La storia dell'ingegnere arrestato con l’accusa di aver provato a ricattare Berlusconi assieme a Lavitola: "Dobbiamo parlare con il nano maggiore". Tra l'altro fu portato in tribunale per aver copiato il nome di un'associazione siciliana. Ma il Colle lo decorò con una stella della solidarietà. Su richiesta del ministro Frattini.
Sogna di sedersi al tavolo con Putin, Lula e Condoleeza Rice, e fa da autista all’avvocato Fredella per le strade di Buenos Aires. Si dice amico dell’ambasciatore Curcio e della presidente dell’Argentina, che sta per presentare (o ha già presentato) a Berlusconi. Intanto fissa appuntamenti con i dirigenti del Milan per promuovere giovani promesse del pallone; progetta piantagioni di colza da 600mila ettari (!) in Argentina ma riesce a procurare i tabulati dell’utenza di Buenos Aires utilizzata da Lavitola per chiamare Berlusconi il 17 luglio 2011. “Non so – dice l’imprenditore Mauro Velocci – come se li è procurati”.
Viaggia tra l’Italia e il Sudamerica a cavallo tra sogni di grandeur, il millantato credito e probabilmente qualche amicizia inconfessabile l’ingegner Carmelo Pintabona, l’uomo che parlando di Berlusconi usa la frase: “Dobbiamo parlare con il nano maggiore, una volta che lui è fuori dobbiamo sederci a tavola per giocare una briscola ed è una briscola che perde di sicuro”, è stato arrestato venerdì dai pm di Napoli con l’accusa di aver ricattato l’ex premier per estorcergli 5 milioni. Pintabona ha sessant’anni, è siciliano di Piraino (Messina), il suo passpartout è la presidenza della Fesisur, la Federazione delle Associazioni Siciliane in Sud America, l’atout è l’amicizia con Valter Lavitola.
In Sicilia lo conoscono bene i dirigenti dell’istituto Fernando Santi, costretti a ricorrere al tribunale di Palermo per proteggere il nome dell’istituto, intestato allo storico cofondatore della Cgil, copiato da Pintabona in Argentina attestando, per registrarlo, che si trattava di una denominazione “innovativa e di fantasia”.
Trucchi da prestigiatore che non hanno impedito alla Regione Siciliana di assegnargli nel 2006 un milione di euro, per lo svolgimento delle “attività indicate dallo stesso Pintabona al periodico Voce d’Italia, connesse all’apertura della sede del Ciapi di Palermo a Buenos Aires”, come ha denunciato il vero istituto Fernando Santi in una nota in cui invita la Regione a vigilare sulla destinazione delle somme ricevute, puntando il dito anche sul percorso politico dell’ingegnere messinese, candidato nel 2008 nelle fila del Pdl nella circoscrizione estera, definito “piroettante” e quindi “inaffidabile sul piano politico”: “L’inclusione nella lista del PdL dell’ing. Carmelo Pintabona – era scritto nella nota – rappresenta l’ulteriore tentativo da parte dello stesso di utilizzare e strumentalizzare le comunità siciliane in Argentina e nel Continente dell’America del Sud a fini personali”.
E non ha impedito neanche al Quirinale di insignirlo nell’ottobre del 2010, su richiesta del ministero degli Esteri (all’epoca era Franco Frattini), dell’ordine della Stella della solidarietà italiana, una delle onorificenze distribuite dallo Stato. Eppure l’istituto presieduto da Luciano Luciani aveva denunciato “la spregiudicata condotta sul piano personale, morale e politico dell’ing. Pintabona, il quale, in più circostanze, ha mostrato odio e ha diffamato dirigenti del mondo associativo siciliano che godono di prestigio presso le Istituzioni e le comunità siciliane” ed è forse anche per questa ragione che il 23 aprile 2008 a Rosario, in provincia di Santa Fe, in Argentina, all’ottavo Convegno nazionale di giovani di origine siciliana l’Usef (Unione Siciliana Emigrati e Famiglie) ha ordinato ai suoi ragazzi di non assistere alla chiusura dell’evento “perché c’era come dissertante il Presidente della Fesisur, Carmelo Pintabona”.
Ma se il salotto di casa Lavitola a Panama con lui e Pintabona che dettano e l’imprenditore Mauro Velocci (“ero più veloce di loro al computer”) che scrive la lettera-ricatto a Berlusconi sembra un remake della scena del film “Totò, Peppino e la malafemmena”: punto, punto e virgola punto e punto e virgola. Quella richiesta di estorsione, assai seria, per il gip, è arrivata a destinazione: “Dalla consegna per conto di Berlusconi dei soldi a Craxi in Tunisia durante la sua latitanza riferita da Velocci Mauro, come origine della speciale vicinanza tra Lavitola e Berlusconi, al ruolo svolto dallo stesso Lavitola nel caso Fini-Montecarlo, al traghettamento verso corrispettivo economico di senatori del centrosinistra nel Pdl (caso De Gregorio ed altri); dalla vicenda delle escort diTarantini fino alle ragioni sotterranee dei finanziamenti all’Avanti! da parte di Forza Italia, non si può escludere che il Lavitola effettivamente ritenga, sulla scorta dei segreti di cui è depositario, di poter ricattare Berlusconi ottenendone le rilevantissime somme riferite”.
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