Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 12 gennaio 2015
Foto inquietanti.
CHE COSA FACEVA Mr. MAC CAIN NEL MAGGIO DEL 2013 CON QUESTI MOSTRI DELL'ISIS???
https://www.facebook.com/trinacriatv/photos/a.749445215105353.1073741826.749445091772032/749446728438535/?type=1&theater
Il cinema come ampia visione del fattore umano: perchè Boyhood ha stravinto i Golden Globe Awards ieri notte in California. - Sergio Di Cori, Modigliani
Ieri pomeriggio, a Los Angeles, in California, si è svolta l'edizione 2015 dei Golden Globe awards, il premio della critica cinematografica internazionale; di fatto, il riconoscimento più ambito da ogni cineasta. L'Oscar, infatti, appartiene alla sezione spettacolare-commerciale-gossip-moda-consumo-colonialismo-business, che è un'altra cosa.
Chi conosce e segue i meccanismi della più importante industria cinematografica del pianeta, e madre (nobile o ignobile, a seconda dei casi e degli anni) della costruzione dell'immaginario collettivo, sa bene quale possa essere l'impatto della scelta compiuta dalla giuria su tutti noi.
Ha stravinto - contrariamente alle aspettative - Richard Linklater, un regista cinquantacinquenne che proviene dal cinema indipendente (vero), noto per la casualità biologica di dimostrarne venticinque.
"E' il trionfo del fattore umano" ha dichiarato Steven Spielberg.
Gli hanno fatto coro Steven Soderbergh, Robert Redford, Michael Douglas, George Clooney, Dustin Hoffman, Al Pacino, la vecchia guardia di Hollywood che fortemente crede nel riuscire a coniugare la creatività e le sue necessità spettacolari ad un discorso di contenuto solido e profondo relativo alla grande epopea dell'essere umano sul pianeta.
Un premio speciale per la sua attività nel campo della lotta per i diritti civili è stato assegnato, alla carriera, a Geroge Clooney.
Mentre i combattenti militanti brindavano, i mercanti cultori del cinema ad effetti speciali e di quello piatto di largo consumo, hanno preso atto del nuovo trend lanciato da Hollywood, ammettendo che si tratta di una svolta inattesa.
Essendo mercanti pragmatici, in poche ore si adatteranno alle nuove necessità del mercato, infatti il decano dell'associazione sceneggiatori professionisti di Hollywood ha dichiarato che "stiamo già ricevendo richieste di film in cui l'ossatura principale sia un copione con i fiocchi che abbia al centro la narrazione esistenziale di persone vere in un mondo vero".
Linklater è un cineasta di grande spessore, con quasi quaranta anni di esperienza alle spalle e la indomita grinta di un autentico texano. Non ha mai accettato i compromessi con le esigenze politico-commerciali di Hollywood ritagliandosi un piccolo spazio personale, ad uso e consumo di un ristretto pubblico formato da persone che amano il cinema e sono di palato difficile, in quanto attenti cinefili. Ha messo in piedi, ad Austin in Texas, un festival internazionale del cinema indipendente che in Usa si sta rivelando una vera e propria fucina di nuovi potenziali talenti.
Il film che ha vinto, "Boyhood" (distribuito in Italia nell'ottobre del 2014 ma non credo che lo abbiano visto in molti e forse non è stato neppure recensito) ha una particolarità unica che lo accosta a esperimenti linguistici della nouvelle vague francese degli anni'60.
Tutto è iniziato dopo una conferenza stampa che il regista aveva indetto il 10 maggio del 2002, a Hollywood, tra i sorrisi diffidenti dei professionisti mainstream e la severa perplessità della critica più attenta e rigorosa. In quell'occasione aveva annunciato che nel corso dell'estate avrebbe iniziato a fare un film la cui lavorazione sarebbe durata ben 12 anni. Gli attori coinvolti avevano accettato la curiosa sfida. E così è stato.
Da quell'estate, ogni anno per trentacinque giorni, la stessa identica troupe si è ritrovata per le riprese, fino al 16 agosto del 2014 quando il film è stato considerato concluso.
E' la storia di un ragazzino, figlio di una coppia di divorziati, seguito nell'arco di dodici anni. Narra il suo sviluppo, i suoi cambiamenti, i suoi turbamenti, le sue scelte.
L'attore protagonista, all'inizio del film, aveva 7 anni, oggi ne ha diciannove.
Nel film si vede lui crescere e i genitori invecchiare.
Si assiste al tramonto di alcune mode e all'insorgere di altre.
E' un'operazione di gran classe.
Ma operazioni di questo genere possono essere fatte soltanto da chi ha una visione d'insieme molto ampia, da chi è in grado di saper pescare nel mondo della imprenditorialità e da chi fa imprenditoria di qualità. L'operazione è stata finanziata da un gruppo di cinque imprenditori che hanno accettato - come sfida - l'idea di attendere 12 anni prima di controllare il successo o il fallimento del loro investimento.
Mi sembra un'ottima notizia per tutti noi.
Soprattutto il segnale, e la prova pratica, della via che dobbiamo intraprendere per poter dare tutti insieme un contributo ad alzare il livello intellettuale dell'umanità occidentale, in questi ultimi dodici anni precipitato ai livelli più bassi del suo annunciato declino.
Il cinema è ancora vivo.
Quello vero, si intende.
E da Hollywood arriva l'annuncio che il vento comincia a spirare da un'altra parte.
Benvenuto!
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2015/01/il-cinema-come-ampia-visione-del.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+LiberoPensieroLaCasaDegliItalianiEsuliInPatria+(Libero+Pensiero:+la+casa+degli+italiani+esuli+in+patria)
Il mio senso della Libertà.
Io non sono Charlie Hedbo e mai mi sarei sognata di ironizzare satiricamente su chi non la pensa come me in fatto di politica e religione.
A me piace il dialogo, anche violento, se è il caso, e non per imporre le mie idee, bensì per difenderle, e se alla fine mi rendo conto di aver sbagliato, chiedo scusa e cambio anche opinione.
Io non ammetto alcuna imposizione e aborro chi, in nome di una libertà di opinione o in nome della democrazia, si appropri del suolo altrui e imponga i propri metodi.
La libertà intende tutto, ma ha un limite: finisce là dove inizia la libertà degli altri.
E non ammetto neanche gli atti vandalici di terrorismo.
Ci sono tanti modi di attirare l'attenzione pubblica senza bisogno di uccidere.
Chi uccide commette un reato, quello della privazione di un diritto, il più importante: il diritto di vivere.
Cetta.
Energie rinnovabili, Pechino traina crescita investimenti globali.
Nel 2014, gli investimenti in energia pulita sono cresciuti nel mondo del 16%, toccando quota 310 miliardi di dollari. Lo rivelano i dati pubblicati oggi da “Bloomberg New Energy Finance”, secondo i quali quello dell’anno scorso è stato il primo aumento della spesa in green energy dal 2011.
Il +16% è stato sostenuto soprattutto dalla crescita degli investimenti in energia solare, eolica, biocarburanti e altre tecnologie a bassa emissione di carbonio.
E, secondo Bloomberg, la Cina – tra i grandi mercati di energie rinnovabili – è stato quello che ha fornito il contributo più sostanzioso, aumentando i suoi investimenti del 32% e portandoli a 89,5 miliardi di dollari. In particolare la Repubblica popolare è diventata il principale mercato per quanto riguarda l’energia solare, e uno dei principali per quella eolica, grazie al sostegno statale alle aziende che hanno scelto di diversificare le proprie fonti energetiche.
Sempre nel corso del 2014, gli Stati Uniti hanno aumentato i loro investimenti in energie rinnovabili dell’8% (51,8 miliardi di dollari); il Giappone – diventato il secondo mercato per quanto riguarda l’energia solare – del 12% (41,3 miliardi di dollari). In Europa invece, che nel primo decennio degli anni 2000 deteneva il primato nel numero di installazioni di dispositivi per la produzione di energie alternative, gli investimenti sono aumentati solo dell’1%.
Leggi anche:
http://www.assoelettrica.it/rinnovabili-3-la-cina-domina-la-corsa/
http://www.smileenergy.it/le-phoenix-towers-i-grattacieli-cinesi-a-energia-rinnovabili-alti-un-chilometro/
domenica 11 gennaio 2015
La follia economica dell'Europa non può continuare - Joseph Stiglitz
"Finalmente, l’America sta mostrando segni di ripresa dalla crisi che esplose alla fine della amministrazione del Presidente George W. Bush, quando la quasi implosione del suo sistema finanziario inviò onde d’urto in tutto il mondo. Ma non si tratta di una forte ripresa; al massimo, il divario tra dove l’economia dovrebbe essere e dove si trova oggi non si sta allargando. Se si sta chiudendo, lo sta facendo molto lentamente; il danno provocato dalla crisi sembra essere a lungo termine.
La rovina dell'Europa
D’altronde, potrebbe andar peggio. Dall’altra parte dell’Atlantico, ci sono pochi segni persino di una ripresa modesta del genere di quella statunitense: la differenza tra dove l’Europa è e dove sarebbe dovuta essere in assenza della crisi, continua a crescere. In gran parte dei paesi dell’Unione Europea, il PIL procapite è inferiore a quello che era prima della crisi. Un mezzo decennio perduto si avvia rapidamente a diventare un decennio intero. Dietro le fredde statistiche, ci sono vite rovinate, sogni infranti e famiglie che vanno in pezzi (o che non si formano) mentre la stagnazione – in alcuni luoghi la depressione – prosegue un anno dietro l’altro. L’Unione Europea ha persone di talento, con elevata istruzione. I suoi paesi membri hanno sistemi giuridici forti e società ben funzionanti. Prima della crisi, aveva persino economie ben funzionanti. In alcuni posti, la produttività oraria – oppure il tasso di crescita – era tra i più alti al mondo.
D’altronde, potrebbe andar peggio. Dall’altra parte dell’Atlantico, ci sono pochi segni persino di una ripresa modesta del genere di quella statunitense: la differenza tra dove l’Europa è e dove sarebbe dovuta essere in assenza della crisi, continua a crescere. In gran parte dei paesi dell’Unione Europea, il PIL procapite è inferiore a quello che era prima della crisi. Un mezzo decennio perduto si avvia rapidamente a diventare un decennio intero. Dietro le fredde statistiche, ci sono vite rovinate, sogni infranti e famiglie che vanno in pezzi (o che non si formano) mentre la stagnazione – in alcuni luoghi la depressione – prosegue un anno dietro l’altro. L’Unione Europea ha persone di talento, con elevata istruzione. I suoi paesi membri hanno sistemi giuridici forti e società ben funzionanti. Prima della crisi, aveva persino economie ben funzionanti. In alcuni posti, la produttività oraria – oppure il tasso di crescita – era tra i più alti al mondo.
La follia dell'austerità
Ma l’Europa non è una vittima. E’ vero, l’America ha mal condotto la sua economia; ma non si può dire che gli Stati Uniti abbiano agito in modo da far pesare la ricaduta globale della crisi sull’Europa. Il malessere l’Europa se l’è provocato da sola, a seguito di una sequenza decisioni economiche negative senza precedenti, a cominciare dalla creazione dell’euro. Per quanto concepito per unire l’Europa, alla fine l’euro l’ha divisa; e, in assenza della volontà politica di creare le istituzioni che avrebbero consentito alla valuta unica di funzionare, il danno non viene sbrogliato. L’attuale disordine in parte deriva dall’aver aderito alla fiducia da tempo mal riposta in mercati ben funzionanti, senza imperfezioni di informazioni e di competizione. Anche l’arroganza ha giocato un ruolo. Come altrimenti si spiega il fatto che, anno dopo anno, le previsioni delle conseguenze delle loro politiche da parte dei dirigenti europei siano state costantemente sbagliate?
Quelle previsioni erano sbagliate non perché i paesi dell’Unione Europea non sono stati capaici di attuare le politiche prescritte, ma perché i modelli sui quali quelle politiche si basavano erano a tal punto pieni di difetti. In Grecia, ad esempio, le misure intese ad abbassare il peso del debito hanno di fatto lasciato il paese più appesantito di quello che era nel 2010: il rapporto debito-PIL è cresciuto, a seguito dell’impatto brutale della austerità della finanza pubblica sulla produzione. Il Fondo Monetario Internazionale ha, almeno, ammesso questi fallimenti intellettuali e politici.
Ma l’Europa non è una vittima. E’ vero, l’America ha mal condotto la sua economia; ma non si può dire che gli Stati Uniti abbiano agito in modo da far pesare la ricaduta globale della crisi sull’Europa. Il malessere l’Europa se l’è provocato da sola, a seguito di una sequenza decisioni economiche negative senza precedenti, a cominciare dalla creazione dell’euro. Per quanto concepito per unire l’Europa, alla fine l’euro l’ha divisa; e, in assenza della volontà politica di creare le istituzioni che avrebbero consentito alla valuta unica di funzionare, il danno non viene sbrogliato. L’attuale disordine in parte deriva dall’aver aderito alla fiducia da tempo mal riposta in mercati ben funzionanti, senza imperfezioni di informazioni e di competizione. Anche l’arroganza ha giocato un ruolo. Come altrimenti si spiega il fatto che, anno dopo anno, le previsioni delle conseguenze delle loro politiche da parte dei dirigenti europei siano state costantemente sbagliate?
Quelle previsioni erano sbagliate non perché i paesi dell’Unione Europea non sono stati capaici di attuare le politiche prescritte, ma perché i modelli sui quali quelle politiche si basavano erano a tal punto pieni di difetti. In Grecia, ad esempio, le misure intese ad abbassare il peso del debito hanno di fatto lasciato il paese più appesantito di quello che era nel 2010: il rapporto debito-PIL è cresciuto, a seguito dell’impatto brutale della austerità della finanza pubblica sulla produzione. Il Fondo Monetario Internazionale ha, almeno, ammesso questi fallimenti intellettuali e politici.
La scomparsa della democrazia
I dirigenti europei restano convinti che una riforma strutturale deve stare in cima alle loro priorità. Ma i problemi che essi indicano erano visibili negli anni precedenti alla crisi, ed allora non impedivano di crescere. Quello di cui l’Europa ha bisogno, più che di una riforma strutturale all’interno dei singoli paesi, è una riforma della struttura stessa dell’eurozona, ed una inversione delle politiche di austerità, che più di una volta non sono riuscite a riavviare la crescita economica. Coloro che pensavano che l’euro non sarebbe potuto sopravvivere hanno ripetutamente avuto torto. Ma su una cosa i critici hanno avuto ragione: senza un riforma della struttura dell’eurozona, e senza una inversione dell’austerità, l’Europa non si riprenderà.
Il dramma dell’Europa è lungi dall’essere superato. Uno dei punti di forza dell’Unione Europea è la vitalità delle sue democrazie. Ma l’euro ha tolto ai cittadini – specialmente nei paesi in crisi – la possibilità di pronunciarsi sui loro destini economici. Ripetutamente gli elettori si sono liberati di coloro che erano in carica, insoddisfatti per l’indirizzo dell’economia – con il risultato di ritrovarsi con nuovi governi che hanno proseguito sullo stesso indirizzo imposto da Bruxelles, Francoforte e Berlino. Ma quanto a lungo si può continuare in questo modo? E come reagiranno gli elettori? Dappertutto in Europa abbiamo constatato l’allarmante crescita dei partiti estremisti e nazionalisti, che si contrappongono ai valori dell’Illuminismo che hanno consentito all’Europa di avere successo. In alcuni luoghi stanno avanzando ampi movimenti separatisti.
I dirigenti europei restano convinti che una riforma strutturale deve stare in cima alle loro priorità. Ma i problemi che essi indicano erano visibili negli anni precedenti alla crisi, ed allora non impedivano di crescere. Quello di cui l’Europa ha bisogno, più che di una riforma strutturale all’interno dei singoli paesi, è una riforma della struttura stessa dell’eurozona, ed una inversione delle politiche di austerità, che più di una volta non sono riuscite a riavviare la crescita economica. Coloro che pensavano che l’euro non sarebbe potuto sopravvivere hanno ripetutamente avuto torto. Ma su una cosa i critici hanno avuto ragione: senza un riforma della struttura dell’eurozona, e senza una inversione dell’austerità, l’Europa non si riprenderà.
Il dramma dell’Europa è lungi dall’essere superato. Uno dei punti di forza dell’Unione Europea è la vitalità delle sue democrazie. Ma l’euro ha tolto ai cittadini – specialmente nei paesi in crisi – la possibilità di pronunciarsi sui loro destini economici. Ripetutamente gli elettori si sono liberati di coloro che erano in carica, insoddisfatti per l’indirizzo dell’economia – con il risultato di ritrovarsi con nuovi governi che hanno proseguito sullo stesso indirizzo imposto da Bruxelles, Francoforte e Berlino. Ma quanto a lungo si può continuare in questo modo? E come reagiranno gli elettori? Dappertutto in Europa abbiamo constatato l’allarmante crescita dei partiti estremisti e nazionalisti, che si contrappongono ai valori dell’Illuminismo che hanno consentito all’Europa di avere successo. In alcuni luoghi stanno avanzando ampi movimenti separatisti.
La questione greca
Ora la Grecia sta mettendo sul tavolo un’altra prova per l’Europa. Il declino del PIL in Grecia a partire dal 2010 è di gran lunga peggiore di quello con il quale si misurò l’America durante la Grande Depressione degli anni ’30. La disoccupazione giovanile è superiore al 50 per cento. Il Governo del Primo Ministro Samaras ha fallito e adesso, a seguito dell’incapacità del Parlamento a individuare il nuovo Presidente greco, il 25 gennaio saranno tenute elezioni generali anticipate. Il partito di opposizione di sinistra Syriza, che è impegnato a rinegoziare i termini del salvataggio della Grecia da parte dell’Unione Europea, è in testa nei sondaggi. Se Syriza vince ma non prende il potere, una ragione principale sarà la paura della risposta dell’Unione Europea. La paura non è la più nobile delle emozioni, e non fa crescere quel genere di consenso nazionale del quale la Grecia ha bisogno per andare avanti.
Ora la Grecia sta mettendo sul tavolo un’altra prova per l’Europa. Il declino del PIL in Grecia a partire dal 2010 è di gran lunga peggiore di quello con il quale si misurò l’America durante la Grande Depressione degli anni ’30. La disoccupazione giovanile è superiore al 50 per cento. Il Governo del Primo Ministro Samaras ha fallito e adesso, a seguito dell’incapacità del Parlamento a individuare il nuovo Presidente greco, il 25 gennaio saranno tenute elezioni generali anticipate. Il partito di opposizione di sinistra Syriza, che è impegnato a rinegoziare i termini del salvataggio della Grecia da parte dell’Unione Europea, è in testa nei sondaggi. Se Syriza vince ma non prende il potere, una ragione principale sarà la paura della risposta dell’Unione Europea. La paura non è la più nobile delle emozioni, e non fa crescere quel genere di consenso nazionale del quale la Grecia ha bisogno per andare avanti.
Fermare la follia economica europea
Il tema non è la Grecia. E’ l’Europa. Se l’Europa non cambia le sue procedure – se non riforma l’eurozona e non revoca l’austerità – un contraccolpo popolare diventerà inevitabile. La Grecia, in questa occasione, può mantenere la rotta. Ma questa follia economica non può proseguire all’infinito. La democrazia non lo permetterà. Ma quanta sofferenza ancora l’Europa dovrà sopportare prima che sia ripristinata la ragione?"
Il tema non è la Grecia. E’ l’Europa. Se l’Europa non cambia le sue procedure – se non riforma l’eurozona e non revoca l’austerità – un contraccolpo popolare diventerà inevitabile. La Grecia, in questa occasione, può mantenere la rotta. Ma questa follia economica non può proseguire all’infinito. La democrazia non lo permetterà. Ma quanta sofferenza ancora l’Europa dovrà sopportare prima che sia ripristinata la ragione?"
Joseph Stiglitz, economista e saggista statunitense, premio Nobel per l'economia nel 2001, insegna alla "Graduate School of Business" presso la "Columbia University"
sabato 10 gennaio 2015
le nuove meravigliose foto di saturno dalla sonda cassini. - 92DRAGO1
Nel mese di Marzo la sonda Cassini è stata particolarmente occupata con alcuni sorvolo spettacolari mirati all'osservazione di come stanno cambiando le tempeste intorno al polo nord di Saturno con l'evolversi del grande sistema di tempeste dalla forma esagonale. Saturno è mozzafiato come sempre, ed i suoi anelli e le loro ombre non smettono mai di creare quadri davvero incredibili.
https://www.youtube.com/watch?v=6rSy_3a7ssM
venerdì 9 gennaio 2015
Ismett: arriva la scure dei tagli botta e risposta Crocetta-Faraone. - Paolo Patania
I timori di chi difende il centro trapianti che opera in collaborazione con l’università di Pittsburgh è che le cesoie del governo regionale non risparmino neanche questa struttura sanitaria, che costa 94 milioni all’anno, ed è considerata un’eccellenza. Il sottosegretario renziano: ”No alla normalizzazione di un centro tra i più avanzati”. Ma Crocetta lo zittisce: ”E’ viceministro all’istruzione, è logico che non sappia cosa fa il ministro alla Salute”.
E' polemica sull’Ismett, il centro trapianti che opera a Palermo in collaborazione con l’università di Pittsburgh. La vicenda si trascina da qualche mese e, nei prossimi giorni, quando l’Ars inizierà a discutere le riforme – che in buona parte saranno tagli in tutti i settori dell’Amministrazione regionale – dovrebbe entrare nel vivo. Su questo tema, da qualche giorno, va in scena un batti e ribatti tra il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e il sottosegretario alla Pubblica istruzione Davide Faraone, molto vicino a Renzi.
I timori di chi, da sempre, difende l’Ismett - e tra questi c’è Faraone – è che i tagli non risparmino neanche questa struttura sanitaria, considerata un’eccellenza. I numeri sono noti. Per l’Ismett la Regione siciliana, ogni anno, stanzia 94 milioni di euro. Di questi, meno di 40 milioni di euro vengono impiegati come Drg (acronimo che sta per Diagnosis related groups, ovvero Raggruppamenti omogenei di diagnosi), che è il sistema di retribuzione che le pubbliche amministrazioni pagano nel nostro Paese ai soggetti privati che operano nella sanità in base alle prestazioni effettuate. Mentre con il resto dei fondi – regionali – si occupa di sperimentazione gestionale.
“L’Ismett non è una Asp – ha detto Faraone – Sono preoccupato da come si sta gestendo la vicenda Ismett in Sicilia. Avverto sintomi di ‘normalizzazione’ di un’istituzione di rilevanza nazionale che in quindici anni ha ottenuto risultati straordinari grazie all’innovativo partenariato pubblico-privato con UPMC, una delle organizzazioni sanitarie più avanzate nel mondo” (Upmc è l’acronimo di University of Pittsburgh Medical Center, cioè l’università di Pittsburgh).
Pronta la replica di Crocetta: “Probabilmente il sottosegretario Faraone non conosce la vicenda Ismett di Palermo, d’altro canto è sottosegretario all’Istruzione e capisco che non sa cosa faccia il ministro della Salute”. La convenzione tra Regione e Università di Pittsburgh è scaduta lo scorso 31 dicembre. “Quella convenzione – dice Crocetta all’Adnkronos – trovava ragione sulla base della sperimentazione. La condizione affinché l’Ismett potesse essere riconosciuto come centro di cura per la ricerca scientifica era che venisse incardinata nel sistema sanitario. E il percorso è stato concordato con il Ministero della Salute e dell’Economia”. Non è in discussione il rapporto con gli Usa, aggiunge il presidente della Regione. Ma l’Ismett non dovrà più trasferire tutti gli utili, “come ha fatto con la vecchia convenzione, a Pittsburgh. Da questo momento – conclude Crocetta – comincia un altro percorso. L’università di Pittsburgh non può essere padrona dell’Ismett che è pagato dalla Regione”.
Faraone, da parte sua, ricorda i due commi contenuti nella legge di Stabilità nazionale. Sono i commi 607 e 608, voluti, tra gli altri, dal senatore siciliano del Nuovo centrodestra del ministro di Angelino Alfano, Marcello Gualdani, con i quali “al fine di agevolare la prosecuzione dell’investimento straniero nell’Istituto mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione di Palermo… la Regione siciliana è autorizzata fino al 31 dicembre 2017 ad incrementare la valorizzazione tariffaria dell’attività sanitaria del predetto Istituto” (sembra del 7 per cento).
Si profila una diversità di vedute, se non uno scontro, tra il governo nazionale – appoggiato dal centrodestra – che vorrebbe addirittura aumentare i fondi pubblici all’Ismett (a spese della Regione siciliana), addirittura “con riferimento agli anni 2013 e 2014” (quindi pure con gli arretrati!) e la Regione che invece sembra avere altre idee. Quali? Qualche tempo fa le ha sintetizzate il presidente della commissione Sanità dell’Ars, Pippo Di Giacomo, esponente del Pd. Che non ha mai parlato di tagli all’Ismett, ma ha soltanto detto che se l’Istituto per i trapiani vorrà continuare a percepire dalla Regione 94 milioni di euro all’anno, dovrà assicurare 94 milioni di prestazioni sanitarie ogni anno.
Insomma, non è possibile che l’Ismett continui a introitare oltre 50 milioni di euro di fondi regionali per sperimentazione gestionale. Dice Renato Costa, segretario regionale della Cgil medici: “La storia è sempre la stessa: l’Ismett è o non è un servizio sanitario regionale? Se è un servizio sanitario regionale deve rispettare le regole che rispettano tutti gli altri. Non ci possono essere tariffe diverse. Questa storia della sperimentazione gestionale sarebbe dovuta durare sei anni. Poi è stata prorogata per altri tre anni. Ora siamo arrivati a quindici anni. Non è possibile continuare così”.
Nei giorni scorsi in difesa dell’Ismett è intervenuto il professore Luigi Pagliaro, tra i sostenitori, nella seconda metà degli anni ’90, di questa ‘Piattaforma trapiantologica”.
Oggi, però, molte strutture sanitarie pubbliche della Sicilia sono in affanno. E’ giusto continuare a mantenere la “sperimentazione gestionale” dell’Ismett con i Pronto Soccorsi dell’Isola al collasso a causa dei tagli dei posti letto voluti per risanare il settore?
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