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giovedì 11 ottobre 2018

Bus in scarpata ad Avellino, il pm chiede 10 anni per vertici Autostrade. Di Maio: “Castellucci dovrebbe dimettersi da ad”.

Bus in scarpata ad Avellino, il pm chiede 10 anni per vertici Autostrade. Di Maio: “Castellucci dovrebbe dimettersi da ad”

Dodici tra dirigenti e dipendenti della società sono imputati per omicidio colposo plurimo e disastro colposo nel processo per la strage del bus che il 28 luglio del 2013 è precipitato dal viadotto "Acqualonga" dell’A16 Napoli-Canosa: quaranta le persone che persero la vita. Il procuratore capo di Avellino: "Nonostante i guadagni dai pedaggi non ci fu manutenzione". L'avvocato della società: "Richieste sconcertanti non fondate su alcun dato scientifico". Il vicepremier: "L'amministratore delegato dovrebbe fare un passo indietro".

Dieci anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e disastro colposo. È la pena chiesta dalla procura di Avellino per Giovanni Castellucci, attuale amministratore delegato di Autostrade per l’Italia e altri undici dirigenti e dipendenti della società. Sono tutti imputati nel processo per la strage del bus che il 28 luglio del 2013 è precipitato dal viadotto “Acqualonga” dell’A16 Napoli-Canosa: quaranta le persone che persero la vita. E anche se il processo non è ancora arrivato a sentenza, sulla questione interviene anche il vicepremier Luigi Di Maio: “In attesa che si faccia chiarezza sulla tragedia del Ponte di Genova e alla luce della richiesta del procuratore di Avellino, l’ad Castellucci oggi dovrebbe fare un passo indietro e dimettersi“.
Il pm: “Guadagni da pedaggi ma non ci fu manutenzione” – Il procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo, ha chiesto ai giudici “una sentenza giusta, che non consenta a nessuno di farla franca“. “Nulla di tutto questo si sarebbe verificato se Autostrade avesse semplicemente adempiuto al suo dovere contrattuale”, ha detto il procuratore Cantelmo. Spiegando che non ci sarebbe stata nessuna strage se fossero state “compiute con osservanza le attività previste in concessione”, Cantelmo ha poi sottolineato in alcuni passaggi del suo intervento il preminente interesse al profitto di una società che “nonostante i lauti guadagni derivanti dal pedaggio che pagano i cittadini, non ha inteso provvedere alla manutenzione delle barriere del viadotto”. In un successivo passaggio, il Procuratore di Avellino ha censurato anche la condotta difensiva degli imputati: “Hanno scelto il negazionismo: nel rimpallo di competenze e responsabilità, nessuno sapeva niente di Acqualonga”.
Di Maio: “Castellucci si dimetta” – Una requisitoria che viene praticamente commentata in diretta dal ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro su Instagram. “È evidente – dice il leader del M5s – che il sistema delle concessioni così come è ora non funziona più e va cambiato. È necessario puntare i riflettori sulle cose che non vanno. I giornali che nascondono queste notizie  fanno un pessimo servizio di informazione al Paese. Se avessero fatto coraggiose inchieste sullo stato delle autostrade italiane anziché limitarsi a prendere i soldi per le pubblicità dai Benetton, oggi forse la situazione sarebbe migliore”.
La difesa: “Richieste pene sconcertanti” – “Le richieste di condanna appaiono a dir poco sconcertanti, perché non fondate su alcun dato scientifico oggettivo ed in contrasto con quanto emerso in dibattimento”, dice l’avvocato difensore di Autostrade per l’Italia, Giorgio Perroni. “Si contesta ad esempio alle strutture tecniche della società di aver mantenuto sul ponte Acqualonga barriere che pure rispondono ai più elevati standard di contenimento a livello internazionale, verificati non più tardi del 2015 e confermati dagli stessi periti dell’accusa, sulla base di vizi solo di tipo amministrativo”, continua l’avvocato. “La decisione contestata si inserisce peraltro all’interno di un progetto di riqualifica delle barriere stesse, deciso su base volontaria da Autostrade per l’Italia, per il quale la società aveva messo a disposizione dei progettisti ben 150 milioni di euro”.
Autostrade: “Ad ad contestata irregolarità su delibera” –Alla richiesta della procura replica anche Autostrade per l’Italia con una nota in cui “ricorda che quanto imputato all’Amministratore Delegato della società si riferisce esclusivamente a una presunta e denegata irregolarità amministrativa nell’applicazione della delibera assunta nel 2008 dal Consiglio d’Amministrazione che stanziò 138 milioni per la riqualifica delle barriere su varie tratte autostradali. Risorse che vennero richieste e messe a disposizione dei tecnici e progettisti, che portarono avanti i piani di dettaglio in totale autonomia”.
Parte civile ha malore in aula – Poco prima che l’accusa formulasse la sua richiesta di pena, una delle parti civili presente al processo è stata colpita da un lieve malore. Si tratta di Partorina De Felice, sopravvissuta all’incidente nel quale perse il marito,che  ha avuto un mancamento fin quasi a perdere i sensi. Soccorsa dai carabinieri è stata portata fuori dall’aula ed è stata visitata dagli operatori del 118. La donna si è ripresa e ha rifiutato il trasferimento in ospedale per gli accertamenti del caso.
Il processo e gli altri imputati – Con le richieste di pena odierne, la procura ha continuato la sua requisitoria. Nella scorsa udienza era stata il pm Cecilia Annecchini a chiedere al giudice monocratico del Tribunale di Avellino, Luigi Buono, le condanne per gli altri imputati. Dodici anni di reclusione erano stati chiesti per Gennaro Lametta, il titolare della “Mondo Travel” e proprietario del bus, che nell’incidente ha perso il fratello Ciro, autista del mezzo; nove anni per Antonietta Ceriola, dipendente della Motorizzazione Civile di Napoli e 6 anni per Vittorio Saulino, anch’egli dipendente della Motorizzazione. Lametta – accusato di concorso in omicidiolesioni e disastro colposo – è responsabile, secondo la procura, non soltanto delle pessime condizioni del bus, immatricolato nel 1985 e con 800mila chilometri percorsi, ma in primo luogo per non aver sottoposto l’automezzo a revisione: se questo fosse avvenuto, ha sostenuto la pubblica accusa, l’automezzo non avrebbe ottenuto l’autorizzazione a circolare. I due funzionari della Motorizzazione Civile sono invece accusati di non aver assolto alle loro funzioni di controllo che avrebbero impedito la circolazione del bus.
Sentenza a dicembre – La differente richiesta di condanna, 9 anni per la Ceriola e 6 per Saulino, si spiega con le attenuanti generiche non concesse alla prima perché recidivaIl perito del giudice che a fine dicembre dovrebbe emettere la sentenza ha sostenuto nella sua analisi che la strage si sarebbe potuta evitare e “derubricare in grave incidente stradale se solo le barriere fossero state tenute in perfetto stato di conservazioneAutostrade per l’Italia però non avrebbe adempiuto a quest’obbligo. Altrimenti la traiettoria impazzita del vecchissimo pulmino turistico, dovuta alla rottura dell’impianto frenante – e poi si scoprirà che il certificato di revisione del veicolo era, secondo l’accusa, fasullo – avrebbe avuto un altro esito, il mezzo “sarebbe stato concretamente trattenuto in carreggiata, fino al suo arresto definitivo”. Per questo motivo i vertici della società che gestisce gran parte della rete autostradale italiana sono finiti a giudizio.  La requisitoria della pubblica accusa continuerà nelle udienze del prossimo 19 di ottobre e il 2 novembre. Il 16 novembre prossimo, invece, cominceranno le arringhe delle difese. La sentenza è attesa per dicembre.
Fonte F.Q. del 10/10/2018

giovedì 28 giugno 2018

Scandalo Aias, nuovi guai per lady De Mita. - Pierluigi Melillo

Risultati immagini per de mita e la moglie

La moglie dell'ex premier, Annamaria Scarinzi, raggiunta dalla misura dell'obbligo di firma. Arresti domiciliari per l'ex consigliere comunale Bilotta. La Procura ipotizza irregolarità nella gestione dei fondi pubblici destinati all'assistenza ai disabili.

Nuovi sviluppi nello scandalo Aias ad Avellino. E stavolta l'inchiesta ha colpito direttamente lady De Mita, Annamaria Scarinzi. Alla moglie dell'ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita, oggi novantenne sindaco di Nusco, la Guardia di Finanza ha notificato stamane la misura dell'obbligo di firma. Nelle stesse ore l'ex consigliere comunale Gerardo Bilotta, è stato colpito dalla misura cautelare degli arresti domiciliari.

Sono in tutto sei le misure restrittive della libertà personale (due arresti domiciliari e quattro obblighi di presentazione giornaliera alla pg) disposte dalla Procura della Repubblica di Avellino ed eseguite dal comando provinciale della Guardia di Finanza di Avellino tra Roma e l'Irpinia. L'inchiesta si riferisce alle irregolarità nella gestione delle onlus irpine Aias e Noi con Loro specializzate nell'assistenza ai disabili. La svolta nelle indagini è arrivata dopo i sequestri delle sedi delle onlus in provincia di Avellino e dei conti correnti riferiti alla signora De Mita e alle sue due figlie, Floriana e Simona. La moglie dell'ex premier il mese scorso era stata interrogata in Procura ad Avellino e si era difesa: “Ho solo fatto del bene”, disse lasciando gli uffici giudiziari.

Sono dieci in tutto gli indagati accusati di riciclaggio, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, peculato e malversazione ai danni dello Stato. Gli inquirenti ipotizzano un sistema architettato per ottenere in maniera fraudolenta fondi pubblici destinati alle onlus per la cura e la riabilitazione dei portatori di handicap per poi trasferirli in altre società. I finanzieri hanno concentrato la loro attenzione su alcuni flussi finanziari. In particolare alcune operazioni bancarie sospette hanno fatto scoprire ai finanzieri che i fondi dai conti correnti delle due onlus venivano dirottati verso due società avellinesi – una operante nel settore informatico e un'altra impegnata nella gestione di un bar.

I pagamenti venivano alla fine smistati dai rappresentanti legali delle due società, tra cui l'ex consigliere comunale Gerardo Bilotta, un passato nella Dc, su conti correnti e carte prepagate intestati a loro stessi oppure a familiari provvedendo poi attraverso poi operazioni di prelevamento presso sportelli bancomat a far disperdere i contanti. Le somme distratte dal 2013 al 2017 ammonterebbero a un milione e 645mila euro. L'inchiesta è stata coordinata dal Procuratore della Repubblica di Avellino Rosario Cantelmo, affiancato dal pm, Vincenzo D'Onofrio, ed è nata a maggio del 2017 quando le prime operazioni sospette delle due onlus finirono nel mirino del nucleo speciale di Polizia Valutaria di Roma.


http://napoli.repubblica.it/cronaca/2018/06/22/news/inchiesta_truffa_moglie_de_mita-199689874/

lunedì 4 dicembre 2017

Truffa, false fatture, riciclaggio: l’onlus della moglie di De Mita sotto inchiesta: quella pioggia di milioni pubblici dove sono finiti? - Marco Staglianò


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TSUNAMI AIAS: TRUFFA, FALSA FATTURAZIONE, ABUSO D’UFFICIO, ASSOCIAZIONE A DELINQUERE FINALIZZATA AL RICICLAGGIO E ALL’EVASIONE. COINVOLTA LA SIGNORA DE MITA.
Le perquisizioni degli uomini della Guardia di Finanza negli uffici dell’Aias Avellino, di cui vi abbiamo dato notizia ieri, vanno ricondotte, a quanto pare, ad un’inchiesta molto più ampia di quanto si potesse immaginare. Un’inchiesta che per un verso riguarda la gestione fiscale della struttura e per altro verso la questione, denunciata da queste colonne carte alla mano, della non accreditabilità della struttura.
Secondo indiscrezioni attendibili, infatti, le perquisizioni, scattate nelle prime ore della mattina di ieri anche presso le abitazioni di otto dei dieci indagati, oltre che nelle sedi Aias di Avellino, Nusco e Calitri e nelle sedi di quattro società collegate a movimenti bancari sospetti, sono state precedute dalla notifica di ben dieci avvisi di garanzia per ipotesi di reato gravissime che vanno dalla truffa per ottenere l’erogazione di fondi pubblici alla falsa fatturazione per operazioni inesistenti, passando per l’abuso di ufficio in concorso relativo al case accreditabilità, fino all’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’evasione delle imposte.
Convolti a vario titolo due nomi eccellenti: Gerardo Bilotta, rappresentante legale di Aias Avellino, quindi Anna Maria De Mita, moglie di Ciriaco, a capo di “Noi con Loro”, ovvero della Onlus che gestisce da sempre la struttura. Con loro anche Massimo Preziuso, ritenuto dagli inquirenti il vero amministratore di Aias, a cui, secondo gli inquirenti, sarebbero riconducibili diverse società, in particolare due, che nel corso degli anni avrebbero avuto rapporti anomali con “Noi con Loro”, per un giro di diverse centinaia di migliaia di euro.
L’associazione sarebbe contestata solo a Bilotta e Preziuso. Per quel che riguarda l’abuso d’ufficio in concorso, tale contestazione, come detto, va ricondotta alla questione accreditabilità, ovvero al caso dei fondi concessi dalla Regione all’Aias da quattro anni a questa parte, un milione e duecentomila euro all’anno, nonostante una delibera Asl risalente al 2014 che definisce la struttura non accreditabile. Questa ipotesi di reato è contestata alla signora Anna Maria De Mita, così come la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e le false fatturazioni per operazioni inesistenti.
Maggiori dettagli emergeranno nelle prossime ore, a partire dai nomi di tutte le persone coinvolte e dalle relative ipotesi di reato contestate.
2 – SCANDALO AIAS, IL BLITZ IN REGIONE DELLE FIAMME GIALLE E QUEI MILIONI DI EURO PIOVUTI DAL CIELO…
L’inchiesta sul caso Aias è ancora in una fase embrionale. Tuttavia, con il passare delle ore, il quadro comincia ad essere più chiaro.
Cominciamo col dire, ed eccoci alla vera notizia, che le perquisizioni operate dagli uomini della Guardia di Finanza nelle sedi Aias di Avellino, Calitri e Nusco, oltre che nelle sedi delle società – tra cui una che gestisce un bar – che secondo gli inquirenti avrebbero avuto rapporti anomali con la onlus “Noi con Loro” di Anna Maria De Mita, quindi in diverse abitazioni private tra cui quella di Gerardo Bilotta, legale rappresentante di Aias, sono state precedute da un blitz negli uffici di Regione Campania, a cui sarebbe seguita nella giornata di ieri una ulteriore “visita”, che ha consentito agli uomini delle Fiamme Gialle di ricostruire, sin dal principio, i passaggi che hanno garanito all’Aias di Avellino, nel corso degli ultimi quattro anni, fondi dalla Regione per un totale di un milione e due all’anno nonostante la struttura non fosse accreditabile così come stabilito, nel 2013, dall’Asl di Avellino.
Era il 22 ottobre del 2013 quando gli uffici di via Degli Imbimbo completarono l’istruttoria per l’accreditamento dell’Aias deliberando l’assenza dei requisiti necessari e, dunque, la non accreditabilità. A distanza di un anno o poco più, ovvero il 31 ottobre del 2014, la Regione Campania, con decreto numero 133, chiudeva la partita dell’accreditamento pubblicando l’elenco di tutte le strutture accreditate dell’area riabilitativa ambulatoriale. C’era l’Aias di Nusco, c’era l’Aias di Calitri ma non c’era l’Aias di Avellino.
Il punto è che, pochi mesi prima della pubblicazione del decreto regionale 133, il dottor Lucio Podda, Referente Giuridico della Struttura Commissariale per la Sanità Campana, preso atto della delibera Asl che dava parere negativo sull’accreditabilità dell’Aias di Avellino, scrisse immediatamente al Commissario di allora, il dottor Morlacco, segnalando la situazione e chiedendo specifiche indicazioni. Morlacco non si degnò di rispondere e, a distanza di pochi mesi, arrivò il decreto regionale con l’elenco delle strutture accreditate. E se è vero che in quell’elenco l’Aias di Avellino non c’era, è altrettanto vero che nessun formale pronunzia arrivò né dal Commissario né dagli uffici.
In questo vuoto, da allora ad oggi, l’Aias, in ragione di una miracolosa inerzia, ha continuato a beneficiare di quei fondi che, lo ricordiamo, sono stati sottratti ad altre strutture che avrebbero potuto e dovuto fornire prestazioni di riabilitazione. E questo è accaduto nonostante i solleciti formali arrivati sia ai livelli amministrativi che alla giunta regionale, sia quella di Caldoro che quella di De Luca.
In questa verità c’è la genesi del filo rosso che tiene in piedi buona parte dell’inchiesta messa in campo dalla Procura della Repubblica, un’inchiesta che porterà, con ogni probabilità, a nuovi avvisi di garanzia coinvolgendo certamente funzionari pubblici regionali che per adesso sono in corso di individuazione.
Allo stato, restano i dieci avvisi di garanzia per reati gravissimi che vanno, ricordiamo anche questo, dalla truffa per ottenere l’erogazione di fondi pubblici alla falsa fatturazione per operazioni inesistenti, passando per l’abuso di ufficio in concorso, relativo al caso accreditabilità, fino all’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’evasione delle imposte.
L’associazione è contestata solo a Bilotta e Preziuso, mentre l’abuso d’ufficio in concorso è contestato anche ad Anna Maria De Mita. Alla quale gli inquirenti contestano il reato di false fatturazioni per operazioni inesistenti, quindi la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Gli altri otto indagati a vario titolo sono tutti parenti di Massimo Preziuso riconducibili alle società che secondo gli inquirenti avrebbero intrattenuto rapporti anomali con “Noi con Loro” per un giro di diverse centinaia di migliaia di euro.
Restano tanti nodi ancora da sciogliere, quel che sappiamo è che certamente siamo solo all’inizio, che le attività delle Fiamme Gialle sono continuate anche nella giornata di ieri e continueranno nei giorni a venire, sappiamo che verranno certamente iscritti nuovi nominativi nel registro degli indagati, a partire da funzionari regionali senza escludere, ovviamente, anche il coinvolgimento di personale Asl. Staremo a vedere.

mercoledì 5 ottobre 2016

Campania, carabinieri indagano sui veleni nelle acque. E il sindaco del Pd cerca di far rimuovere il comandante. - Vincenzo Iurillo

Campania, carabinieri indagano sui veleni nelle acque. E il sindaco del Pd cerca di far rimuovere il comandante

E' successo in provincia di Avellino, a Solofra, capitale campana dell’industria delle concerie. La procura irpina ha aperto un fascicolo per avvelenamento, delitti colposi contro la salute pubblica e omissione d’atti d’ufficio. Secondo gli inquirenti, il primo cittadino dem Vignola ha contattato un ex senatore del suo partito (Enzo De Luca, solo omonimo del governatore) affinché intercedesse con il ministro Pinotti per far trasferire il comandante che indaga.

Solofra, capitale campana dell’industria delle concerie, l’acqua è contaminata dal tetracloroetilene, ci sono pozzi sequestrati da più di due anni e c’è il rischio che l’inquinamento si propaghi nei comuni irpini a valle. Risulta da una inchiesta della Procura di Avellino che ha aperto un fascicolo per avvelenamento delle acque, delitti colposi contro la salute pubblica e omissione d’atti d’ufficio. Ed il Pd locale, che governa il territorio, che fa? Trama al telefono per vedere se è possibile rimuovere il comandante della Stazione dei Carabinieri di Solofra che indaga sui presunti responsabili dell’inquinamento. Ovvero su di loro, ed in particolare su un sindaco dem. Intercettato mentre sollecita pressioni sul ministro della Difesa Roberta Pinotti (estranea a queste vicende e tirata in ballo a sua insaputa), dal quale dipendono gerarchicamente i militari dell’Arma.

Lo si evince dalle telefonate depositate dai pm alla conclusione di una prima tranche di indagini, che contesta a un manager e a un tecnico di Irno Service il reato di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi. Si tratta delle intercettazioni del sindaco Pd Michele Vignola a colloquio con l’ex senatore, ex assessore regionale e componente della segreteria campana dem Enzo De Luca (solo omonimo del Governatore). 
Conversazione del 26 marzo 2014, ore 13.12. Vignola, indagato e col telefono sotto controllo, chiama De Luca: “Poi quell’altra cosa… mi stai facendo pigliare collera… una cosa che non ti posso parlare per telefono…”. De Luca: “Io tutto quello che potevo fare l’ho fatto…”. Vignola insiste: “Mah… e no… possiamo andare a Roma… al ministero della Difesa…”. De Luca ribatte: “Ho capito… devo parlare con quella madonna… devo parlare con Roberta (Pinotti, ndr)”. Vignola: “Me la devi fare questa cosa qua… me la devi chiudere… questa è una cosa personale… che ti sto chiedendo”.
E’ una delle quattro telefonate che il procuratore capo di AvellinoRosario Cantelmo cita come indizi delle manovre di Vignola “per intervenire su politici avellinesi di primo piano per far trasferire il comandante dei Cc di Solofra Giuseppe Friscuolo, evidentemente troppo attivo nelle indagini”. Indagini che secondo la Procura danno fastidio a un sindaco che “più che preoccuparsi della contaminazione della falda idropotabile del suo Comune, sia preso essenzialmente dal problema di non scontentare il potente ceto dei conciatori solofrani, costituente il suo bacino elettorale”.
Le telefonate tra Vignola e De Luca in cui si discute di come ‘arrivare’ al ministro si intensificano con l’avanzare delle indagini, culminate nel sequestro di due pozzi idropotabili di Solofra. Il 31 marzo 2014 De Luca informa Vignola: “Vado dopodomani a Roma, quasi certamente incontro pure la Pinotti”. L’11 aprile gli comunica che la missione è compiuta: “Ho fatto quella cosa… l’ho fatta al massimo livello… dovrebbe andare in porto… anche tranquillamente… quindi volevo tranquillizzarti su questo… e martedì forse vado di nuovo… detto questo, poi ci possiamo vedere in questi giorni…”. Segue lunga discussione su questioni politiche locali. Ma Vignola appare impaziente: “Che tempi ti hanno dato per questa cosa?”. Si riferisce, secondo gli inquirenti, al trasferimento del comandante Friscuolo. De Luca: “Gli ho detto di fare una cosa immediatamente… di intervenire fortemente e senza mezzi termini… e poiché la il capogruppo… tra l’altro con il Generale… e quella (la Pinotti, ndr) tiene proprio rapporti diretti… ehhh che ti devo dire…”.
Il comandante non è stato trasferito ed è ancora al suo posto, non ci sono tracce che De Luca abbia davvero provato a fare pressioni sul ministro Pinotti e il pm propende per la tesi che l’ex senatore abbia solo millantato per rabbonire il suo interlocutore e collega di partito. Resta da capire perché, di fronte alle insistenze di un sindaco che chiede la testa di un carabiniere servitore dello Stato, un ex parlamentare ed uomo delle istituzioni non abbia risposto “questo non si può fare, pensiamo invece a come disinquinare il nostro territorio”.