Amnesie? Vediamo se a qualcuno torna la memoria, perché non si salva nessuno. Come recita il vecchio adagio? Il più pulito ha la rogna. Come può un faccendiere che ha fatto fortuna con i soldi insanguinati delle mafie (alla voce Edilnord) usando prestanomi, invischiato con la partitocrazia il cui nome ricorreva nelle agende del giornalista Mino Pecorelli (assassinato nel 1979) candidarsi ed essere eletto presidente del consiglio dei ministri? Per capire il presente bisogna guardare al passato, osservando le complici omissioni della finta opposizione di centro sinistra che ha avuto il suo tornaconto politico ed economico.
Il 23 ottobre 1990 la Corte di Appello di Venezia (presidente G. Battista Stigliano Messuti, consigliere Luigi Nunziante, consigliere relatore Luigi Lanza), dichiara Silvio Berlusconi colpevole del reato di falsa testimonianza, per aver mentito in tribunale e sotto giuramento circa la data della sua affiliazione alla loggia massonica segreta di Licio Gelli (protetta e finanziata dal governo di Washington). Il piduista (tessera numero 1816) riesce a scansare la condanna penale solo grazie ad una provvidenziale amnistia varata in un amen dal governo di Giulio Andreotti (in seguito riconosciuto dalla Cassazione organico a Cosa Nostra, anche se il reato è stato prescritto). Forse vittime della disinformazione da censura preventiva, nessun organo di informazione - né giornali né radio televisione, riferiscono la clamorosa notizia della sentenza. Nemmeno il quotidiano L’Unità(in stato di pre-fallimento economico nonostante gli ingenti finanziamenti pubblici) cita la vicenda.
Fila via un anno ed il nome di Silvio Berlusconi viene attenzionato dalla Polizia elvetica. Si tratta di un’inchiesta giudiziaria sul riciclaggio internazionale di capitali sporchi. In un rapporto della Polizia del Canton Ticino (Bellinzona) risalente al 13 settembre 1991, a firma del comandante della Sezione “Informazioni droga” – inviato ai magistrati Carla Del Ponte e Jacques Oucry – è scritto:
«Per quanto attiene il denaro da riciclare in provenienza dall’Italia (vedi il nostro rapporto 10-6-1991), il medesimo apparterrebbe al clan di Silvio Berlusconi. Già si dispone del codice di chiamata (per il trasferimento del denaro dall’Italia): dovranno unicamente designare una persona di fiducia di tale gruppo».
Questa incredibile notizia in Italia non è mai approdata: è stata inesorabilmente arrestata alla frontiera tricolore. Tra l’altro in quel periodo i debiti della Fininvest ammontavano a circa 5 mila miliardi di lire. Ma non fa niente: la società presieduta da Fedele Confalonieri si prepara nel 1993 al lancio di un luccicante prodotto: il partito di Forza Italia (con un unico padrone, proprio come il Movimento 5 stelle di Grillo).
A gennaio del 1992 va in onda il primo telegiornale di Canale 5 affidato ad Enrico Mentana proveniente dalla Rai. Poi c’è il famigerato incontro a bordo del Britannia, nella quale gli “illuminati” decidono le sorti dell’Italia. Beppe Grillo ne sa niente? Dopo l’arresto il 17 febbraio 1992 di Mario Chiesa a Milano, va in scena Mani Pulite con le consuete soffiate di Cia ed Fbi.
Nel 1992 e nel 1993 – notoriamente – si registra l’ennesima stagione stragistica ad opera di apparati deviati dello Stato, culminata con l’eliminazione di due magistrati di punta: Falcone e Borsellino, e relative scorte di Polizia. A scanso di facili equivoci e dietrologie di terza mano: non c’è stata alcuna trattativa Stato & Mafia, poiché le organizzazioni criminali, come sanno gli addetti ai lavori, sono istituzioni dello stesso Stato, anche se non riconosciute formalmente con un decreto (e ci mancherebbe!). E’ questo il movente della eliminazione dei due giudici più importanti d’Italia, che allora avevano compreso l’infernale meccanismo.
Così il leader socialista Bettino Craxi (dal punto di vista politico e culturale, obiettivamente un gigante di fronte ai nanerottoli odierni sulla scena), identificato dai mass media come il simbolo delle corruttele di tangentopoli si difende in Parlamento. Il 3 luglio 1993, intervenendo alla camera dei Deputati, l’ex segretario del Psi afferma che l’intero sistema dei partiti si basa da decenni sui finanziamenti illeciti e su denaro nero. Craxi chiama in causa oltre a Dc & Psi anche il Pci-Pds: «Il Pds ex Partito comunista era il partito che nel sistema illegale del finanziamento politico godeva di risorse superiori a quelle di tutti gli altri partiti, giacchè si avvaleva non solo di finanziamenti illegali interni, ma anche di cospicui finanziamenti illegali internazionali tramite direttamente il Kgb».
Nessuno osa smentirlo.
A titolo di esempio documentato Craxi cita la vicenda delle tangenti connesse alla metropolitana milanese, finite nelle casse di tutti i partiti della maggioranza e in quelle dell’ex Partito comunista tramite la «corrente cosiddetta “riformista” facente nazionalmente capo all’on. Giorgio Napolitano, l’ignaro ex presidente della Camera che naturalmente ha sempre detto di non saper nulla di queste vicende milanesi, così come del resto non ha mai saputo nulla di quelle di Napoli (per non parlare di quelle con l’Urss e con l’Est), allora centro di influenza della corrente da lui guidata, come se il coordinatore milanese di questo gruppo, onorevole Gianni Cervetti, militante politico di scuola comunista, tutto d’un pezzo, non lo avesse mai informato o addirittura avesse fatto di queste some una sua propria gestione personale, il che mi pare assolutamente da escludere».
All’inizio del 1994 Berlusconi ufficializza il suo partito e candida se stesso alla guida del governo. Il 10 gennaio Montanelli ed Orlando scrivono una lettera pubblica e si dimettono dal quotidiano il Giornale. Il padrone della Fininvest si presenta, come oggi, all’elettorato con toni messianici: sostiene di essere “il nuovo” dell’antipolitica, l’unto del Signore che farà «un nuovo miracolo italiano» di ricchezza e benessere per tutti, l’imprenditore “self-made man” che vuole salvare la patria minacciata dai post-comunisti. Gli stessi rossi coi quali Silvio ha fatto affari quando erano ancora comunisti: nell’aprile del 1988, infatti, si registra il mega-contratto fra la televisione sovietica e la Fininvest. Qualche collega ricorderà la conferenza stampa a Roma il 4 maggio 1988 di Berlusconi – nella sede della sala stampa estera - per illustrare i contenuti dell’accordo tra la Fininvest e la tv sovietica, sottoscritto a Mosca il 30 aprile 1988. Silvio Berlsuconi dichiara: «Noi non abbiamo cattivi rapporti col Partito Comunista italiano, e cerchiamo di averne sempre di migliori». E Walter Veltroni cinguetta: «Intendo rivolgere a Berlusconi due complimenti sinceri, di stima … Il primo per la sua capacità di imprenditore che è riuscito ad “inventare” un settore. Il secondo complimento va alla sua capacità di aver imposto, attraverso un alto grado di egemonia, i tempi della decisione politica in un settore così delicato come quello nel quale opera…».
Qualcuno rammenta le televisioni locali del Pci comprate da Berlusconi, secondo la testimonianza di Primo Greganti? Correva l’autunno dell’anno 1984 quando ebbe luogo l’incontro riservato fra Occhetto & Veltroni e Berlusconi. In seguito, nel gennaio 1985 si consumò il baratto veltroniano con Dc e Psi: via libera in Parlamento al decreto-Berlusconi del governo Craxi, in cambio di Rai 3 al Pci.
Poi la porcata della legge Mammì. Il 7 dicembre 1994 la Corte Costituzionale boccia la Mammì definendola “incoerente, irragionevole” e inidonea a garantire il pluralismo in materia televisiva, avendo semplicemente sancito “una situazione in cui di fatto tre reti erano già esercitate dallo stresso soggetto. La posizione di preminenza di un soggetto o di un gruppo privato – sentenziano i giudici costituzionali – comprende la libertà di manifestazione del pensiero di tutti quegli altri soggetti che, non trovandosi a disporre delle potenzialità economiche e tecniche del primo, finirebbero con il vedere progressivamente ridotto l’ambito di esercizio della loro libertà”. La Rai, precisa ancora la Consulta, “non è di per sé sufficiente a bilanciare una posizione dominante nel settore privato”. La Sentenza numero 420 del 5-7 dicembre 1994 non è stata mai applicata, in barba alle regole basilari di uno Stato di diritto.
Omissioni - Silvio Berlusconi nel 1994, alle vigilia delle elezioni, dimentica di dire – e gli ex comunisti non fanno nulla per ricordarglielo o comunque legalmente ostacolarlo - che a norma di legge non può candidarsi alle elezioni.
L’articolo 10 del DPR 361 del 1957 stabilisce infatti la ineleggibilità di chi «in proprio o in qualità di legale di società o di imprese private risulti vincolato allo Stato per … concessioni amministrative che comportino la osservanza di norme protettive del pubblico interesse».
Berlusconi Silvio, appunto, è titolare di concessioni statali televisive.
Ma il centro sinistra, anzi, tutto l’arco parlamentare delle forze politiche finge di non accorgersene.
Alcuni cittadini-elettori denunciano il caso.
Il 20 luglio 1994 si riunisce in Parlamento la Giunta per le elezioni, presieduta da Antonio Mazzone (Alleanza nazionale). L’ordine del giorno è il seguente: “l’elezione fuorilegge del deputato Berlusconi”.
Con la complicità dell’opposizione ad aria fritta (14 voti a favore, 4 contrari e 2 astenuti) ben tre ricorsi vengono rigettati e Berlusconi rimane al suo posto.
Passa la strampalata tesi che il padrone non è il boss di Arcore, ma la Fininvest.
Il 9 marzo ’94 l’ex comunista Giorgio Napolitano viene eletto presidente della Commissione per il riordino del sistema radiotelevisivo. In un documento processuale del Tribunale di Napoli, a carico del manager berlusconiano Maurizio Japicca, verrà menzionato un dossier sequestrato allo stesso Japicca, nel quale sono indicati politici dei vari partiti ritenuti “vicini” alla Fininvest: e alla voce Pds c’era il nome di Giorgio Napolitano.
L’incidente di percorso non avrà come al solito, alcuna conseguenza penale per il futuro Presidente della Repubblica. Cose che possono accadere solo in questa Italietta eterodiretta, a sovranità azzerata ed illegalità conclamata dai politicanti parassiti.
Poi andrà in scena la Bicamerale fallimentare del duetto Berlusconi & D’Alema (che pubblicherà libri con la Mondadori: ma questa è un’altra storia).
A fronte di questi riscontri inequivocabili, si può mai votare il centro sinistra (Pd+Sel, Monti+Casini& Fini l’annesso e connesso Vendola) che non ha mai sciolto il mastodontico conflitto di interessi berlusconiano pur avendo governato il Belpaese?
Ancora due fatti ben documentati: a parte la posizione a favore del nucleare e la deregulation in materia di inceneritori di rifiuti, Bersani ha preso 98 mila euro dai Riva, noti inquinatori della Puglia meridionale (alla voce Ilva e poi muori), mentre Nichi Vendola ha ricevuto da don Verzé il premio cedro d’oro concesso unitamente a Silvio Berlusconi. Qualcuno si ricorda l’affare speculativo San Raffaele del Mediterraneo a Taranto? Sanità, cemento e mattoni ben impastati in riva allo Jonio su cui la magistratura dovrebbe far luce. Vendola è lo stesso presidente di regione che violando tutte le leggi in materia ha favorito la Marcegaglia per impiantare in provincia di Foggia un cancrovalorizzatore illegale, su un procedimento amministrativo impiantato da Raffaele Fitto (appena condannato a 4 anni di reclusione dal tribunale di Bari e candidato capolista in Puglia del Pdl). L’ecologista Vendola è “coerente” a modo suo: è lo stesso governatore che ha autorizzato trivellazioni di idrocarburi sulla terraferma e contemporaneamente ha starnazzato di salvaguardia del mare. Stendo un velo pietoso su Ingroia (che non si è dimesso dalla magistratura calpestando la deontologia professionale e ha ammesso di aver fatto un uso politico delle intercettazioni),Giannino, Maroni e Fiore: complessivamente raggiungeranno a stento il 4 per cento, ma non sono alleati.
Quanto a Grillo: no grazie, niente di nuovo, abbiamo già troppi prepotenti nello Stivale, e poi il sedicente programma di M5S è una lista delle spesa.
In sintesi, ma più di tutto. Le elezioni sono truccate per due ragioni: la legge elettorale è incostituzionale; il responso finale delle urne è prestabilito. Il sistema di potere ha già deciso chi deve vincere per fregare definitivamente il popolo italiano! Un solo esempio a tale proprosito: il mio ex direttore al settimanale Diario, Enrico Deaglio, aveva scoperto con una incisiva inchiesta giornalistica, i brogli elettorali a livello nazionale già qualche anno fa, ai tempi del ministro dell’interno Pisanu.
Ergo: è tutto interconnesso e ramificato il nuovo ordine mondiale.
E la farsa continua. Ora spetta al popolo sovrano arrestarla per sempre, se intende guadagnare democrazia, progresso culturale, qualità della vita e giustizia sociale. La libertà va conquistata combattendo sul campo, non sarà mai elargita.
Gandhi è l’esempio.