Ora che il “nonno delle istituzioni” vuole traslocare da Palazzo Chigi al Quirinale e finalmente ce lo fa sapere, il pensiero corre commosso e deferente alle cheerleader e groupies – volgarmente dette “giornalisti” e “politici” – che da febbraio ci rompono timpani e scatole con “SuperMario fino al 2023”, “Lista Draghi alle elezioni”, “Agenda Draghi fino al 2028”, “Ma che dico 2028: a vita!”, e poi i mercati, lo spread, il Pil, l’Economist, l’Europa, l’America, l’Oceania lo vogliono tutti lì a salvarci in saecula saeculorum. Ora l’oggetto dei loro ardori, “cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare”, interrompe bruscamente i loro orgasmi: lui o un altro fa lo stesso, uno vale uno, contano i partiti (ma non erano falliti?) e il Parlamento (costretto a votare il Bilancio fra Natale e S. Stefano). Da oggi cominceranno a dire che Draghi deve lasciare il governo con la stessa perentorietà con cui fino a ieri dicevano che non doveva muoversi sennò morivamo tutti e niente più soldi Ue. Stiamo parlando di “giornalisti” che fanno la standing ovation come nemmeno i nordcoreani con Ciccio Kim e si felicitano per la trovata del “nonno” (un anno fa per molto meno strillavano alla “casalinata”); e di “politici” che gli votano le leggi senza leggerle, figurarsi se non lo eleggono al Colle. O se si accorgono che racconta frottole sulla nuova Irpef (penalizza i più poveri), sui vaccini dei Migliori (si stava meglio coi Peggiori), sul Superbonus (le truffe non le fanno le leggi, ma i truffatori), sull’evasione (vedi condono), sulla sua indifferenza alle ambizioni personali (e allora perché molla con 150 morti al giorno?), sulla maggioranza che deve restare unita per votare il capo dello Stato, cioè lui, sennò addio governo (ma il governo cade proprio perché lui vuol fare il capo dello Stato).
Sapevamo – e scrivevamo – fin dall’inizio che questa ammucchiata avrebbe fatto poco e sarebbe durata pochissimo, quindi non saremo noi a piangerne la dipartita. Ma vorremmo sapere come va a finire. Il nonno dice che o va al Quirinale o torna a casa. Quindi, nel suo nome, si apre la seconda crisi in dieci mesi in piena pandemia e si fa un altro governo con un premier a scelta fra tre ectoplasmi di cui a stento si riconosce la voce: Franco, Cartabia e Colao. Sicuro che siano in grado di tenere a bada l’Armata Brancaleone nell’ultimo anno di legislatura, cioè di campagna elettorale? O qualcuno non si sfilerà, tipo la Lega, lasciando i sadomasochisti M5S e Pd a donare altro sangue? O si vota in anticipo, in barba al dogma dell’Italia che non può votare causa Covid&Pnrr? O i partiti, in un sussulto di dignità, impallinano il nonno e lo mandano ai giardinetti?
Ps. B. intanto si porta avanti: ieri è diventato bisnonno.
La notizia più esilarante fra quelle, già spassosissime, sulla corsa al Quirinale è che c’è ancora qualcuno che parla con Zerovirgola. Memori delle rocciose prove di affidabilità fornite nei suoi primi e ultimi 10 anni di carriera politica, diversi leader o presunti tali di destra, di centro e di sinistra trattano con lui sul futuro capo dello Stato che, ça va sans dire, dev’essere “condiviso”. Con chi? Ma con lui. Il fatto che lo Statista di Rignano non abbia mai mantenuto la parola data in vita sua, è un dettaglio trascurabile, in una classe politica affetta da una coazione a ripetere a livelli sadomaso. Stiamo parlando di uno che si fece eleggere segretario del Pd col programma di Grillo e poi realizzò il programma di B.. Uno che giurò fedeltà al governo Letta e poi lo rovesciò nello spazio di un mattino, anzi di untweet (“Enricostaisereno”). Uno che promise a Gratteri il ministero della Giustizia e poi ci piazzò Orlando. Uno che fece il Patto del Nazareno con B. impegnandosi a condividere il successore di Napolitano e poi si elesse da solo Mattarella, mentre l’altro che sperava in Amato restò con un palmo di naso, anzi di nano. Uno che giurò di ritirarsi per sempre dalla politica se avesse perso il referendum, poi lo straperse ed è ancora lì (anche se, coerentemente, si occupa soprattutto di affari). Uno che trattò con Di Maio per il governo 5Stelle-Pd, poi andò da Fazio e disse che non ci pensava proprio. Uno che un anno dopo propose il governo 5Stelle-Pd contro Salvini e, appena nacque il Conte-2, si scisse dal Pd per farsi un partito dopo aver detto peste e corna di tutte le scissioni, e prese a trescare con Salvini per buttar giù Conte e riportare su Salvini, fallendo solo a causa del Covid.
Ci riuscì 14 mesi dopo, mentre fingeva di trattare sul Conte-3, poi prese a dire che il governo Draghi l’aveva inventato lui (per la gioia di Draghi, immaginiamo): come uno che scassa la sua macchina e poi si vanta perché arriva lo sfasciacarrozze o un piromane che incendia il suo palazzo e poi si pavoneggia per l’intervento dei pompieri. Uno che chiedeva a tutti i politici di esibire il loro estratto conto perché chi sta in Parlamento non deve fare affari, poi corse a incassare da Bin Salman e si mise a piagnucolare perché i pm rovistavano nel suo conto corrente e i giornali ne parlavano. È per questo pedigree che l’altro Matteo, la cui affidabilità è quasi altrettanto proverbiale, tratta con lui sul Colle. E lo fa pure quel gran genio di Miccichè: “Renzi mi ha detto che voterà Berlusconi”. L’altro ovviamente l’ha negato. Ora, visti i precedenti, non si sa se abbia mentito quando gliel’ha detto o quando l’ha smentito. Ma è probabile che, violando pure il principio di non contraddizione, abbia mentito sia la prima sia la seconda volta.
Il testo base per la riforma del Regolamento del Senato, necessaria in vista del taglio dei parlamentari, è stato discusso nella seduta di Giunta del 21 dicembre. Accogliere transfughi, per i gruppi, non sarà più conveniente dal punto di vista economico: non ci sarà alcun rimborso aggiuntivo. Il numero delle Commissioni permanenti di riduce da 14 a 10, ma si "salva" quella per le Politiche europee di cui si ipotizzava l'accorpamento.
Taglio dei rimborsi e perdita degli incarichi per scoraggiare i cambi di casacca, con i fuoriusciti dai vari gruppi che non potranno iscriversi al Misto approderanno a un “gruppo dei non iscritti” con meno fondi e meno prerogative, ispirato a quello che esiste all’Europarlamento. E la riduzione da 14 a 10, mediante accorpamento, del numero delle Commissioni permanenti. Sono i contenuti del testo base per la riforma del Regolamento del Senato, necessaria in vista del taglio degli scranni (da 315 a 200) che entrerà in vigore dalla prossima legislatura. La proposta, elaborata da un Comitato ristretto con i rappresentanti di tutti i partiti è stata discussa dall’apposita Giunta nella seduta del 21 dicembre, in vista di un’approvazione a cui la presidente dell’assemblea, Elisabetta Casellati, vuol arrivare entro gennaio. I relatori sono il leghista Roberto Calderoli e il grillino Vincenzo Santangelo, che nei mesi scorsi avevano presentato ciascuno un proprio testo, mentre un terzo porta la firma di Gianluca Perilli (M5S).
Se il testo base (che unifica le tre proposte) diventerà realtà, accogliere transfughi per i gruppi parlamentari non sarà più conveniente, almeno dal punto di vista economico: “Nel caso in cui un senatore entri a far parte di un gruppo parlamentare diverso” da quello dichiarato a inizio legislatura, “al gruppo di destinazione non è riconosciuto alcun contributo aggiuntivo“, si legge nella proposta Perilli. Inoltre, a chi cambia gruppo sarà applicata una decurtazione dell’ammontare dei rimborsi riconosciuti per le spese per l’esercizio del mandato, definita sulla base delle deliberazioni adottate dal consiglio di Presidenza: a quanto riporta Repubblica, il rimborso per chi approda ai “non iscritti” sarà ridotto a 4.090 euro al mese, mentre chi cambia gruppo lo vedrà sparire del tutto.
All’interno dei “non iscritti” potranno formare componenti autonome (di almeno tre senatori) soltanto i partiti o i movimenti che hanno eletto almeno un parlamentare alle ultime elezioni politiche. Nel testo unificato si prevede che il passaggio da un gruppo a un altro faccia decadere qualunque incarico parlamentare (presidente o vicepresidente di commissione, segretario, questore) a cui si è stati eletti. La proposta Santangelo, invece, avrebbe voluto sostituire tout court al gruppo Misto quello dei non iscritti. Infine, le commissioni: da 14 scenderanno a 10 (e non a 7 come prevede la proposta Perilli): si dovrebbe “salvare”, come voleva Calderoli, quella per le Politiche europee, che rimarrà autonoma e non sarà accorpata alla Commissione Finanze (come nel testo Santangelo) o a quelle Esteri e Difesa (come nel testo Perilli). “Mi sembra un saggia decisione in sintonia con il quadro europeo e con le decisioni assunte dagli altri Paesi”, commenta il presidente Dario Stefano (Pd).
Chi è il magistrato che il plenum nominerà al vertice dell'ufficio inquirente capitolino. Silenzioso e affidabile, avveduto e felpato, moderato ed equilibrista, il procuratore siciliano è sempre stato capace di raccogliere un gradimento bipartisan: negli anni è stato apprezzato da Giorgio Napolitano (che nel 2014 intervenne su Palazzo dei Marescialli, agevolandone la nomina a Palermo) a Silvio Berlusconi, che lo indicò come membro italiano a Eurojust. Più complesso il rapporto con Salvini, che ha fatto rinviare a giudizio per il caso Open Arms: i due furono fotografati insieme mentre si salutano a una cena romana.
Per Francesco LoVoi il 22 dicembre rischia di essere un giorno magico. Un Natale anticipato da festeggiare ogni anno. E non solo perché è in questa data che il plenum del Consiglio superiore della magistratura formalizzerà la sua nomina al vertice della procura di Roma, salvo colpi di scena. Nel 2014 Giorgio Napolitano scelse proprio il 22 dicembre per firmare decreto di possesso anticipato che aveva consentito a Lo Voi d’insediarsi a tempo record al vertice della procura di Palermo: una scelta che all’epoca qualcuno interpretò come un modo per sopire sul nascere le polemiche su un’elezione contestata. Sette anni dopo pure la vittoria di Lo Voi nella corsa alla guida della procura di Roma è tutt’altro che estranea alle lotte intestine interne al mondo delle toghe. La successione di Giuseppe Pignatone, che di Lo Voi è amico e in un certo senso maestro, ha avuto un ruolo centrale nel terremoto che ha scosso il mondo della magistratura. Anzi per qualcuno la causa scatenante della faida che ha lacerato il mondo della toghe è rappresentata proprio dalla corsa alla guida della procura di Roma: titolato a indagare sulla maggior parte dei reati contestati ai politici, l’ex “porto delle nebbie” è l’ufficio inquirente più delicato del Paese.
La corsa alla procura di Roma –In questo senso l’elezione di Lo Voi sembra un remakedi quanto accaduto nel 2014. All’epoca la procura che maggiormente impensieriva i palazzi romani era quella di Palermo. L’inchiesta sulla cosiddetta Trattativa tra pezzi delle Istituzioni e Cosa nostra aveva portato a un violento scontro tra i magistrati siciliani e il Quirinale: Giorgio Napolitano era arrivato a sollevare un conflitto d’attribuzione davanti alla Consulta per ottenere la distruzione delle intercettazioni con Nicola Mancino. E proprio un irrituale intevento del Colle aveva spianato la strada della procura di Palermo a Lo Voi, che all’epoca era il più giovane e inesperto dei candidati alla guida dell’ufficio inquirente siciliano. E che invece alla fine riuscì nell’impresa di torna a Palermo da procuratore capo. Questa volta, invece, l’elezione a Roma chiude un iter accidentato cominciato nella primavera del 2019. Prima l’inchiesta su Luca Palamara aveva azzoppato la corsa di Marcello Viola, procuratore generale di Firenze (ma siciliano come Pignatone e Lo Voi) che fino a quel momento era il favorito. Poi, dopo lo scoppio dello scandalo sulle nomine, Palazzo dei Marescialli aveva optato per Michele Prestipino, ex procuratore aggiunto pure lui fedelissimo di Pignatone, scelto per guidare la procura di piazzale Clodio. Un regno breve, visto che quella nomina è stata annullata dal Tar e dal Consiglio di Stato. È in questo modo che Lo Voi è tornato prepotentemente in corsa a due anni e mezzo dal pensionamento di Pignatone.
Da Napolitano a Berlusconi: un magistrato trasversale – Si può dire che il magistrato siciliano è uno che sa aspettare il suo momento senza farsi influenzare da polemiche e veleni. E soprattutto senza fare rumore. Silenzioso e affidabile, avveduto e felpato, moderato ed equilibrista, Lo Voi è sempre stato capace di raccogliere un gradimento bipartisan: negli anni è stato apprezzato da Napolitano e da Matteo Renzi ma pure da Silvio Berlusconi, che lo indicò come membro italiano a Eurojust. D’altra parte già nel 2014 la sua candidatura a procuratore di Palermo era stata appoggiata al Csm da Maria Elisabetta Alberti Casellati, in quel momento membro laico in quota Forza Italia e oggi presidente del Senato. Più complicato il rapporto con Matteo Salvini: nel 2019 i giornali avevano pubblicato la foto che immortalavano il leader della Lega mentre salutava affettuosamente il magistrato siciliano durante un evento all’interno di un ristorante romano. Nell’aprile scorso, però, la procura guidata da Lo Voi ha ottenuto il rinvio a giudizio dell’ex ministro dell’Interno per il caso Open Arms. Questa capacità di ottenere un consenso trasversale ha portato Lo Voi a ottenere voti provenienti da tutte le correnti già in commissione: dopo il precedente della Casellati, anche questa volta il suo nome è stato proposto dal consigliere laico di Forza Italia, Alessio Lanzi. A votarlo Alessia Dal Moro, consigliera togata di Area, la corrente progressita delle toghe, il moderato di Unicost Michele Ciambellini, il presidente della commissione Antonio D’Amato, esponente di Magistratura Indipendente, la componente più conservatrice della quale fa parte lo stesso Lo Voi.
Il no al processo Andreotti e il saluto a Salvini (suo indagato) –Nato a Palermo nel 1957, in magistratura dal 1981, Lo Voi era pm in Sicilia già ai tempi di Giovanni Falcone, del quale si è sempre professato amico. Resta sostituto procuratore anche durante la stagione di Gian Carlo Caselli, negli anni Novanta, quando si occupa di mafia militare, contribuendo all’arresto e alla condanna all’ergastolo di centinaia di boss, da Totò Riina a Leoluca Bagarella. Quindi passa alla procura generale: in molti a Palermo ricordano quando da sostituto pg rifiutò di rappresentare la pubblica accusa nel processo d’appello a Giulio Andreotti. Indelebile, nella memoria di alcuni colleghi palermitani, anche il suo rifiuto, nei giorni immediatamente successivi alla strage di via d’Amelio, a schierarsi con gli 8 pm che si erano dimessi in polemica con il procuratore Pietro Giammanco, principale oppositore di Paolo Borsellino. Dopo l’esperienza da sostituto pg, l’approdo al Csm come membro togato: nel 2006 a Palazzo dei Marescialli appoggiò Piero Grasso nella contestatissima corsa alla procura nazionale Antimafia contro Caselli, quindi votò Pignatone come nuovo procuratore capo di Palermo. Finito il mandato a Palazzo dei Marescialli vola all’estero: il governo Berlusconi, su indicazione di Angelino Alfano, lo sceglie per rappresentare l’Italia all’interno di Eurojust.
La nomina a Palermo dopo le lettere del Quirinale –È da lì che la carriera di Lo Voi spicca il volo. Da L’Aja il magistrato invia la sua candidatura alla guida della procura di Palermo. All’inizio sembrava non avere possibilità. Per prendere il posto di Francesco Messineo, infatti, al Csm erano arrivate le candidature di due magistrati più esperti: quella dell’allora procuratore di Messina, Guido Lo Forte, e quella dell’ex capo dell’ufficio inquirente di Caltanissetta, Sergio Lari. Sono più anziani di Lo Voi, che all’epoca non aveva ancora mai diretto un ufficio giudiziario. E infatti nell’estate del 2014 la commissione incarichi direttivi del Csm indica Lo Forte come candidato favorito. Dal Quirinale, però, era arrivata una lettera, che ordinava a Palazzo dei Marescialli di procedere con maggiore urgenza alla nomina degli incarichi vacanti da più tempo. La missiva era firmata dal segretario generale del Colle, Donato Marra, che aveva appena testimoniato a Palermo davanti alla corte d’assise che celebrava il processo sulla Trattativa. Il risultato è stato l’azzeramento del vantaggio di Lo Forte, il rinvio della nomina al nuovo plenum – rinnovato dopo le elezioni – e la consecutiva vittoria di Lo Voi. Che aveva provocato roventi polemiche. “Lo Voi? Aveva meno titoli e meno anzianità degli altri: e infatti ha vinto”, commentò sarcastico l’ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. “Perché ha vinto? – continuava l’ex pm – Perché al Csm contano di più le regole della politica rispetto a quelle del diritto”.
Palamara e la colazione di Pignatone –Anni dopo a spiegare che tipo di logiche si erano mosse dietro alla nomina di Lo Voi sarà Palamara, l’ormai ex pm al centro dell’indagine che ha terremotato il mondo della magistratura. Davanti alla commissione Antimafia, Palamara ha spiegato che Lo Forte “era considerato un magistrato sostenitore dell’inchiesta sulla Trattativa Stato-mafia, che come noto lambiva, per usare un eufemismo, il Quirinale”. Lo Voi, invece, “veniva ritenuto uno con un atteggiamento più morbido” nei confronti della medesima inchiesta. Dopo la vittoria di Lo Voi sia Lo Forte che Lari si opposero, facendo ricorso al Tar. E il tribunale amministrativo diede loro ragione, annullando l’elezione del procuratore capo di Palermo: una decisione che però venne poi ribaltata dal Consiglio di Stato alcuni mesi dopo. Nei giorni precedenti a quella sentenza, Palamara ha sostenuto di aver ospitato a casa sua un incontro a colazione tra Pignatone – grande sponsor di Lo Voi – e Riccardo Virgilio, presidente della sezione di Palazzo Spada che aveva in mano quel fascicolo. “Interloquirono tra di loro, ma io non ero presente a quel discorso. I fatti poi sono andati come sappiamo: il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima la nomina di Lo Voi“. Sempre a Palazzo San Macuto, l’ex magistrato ha ricordato come nei mesi successivi sia Virgilio che Nicola Russo, il giudice relatore della sentenza favorevole a Lo Voi, finirono sotto inchiesta per corruzione in atti giudiziari. L’accusa era quella di aver “venduto” alcune sentenze del Consiglio di Stato. Le contestazioni, però, non riguardavano in alcun modo la decisione che ha blindato Lo Voi al vertice della procura di Palermo. Sette anni dopo il magistrato siciliano è pronto a incassare un nuova promozione. E’ anche questa volta è il 22 di dicembre.
Lo scoglio del bonus rischiava di rallentare ulteriormente l'iter del testo: oggi, infatti, la commissione deve chiudere i lavori per trasmettere la legge all'Aula, in tempo per portarla al voto giovedì. Maratona notturna per approvare gli altri emendamenti.
La commissione Bilancio del Senato ha terminato l’esame della manovra, approvando gli emendamenti, ed ha dato mandato ai relatori che ora riferiranno in Aula. La commissione ha dato via libera a tutti gli emendamenti del governo. Da quello ‘omnibus’, che introduce in manovra il taglio di Irpef e Irap (senza modifiche), la rateizzazione delle bollette, riscrive il patent box e rifinanzia il bonus tv, a quelli su delocalizzazioni e stabilizzazione delle toghe onorarie. Si sblocca quindi la situazione in commissione dopo la maratona notturna, più volte sospesa. Il governo si attende a questo punto che il via libera al Senato alla legge di Bilancio venga approvato in prima lettura al Senato tra il 23 e il 24 dicembre.
Tra le misure principali e più attese c’è il via libera al Superbonus del 110% senza alcun tetto Isee. La commissione Bilancio del Senato ha votato l’emendamento alla legge di bilancio che modifica la norma eliminando il vincolo dei 25.000 euro di reddito per le villette unifamiliari. La battaglia è stata portata avanti da tutta la maggioranza che è riuscita ad ottenere il via libera del governo alla cancellazione del paletto per accedere al credito d’imposta al 110%.
Il testo riformulato nella notte cancella il tetto Isee per le le villette e applica il Superbonus anche agli impianti solari fotovoltaici fino a 48mila euro di spesa. Detrazioni al 75% nel 2022 sono inoltre previste per gli interventi con cui si eliminano barriere architettoniche. Ma in questa riformulazione, avevano lamentato i gruppi di maggioranza, il meccanismo del decalage dopo il 2023 non era soft come richiesto, in particolare dal M5s.
C’è poi un secondo aspetto di conflitto che riguardava gli immobili con il teleriscaldamento, per i quali non è prevista l’applicazione degli interventi agevolati. Un problema di classificazione energetica che la maggioranza contava di sanare con un emendamento interpretativo, per includere anche questo tipo di immobili fra quelli a cui si applica il Superbonus. Nell’emendamento è incluso anche un bonus del 75% per abbattere le barriere architettoniche. Si prevede una detrazione da scontare in 5 anni per le spese sostenute dal 1 gennaio al 31 dicembre 2022, con tetto a 50mila euro per le villette, 40mila ad appartamento per i piccoli condomini e 30mila per le abitazioni nei palazzi oltre le 8 unità. Il bonus serve per installare ad esempio ascensori o montacarichi, e sarà esteso anche a “interventi di automazione degli impianti degli edifici”, comprese le spese di smaltimento dei vecchi impianti.
Ecco le altri principali novità della legge di bilancio:
Prolungamento dei tempi per le cartelle – Il termine per il pagamento delle cartelle notificate nel primo trimestre del 2022 è prolungato da 60 a 180 giorni. Come si legge nella relazione tecnica, l’intervento non determina oneri per la finanza pubblica perché “a pari del termine ordinariamente previsto di 60 giorni dalla notifica, il nuovo termine di 180 giorni ricade comunque nell’anno 2022”.
Stop all’iva per il terzo settore fino al 2024 – La norma è contenuta in un emendamento alla legge di bilancio riformulato e blocca gli effetti del decreto legge fiscale per due anni. Dal primo gennaio del 2022, secondo quanto prevede il dl, gli enti non profit che non svolgono attività commerciale avrebbero dovuto aprire la partita Iva. Con la proposta di modifica si rinvia l’entrata in vigore della norma fino al 2024.
Regole per i tirocini – Un riordino delle regole per i tirocini e una stretta contro l’uso “distorto” di uno strumento che deve essere finalizzato “all’orientamento e alla formazione professionale”: la commissione Bilancio del Senato ha approvato nella notte una norma contro gli abusi sui tirocini, dando 180 giorni a governo e Regioni per stilare delle nuove linee-guida, che prevedano tra l’altro “indennità” di partecipazione e multe da 1000 a 6000 euro per chi non le paga. I tirocini non curriculari andranno indirizzati “in favore di soggetti con difficoltà di inclusione sociale”. Andranno fatti “bilanci delle competenze” acquisite dai tirocinanti.
Fondo per i disturbi alimentari –Viene istituito un Fondo per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Caterina Bini, sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento, precisa su Twitter che il fondo, istituito presso il Ministero della Salute, avrà una “dotazione di 25 milioni per il biennio 2022/23”.
Prolungato lo stop alla tassa sui tavolini all’aperto –Con la manovra arriva lo stop al pagamento della cosiddetta “tassa sui tavolini” per i primi tre mesi del 2022: è stato infatti approvato dalla commissione Bilancio del Senato l’emendamento riformulato, su cui hanno trovato un’intesa maggioranza e governo. Si tratta dell’azzeramento nel primo trimestre del Cup (canone unico patrimoniale, vale a dire l’ex Tosap/Cosap) e vale anche per i commercianti ambulanti.
Fondo di solidarietà per i proprietari di immobili occupati abusivamente –Fondo di solidarietà da 10 milioni di euro per il 2022 a favore dei proprietari di immobili residenziali non utilizzabili perché occupati abusivamente. Lo prevede un emendamento riformulato, approvato dalla commissione Bilancio del Senato. Un impegno in questo senso era stato richiesto al governo da parte di Fratelli d’Italia. Secondo la norma, le modalità di attuazione saranno dettate con decreto del Ministero dell’Interno, di concerto con quello della Giustizia e con quello dell’Economia, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di Bilancio.
Esame di maturità, possibileda remoto – Passa anche l’emendamento alla manovra che consente al ministro dell’Istruzione, per esigenze legate al Covid, di modificare con ordinanza la valutazione degli apprendimenti e le modalità di svolgimento dell’esame di Stato. La norma, dopo l’opposizione di Italia viva, è stata approvata con una modifica: sulle ordinanze del ministro sarà comunque necessario un passaggio davanti alle commissioni parlamentari competenti. Il potere di modificare l’esame di maturità con ordinanza è previsto dalla norma solo per l’anno scolastico in corso, 2021-2022.
Stretta contro la produzione delle pellicce naturali –Scatta il divieto di allevamento, riproduzione in cattività e uccisione di visoni, volpi, procioni, cincillà e animali di qualsiasi specie utilizzati per ricavarne pelliccia. La misura consente in deroga agli allevamenti di mantenere gli animali già presenti nelle strutture non oltre il 30 giugno 2022. Sono stanziati 3 milioni di euro per il 2022 per indennizzare gli allevamenti.
Proroga per interinali – Arriva una proroga per i lavoratori interinali impiegati nell’esame delle domande per la regolarizzazione dei migranti, introdotta nel 2020 con il decreto Rilancio. La commissione Bilancio del Senato ha approvato nella notte un emendamento che consente di allungare fino a 18 mesi questi contratti e stanzia per il 2022 altri 20 milioni.
In una involontariamente comica intervista concessa due giorni fa a La Stampa, Donna Giorgia Meloni ha dato nuovamente il meglio (?) di sé. Ripercorriamola insieme.
Silvio al Quirinale. Così Meloni: “Penso che Berlusconi sia stato l’uomo più processato della storia d’Italia, e credo che in questo abbia avuto un ruolo il suo impegno politico. Al mio identikit (di patriota al Quirinale, nda) corrisponde, poi bisogna vedere se ci sono i numeri perché quelli del centrodestra non bastano”. Berlusconi, secondo Meloni, ha il record di processi, ma Donna Giorgia si dimentica di dire per cosa sia stato processato (e in alcuni casi condannato). Giova poi sottolineare come per la Meloni, che fino all’altroieri riteneva (giustamente) Paolo Borsellino espressione massima di “patriota”, lo sia anche Berlusconi. Una curiosa concezione inclusiva del concetto di “patriota”. È però anche vero che la Meloni è la stessa che votò Ruby nipote di Mubarak. Ed è sempre la stessa che propose Vittorio Feltri al Quirinale. Quindi vale tutto.
Aperitivi sbagliati. “Dovevo cacciare Chiara Valcepina perché è andata a un aperitivo con le persone sbagliate?”. Questa cosa dell’“aperitivo sbagliato” è meravigliosa. Meloni, quando vuole, caccia. È appena successo due giorni fa nei confronti di tal Raj Ducci (ex) responsabile del circolo di Fratelli d’Italia di Fino Mornasco (Como) che aveva scritto un post schifoso e vomitevole. Brava Meloni. Su Valcepina, però, il suo comportamento è imbarazzante. Valcepina, avvocatessa eletta in consiglio comunale a Milano, nell’inchiesta di Fanpage non aveva “sbagliato aperitivo”. Aveva pronunciato battute sessiste; aveva fatto il saluto romano; aveva dimostrato feeling totale con Jonghi Lavarini; e aveva riso all’ipotesi di un suo interlocutore che aveva appena proposto di risolvere il problema migranti facendoli saltare in aria. Questo non è “sbagliare aperitivi”, ma sbagliare tutto. E tenere ancora dentro il partito certa gente squalifica interamente Fratelli d’Italia.
Il fior fiore. Gran finale: “La verità è che c’è il fior fiore del giornalismo italiano che passa le giornate a esaminare qualsiasi profilo Facebook vicino a Fratelli d’Italia. Se lo facessero con gli altri cosa troverebbero?”. Un altro passaggio sublime, perché tradisce tutto il fastidio della Meloni per questo tema. Ringrazio anzitutto per quel “fior fiore”, che a volerlo tradurre letteralmente suona così: “C’è perfino gente come Scanzi che spulcia i nostri social e poi ci scrive sopra i libri, gne gne gne!”. Vorrei poi rassicurarla: tutte le pagine vengono esaminate, non solo quelle di Fratelli d’Italia. E infatti, di casi umani, se ne trovano in continuazione. Tra i renziani (ove esistenti), tra i 5 Stelle, nel Pd. Ma solo nelle pagine di Fratelli d’Italia, oppure della Lega, oppure di figuri legati alla destra, si trovano (non sempre, ma neanche così di rado) esimi gaglioffi che fanno il saluto romano; che pronunciano battute antisemite; che non festeggiano il 25 aprile; che non si dichiarano antifascisti; che esultano per la morte di Gino Strada, che flirtano con la frangia più criminale no-vax. Eccetera. Cara Meloni, un consiglio: frigna di meno e seleziona di più (e soprattutto meglio) la tua classe dirigente. Se attorno a te hai così tanti impresentabili moralmente, la colpa non è del fior fiore della stampa, ma tua. Una “colpa” ben ponderata, perché quel tuo cadere ogni volta dal pero (facendo poi la brava democratica una volta l’anno ad Atreju) ti porta voti. E lo sai bene, perché tutto sei fuorché impreparata o scema. Ossequi.
Ieri, in attesa che mio figlio facesse la terza dose di vaccino, mi sono seduta su di una panchina posta al di fuori del padiglione. Accanto a me s'è seduta una signora che ha trascorso tutto il tempo al telefono.
Intanto ho dovuto dirle di rispettare le distanze e che avrebbe dovuto alzare la mascherina fin sopra il naso. Non deve averla presa bene, anche se le ho chiesto tutto con molto garbo, perchè mi ha chiarito di essersi regolarmente vaccinata, al che le ho risposto che anche io lo avevo fatto, compreso il booster, ma che, nello stesso tempo, facevo attenzione ad eseguire i consigli dettati dalla logica.
Di lei, che chiamerò signora "ciccina" perchè chiamava così tutti gli interlocutori telefonici, ora so tutto, so come e dove trascorrerà le feste natalizie, che questa mattina sarebbe andata a "farsi le mani" e nel pomeriggio avrebbe accompagnato i bambini a fare il vaccino, quali regali comprerà e dove, cosa preparerà per il pranzo....
Mi mancava di apprendere che cosa avrebbe indossato per l'occasione perchè, nel frattempo, fortunatamente, mio figlio è uscito dal padiglione con il suo booster fatto e siamo andati via...