martedì 2 novembre 2010

Polvere di stalle - di Gianni Barbacetto


Un'altra Ruby racconta: "Droga a Villa Certosa". Il caimano scivola sempre più nella melma

Ora nei festini del presidente del Consiglio fa la sua comparsa anche la droga. Hashish e marijuana che le giovani ragazze invitate da Silvio Berlusconi trovavano sul comodino, nelle camere di villa Certosa in Sardegna e che potevano utilizzare prima dei party. Questo almeno secondo il racconto di una ragazza che fa la cubista a Milano e che è stata sentita dai magistrati di Palermo impegnati da tempo in un’indagine su un traffico di droga. Ora le dichiarazioni della ragazza, videoregistrate, saranno mandate allaProcura di Milano, dove confluiranno nell’inchiesta su Ruby, la ragazza che racconta di aver partecipato ad alcune feste di Berlusconi ad Arcore.

I racconti delle due giovani – la cubista sentita a Palermo e Ruby, che ieri ha compiuto diciott’anni – si confermano in molti punti. Entrambe descrivono le cene, i riti sessuali, i tuffi in piscina. In più, la cubista aggiunge il particolare delle droghe leggere che giravano tra le ragazze. Un particolare inedito, che contraddice altre dichiarazioni di ragazze presenti alle feste, le quali descrivono invece ai giornalisti un Berlusconi molto attento a non far entrare droghe nelle sue residenze.

Adesso toccherà a Ilda Boccassini, procuratore aggiunto a Milano, gestire insieme al pmAntonio Sangermano anche i materiali investigativi arrivati dalla Sicilia. L’indagine milanese era decollata l’estate scorsa, dopo alcuni mesi di un’inchiesta sottotraccia su un giro di prostituzione d’alto bordo. Gli investigatori si erano già imbattuti in una certa Karima El Mahroug (il vero nome di Ruby) e stavano cercando di decifrare il ruolo di Lele Mora e di Nicole Minetti, la ballerina di
“Colorado Cafè” che si è rapidamente trasformata in igienista dentale del presidente del Consiglio e ancor più rapidamente in consigliera regionale della Lombardia.

Nel luglio 2010, gli investigatori si concentrano su un fatto successo due mesi prima, quando Ruby era stata fermata con un’accusa di furto e portata in questura a Milano. È la ormai famosa notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando la ragazza viene affidata – dopo due telefonate di Berlusconi e contro la disposizione del magistrato dei minori – proprio a Nicole Minetti e alla escort brasiliana Michelle, che ospita Ruby nel suo appartamento milanese sui Navigli. Michelle ha dichiarato al
Corriere della sera di essere stata lei ad avvertire Berlusconi del fermo di Ruby, sostenendo di aver avuto da anni in agenda il numero privato del presidente del Consiglio, da usare in caso di “emergenze”.

Poi Ruby, minorenne, è stata più volte sentita dal procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno. Intanto, Berlusconi veniva informato in diretta delle mosse della procura di Milano e faceva avviare le contromosse per tentare di disinnescare le indagini. Il caso ha voluto che dall’altro capo d’Italia, in Sicilia, i magistrati palermitani Teresa Principato, Geri Ferrara e Marcello Violas’imbattessero in un traffico di droga in cui era coinvolta una trentenne di Parma, Perla Genovesi, attivista di Forza Italia e assistente parlamentare di un senatore Pdl della Lombardia,Enrico Pianetta. Perla è in contatto con un boss di Cosa nostra della provincia di Trapani, Paolo Messina, considerato uno di coloro che proteggono la latitanza del superboss Matteo Messina Denaro. La donna ha rapporti anche con Vito Faugiana, di Castelvetrano, militante del Nuovo Psi. Messina commercia droga. Faugiana si occupa di gestire la clientela che acquista la coca.

Perla fa il corriere: trasporta droga dalla Spagna all’Italia e la distribuisce in Sicilia, in Emilia-Romagna, in Lombardia. Alle elezioni regionali del 2005, con Vito Faugiana tenta l’avventura politica, presentando il Nuovo Psi in Emilia e finanziando la campagna elettorale con i soldi del traffico di droga. Dalle urne esce un flop, ma Perla diventa assistente del senatore Pianetta. È in contatto con il deputato Ignazio La Russa, con la coordinatrice Pdl dell’Emilia-Romagna Isabella Bertolini, con Sandro Bondi. Chiama anche villa San Martino, la residenza di Arcore di Silvio Berlusconi.

Nel 2007 cominciano i guai. Viene fermata a un posto di blocco in compagnia di Faugiana e gli agenti le trovano della cocaina in macchina. Evita l’arresto soltanto perché è incinta. Non lo eviterà però tre anni dopo, quando nel luglio 2010 viene condotta in carcere. A questo punto decide di parlare. E racconta, oltre a quel che sa dei traffici di droga, anche dei festini targati Pdl. Un giro di “banchetti orgiastici” a base di sesso e droga, organizzati da Paolo Messina nelle ville di esponenti del Popolo della libertà nella Sicilia occidentale. Ma accenna anche a feste simili che avvengono al Nord.

Dice di aver presentato una sua amica, una cubista ventenne, a Renato Brunetta, parlamentare Pdl che in seguito diventa ministro della Funzione pubblica. Perla riferisce che la ragazza le ha poi raccontato di essersi inserita nel giro grande, quello delle feste di Berlusconi, di aver partecipato a party notturni nelle sue residenze a Roma, a Milano e in Costa Smeralda. “Sono entrata nel giro delle feste del presidente”, le avrebbe confidato la ragazza.

Brunetta, raggiunto al telefono dal
Fatto quotidiano, spiega di aver visto la ragazza una volta sola, durante un convegno a Roma, e di averle fornito consigli legali. “Mi è stata presentata da Perla Genovese e, disperata, mi ha chiesto consigli perché aveva paura che le togliessero il figlio. Le ho suggerito i nomi di alcuni avvocati che potevano aiutarla e poi non ho rivisto più né lei né la Genovese”.
In seguito la ventenne ha confermato le dichiarazioni della Genovese e ha raccontato le feste del premier a cui ha partecipato. Ha descritto particolari che combaciano con quelli di Ruby e, in più, ha aggiunto la presenza della droga leggera a disposizione delle ospiti, per prepararsi alla gran serata.

Adesso le dichiarazioni di Perla e quelle, ancor più scottanti, della ventenne cubista, arriveranno sul tavolo di Ilda Boccassini, ad appesantire i fascicoli che coinvolgono Lele Mora, già in passato descritto come manager con un entourage non privo di relazioni pericolose con ambienti della criminalità organizzata. La diciottenne Ruby, nei primi giorni della sua maggiore età, ne vedrà delle belle.



Dopo Ruby, altri festini ad Arcore. Ne parla una collaboratrice ai magistrati di Palermo


Si chiama Perla Genovesi. Ex assistente di un deputato del Pdl è stata arrestata per traffico di droga. Ora racconta le confidenza di un'amica escort che avrebbe partecipato a festini con B.

Villa Certosa, una delle residenze estive di Silvio Berlusconi

C’è Ruby e va bene. Ci sono le feste. Ci sono singolari telefonate ricevute dal premier sul cellulare, fatte da un’escort brasiliana. Su Silvio Berlusconi infuria la buriana. Che in serata si trasforma in tempesta, quando da Palermo rimbalza la notizia di una nuova inchiesta partita da un traffico di droga e approdata, manco a farlo apposta, ad Arcore e ad altri festini hard officiati in Sardegna dal Cavaliere. Sul tavolo dei pm, infatti, ci sono le parole, messe a verbale, da Perla Genovesi, un ex assistente parlamentare che ricorda quello che ha saputo da un’amica cubista. Lei è la protagonista delle feste. Lei racconta . Perla riferisce ai magistrati che ascoltano sbigottiti. L’inchiesta va avanti, ma già deflagra sullo scenario politico come l’ennesimo colpo che promette di far esplodere il governo. Il presidente della Camera lo ha detto ieri sera. “Se i fatti verranno accertati, Berlusconi faccia un passo indietro”. Rapida la risposta dei berluscones: “Fini: o con noi, o apra la crisi”.

Nell’attesa in prino piano avanza la figura di Perla Genovesi. Perla , nel 2004, a 26 anni, era una delle militanti più attive nelle file parmensi di Forza Italia, al punto di diventare assistente dell’allora senatore azzurro, oggi deputato, Enrico Pianetta. Allo stesso tempo si dava anche da fare in un altro ambito, quello del narcotraffico, e trasportava cocaina. Nel 2007 era stata scoperta in macchina con altre due persone che furono arrestate per droga, mentre lei, incinta, non fu fermata. Finì lì la sua esperienza come assistente parlamentare, ma non quella da trafficante, che anzi è andata avanti fino allo scorso 19 luglio, quando è stata arrestata nell’ambito dell’operazione “Bogotà”, un’indagine che ha smantellato un traffico di cocaina dal Sudamerica in Italia, una rete che coinvolgeva un impiegato comunale di Trapani, un esponente della Camorra e dei narcos in Colombia e Perù. (leggi il blog di Gisella Ruccia)

Era entrata nell’organizzazione tramite un uomo di Campobello di Mazara (Trapani), Paolo Messina, che poteva contare su ingenti quantità di cocaina a costi bassissimi, che sarebbe stato il capo dell’organizzazione. I due si sarebbero conosciuti in una discoteca in Emilia Romagna. La donna era ben inserita negli ambienti politici di Forza Italia e frequentava i vertici del partito. Ai magistrati ha raccontato di avere ricoperto incarichi nell’entourage del capogruppo del Pdl alla Regione Emilia-Romagna Luigi Villani.

La “pentita” ha riferito ai magistrati di avere stretto rapporti con diversi politici proprio grazie alle sue disponibilità di droga, rapporti estesi grazie alla sua nomina ad assistente parlamentare. Proprio così la Genovesi “pentita” – ora assistita dall’avvocato Monica Genovese, legale che difende numerosi pentiti di mafia – avrebbe raccontato di avere presentato all’amica cubistaRenato Brunetta, prima che questi diventasse ministro. L’amica avrebbe quindi chiesto al politico aiuto per un problema personale relativo all’affidamento del figlio. Sempre quest’amica, una ventottenne, “ragazza immagine”, cubista ed escort, avrebbe confidato all’ex assistente parlamentare di aver frequentato feste a base di sesso e stupefacenti a Milano e a Villa Certosa. Ad alcune di queste feste, ha detto la ventottenne alla Genovesi che lo ha poi riferito ai magistrati, avrebbe partecipato anche il premier.

Dopo l’arresto Perla Genovesi si diceva assolutamente estranea ai reati che le venivano contestati. “Ha richiamato fatti e annotazioni, ha giustificato la sua posizione rispetto ai singoli capi d’imputazione” spiegava il suo avvocato di allora Aniello Schettino. Poi però ritrattò, cominciando a collaborare e ottenendo gli arresti domiciliari. Ha raccontato di essere andata a festini a base di droga organizzati da politici trapanesi, ma non solo.

Eppure non ci sta a passare per una spacciatrice. Con una mail alla redazione della Gazzetta di Parma Genovesi ha affermato di essere un’infiltrata dall’età di 21 anni, prima dell’ingresso nelle file di Forza Italia, spinta dalla religione e dalla voglia di scovare il marcio del sistema, così da poter rivelare informazioni alle forze dell’ordine. Ma nel marcio ci è caduta lei.


lunedì 1 novembre 2010

Ecco il testo della relazione della polizia che prova l’inganno del premier


QUESTURA di MILANO
COMMISSARIATO P,S, MONFORTE-VITTORIA
Volante Monforte Bis IV Turno
Via Carlo Poma n” 8 -20129 MILANO 1ir 754.1131 -~ 6226.57.04

Milano, 28.07.2010

Oggetto: Seguito d’Annotazione relativo all’intervento effettuato in data 27.05.2010 ove si è provveduto ad accompagnare presso gli uffici della locale questura tale: XXXXXXXXX Karima, nata in Marocco il 01.11.1992, res.te a Letojanni in via Contrada San Filippo nr 14 tel. 347/XXXXXXXX.

AL SIGNOR DIRIGENTE
IL COMMISSARIATO DI P.S MONFORTE-VITTORIA
SEDE

I sottoscritti Agenti di P.G., Assistente della Polizia di Stato XXXXXXXX Capo equipaggio della Volante denominata XXXXX Bis 4° Turno e Agente della Polizia di Stato XXX XXX XXXXXXXX entrambi in forza presso lo Questura di Milano ed in servizio presso gli uffici in intestazione informano lo S.V. di quanto segue:
in data 27.05.2010 alle ore 22.25 circa, questo equipaggio su disposizione della locale C.O. si portava presso gli uffici del Commissariato di P.S. Monforte Vittoria, per procedere all’accompagnamento e al fotosegnalamento presso il locale G.P.R.S. della persona in oggetto meglio generalizzata e successivamente provvedere all’affido della stessa ad una struttura protetta per minori, come deciso dal P.M. di turno dei minori contattato telefonicamente dall’Assistente della P. di S.XXXXXX E. (Capopattuglia della volante Monforte Bis l° turno) che aveva proceduto all’identificazione della minore in Corso Buenos Aires 23. Questa unità operativa, dopo aver preso in carico la minore con i relativi atti di p.g. redatti dal personale della volante Monforte bis 1° turno, presso gli uffici del Commissariato in intestazione, si portava presso l’ufficio coordinamento della locale Questura per chiedere delucidazioni in merito.

Qui, l’Assistente della P. di S. XXXXXX XXX prendeva contatti con il Commissario Capo della Polizia di Stato Dott.ssa XXXXX XXXX, la quale riferiva, che a seguito di intervento della volante Monforte bis l° turno, la minore su indicata aveva a carico una denuncia di scomparsa e quindi questa unità operativa avrebbe dovuto procedere al fotosegnalamento della minore e provvedere (tramite centralino questura) alla collocazione della ragazza presso una struttura di accoglienza per minori.

Continua su:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/31/ecco-il-testo-della-relazione-della-polizia-che-prova-linganno-del-premier/74603/




Caso Ruby, il capo della comunità egiziana vuole denunciare Silvio

Pronta una manifestazione di protesta per le parole su Mubarak. Ma anche un’azione legale, con l’accusa di diffamazione.

5135258702 df74855767 o Caso Ruby, il capo della comunità egiziana vuole denunciare SilvioLo scrive il giornale egiziano Al-Masry-Al-Youm:Adel Amer, presidente dell’associazione egiziani del Lazio (una comunità con 15mila iscritti) vuole denunciare il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi perché ha cercato di spacciare la marocchina Karima El Marough alias Ruby Rubacuori per nipote del presidente Mubarak.

LA STORIA - Della storia parla anche il Corriere della Sera, che riporta le parole di Adel Amer: “Mubarak va rispettato. E’ un uomo corretto e perbene. Per noi non è accettabile mettere in questa situazione il capo dello Stato”. Sul sito internet però si dice anche altro:

Amer ha dichiarato di voler citare in giudizio Berlusconi con l’accusa di diffamazione. Nei prossimi giorni, Amer intende inviare una lettera di protesta al presidente italiano Giorgio Napolitano, ha aggiunto. Amer ha continuato a dire che, se necessario, i membri della comunità egiziana di Roma metterà in scena una protesta davanti al palazzo presidenziale italiano per esigere scuse ufficiali al popolo egiziano.

Mentre il Corriere ricorda anche che a Parigi nel maggio 2009 una malattia uccise una nipote di Mubarak.

“IN NESSUN PAESE DEL MONDO” – Quanto fatto daBerlusconi, riporta ancora il Corriere, secondo Adel Amer “non è stato mai compiuto da nessuno al mondo”. E anche se il ministro degli Esteri Franco Frattini ha dichiarato che “Il caso Ruby non ha inciso negativamente sulla capacita’ dell’Italia di dire la sua in modo importante al Consiglio europeo di venerdi’ quando si sono decise le nuove misure di stabilita’ finanziaria”, e ha aggiunto che le cancellerie straniere non fanno domande sul caso Ruby, spiega Frattini, chiedono, invece, “informazioni sulle possibili elezioni anticipate, sugli strappi di mezza estate della maggioranza. Chiedono conto del continuo stillicidio che riguarda la stabilita’ di Governo, che e’ un valore per un Paese”, la situazione con l’Egitto sarebbe comunque tesa. Secondo molti, il rischio sarebbe la convocazione dell’ambasciatore italiano al Cairo per chiedere ufficialmente spiegazioni, oppure – e sarebbe molto più rumoroso – con una dichiarazione ufficiale di richiesta di spiegazioni al governo italiano da diffondere attraverso i media. E così il caso internazionale sarebbe servito.

http://www.giornalettismo.com/archives/92310/caso-ruby-capo-della-comunita/


Cosa puoi fare tu.












La superfluorescenza per rendere più potenti i pannelli solari


QUANTUM SOLAR
Le energie rinnovabili rivestono un ruolo fondamentale nella risposta alle sfide globali poste dai cambiamenti climatici e dalla sicurezza energetica dei paesi e quella solare, prodotta dalle celle fotovoltaiche, è una delle principali fonti alternative di energia.
Quantum Solar (QS) è un filtro ottico progettato come componente dei comuni pannelli fotovoltaici in grado di aumentarne l'efficienza e quindi l'energia prodotta.

Il progetto nasce all'interno dei laboratori dell'Istituto per i Materiali Compositi e Biomedici – CNR di Napoli, dove un team di scienziati ha scoperto e sviluppato la cosiddetta superfluorescenza, una fluorescenza straordinaria emessa da particolari nano strutture: i quantum dots.

Tale scoperta, applicata nel campo delle energie rinnovabili, rappresenta un elemento di forte innovazione nella realizzazione di impianti fotovoltaici.
Le normali celle al silicio sono in grado di convertire solamente una limitata porzione di luce, quella compresa all'interno dello spettro del visibile. La radiazione ultravioletta, che corrisponde al 10% della luce solare, viene persa.

I filtri QS si presentano come una pellicola trasparente - che può essere facilmente applicata su qualunque pannello, sia durante il processo di produzione, sia a impianto finito - in grado di recuperare l'ultravioletto.

Grazie alla trasparenza, la parte visibile della luce attraversa la pellicola senza subire alcuna modificazione ed è convertita in energia dal dispositivo, mentre quella ultravioletta è assorbita dai quantum dots e riemessa con una frequenza più bassa, corrispondente alle radiazioni visibili, per essere poi convertita a sua volta in energia.

Il mercato europeo del fotovoltaico, che è cresciuto annualmente del 40% nell'ultimo decennio, rappresenta un'ottima opportunità di successo per il progetto QS considerato anche che la recente crisi finanziaria non ha inciso significativamente sulle politiche e le azioni promosse dalla Commissione Europea a supporto del settore.

http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-10-25/superfluorescenza-rendere-potenti-pannelli-164656.shtml?uuid=AY61z5dC


Acerra e il collaudo "farsa" Per Superguido "derogare" è la regola



Ecco come il governo ha derogato le leggi per gestire e non risolvere l'emergenza monnezza. Il caso del mezzo collaudo dell'inceneritore di Acerra. I nomi dei responsabili e degli uomini fidati di Bertolaso
Venerdi 29 Ottobre 2010 - Attualità
Di Manuele Bonaccorsi


La discarica di cava Vitiello è contenuta in una legge dello Stato», ripetono il governo, Guido Bertolaso, i dirigenti delle forze dell'ordine che la scorsa settimana hanno imposto con la violenza il passaggio degli autocompattatori diretti alla discarica Sari di Terzigno. E la legge, dicono, va fatta rispettare. La legge in questione è la 123 del 2008, ossia la conversione del decreto 90 del 2008 recante "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile". È il decreto varato nel primo Consiglio dei ministri dell'attuale governo Berlusconi, che nomina Guido Bertolaso commissario straordinario.
Ed è un decreto la cui sostanza. è un lasciapassare alla violazione della legge. Ha permesso per due anni - e permette tuttora secondo il governo - alla Protezione civile di sospendere l'applicazione di molte importanti leggi dello Stato. A rileggerlo, alla luce di quanto avvenuto in questi giorni, si ha la sensazione di trovarsi in un mondo al contrario, dove chi protesta contro lo Stato chiede solo e semplicemente il rispetto della legge, e le forze dell'ordine arrivano sul territorio come fossero scagnozzi armati di un boss, per permettere allo Stato di versare rifiuti dove e come li versava in questi territori la camorra. È la stessa logica che la Protezione civile ha applicato in questi anni nei grandi eventi, quelli della "cricca" smascherata dalla magistratura, o sul terremoto de L'Aquila. Leggi sospese e superpoteri all'uomo della provvidenza. Che incurante di inchieste giudiziarie e ombre, torna in Campania come salvatore della patria. Portando con sé anche alcuni uomini che furono al suo fianco nei più "chiacchierati" affari della Protezione civile: le new town de L'Aquila e il G8 della Maddalena. Solo che in questo caso si rischia di avvelenare un'intera regione, un parco naturale, zone densamente abitate. Lo Stato avvelena come faceva la camorra. Lo Stato sospende l'applicazione delle leggi, proprio come ha sempre fatto l'antistato della criminalità organizzata. Chi a Boscoreale, la scorsa settimana, ha bruciato una bandiera italiana suscitando lo sdegno dei telegiornali di regime, non ha fatto altro che dare sostanza a quanto avviene da anni in Campania.

DEROGHE
Il decreto 90 del 2008, all'articolo 18, contiene un lungo elenco di 43 leggi e decreti regionali e nazionali la cui applicazione è sospesa. Elenco che vale - dice il decreto - «in via non esclusiva». Poiché «il Sottosegretario di Stato (cioè Bertolaso, ndr) e i capi missione sono autorizzati a derogare alle specifiche disposizioni in materia ambientale, igienico sanitaria, prevenzione incendi, sicurezza sul lavoro, urbanistica, paesaggio e beni culturali». Nel lungo elenco saltano la legge Bucalossi sull'edificabilità dei suoli; i poteri assegnati nel lontano 1977 agli enti locali (dpr 6161/1977); la legge Galasso, che nel 1985 introduce nell'ordinamento italiano i vincoli paesaggistici e include tra questi «i parchi e le riserve nazionali o regionali». Buona parte delle dieci discariche previste dal decreto 90 si trovano infatti in zone sottoposte a vincoli naturalistici. Il decreto quindi si premura di tagliare con un colpo d'accetta buona parte della legge quadro sulle aree protette (394/1991) compreso l'articolo 3 che vieta «qualsiasi mutamento dell'utilizzazione dei terreni e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici e idrogeotermici e sulle finalità istitutive delle aree protette». Vengono sospesi i regolamenti degli Enti parchi con tutte le loro prescrizioni e l'obbligo di chiedere loro i nulla osta per ogni intervento. Salta anche la legge quadro sulle aree protette, del 1991, e il dpr del 5 giugno 1995 che istituisce il Parco nazionale del Vesuvio, il quale all'articolo 4 vieta «l'apertura di nuove miniere e discariche per rifiuti solidi urbani ed inerti». Poi viene cancellato ogni controllo sulle decisioni del supercommissario: con la deroga alla legge 481 del 1995 s'imbavagliano le authority che sorvegliano i servizi di pubblica utilità. Viene sospesa la legge sulla trasparenza (n. 241/90) che sancisce il diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione. Sospensione che si somma con l'apposizione del marchio di «sito di interesse strategico militare» in tutte le discariche e sull'inceneritore di Acerra. Ai siti non possono accedere neanche i sindaci. Cancellate con un colpo di penna le più importanti norme in tema di salute e ambiente, gran parte delle quali nascono come applicazione di precise direttive dell'Unione europea. Il decreto legislativo del 13 gennaio 2003, n. 36, applicativo della legge Ronchi sui rifiuti, ad esempio. Compreso l'articolo 7, il quale recita: «I rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento (...). Nelle discariche per rifiuti non pericolosi possono essere ammessi i seguenti tipi di rifiuti: rifiuti urbani, rifiuti non pericolosi che soddisfino i criteri di ammissione previsti dalla normativa vigente». Cancellato anche il decreto del ministero dell'Ambiente del 3 agosto 2005 recante «criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica», compreso l'obbligo per i gestori della discarica stessa di «sottoporre ogni carico di rifiuti a ispezione prima e dopo lo scarico e controllare la documentazione attestante che il rifiuto è conforme ai criteri di ammissibilità» (articolo 4); e l'articolo 6 che impone, per i rifiuti conferiti in discarica, «una concentrazione di sostanza secca non inferiore al 25 per cento».
E ancora, spariscono le «norme in materia ambientale» (decreto legislativo 152/2006), compreso l'articolo 178 («i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente»); il 182 («lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti») e il 208 che impone l'autorizzazione della Regione per la costruzione di nuove discariche.
Saltano poi il Codice dei beni culturali e del paesaggio, compreso l'articolo 20, il quale prevede che «i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati o danneggiati», e il decreto 81 del 2008 su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nella parte che specifica gli «obblighi dei datori di lavoro». Nelle dieci discariche previste dal decreto, inoltre, è indicato «alla stregua delle previsioni derogatorie» che si possano smaltire rifiuti caratterizzati da alcuni codici europei di identificazione dei rifiuti. Val la pena controllarli sul formulario: tra quelli non pericolosi ci sono: 19.12.12 (altri rifiuti derivanti dal trattamento meccanico), 19.05.01 (parte di rifiuti urbani e simili non compostata), 19.05.03 (compost fuori specifica), 20.03.01 (rifiuti urbani non differenziati), 19.01.12 (ceneri pesanti e scorie), 19.01.14 (ceneri leggere), 19.02.06 (fanghi prodotti da trattamenti chimico- fisici). Poi quelli "pericolosi": 19.01.11 (ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose), 19.01.13 (ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose), 19.02.05 (fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, contenenti sostanze pericolose), 19.12.11 (altri rifiuti compresi materiali misti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose).I rifiuti 19.01.12 sono tra quelli prodotti dai camini dell'inceneritore di Acerra. Voi, se abitaste a Terzigno o a Boscoreale, o a Savignano Irpino, a Santa Maria La Fossa, a Serre, davanti agli splendidi panorami di valle della Masseria o Macchia Soprana, vi sentireste sicuri?


COLLAUDI
Quanto rende avvelenare un'intera regione, producendo 6 milioni di finte ecoballe da oltre una tonnellata l'una e da anni "provvisoriamente" stoccate in 40mila metri quadri di territorio inquinato, contenenti spazzatura "tal quale" pressata a forma di cubo?Quanto vale costruire un inceneritore pieno di difetti e carente di numerosissimi strumenti di controllo? Trecentocinquantacinque milioni di euro. Come prevede la legge (il decreto 195, proprio quello che istituiva la Protezione civile spa, poi stralciata), lo Stato li verserà nelle casse della Impresilo, società del gruppo Impregilo, come pagamento della costruzione dell'inceneritore di Acerra. La multinazionale (proprietà dei gruppi Gavio, Benetton e Ligresti) li ha già messi in bilancio. Si legge nella semestrale del gruppo che «in relazione alla valorizzazione del termovalorizzatore di Acerra, esso è determinato in euro 355 milioni. Il trasferimento della proprietà dell'impianto di Acerra dal gruppo Impresilo alla Regione Campania (o alla Presidenza del consiglio dipartimento di Protezione civile o a soggetto privato) dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2011. Fino a tale momento, all'ex affidatario, competerà un canone di affitto determinato in euro 2,5 milioni al mese per una durata di 15 anni». Continua la relazione di Impregilo: «Merita opportuna evidenza il positivo collaudo definitivo del termovalorizzatore di Acerra, datato 15 luglio 2010». Impregilo è sotto processo al Tribunale di Napoli, insieme con Antonio Bassolino. L'ex governatore campano nel 2002 firmò il contrattocapestro che assegnava al colosso delle costruzioni l'intero ciclo dei rifiuti (due termovalorizzatori e sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti, il cosiddetto cdr). Il cdr doveva essere ricavato solo dal 32 per cento della spazzatura, la parte con maggiore potere calorifero e non inquinante. Ma siccome quelle balle erano, per la società privata, vero e proprio oro, una specie di conto in banca - bruciarle permette di intascare i contributi ecologici Cip6 - Impregilo preferì metterci dentro di tutto, anche i rifiuti "tal quale". A causa della decisione di costruire l'inceneritore in una delle aree più inquinate al mondo, ad Acerra, i lavori del termovalorizzatore ritardano e tra il 2006 e il 2008 il sistema va in tilt. Gli impianti di cdr fanno milioni di finte ecoballe di "tal quale", che vanno a finire in depositi temporanei mentre la spazzatura si accumula nelle strade. Nel 2008 arriva Bertolaso e con la bacchetta magica risolve il problema. Mette, in deroga alla legge, in funzione l'inceneritore, nonostante l'assenza di un collaudo definivo.


E nello stesso decreto 90 scrive: «È autorizzato presso il termovalorizzatore di Acerra il conferimento ed il trattamento dei rifiuti aventi i seguenti codici: 19.05.01 parte di rifiuti urbani e simili non compostata; 19.05.03 compost fuori specifica; 19.12.10 rifiuti combustibili (Cdr: combustibile derivato da rifiuti); 19.12.12 altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, non contenenti sostanze pericolose; 20.03.01 rifiuti urbani non differenziati; 20.03.99 rifiuti urbani non specificati altrimenti». Tutto ciò in deroga alla Via, Valutazione di impatto ambientale, del 2005 che imponeva di bruciare solo il "vero" cdr. La gestione del termovalorizzatore viene affidata alla Partenope ambiente, controllata dalla lombarda A2a. Spiega il sindaco di Acerra, Tommaso Esposito: «L'impianto nasce per bruciare il cdr e nel corso degli anni con le ordinanze in deroga del presidente del Consiglio finisce per bruciare un'altra cosa: brucia tritovagliato, spazzatura con due o tre giorni di vita. È come mettere il diesel in una macchina a benzina». Succede che il motore si rompe. E se ne accorgono anche i fidati collaudatori nominati da Bertolaso per dare il via libera definitivo all'impianto e sbloccare così i fondi di Impregilo. Nella relazione di collaudo del 16 luglio 2010 si legge che «l'originario sistema di evacuazione scorie si è rivelato inadeguato ad assicurare la continuità di funzionamento del forno (...) per la presenza di percentuali di ferro a volte di notevole dimensione», a causa del fatto che il progetto originario prevedeva di bruciare «cdr senza contenuti ferrosi». Nei verbali di marzo la commissione rileva che il sistema di monitoraggio delle emissioni, in particolare «il valore relativo alla portata di fumi al camino», non funziona correttamente. A maggio, durante una verifica dei collaudatori salta la rete elettrica, bloccando il ventilatore di estrazione dei fumi. A febbraio del 2010 i commissari notano che «in alcuni conferimenti il rifiuto risultava visibilmente bagnato» e chiedono alla Protezione civile di «conferire all'impianto un rifiuto con minore umidità». Poi, il 4 febbraio 2010, il gestore della rete elettrica, Terna, sospende l'acquisizione di energia dal termovalorizzatore: le reti ad alta tensione non reggono e il guaio si ripete anche il 6 e il 7 febbraio. Nel gennaio 2010 invece, salta una guarnizione sulle linee del vapore, bloccando l'impianto. Nel corso del collaudo i problemi si sprecano: capita persino «la foratura» di alcuni tubi dei surriscaldatori. Eppure, nella relazione conclusiva i collaudatori danno il via libera all'impianto. Ma sono costretti ad ammettere che «l'attività della commissione non può contemplare verifiche di durabilità di lungo termine». E che alcuni degli obblighi imposti nel 2005 dalla commissione Via non sono stati espletati dall'impresa: tra questi, «l'installazione di un portale di rilevamento radioattività», la «duplicazione del sistema di monitoraggio fumi al camino», l'«installazione di un sistema di monitoraggio in continuo del mercurio» e di un «sistema di prelievo in continuo dei microinquinanti organici». Questioni che, scrivono i tecnici, «saranno oggetto di collaudo separato». Un mezzo collaudo, dunque. La faccenda ha convinto Tommaso Sodano, consigliere provinciale del Prc-Fds, a presentare un esposto alla magistratura. Denuncia il mancato rispetto di molte prescrizioni, i frequenti blocchi degli impianti (gli ultimi risalenti a poche settimane fa) e chiede il sequestro dell'inceneritore. Ma chi sono gli uomini che hanno dato il via libera all'impianto? C'è il presidente, Gennaro Volpicelli, responsabile dell'Arpac, l'Azienda ambientale regionale che dovrebbe monitorare ordinariamente l'impianto. Scelta che, secondo il geologo Franco Ortolani, dimostra un evidente conflitto di interessi. Se Volpicelli, come capo dell'Arpac, notasse irregolarità non rilevate dal collaudo, dovrebbe quindi sanzionare se stesso. Ci sono poi uomini fidati della Protezione civile: Gian Michele Calvi è il capo del consorzio For case, il costruttore delle new town aquilane. Indagato dalla Procura della Repubblica aquilana per il mancato allarme della commissione Grandi rischi del 30 marzo 2009, è stato - dopo la promozione del re della cricca Angelo Balducci a presidente del Consiglio superiore delle opere pubbliche - mandato sui cantieri del G8 alla Maddalena a controllare che tutto fosse a posto. Presidente della fondazione Eucentre di Pavia, Calvi è un esperto non di rifiuti ma di ingegneria sismica. Tra i collaudatori c'è anche Marcello Fiori, dirigente della Protezione civile, ex commissario nominato da Bertolaso alla gestione dei beni archeologici di Napoli e Pompei, su cui ha aperto un fascicolo di indagini la Procura di Torre Annunziata in seguito a un esposto della Uil. Fiori è laureato in lettere. Ha invece la laurea in giurisprudenza un altro funzionario della Protezione civile inviato al collaudo di Acerra, Isabella Annibaldi, capo dell'ufficio del contenzioso. Tre dipendenti del commissario che ha fatto edificare l'inceneritore, Guido Bertolaso. Cui fanno da contraltare solo altri due esperti, Carlo Botti, ingegnere dell'emiliana Hera, e Giuseppe Viviano, collaboratore dell'Istituto superiore di sanità. Anche il segretario della commissione, un geologo, Roberto Pizzi, ha spesso lavorato con la Protezione civile, ad esempio a L'Aquila nell'emergenza del fiume Aterno. «Dobbiamo essere vigili, perché quando l'inceneritore andrà a pieno regime potrebbero crearsi nuovi problemi», conferma il sindaco di Acerra, Esposito. Il quale deve sopportare sul suo territorio, a pochi passi dall'inceneritore, anche un deposito di ecoballe. «Ci avevano promesso 3 milioni all'anno di compensazioni e la bonifica dell'area. Lo prevede un verbale di intesa con la Protezione civile. Non abbiamo visto un euro. Pacta sunt servanda, dicevano gli antichi». Ma i romani, inventori del diritto, come potevano immaginare l'arrivo, duemila anni dopo, del messia Guido Bertolaso?

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