In un Paese come il nostro, in cui quasi tutti fanno i liberali con il fondoschiena degli altri, accade che per giorni una forza politica venga esclusa dalle reti Mediaset senza che nessuno proferisca parola. Davanti ai giornali che raccontano come l’ex Cavaliere si sia adombrato per una frase di Giorgia Meloni (“Non gli devo niente”), e come per questo siano stati annullati molti inviti di esponenti della destra nelle trasmissioni di Rete 4, la politica reagisce con il silenzio.
Stanno zitti quelli che un tempo salivano sulle barricate per condannare il conflitto d’interessi e tacciono ovviamente anche quelli secondo cui il conflitto d’interessi non è mai esistito. L’assordante silenzio dei nostri sedicenti difensori della democrazia ha una spiegazione precisa. E ha poco a che fare con l’egoismo dei vari leader che, sotto sotto, gioiscono per la punizione inflitta a un avversario. Il vero motivo per cui nessuno proferisce verbo è la paura. Il timore, fondato, di subire ritorsioni catodiche se ci si espone troppo.
Per capire cosa rischia chi alza la voce basta sfogliare la collezione dei giornali. Era il 2004 quando, stando alle cronache, il vicepremier del governo Berlusconi, Marco Follini, allora segretario dell’Udc, si mette a battibeccare con il leader di Forza Italia che, dopo l’ennesimo scontro, gli dice “ti faccio sparire e sparare dalle mie tv”. Risultato: Follini scompare e lascia la politica. E gli altri incassano l’avvertimento. La scena si replica, con le opportune correzioni, nel 2018, quando i parlamentari forzisti vanno in delegazione ad Arcore per accusare i conduttori Mario Giordano, Paolo Del Debbio e Maurizio Belpietro di aver dato troppo spazio al populismo finendo così per far vincere Matteo Salvini, che ha sopravanzato Forza Italia nelle urne. Le trasmissioni vengono cancellate. Nessuno però protesta. Non lo fanno i politici, neppure quelli della Lega, e nemmeno i giornalisti che, dal canto loro, sperano di tornare in video forti dei loro buoni ascolti e del mutato quadro politico. Sì, il quadro politico. Perché è proprio Berlusconi a dare l’assenso all’ingresso del Carroccio nel primo governo Conte. Il leader azzurro spera (a ragione) che in questo modo Salvini faccia da tappo alle norme sul conflitto d’interessi promesse dai pentastellati durante la campagna elettorale. Così le trasmissioni riprendono e tutti possono far finta di essere liberi.
Intendiamoci, un editore ha tutto il diritto di stabilire cosa mandare o non mandare in onda. E allo stesso modo, visto che ci mette i soldi, ha pure il diritto di stabilire assieme ai suoi direttori la linea politica delle sue testate. Ma il gioco è pulito e alla luce del sole se l’editore fa solo l’editore. Se invece è pure un politico, l’informazione si trasforma, quando serve, in propaganda. Cioè non sempre, ma solo al momento opportuno.
Visto che le cose stanno in questo modo, non ci si deve stupire se pure Giorgia Meloni, dopo essere stata bandita, ha subito cambiato registro. Non ha alzato la voce, ma ha parlato di “incomprensioni”. Poi si è messa a elogiare Berlusconi, che “è stato un gradissimo presidente del Consiglio” capace di “assicurare all’Italia l’autonomia energetica grazie ai suoi rapporti con Russia e Libia”. Così il sovrano, pardon il presidente, ha dimenticato e perdonato. E lei è stata riammessa in tv (a corte si vedrà).
Non so a voi, ma a me viene in mente Charles Baudelaire quando diceva che “il più grande trucco del diavolo è far credere che non esiste”. Come il conflitto d’interessi.