede un emendamento al decreto legge spending review, approvato dalla commissione Bilancio del Senato. La proposta di modifica, presentata dai senatori Vicari, Tancredi, Bonfrisco ed Esposito, consente a otto regioni (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia, Calabria, Piemonte e Puglia) di incrementare l'addizionale irpef all'1,1% invece che allo 0,5% (come previsto dalla legge 68 del 2011).
L'ITER PARLAMENTARE - L'emendamento consente alle Regioni sottoposte a piani di stabilizzazione finanziaria di disporre, «con propria legge» l'anticipo al 2013 della maggiorazione dell'aliquota addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche, fissata per il 2014 dalla legge numero 68 del 2011. La norma dello scorso anno disponeva la possibilità di sbloccare, per quest'anno e per il prossimo, l'aliquota Irpef fino a un massimo dello 0,5%. Un ulteriore sblocco era previsto per il 2014 e consentiva di salire fino all'1,1%. Con l'emendamento approvato sará possibile anticipare di un anno l'incremento di 0,6 punti percentuali (differenza tra lo 0,5% e l'1,1%).
FARMACIE IN RIVOLTA -

Patron Riva agli arresti, operai bloccano Statali.


Lavoratori proclamano lo sciopero ad oltranza. Passera: fare di tutto per la continuità operativa.


I sindacati Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato uno sciopero ad oltranza all'Ilva di Taranto. Restano i presidi all'esterno dello stabilimento e il blocco del ponte girevole. E' ancora in corso la riunione azienda-sindacati in fabbrica. Intanto per domani alle 7 e' stata indetta una assemblea dei lavoratori all'interno dello stabilimento
''Governo e istituzioni locali faranno tutto il possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilita' produttiva'' dell'Ilva di Taranto. Lo afferma in una nota il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, secondo cui e' fondamentale che, nel pieno rispetto delle procedure di legge, si garantisca la continuita'.
Circa ottomila lavoratori dell'Ilva usciti dallo stabilimento siderurgico dopo aver appreso dell'ordinanza di sequestro degli impianti dell'area a caldo hanno raggiunto la città di Taranto, dove stanno sfilando in corteo. I manifestanti sono entrati dalla città vecchia e attraversato il ponte girevole per raggiungere la prefettura. Una delegazione cercherà di incontrare il prefetto Claudio Sammartino. I sindacati non escludono un sit in sotto la sede del tribunale
I lavoratori dell'Ilva che stanno protestando per il provvedimento della chiusura degli impianti dell'area a caldo, che avrebbe pesanti conseguenze dal punto di vista occupazionale, hanno bloccato la statale 106 jonica Taranto-Reggio Calabria, la statale 100 Taranto-Bari e i due ingressi alla città di Taranto: la città vecchia e il ponte Punta Penna. Una delegazione di sindacalisti e lavoratori sta incontrando il prefetto di Taranto Claudio Sammartino.
I lavoratori dell'Ilva hanno bloccato il ponte girevole di Taranto: la decisione è stata presa a conclusione dell'incontro che si è svolto nella sede della Prefettura tra il prefetto Claudio Sammartino, sindacati e lavoratori per discutere della situazione dopo il sequestro degli impianti disposto dal gip Patrizia Todisco.
Il gip Patrizia Todisco - secondo quanto apprende l'ANSA - ha firmato il provvedimento di sequestro (senza facoltà d'uso) degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva di Taranto e misure cautelari per alcuni indagati nell'inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici Ilva.
Sono 8 gli indagati, tra dirigenti ed ex dirigenti dell'Ilva, per i quali il gip Patrizia Todisco ha disposto gli arresti domiciliari. Cinque di questi erano già inquisiti e avevano nominato propri consulenti nell'ambito dell'incidente probatorio. I provvedimenti sono stati firmati ma non ancora notificati. Gli arresti riguardano il patron Emilio Riva, presidente dell'Ilva Spa fino al maggio 2010, il figlio Nicola Riva, che gli è succeduto nella carica e si è dimesso un paio di settimane fa, l'ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, il dirigente capo dell'area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio, il responsabile dell'area agglomerato, Angelo Cavallo. La misura cautelare, però riguarderebbe anche altri tre dirigenti.
Il gip di Taranto Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento di sequestro senza facoltà d'uso dell'intera area a caldo dello stabilimento siderurgico Ilva. I sigilli sono previsti per i parchi minerali, le cokerie, l'area agglomerazione, l'area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi. Sono state individuate anche tre figure tecniche (due funzionari dell'Arpa Puglia e uno dei Dipartimenti di prevenzione dell'Asl di Bari) che dovranno sovrintendere alle operazioni e garantire il rispetto delle norme di sicurezza. Della gestione delle fasi che attengono al personale si occuperà un commercialista e revisore contabile.
 
Circa 5mila lavoratori dell'Ilva di Taranto, usciti dallo stabilimento siderurgico dopo aver appreso dell'imminente notifica del sequestro degli impianti e della chiusura dell'area a caldo, si stanno dirigendo in corteo verso Taranto per raggiungere la Prefettura e probabilmente bloccare il ponte girevole. 
CLINI, CHIEDERO' RIESAME CON MASSIMA URGENZA - "Chiederò che il provvedimento di riesame avvenga con la massima urgenza". Così il ministro Clini sulle misure della magistratura per l'Ilva di Taranto. "Verrà affrontata l'emergenza - continua - per almeno 15.000 persone in seguito a iniziative della magistratura che sta procedendo al sequestro e a altre misure cautelari".  Le risorse per "interventi urgenti di riqualificazione ambientale" a Taranto saranno pari a "un importo complessivo di 336 milioni di euro". Lo annuncia il ministro dell'Ambiente Corrado Clini spiegando i contenuti del protocollo d'intesa firmato oggi al ministero. L'accordo prevede una "cabina di regia" presieduta dal presidente Vendola. "L'intenzione è di sostenere la continuazione delle attività produttive e portuali nel sito di Taranto". A dirlo il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, alla fine della riunione sull'Ilva, dove si è firmato un protocollo per lo stabilimento. "Il protocollo - prosegue - non é una risposta alla magistratura ma è un impegno ad andare avanti per impedire che tutto questo si blocchi. Noi vogliamo che l'azienda resti a Taranto e che allo stesso tempo l'intervento ambientale si faccia di corsa".
VENDOLA, SE CI SARA' PROCESSO NOI PARTE CIVILE- La Puglia si costituirà parte civile se si dovesse arrivare al processo nell'inchiesta della magistratura sull'Ilva. Lo afferma il governatore della Puglia, Nichi Vendola. "Se la Magistratura - dice - avesse indicato delle prescrizioni, l'Ilva avrebbe il dovere di adempierle".
FRANCESCHINI, GOVERNO VENGA A RIFERIRE IN AULA - "Ho chiesto alla Conferenza dei capigruppo che il governo venga a riferire al più presto sull'Ilva di Taranto. E mi hanno detto che questo potrà avvenire all'inizio della prossima settimana". Lo ha detto il capogruppo del Pd alla Camera, Enrico Franceschini, uscendo dalla riunione dei capigruppo di Montecitorio che si è appena conclusa. E' molto probabile che un esponente del governo verrà a riferire martedì prossimo.
REALACCI, CHIUSURA NON E' UNA SOLUZIONE - "Quanto sta accadendo all'Ilva di Taranto è il frutto avvelenato di una politica sbagliata, di colpe gravissime ed omissioni che partono da lontano e arrivano fino ad oggi. Pesantissime le responsabilità dell'azienda e di chi l'ha diretta. Ma la chiusura dell'impianto non è una soluzione". Lo afferma Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, commentando le indiscrezioni sul provvedimento di sequestro con relativo blocco dell'attività di tre aree degli impianti dell'Ilva di Taranto. "E' necessario - conclude Realacci - che le istituzioni presentino con la massima urgenza un percorso immediato e credibile per una drastica riduzione dell'impatto ambientale dell'azienda e per la bonifica dell'area".