Il dissesto finanziario diventa concreto. Ammontano a 679 milioni di euro i debiti del Comune di Reggio Calabria, sciolto poche settimane fa per contiguità mafiosa dopo la devastante relazione della commissione d’accesso che ha svelato come la ‘ndrangheta era di casa a Palazzo San Giorgio. Circa 1300 miliardi di vecchie lire di disavanzo che devono fare riflettere se confrontati ai 19 milioni di euro che, nei mesi scorsi, hanno portato al default dell’amministrazione comunale di Alessandria.
Uno degli ultimi capitoli del fallimentare “modello Reggio” lo ha scritto la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti nella delibera sulla salute finanziaria del Comune, guidato prima da Giuseppe Scopelliti (oggi governatore della Calabria) e poi da Demetrio Arena (nella foto) entrambi del Pdl.
La relazione della Corte dei Conti spiega anche come, in dieci anni di centrodestra, si è arrivati a un debito così elevato. I numeri non possono essere discussi: 165 decreti ingiuntivi per un totale di 19milioni e 890mila euro, 4 pignoramenti immobiliari e 2 pignoramenti delle quote della Reges (la società mista che si occupa della riscossione dei tributi), 331 pignoramenti mobiliari presso terzi, per un totale di un milione e 811mila euro; 409 pignoramenti mobiliari presso il debitore per un totale di 2 milioni 562mila euro. Un totale di 24 milioni 264mila euro “che vanno riconosciuti come debiti fuori bilancio”, non inseriti nei rendiconti approvati dal Comune sciolto per mafia e oggi diretto da una terna commissariale chiamata a una corsa contro il tempo. La Corte dei Conti, infatti, ha concesso 15 giorni ai commissari inviati dal ministro Cancellieri per fornire “eventuali ulteriori controdeduzioni”.
Entro 30 giorni, invece, i giudici contabili effettueranno nuovi accertamenti per capire se sussistano le condizioni per “salvare” le casse del Comune o se il dissesto è l’inevitabile conseguenza della gestione allegra della cosa pubblica da parte delle giunte Scopelliti e Arena che, per anni, hanno trasformato Reggio Calabria in una città “da bere”, una città cartolina dove mancavano i servizi ma non le feste organizzate dalla scuderia di Lele Mora, dove le consulenze esterne erano una prassi da garantire agli amici degli amici, e dove i bilanci taroccati dall’ex dirigente Orsola Fallara (morta nel 2010 dopo aver ingerito acido muriatico) si approvavano a colpi di maggioranza con i pareri favorevoli dei tre revisori dei conti, oggi sotto processo assieme al governatore Scopelliti per la voragine delle casse comunali.
Già in passato, gli ispettori del ministero dell’Economia mandati da Tremonti (non da un governo comunista) avevano accertato irregolarità per circa 170 milioni di euro. A questi, leggendo la relazione della Corte dei Conti, vanno aggiunti 20,8 milioni di ritenute fiscali non versate nei confronti dei dipendenti (già accertati dagli ispettori), “gravi irregolarità nella gestione dei residui”, “elusione dei vincoli del patto di stabilità”, “illegittima erogazione dei compensi accessori, dell’incentivo per la progettazione e di compensi aggiuntivi” a dipendenti del Comune.
A completare il quadro della finanza “creativa” ci hanno pensato le “sottoscrizioni di swap non conformi alla normativa in vigore» e i debiti nei confronti delle società partecipate: 20 milioni e 479mila euro alla Leonia (la municipalizzata che si occupa della raccolta dei rifiuti e che travolta dalla recente indagine della Direzione distrettuale antimafia che ha portato all’arresto del direttore generale Bruno De Caria) e 19 milioni alla Multiservizi (al centro dell’inchiesta “Archi-Astrea” perché infiltrata dalla cosca Tegano).
“Ammonta a 118 milioni di euro il buco del bilancio al comune di Reggio Calabria. Noi prevediamo di azzerare quel debito entro i prossimi tre anni” aveva assicurato l’ex sindaco Demetrio Arena lo scorso giugno quando è stato approvato il bilancio di previsione.
La delibera della Corte dei Conti lo ha smentito a distanza di pochi mesi: il “buco” è di 679 milioni di euro. La città sprofonda, i dipendenti comunali rischiano di non percepire lo stipendio di dicembre e la tredicesima, le imprese vantano milioni di euro dal Comune infiltrato dalla ‘ndrangheta. E c’è ancora chi parla di “modello Reggio”.
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