giovedì 7 marzo 2013

Dario Fo: "Governo di personalità. Via i marpioni dei partiti". - Fabrizio Ravelli



Intervista al premio Nobel, che fa i nomi di Rodotà, Settis, Hack. Quella pantomima che sta accadendo è una pre-battaglia. Grillo sa che c'è una massa di persone che hanno l'abitudine del basso gioco politico, della corruzione.

MILANO - Dario Fo, dopo le elezioni in Italia siamo sull'orlo di un disastro o questa è l'alba di un nuovo giorno? 
"Il disastro è lì fermo, purtroppo con l'urgenza di risolvere le cose. Però quella pantomima che sta accadendo - facciamo il governo, no aspettiamo, facciamo quello tecnico, aspettiamo, no fatelo voi - è una pre-battaglia". 

E quando si farà questa battaglia? 
"Magari non la si farà neanche, se si arriva a capire che non si può più farla con le strutture normali della politica, coi partiti come è andata avanti fino a ora. Caspita, avevano da fare quattro leggi importanti e le hanno tenute bloccate per anni, e le hanno buttate a monte con i rimandi". 

Quindi la responsabilità dei partiti è stata non solo quella di non rappresentare, ma di non ascoltare. 
"Vedi il Pd: dov'è che ha preso la grande legnata? In Val di Susa il Movimento 5Stelle ha preso fino al 45 per cento. E al Sud è uguale: dove c'è stata una disattenzione, chiamiamola così, davanti alla distruzione del territorio, e si è lasciato correre". 

Quindi nella situazione attuale prevale la speranza e non lo spavento? 
"Per me sì. Ma in tutti questi posti d'Italia durante la campagna elettorale si lamentavano: non abbiamo visto nessuno. In una situazione folle nessuno è venuto a farci un discorso, soltanto Grillo. La Sicilia, la Sardegna dei minatori, Taranto. A questa gente non ha dato solo una speranza: gli ha fatto capire che fa sul serio". 

Grillo lei l'avrà sentito. Dopo questo successo non sarà anche un po' preoccupato? 
"Ovvio, ma lo era anche prima. La sua battuta è stata: oddio, che cosa ci sta capitando. Mica aveva bisogno di fare i sondaggi. Arrivava in una piazza dove per anni al massimo s'erano viste 50 mila persone, e ce n'erano 200 mila". 

Lei ha detto in questi giorni che il M5S ora deve anche prendersi qualche responsabilità per mettere insieme un governo. 
"Certo, e Grillo se le prende. Tant'è vero che la prima discussione che hanno avuto è stata sul che fare, a proposito del governo. Ma quello che hanno avuto subito chiaro è che loro, i partiti, stanno giocando alla solita manfrina atavica. Cioé tentare, fare le solite promesse, tirarsi indietro, disdire, mettersi d'accordo. E tutto non alla luce del sole". 

Bersani ha detto: io andrò a proporre queste cose, e le ha elencate. 
"Certo, ma la vedi la gente di Bersani, e la gente che c'è in cima alla nomenklatura? Tutt'intorno, i più grossi marpioni del partito. Tutti quelli che hanno fallito, che hanno fatto proposte che sono andate a monte, che si sono ritirati e poi ritornano. Guardali, tutti in fila come falchetti sui fili della luce". 

Quindi lei dice: si può discutere delle proposte di Bersani, ma il problema sono quelli che gli stanno intorno. 
"Ma nemmeno lui è credibile. Chi è che ha deciso di dare agli americani la nuova base del Dal Molin a Vicenza? Un'intera popolazione contro, e dov'erano quelli del Pd? Dall'altra parte, a dire ormai abbiamo firmato e non ci tira indietro nessuno. Ma come, tu hai una popolazione intera che era di destra cattolica, e ti elegge addirittura un sindaco Pd, e li tratti come degli ignoranti che non sanno niente, che guardano alle loro piccole cose". 

E dunque come si esce in Parlamento da questa situazione? 
"Si esce con questa proposta. Trovare una persona, e ce ne sono tante, che è magari di sinistra per carità, ma che non è dentro al gioco dei partiti, che s'è schifata a sua volta". 

Per esempio chi? 
"Ma ce n'è tanti. Si parla di Rodotà. E poi c'è Settis, una scienziata come Margherita Hack, o Carlin Petrini. Ci sono centinaia di uomini che hanno senso dell'organizzazione, scienza, credibilità. Tu li metti lì, e formi un gruppo di tecnici, che non si possono chiamare tecnici perché non vivono soltanto sul prodotto della sapienza ma hanno una coscienza civica. Si fa un governo di questo genere, di personalità, e si va via come dei treni. Senza uomini dei partiti". 

Ha visto la prima riunione dei nuovi parlamentari di M5S? 

"Sì, ce n'erano alcuni molto giovani e molto svegli, belli puliti, chiari. Tutti quanti avevano un'aria piacevole che ti dava fiducia. Pensa rispetto agli altri: sono stato molte volte ad accompagnare Franca in Senato, madonna che personaggi c'erano. Questi hanno freschezza, naturalmente avranno dei limiti. Ma io sono stato alle loro riunioni, li ho sentiti parlare, e qualcuno mi ha impressionato per la preparazione". 

Colpisce una cosa. Molti di loro hanno una competenza specifica, concreta. Il movimento invece, soprattutto in Casaleggio e Grillo, sembra avere una componente messianica. Non c'è un contrasto? 
"No, guarda quel libro che ho scritto con loro, "Il grillo canta sempre al tramonto", che sta diventando una specie di vademecum del movimento, e dove si parla di argomenti che normalmente vengono taciuti, anche da gente del movimento. A qualcuno magari hanno dato fastidio certe stronzate che ha detto Grillo, e che poi si è rimangiato. Come a proposito di immigrati, che sono qui da moltissimi anni, e lui non era d'accordo che divenissero cittadini italiani. Ma nel libro c'è, a proposito, una dichiarazione mia, che è stata accettata senza drammi". 

E Grillo adesso ha paura che questi nuovi parlamentari a Roma sbandino, che vengano contaminati. 
"Sanno che c'è una massa di persone che hanno l'abitudine del basso gioco politico, della corruzione, delle prebende, dei posti di potere. Danno 3 milioni a uno come De Gregorio per farlo passare dall'altra parte. E Scilipoti, e gli altri. È normale, la corruzione è normale". 

Lei dice: corruzione imperante, giusto che Grillo si preoccupi. 
"Ma certo. Siamo nella merda fino al collo, e c'è chi dice: guarda Grillo come è prepotente. Quanti si sono salvati dalla corruzione in Italia? Prima si incazzano perché Grillo fa del sarcasmo, e urla. E quando fa una cosa seria, per mettere al riparo gli eletti del suo gruppo, allora si incazzano". 

Trattativa Stato-mafia, rinviati a giudizio i dieci imputati. Ma il gup attacca i pm.



La decisione comunicata dal gup di Palermo Piergiorgio Morosini, che però critica il lavoro della Procura nell'indagine coordinata da Ingroia: "Materiale non intellegibile". Andranno a processo ex ufficiali del Ros, capimafia, Massimo Ciancimino, l’ex senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino.

Il Gup di Palermo Piergiorgio Morosini ha rinviato a giudizio dieci imputati per la trattativa Stato-mafia. Tra loro, ex ufficiali del Ros, capimafia, Massimo Ciancimino, l’ex senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino.
La decisione è stata comunicata poco fa in una delle aule della Corte di Assise a palazzo di giustizia, presenti i pubblici ministeri Teresi, Del Bene, Sava e Tartaglia. Unico tra gli imputati ad ascoltare il verdetto in aula, Massimo Ciacimino. Tra le parti civili, c’era Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio, che si e’ costituito con il suo movimento Agende rosse. 
Nel suo provvedimento, però, il giudice Morosini attacca il lavoro dei pm dell’indagine coordinata da Antonio Ingroia: “Il materiale acquisito non è pervenuto al giudice in forma organica per singole posizioni processuali in maniera intelleggibile”. E ancora: “La memoria che è stata prodotta il 5 novembre dalla Procura non affronta il tema delle fonti di prova”. Il Gup ha emesso un “decreto di scomposizione dei fatti e indicazione analitica delle fonti di prova”, messe a disposizione delle parti. 

Monte dei Paschi, suicida David Rossi: era l’ex portavoce di Mussari.



"Ho fatto una cavolata", recita un foglietto accartocciato ritrovato nel cestino della carta. L'uomo ombra dell'ex presidente della banca si è gettato dalla finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni.

David Rossi, il 51enne capo dell’area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena e fedelissimo dell’ex presidente della banca, Giuseppe Mussari, si è suicidato mercoledì sera gettandosi dalla finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni. Il 118 è intervenuto sul posto dopo aver ricevuto una chiamata alle 20.43, ma non c’è stato più niente da fare. L’ufficio, ora sotto sequestro, è stato trovato aperto, il computer acceso e la giacca sulla sedia. Tutte le carte che erano sul tavolo sono state sequestrate. Anche il foglietto accartocciato ritrovato nel cestino e sul quale era scritto: “Ho fatto una cavolata”. Nel cestino gli inquirenti hanno trovato altri 4-5 fogli accartocciati, a quanto si apprende bozze di messaggi destinati alla moglie.
A chiamare i soccorsi è stato il segretario del manager che è entrato nella stanza di Rossi, si è affacciato alla finestra trovata aperta e ha scorto a terra, una decina di metri sotto, nel cortile dell’edificio, il corpo dell’uomo. Gli accertamenti sono affidati al sostituto procuratore Nicola Marini, l’unico dei quattro pm della procura di Siena che non si occupa dell’inchiesta sulla banca e che era di turno di urgenza. Con lui sul posto, tuttavia, anche i sostituti Antonino Nastasi e Aldo Natalini, due dei tre magistrati titolari dell’inchiesta.
Nei giorni scorsi l’abitazione e l’ufficio del manager erano state oggetto di una perquisizione della Guardia di Finanza in seguito alle quali gli organi d’informazione avevano precisato che Rossi non era indagato nell’inchiesta della Procura di Siena sull’acquisizione di Antonveneta e sui contratti derivati siglati dalla banca, ma solo una persona informata dei fatti. In quanto tale era stato ascoltato dai magistrati nelle scorse settimane, anche se evidentemente gli inquirenti erano a caccia di prove, e-mail, documenti e riscontri che ufficialmente non sono stati trovati. Quanto all’oggetto delle ricerche, visto che Rossi non aveva un ruolo operativo-direzionale, ma prevalentemente “politico”, le ipotesi si concentrano su una sua funzione di collegamento tra gli indagati Mussari e Vigni in queste settimane sotto il torchio degli inquirenti.
Da anni uomo di rappresentanza della banca e, soprattutto, dell’ex presidente, Rossi, senese della contrada della Lupa, ricopriva ancora l’incarico che gli era stato affidato dalla vecchia direzione e aveva piene deleghe per il marketing e la comunicazione. Anche se negli ultimi giorni, secondo voci interne alla banca, il suo ruolo è stato messo in discussione. I suoi rapporti con Mussari erano strettissimi anche a livello personale. Prima di approdare al fianco dell’ex numero uno dell’Abi che difendeva strenuamente con la stampa, non risparmiando toni aggressivi, era stato portavoce del sindaco senese, Pier Luigi Piccini. Quest’ultimo nel 2001 era destinato alla presidenza della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, ma la corsa era stata fermata a metà da una clausola inserita dal ministro Vincenzo Visco (Ds) nella riforma del sistema di governo delle fondazioni. E così il posto di Piccini a guida del primo azionista di Banca Mps era andato all’amico Mussari, che aveva portato Rossi con sé per affidargli la comunicazione.
E replicare un modello piuttosto collaudato: entrambi lavoravano insieme fin dagli anni novanta per conto dello stesso Piccini. L’avvocato calabrese teneva i rapporta tra l’amministrazione comunale e l’allora partito dominante, il Pds, mentre Rossi si occupava dei contatti con i giornali e le tv locali e nazionali. Squadra che vince non si cambia. E così col passaggio di Mussari dalla Fondazione alla guida della banca controllata, nel 2006, il suo comunicatore esperto di storia dell’arte lo segue. Il filo formalmente s’interrompe con l’uscita dell’avvocato da Siena, nella primavera del 2012, quando Rossi viene confermato alla comunicazione di Mps dal nuovo presidente Alessandro Profumo. Quest’ultimo non aveva un comunicatore di fiducia neanche ai tempi di Unicredit, tanto che le sue dimissioni dalla guida della banca milanese, nel 2010, erano state annunciate alla stampa dalla moglie del banchiere.

mercoledì 6 marzo 2013

Poco prima della rivoluzione - Dario Fo



"Molti mi scrivono e mi telefonano, addirittura c’è chi mi ferma per strada, chiedendomi: “Ma non le pare che Grillo, a parte il suo talento, sia di fatto un populista?
Fermi tutti - rispondo – voi sapete che significato abbia l’espressione populista?
Il dizionario dice che populista è colui che intende migliorare la posizione del popolo permettendogli di sfuggire alle violenze della classe dominante, ai ricatti e allo sfruttamento

Quindi è un termine positivo completamente opposto all’altro termine: demagogo. Forse coloro che con tanta leggerezza usano la definizione di ‘populista’ per denigrare un oppositore, dovrebbero ritornare sul dizionario e consultare il termine alla voce demagogo e scoprirebbero che al contrario, quell’espressione, significa ‘colui che con ipocrisia ben calcolata, cerca di sfruttare l’ingenuità di una popolazione per trarne vantaggi indegni’.
Quindi, miei cari, avete sbagliato termine.
Ora, è buona norma quando si attribuisce un comportamento a qualcuno, specie verso Grillo, conoscere il significato del termine che si usa.
Attenzione, questa mia non è una banale pedanteria lessicale, ma qualcosa che impone una seria attenzione alla conoscenza del linguaggio. 
Quindi è un valore che impone un atteggiamento molto serio, specie in un confronto dialettico corretto. 
Questa particolare attenzione vale soprattutto oggi, nel momento in cui all’istante tutti i media, i partiti e soprattutto i soloni della politica, quelli che a loro dire avevano capito tutto del nuovo movimento contestatario fin dall’inizio, si trovano oggi completamente spiazzati col sedere a terra immersi nella boagna della realtà. 

Costoro in coro o intonando da solisti la loro sentenza, assicuravano si trattasse della solita sbruffonata senza alcuna coerenza politica: “Li abbiamo già visti – sghignazzavano – gli exploit de ‘l’uomo qualunque’ e i movimenti contestatari del ’68... nascere e con la stessa velocità esplodere e poi sfasciarsi alla prima curva della realtà."
La ragione di quelle effimere meteore è senz’altro la dabbenaggine di una generica protesta, priva di una minima analisi politica, arraffata piuttosto nel solito calderone anarcoide alla cui testa si susseguono velleitari Lenin o i soliti bordighisti, caricature di capopopolo, alla Cola di Rienzo e Masaniello, che infatti finirono addirittura linciati dai propri sostenitori.
Quello che poi è accaduto alla fine di una campagna elettorale condotta da tutti i partiti in modo a dir poco scellerato si è rivelato, per quanto riguarda i 5 Stelle, un successo fuori da ogni previsione.
Io stesso che l’ho vissuto da dentro il MoVimento sono rimasto completamente sconvolto dal risultato finale. 
Un evento di questa portata non si era mai verificato in tutta Europa. Non comprenderlo ieri e oggi vuol dire essere completamente ottusi.
Purtroppo in politica abbiamo una massa di imbesuiti pieni di sé che credono di risolvere la loro dabbenaggine con i trucchetti e le strizzatine d’occhi. 
In questo momento stiamo assistendo ad una specie di danza dei tarlocchi storditi. Dopo aver creato il caos ora non sanno che pesci pigliare e fingono certezza e chiarezza di idee e di programma.
Fa bene Grillo a denunciare immediatamente come ha fatto in questi giorni, le manovre giustamente definite "il mercato delle vacche" , orchestrate da parte di alcuni esponenti del PD, che cercavano di coinvolgere persone del MoVimento 5 Stelle con l'intento di offrire loro cariche in un ipotetico prossimo governo. 

Tentativo giustamente denunciato come il solito modo puttanesco di fare politica. Per attuarlo però bisogna avere a disposizione persone disposte a vendersi e il MoVimento a 5 Stelle, i suoi eletti, i suoi attivisti, i suoi elettori, ahimè non sono in vendita. Questi manovratori centro-sinistri insistono a muoversi fuori dalla storia e non se ne rendono conto. 

Mettetevi bene in testa che questa, amici miei, non è la solita solfa da sala giochi di lobby del potere e dell’intrallazzo, dove un bell’inciucio con tangente premia la società dei furbacchioni. 
Questo che sta esplodendo davanti ai vostri occhi è l’inizio di una rivoluzione! 
E come diceva una vecchia canzone: "Suonate le trombe fate pernacchi stavolta non volano solo gli stracci ma si fracassa tutto il papocchio e andiamo camminando insieme come una festa di nozze , il primo che sfalsa vola di sotto". Ma non finisce qui.


Ecco che all'istante i nostri gattopardi indelebili cercano di inventarsi una' altra pantomima, nuova di zecca, così vanno piagnucolando:"Come possiamo risolvere? Noi, è vero abbiamo usato qualche trucco per anni, rimanendo inattivi e silenti e tenendo nascosto nel cassetto le proposte fondamentali tipo il conflitto di interessi, la riduzione dei parlamentari, il problema degli aerei da bombardamento e strage che oltretutto ci costano miliardi, pur di difendere fino alla morte i nostri privilegi prebende e le paghe da nababbi". 
Ma ora, lacrimando, i pentiti ci dicono: "Oggi stiamo dimostrando di aver capito il nostro errore e siamo qui proni e inginocchiati disposti a fornire una alleanza attraverso la quale portare a termine finalmente i programmi che voi stessi sceglierete come essenziali."

Fermi lì! 


Attenti che la manfrina del gatto e la volpe la conosciamo già da tempo. 
Non vorremmo che come noi abbocchiamo alla proposta ecco che voi cominciate le omelie del: "Purtroppo ci sono le regole da rispettare, la democrazia si sa è insidiosa, ci vuole tempo, bisogna accettare modifiche, rimandare"...danzare offrendo le natiche comode al capo danza di governo. Il tempo passa e naturalmente ci troveremo da capo beffati e cornuti. Mi dispiace per voi cari maestri dello sberleffo ma stavolta la danza è un'altra, è cambiata l'orchestra, i musici e anche i ballerini e non è più il tango col casquè ma un Rock. (grammelot cantato)
Col lancio in aria di chi fa il furbo e ci allunga troppo le mani sul culo." (grammelot cantato)


Dario Fo


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Coop rosse e Compagnia delle Opere, quanto è bello realizzare affari insieme. - Gianni Barbacetto


Coop rosse e Compagnia delle Opere, quanto è bello realizzare affari insieme


Quando al Meeting di Rimini nel 2003 Pierluigi Bersani, allora responsabile economico dei Ds, indicò in Cl il modello su cui rifondare la sinistra. La trasversale alleanza tra mondo cooperativo bianco e rosso per gestire appalti nel welfare e nell'edilizia. In attesa dell'Expo 2015.

Chi ricorda più queste parole? “Se vuole rifondarsi, la sinistra deve partire dal retroterra di Cl. 
La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’800, il partito socialista arriva dopo, il partito comunista dopo ancora. E i movimenti del Sessantotto sono tutti morti, solo l’ideale lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare, è lo stesso ideale che è alla base delle cooperative, un dare per educare”. A parlare così è Pierluigi Bersani. E’ l’agosto del 2003, quando l’attuale segretario del Pd è responsabile economico dei Ds e viene accolto con scrosci d’applausi dal popolo di Cl al Meeting di Rimini.
L’alleanza tra il mondo ciellino e la sinistra italiana ha una storia ormai lunga. È vero che Comunione e liberazione ha sempre sostenuto con determinazione il centrodestra di Silvio Berlusconi, perdonandogli tutto, dalle barzellette con bestemmia al bunga-bunga. Ma è anche vero che si è sempre tenuta una mano libera, da allungare a sinistra. Soprattutto quando ci sono affari da spartire insieme. Ora, con Silvio in declino e il Pdl in crisi, quella mano diventa più forte e visibile. La “trasversalità” (guai a chiamarla inciucio) diventa esplicito progetto politico.
Bersani al Meeting di Rimini del 2006 aggiunge una clamorosa rivelazione: “Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del Partito comunista italiano, per un po’ pensò di chiamare il nuovo partito Comunità e libertà. Perché tra noi e voi le radici sono le stesse”. Ovazione. Tre anni prima, nel 2003, era nato l’Intergruppo parlamentare sulla sussidiarietà, che ha tra i suoi più assidui ed entusiasti frequentatori da una parte Maurizio Lupi (ciellino di Forza Italia-Pdl), dall’altra Enrico Letta (Ds, poi Pd). L’Intergruppo si propone come “tavolo di discussione bipartisan ideato per creare un dibattito trasversale sul tema della sussidiarietà”, proclama Lupi. “Il suo obiettivo principale è promuovere l’iniziativa privata dei cittadini in forme di autorganizzazione per sperimentare un rapporto più evoluto fra programmazione statale e soggetti privati. Le diverse nature politiche dei promotori dell’Intergruppo ne hanno fatto un caso singolare nel panorama italiano”.
Non così singolare, in verità, vista la propensione italiana all’inciucio. In questo caso, più sociale che politico. La parola d’ordine è “dal welfare state alla welfare society”, vale a dire: meno Stato sociale e meno intervento pubblico, per dare più spazio alle cooperative, sia cielline, sia rosse.
Se poi si vuol trovare l’atto fondativo di un patto tra mondo ciellino e sinistra, il primo passo di un lungo cammino insieme, si deve risalire ancora più indietro nel tempo: al luglio 1997, quando nasce Obiettivo Lavoro, agenzia per fornire lavoro temporaneo. A fondarla sono, insieme, la Lega delle cooperative e la Compagnia delle opere, coop rosse e ciellini. Ne diventa presidente Pino Cova, ex segretario della Cgil Lombardia e della Camera del lavoro di Milano, amministratore delegato è Marco Sogaro, della Cdo.
Ma sono gli affari a dare sostanza concreta ai progetti “alti”. Coop rosse e imprese della Cdo si spartiscono ormai tranquillamente molti appalti pubblici. A Milano, il nuovo ospedale di Niguarda nascerà con le strutture realizzate dalla coop Cmb di Carpi e i servizi gestiti da aziende della Compagnia delle opere. I motori delle due centrali, quella bianca e quella rossa, si stanno già scaldando anche per i lavori dell’Expo 2015: già pronte le coop Cmb, Unieco e Ccc. Anche il monumento al formigonismo, il nuovo grattacielo sede della giunta lombarda, è nato dalla stessa alleanza: Infrastrutture lombarde, la potentissima stazione appaltante controllata dalla Regione di Roberto Formigoni, per Palazzo Lombardia ha assegnato appalti anche a Cmb di Carpi e a Ccc di Bologna, oltre che all’Impregilo di Massimo Ponzellini, a Pessina, a Cile e a Montagna Costruzioni, azienda socia della Cdo e presente nel suo consiglio direttivo.
Le coop sono ben piazzate anche negli appalti del nuovo polo fieristico di Rho Pero (Cmb di Carpi) e del Portello (Cmc di Ravenna). Ma il sistema è pervasivo e nazionale, se è vero che funziona, per esempio, anche a Vicenza: il nuovo ospedale di Santorso sarà tirato su da Summano Sanità, società formata insieme da coop (anche qui Cmb) e Cdo.
 Gli amici di Cl sono tanti, nel Pd. Bersani e Letta, ma anche Matteo Renzi. Il più amico di tutti era Filippo Penati, accolto nel 2004 dall’allora presidente della Cdo milanese, l’ex Pci e imputato di Mani pulite Massimo Ferlini, con queste parole: “Lo abbiamo invitato nella sua veste di presidente della Provincia. Ma lo conosciamo come un vero riformista dai tempi in cui era sindaco di Sesto San Giovanni”. Dna comune, evidentemente.

C’ERA UN GIUDICE A BOLZANO ...- Marco Lillo


Luis Durnwalder


Robert Schulmers non è in ufficio. Il procuratore della corte dei conti del Trentino Alto Adige ha appreso di essere indagato dalla Procura di Roma per due reati gravissimi mentre era in vacanza con la famiglia.
Durnwalder,DURNWALDER,
Il giovane magistrato rischia fino a 11 anni di galera per calunnia e offesa al Capo dello Stato per colpa delle lettere all'associazione nazionale magistrati contabili nelle quali denunciava le ingerenze del suo capo, Salvatore Nottola, nelle indagini che disturbavano il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder, che a sua volta aveva presentato un dossier a giugno contro l'attività della Procura della Corte dei Conti al presidente Napolitano.
Durnwalder,DURNWALDER,
Schulmers ha deciso di lavare i panni sporchi descrivendo quelle che lui considera ingerenze, non solo della Procura generale della Corte dei Conti, ma anche del Quirinale, davanti ai 400 colleghi e all'associazione dei magistrati della Corte dei Conti. Forse sperava in una reazione. Il risultato è stato che il presidente dell'associazione nazionale dei magistrati, più volte contattato dal Fatto per dire una parola su questa vicenda, non si è mai degnato di richiamare. E mette ansia questo silenzio di 400 magistrati di fronte alle lettere pubblicate tra il 25 febbraio e il primo marzo sul sito dell'Anmc e solo il 3 marzo dal Fatto.
Giampaolino LuigiGIAMPAOLINO LUIGI
I magistrati contabili sono bravi a fare i calcoli e hanno capito che costa troppo tenere la schiena dritta quando si ha di fronte il potere vero, quello che può farti male se osi parlare, come è accaduto a Schulmers. Quello che può contare sull'appoggio del presidente della Repubblica, del presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino (presidente del Consiglio che giudica sui procedimenti disciplinari) e del Procuratore Generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola, che esercita l'azione disciplinare.
Il triangolo di potere che ha stritolato Schulmers conta poi sull'appoggio di tutta la stampa che non ha pubblicato una riga delle lettere di Schulmers. E ora anche della Procura della Repubblica di Roma che indaga sulla presunta vittima delle ingerenze, Schulmers.
Per capire questa storia bisogna partire dall'inizio. La provincia autonoma di Bolzano è un'isola felice dove le strade sono pulite, i cittadini fanno la raccolta differenziata e il turismo prospera tra masi e agriturismi finanziati generosamente dalla Provincia che tiene il 90 per cento dei soldi prodotti su queste terre. Dal 1989 regna Luis Durnwalder, leader incontrastato della SVP, il partito di lingua tedesca alleato con il centrosinistra alle ultime elezioni. Senza i voti della SVP di Durnwalder - al Quirinale per prendere l'incarico non sarebbe andato Bersani ma Berlusconi.
Luis DurnwalderimagesLUIS DURNWALDERIMAGES
Durnwalder è un sovrano illuminato che bada al sodo e per anni la Corte dei Conti non ha avuto da ridire sulla sua gestione. Poi è arrivato come sostituto nel 2006 e poi come capo della Procura della Corte dei Conti del Trentino Alto Adige un ragazzo cresciuto a Bolzano con l'idea che la legge è uguale per tutti. Si chiama Robert Schulmers. Nell'aprile 2008 la Procura della Corte dei Conti indaga sui fondi spesi per la società (in perdita) che gestisce l'aeroporto di Bolzano.
La Procura sequestra persino gli immobili dei consiglieri della società. Cose mai viste a Bolzano. Durnwalder tuona: "È un precedente pericoloso, un'invasione di campo nella politica". Quell'anno Napolitano incontra il presidente altoatesino che - secondo i bene informati - si lamenta. Nel 2011 il procuratore Schulmers cita in giudizio 19 persone, tra cui Durnwalder, per il rimborso IRAP per tre milioni pagato a una società privata partecipata dalla Provincia, la tensione sale.
Il 25 maggio 2012 le difese chiedono l'annullamento dell'inchiesta e undici giorni dopo, il 5 giugno Durnwalder incontra Napolitano al Quirinale. Per i giornali dell'epoca dovrebbero parlare solo della "situazione politica in Alto Adige". In realtà Durnwalder, come ha confermato in alcune interviste in questi giorni, consegna un promemoria su carta non intestata in merito ai problemi con la Corte dei Conti.
schulmersSCHULMERS
Lui dice oggi "sull'aeroporto e sull'energia". Il presidente altoatesino trova terreno fertile. I solerti funzionari del Colle intervengono e tre giorni dopo, 8 giugno 2012, il procuratore generale Nottola chiama Schulmers e gli chiede una nota perché deve parlare con un personaggio importante. Il 9 giugno 2012 Schulmers invia la sua nota per rintuzzare gli attacchi del Colle.
A metà giugno Nottola incontra Schulmers e gli confida di avere incontrato un personaggio importante del Quirinale che ha cercato di delegittimare Schulmers parlando di presunti insuccessi processuali del procuratore. Schulmers su sua richiesta consegna uno specchietto delle sentenze per dimostrare che non è propio un incapace. Il 29 giugno il presidente della Corte dei Conti Giampolino è a Bolzano per il giudizio di parifica e in quell'occasione - scrive Schulmers - gli consiglia di stare tranquillo con i vertici della Provincia.
schulmersSCHULMERS
Giamapolino nega persino l'incontro e sostiene di essere andato a Bolzano solo per l'inaugurazione dell'anno giudiziario in altra data. Il 28 settembre del 2012 Napolitano è invitato a Bolzano da Durnwalder per ricevere persino un'onoreficenza "dell'Austria inferiore". Italia e Sud-Austria tubano come piccioncini, se non fosse per quel procuratore birichino che il 4 ottobre 2012 cita in giudizio la giunta compreso il presidente Durnwalder per l'assegnazione di due consulenze (una a un ex politico SVP) per complessivi 30 mila euro.
IL 17 ottobre 2012 la procura della corte dei conti sequestra le carte del fondo spese del presidente. La Provincia solleva il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale e la Presidenza del Consiglio dei ministri si costituisce al fianco di Schulmers.
Il 25 gennaio però c'è il colpo di scena: il Procuratore generale Nottola chiede al procuratore altoatesino di "revocare il decreto di sequestro e archiviare la vertenza" perché non sarebbe "opportuno" coinvolgere la Presidenza del Consiglio. Schulmers fa di testa sua e accelera invece di frenare: il 15 febbraio formalizza l'accusa contro Durnwalder contestandogli l'utilizzo del fondo del presidente per 1 milione e 653 mila euro in 17 anni.
tribunale piazzale clodioTRIBUNALE PIAZZALE CLODIO
Dieci giorni dopo, il 26 febbraio Schulmers si leva i sassolini dalle sue scarpe di montanaro. E sono macigni che rotolano fino a Roma. Scrive al presidente dell'Associazione nazionale magistrati contabili Tommaso Miele e la mail, letta da 400 magistrati della mailing list, ha per oggetto "ingerenze indebite a Bolzano". Il 28 febbraio Nottola risponde che è tutto falso. Il primo marzo Schulmers invia una seconda mail durissima e il 3 marzo Il Fatto pubblica il carteggio. Ieri la Procura di Roma indaga Schulmers. I suoi colleghi tacciono ancora. Tutti.

Cern conferma, particella scoperta e' Bosone Higgs.


Cern conferma, particella scoperta e' Bosone Higgs


Particella scoperta in 2012 e' quella prevista nel 1964.

ROMA - E' effettivamente il bosone di Higgs previsto nel 1964 la particella scoperta nel 2012 al Cern di Ginevra. La conferma dal primo identikit presentato oggi dai fisici del Cern a La Thuile.
Oltre a determinare la massa delle particelle, il bosone di Higgs potrebbe aver dato il primo impulso all'espansione dell'universo. Lo indicano i dati preliminari presentati dai fisici del Cern riuniti in un convegno a La Thile. I dati riguardano una proprietà chiamata spin e che può essere visualizzata come il senso di rotazione di una particella e indicano che lo spin del bosone di Higgs sarebbe uguale a zero, proprio come prevede la teoria di riferimento della fisica, chiamata Modello Standard.