giovedì 16 aprile 2015

Whirlpool chiude fabbriche Indesit a Caserta, None e Albacina: 1.350 esuberi.

Whirlpool chiude fabbriche Indesit a Caserta, None e Albacina: 1.350 esuberi

Nel luglio 2014, dopo l'acquisizione da parte del gruppo statunitense, il premier Renzi aveva parlato di "operazione fantastica" rivendicando di aver "parlato personalmente con gli americani a Palazzo Chigi". "Il punto non è il passaporto, ma il piano industriale", aveva spiegato. Ed ecco il piano: 500 milioni di investimenti ma stop delle attività in tre stabilimenti.

Il 13 luglio scorso, dopo l’annuncio dell’acquisizione della marchigiana Indesit da parte del gruppo statunitense WhirlpoolMatteo Renzi aveva definito l’operazione fantastica” rivendicando di aver “parlato personalmente con gli americani a Palazzo Chigi”. No a “una visione del mondo autarchica”, aveva detto il premier in un’intervista al Corriere della Sera: “Noi, se ci riusciamo, vogliamo portare aziende da tutto il mondo a Taranto, a Termini Imerese, nel Sulcis, come nel Veneto. Il punto non è il passaporto, ma il piano industriale. Se hanno soldi e idee per creare posti di lavoro, gli imprenditori stranieri in Italia sono i benvenuti”. Ora che il piano industriale di Whirlpool è arrivato, però, si scopre che è ben diverso dagli auspici del presidente del Consiglio: comprende la chiusura di tre siti produttivi e 1.350 esuberi
Il gruppo intende fermare le attività della fabbrica di Carinaro (Caserta), di Albacina (frazione di Fabriano) e di None (Torino). E ha ufficializzato al ministero dello Sviluppo che prevede appunto 1.350 esuberi, di cui 1.200 nelle fabbriche e 150 nei centri di ricerca su un totale di 5.150 lavoratori. A renderlo noto è stato Gianluca Ficco della Uilm nazionale, dopo l’incontro con l’azienda al dicastero di via Veneto. Vertice che è andato malissimo, con rsu e segretari sindacali territoriali che in segno di protesta hanno abbandonato la riunione. Intanto da Nord a Sud è scattata la mobilitazione: gli operai dell’impianto di Albacina (che saranno trasferiti nello stabilimento di Melano) hanno bloccato la strada provinciale 256 Muccese e si sono diretti verso la superstrada Ancona-Roma per protestare e negli stabilimenti del Fabrianese è scattato lo stato di agitazione. Il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, ha convocato ad horas un tavolo con i sindacati, mentre l’omologo delle Marche Gian Mario Spacca definisce la chiusura di Albacina “inaccettabile” e attacca: “Singolare che su una vicenda di tale rilevanza il governo nazionale abbia escluso la partecipazione delle Regioni”. Fabrizio Bassotti, della Fiom Cgil di Fabriano, ha buon gioco a rispolverare l’intervista del presidente del Consiglio chiedendo se ”questa è l’operazione fantastica di cui parlava Renzi”.
Comprensibile, visto il trionfalismo ostentato dal capo del governo solo otto mesi fa, l’imbarazzo del ministro Federica Guidi. Che ha diffuso una nota in cui si legge che “il governo ha preso atto degli aspetti positivi e certamente importanti sul fronte degli investimenti e dell’incremento dei volumi, ma ha, al contempo, espresso forte contrarietà per gli aspetti legati agli impatti occupazionali inerenti diversi siti produttivi” e ha “chiesto all’azienda di confermare l’impegno a non procedere a licenziamenti unilaterali fino al 2018″.
La Whirpool dal canto suo rivendica che il piano di integrazione tra gli stabilimenti che già aveva in Italia – Cassinetta di Biandronno (Varese)Siena e Napoli – e quelli ex Indesit prevede nei prossimi quattro anni 500 milioni di investimenti per “la Ricerca e Sviluppo, il rinnovamento delle piattaforme di prodotto e il miglioramento dei processi produttivi”, “un incremento dei volumi produttivi e il rientro in Italia di produzioni oggi presenti in stabilimenti esteri”. A Fabriano dovrebbe poi nascere “il più grande stabilimento in Europa per la produzione di piani cottura”. Quanto ai posti di lavoro, però, la musica è ben diversa da quanto auspicato dal presidente del Consiglio: 1.200 esuberi nelle fabbriche e 150 nei centri di ricerca su un totale, ricordano i sindacati, di 5.150 lavoratori.
Secondo Davide Castiglioni, amministratore delegato di Whirlpool Italia, il piano è “il migliore che possiamo mettere in campo. Abbiamo guardato tutti i piani possibili, è il migliore per garantire continuità e sostenibilità a lungo termine”. L’azienda sostiene che gli ulteriori esuberi rispetto a quelli esistenti al momento dell’acquisizione di Indesit sono 400 e “sono stati tenuti al livello più basso possibile”. Per “minimizzare l’impatto sulle persone e sulle comunità coinvolte” dai tagli “Whirlpool è disponibile a considerare soluzioni che evitino procedure di mobilità unilaterali fino alla fine del 2018 in linea con lo spirito del Piano Italia”, si legge in una nota.
Già nel 2011 l’azienda americana aveva dichiarato mille esuberi negli stabilimenti italiani, di cui 600 a Varese. Le uscite, scese a 495, erano poi state gestite attraverso prepensionamentimobilità volontaria incentivata contratto di solidarietà. A inizio 2014, poi, l’annuncio della chiusura di una fabbrica in Svezia e del trasferimento della produzione di microonde a incasso proprio a Cassinetta di Biandronno.

G8, “il mio piano sicurezza fu stravolto da Scajola”. - Marco Menduni

Bianco replica all’ex ministro: “Dice il falso”

Enzo Bianco, oggi sindaco di Catania e presidente del Consiglio nazionale dell’Anci, era ministro dell’Interno nel governo Amato che preparò il G8 di Genova. Quaranta giorni prima passò la mano a Claudio Scajola. 
Scajola ha affermato che trovò il piano dell’ordine pubblico già predisposto dal precedente governo, senza poter cambiare nulla
«Semplicemente non è vero. Il piano predisposto alcuni mesi prima dell’evento fu letteralmente stravolto. 
Era stato previsto che attorno all’area rossa riservata esclusivamente al vertice ci fosse una zona gialla che doveva servire da “cuscinetto”, dove si poteva circolare ma non manifestare, e poi un’ampia zona verde, dove erano consentite le manifestazioni». Queste disposizioni furono modificate? «La zona gialla fu incredibilmente eliminata dall’allora ministro Claudio Scajola a seguito di una “trattativa” con gli organizzatori delle contestazioni. Fu creata di fatto una pericolosa contiguità fra la zona del vertice e quella dei cortei». Nei giorni scorsi è arrivata la condanna di Strasburgo per le «torture» della polizia. 
«Vorrei sottolineare all’ex ministro Scajola che la condanna all’Italia espressa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo non riguardava certo l’organizzazione logistica del G8 di Genova ma il vergognoso pestaggio dei manifestanti nella Diaz. 
E fu grave la presenza di alcuni autorevoli esponenti del governo all’interno degli uffici operativi delle forze di p olizia». 
Poi sono seguite le polemiche su De Gennaro. «Per quanto riguarda la sua nomina a capo della polizia, confermo che fui io a proporla con un generale consenso. De Gennaro era un vero servitore dello Stato, a partire dagli anni di impegnativa e spesso rischiosa collaborazione con Giovanni Falcone, e lo ha dimostrato durante la sua lunga carriera. Insieme con lui proposi la nomina ai massimi vertici di Antonio Manganelli, Alessandro Pansa e Luigi De Sena. Il fatto che per 15 anni abbiano guidato nel generale apprezzamento di tutte le forze politiche e sociali la polizia dimostra che quelle scelte furono lungimiranti».
http://www.sicurezzacgs.it/g8-il-mio-piano-sicurezza-fu-stravolto-da-scajola-di-marco-menduni-la-stampa/#sthash.cs22MND7.45juIjQE.dpuf

Anas. Pietro Ciucci licenzia Pietro Ciucci senza preavviso. E prende l’indennità.

Guarda la versione ingrandita di Pietro Ciucci licenzia Pietro Ciucci senza preavviso. E prende l'indennità

ROMA –  Pietro Ciucci presidente di Anas licenzia Pietro Ciucci direttore generale di Anas
Lo fa con una lettera e senza preavviso. Così al Ciucci licenziato da Ciucci spetta anche una ricca buonuscita da 1 milione 825.745,53 euro. E non si tratta di omonimia. Ciucci, che oltre ad essere pensionato dopo il licenziamento resta comunque presidente e amministratore di Anas, ha licenziato se stesso firmando quelle carte che gli avrebbero garantito una robusta integrazione della buonuscita. E Anas, ricordarlo non guasta, è una società pubblica.
Succede tutto nell’estate 2013 quando Ciucci evidentemente stanco del doppio incarico decide di lasciare la direzione. Solo che non fa la cosa più semplice. Non si dimette, si autolicenzia. La differenza tra le due scelte fa circa 780mila euro. Perché se Ciucci si fosse semplicemente dimesso non avrebbe preso anche l’indennità di “mancato preavviso”. Che invece gli spetta autolicenziandosi.
Non è finita. Il calcolo della buonuscita elaborato dagli uffici dell’Anas tiene conto dell’indennità di mancato preavviso e anche di quella spettante “in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro”. Ovvero si è licenziato senza avvertirsi prima ma era allo stesso tempo d’accordo sul licenziarsi.
Il Fatto Quotidiano, sulla vicenda, è andato a chiedere spiegazioni all’Anas. Questa la risposta: Anas ha ammesso che le cose stanno così sostenendo che “è stata data esecuzione al contratto di lavoro individuale” di Ciucci che “disciplinava le condizioni economiche dello scioglimento secondo regole standardizzate” del ministero dell’Economia.

Perché crollano i ponti in Sicilia. Tutta la verità sull'Anas. - Giovanna Boursier

Anticipazione dell'inchiesta che andrà in onda questa sera a Report, alle 21.45 su Rai3.


Report apre la nuova stagione di inchieste con l'Anas, società pubblica di proprietà del ministero dell’Economia e vigilata dal ministero dei Trasporti, che gestisce 25.000 chilometri di strade e autostrade. Dal 2006 la dirige Pietro Ciucci.

Vedremo come viene amministrata la più importante stazione appaltante d’Italia, a partire dalla Sicilia, dove il viadotto Scorciavacche, inaugurato a Natale con 3 mesi d’anticipo, senza collaudo, è stato chiuso una settimana dopo a seguito del crollo della rampa d’accesso. Perché tanta fretta? Perché i collaudatori si sono dimessi prima dell’inaugurazione?

Poi la statale Maglie Leuca, in Puglia, dove Anas ha affidato l’appalto a un consorzio di imprese, ma gli esclusi hanno vinto il ricorso al Consiglio di Stato e adesso Anas ha dovuto passargli l'appalto: sono 44 km che attendono di essere rifatti da 15 anni. E si scopre anche che il tracciato della nuova strada passa sopra una serie di discariche che sono lì dagli anni '80, ma nessuno le ha viste.

In Umbria, invece, gli operai che hanno lavorato alla costruzione di un tratto di strada non ancora terminato, dicono che le ditte avrebbero messo meno cemento del dovuto nella volta di una galleria. La stessa cosa che è successa nella costruzione, eterna, dell'autostrada Salerno - Reggio Calabria, che adesso è finita anche nell’inchiesta Grandi Opere.

Alluvione di Genova, Paita indagata per mancata allerta.

Paita © ANSA

Assessore regionale e candidata Pd in Liguria: mai sottratta a mie responsabilità.


Raffaella Paita assessore regionale alle infrastrutture e alla protezione civile e candidata per il centrosinistra alla presidenza della Regione ha ricevuto un avviso di garanzia per la mancata allerta in occasione dell'alluvione di Genova del 9 ottobre dello scorso anno, quando perse la vita una persona.
Paita si dichiara "sorpresa" delle contestazioni della magistratura per "la mancata allerta e i provvedimenti conseguenti". "Non mi sono mai sottratta alle mie responsabilità. Chiedo alla magistratura di andare avanti senza indugio", ha affermato aggiungendo di essere certa di aver agito nella "massima correttezza" e di rimanere "a disposizione" del suo partito.

Kissinger premia Napolitano, il suo “comunista preferito”. - Antonella Rampino



L’ex segretario di stato consegnerà all’ex presidente il riconoscimento.

Caro Giorgio, ci vediamo a Berlino. Con una e-mail Henry Kissinger ha confermato a Giorgio Napolitano che sarà lui a consegnargli il Premio Kissinger, il prossimo 17 giugno all’American Academy a Berlino. Del resto, non sarebbe stato possibile diversamente, non solo quella è la tradizione del premio: soprattutto, l’uomo che per un quarto di secolo ha rappresentato la personificazione della politica americana all’estero e il suo «comunista preferito» («ex comunista», reagì Napolitano alla battuta), si sentono spesso, il filo è sempre acceso. L’ultima volta che si sono incontrati, per un lungo faccia-a-faccia, fu due anni fa a New York, quando Henry salì a trovare il vecchio amico Giorgio nelle Torri del Waldorf Astoria. Adesso, si rivedranno a Berlino. 

Assieme a Genscher  
Per Napolitano è il secondo riconoscimento in politica estera nel giro di pochi giorni, avendo recentemente accettato la presidenza onoraria dell’Ispi, il più importante e storico think-tank italiano sulle relazioni internazionali. Il Kissinger Prize dal 2007 premia la personalità della politica europea che si sono distinte nei rapporti transatlantici. 

Ed è la prima volta che il prestigioso premio, che ha avuto come destinatari tra gli altri Helmut Kohl, George Bush (senior), James Baker e quell’Helmut Schmidt del quale lo stesso Napolitano apprezzò l’analisi fortemente critica della politica tedesca nella crisi dell’eurozona, va a un italiano. Di più: è la prima volta che va a un politico del Sud dell’Europa, a un uomo del Mediterraneo. Napolitano, che lo condividerà con l’ex ministro degli Esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher, è stato designato l’11 marzo scorso «in riconoscimento degli straordinari contributi al consolidamento dell’integrazione e stabilità europea», segno di quanto si abbia consapevolezza anche all’estero del certosino lavoro di tessitura nei rapporti interni ed internazionali e del polso saldo con cui dal Colle si affrontarono, nel 2011 e nel 2013, due crisi politiche italiane che avrebbero potuto minare con la stabilità dell’eurozona anche quella dell’area del dollaro.  

Genscher verrà premiato «per il contributo alla soluzione della Guerra Fredda». Verso entrambi, ha detto il presidente dell’Accademia Americana di Berlino Gerhard Casper, «abbiamo un debito di gratitudine». L’uso del Kissinger Prize è che i premiati vengano presentati da una personalità di rilievo. Per Genscher non si esclude possa essere Angela Merkel.  

Rubavano i farmaci dell’ospedale di Paternò e li rivendevano a cliniche private. - Simona Scandurra

paternò-ospedale

La Guardia di Finanza ha arrestato un infermiere, e denunciato altre persone. I farmaci venivano rivenduti in cliniche private presso cui l’infermiere svolgeva abusivamente anche attività di anestesista. Il VIDEO che incastra l’infermiere. 
 I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, su disposizione del G.I.P. del Tribunale etneo, dott.ssa Rosa Alba Recupido, hanno tratto in arresto  Pina Antonio Consolato, di anni 62, infermiere in servizio presso il presidio ospedaliero SS. Salvatore di Paternò, con l’accusa di peculato, falso, truffa ai danni dello Stato e abusivo esercizio della professione medica.
Tra gli altri indagati allo stato libero, per concorso nella condotta di peculato contestata al Pina, figura anche un medico, in servizio presso la medesima struttura ospedaliera. Inoltre sono stati iscritti nel registro degli indagati anche i legali rappresentanti e i titolari di strutture sanitarie private ubicate tra Catania e Palermo.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Catania, sono state avviate dai finanzieri della Tenenza di Paternò sulla base di attività informativa svolta presso lo stesso nosocomio nell’ambito dei servizi posti a tutela della spesa pubblica e, in particolare, di quella sanitaria.
In particolare, dalle indagini esperite dagli investigatori delle Fiamme Gialle, è emerso come l’infermiere, anche grazie alla collaborazione di altri dipendenti della medesima struttura, si appropriava sistematicamente di consistenti quantità di farmaci e di presidi sanitari in generale dell’Ospedale di Paternò.
I servizi di osservazione e controllo, unitamente alle attività tecniche disposte dalla Procura hanno consentito poi di verificare come il Pina, si recava abitualmente presso alcune strutture sanitarie private di Catania e di Palermo (cliniche ginecologiche, centri per la cura dell’infertilità, ambulatori di chirurgia estetica, ecc.) dove sembrerebbe esercitasse abusivamente la professione di medico anestesista.
Il Pina si recava, tra l’altro, presso le predette strutture anche durante l’orario di lavoro, spesso portando con sé i farmaci ed il materiale sanitario trafugato presso l’ospedale di appartenenza.
Anche in questo caso si avvaleva della complicità di terze persone operanti presso l’ospedale di Paternò che provvedevano a timbrare il suo cartellino delle presenze.
Sono ancora in corso ulteriori indagini onde meglio delineare il ruolo di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda in esame, anche mediante attività di perquisizione e sequestro.