mercoledì 27 aprile 2011

Geotermico, la rivoluzione energetica passa per le Isole Eolie. - di Clara Gibellini


Si chiama Marsili Project l'iniziativa che punta a ricavare energia dall'omonimo vulcano sottomarino al largo della Sicilia. Un potenziale di produzione annua di circa 4.0 TWh, che da solo raddoppierebbe la quota del geotermico in Italia e basterebbe a coprire il fabbisogno di 700 mila persone

Un’energia nuova, pulita e praticamente inesauribile. Che arriva dal mare e che potrebbe diventare la scommessa del futuro per un paese povero di fonti energetiche come l’Italia. Il vulcano Marsili, gigante di 3000 metri al largo delle Isole Eolie, il più grande cratere sottomarino d’Europa, oggi è al centro di un progetto per la costruzione della prima centrale geotermica offshore del mondo. Un’idea rivoluzionaria che punta a sfruttare il calore dell’acqua marina che si infiltra lungo le pendici del vulcano, dove raggiunge temperature fino a 300 gradi centigradi, convogliandola in quattro piattaforme galleggianti dove produrre energia elettrica attraverso un sistema di turbine a vapore. Un potenziale di produzione annua di circa 4.0 TWh, che da solo raddoppierebbe la quota del geotermico in Italia e basterebbe a coprire il fabbisogno energetico di 700 mila persone, l’intera popolazione di Palermo.

L’idea di produrre energia dal vulcano è venuta a Patrizio Signanini dell’Università di Chieti ed è stata finanziata da Eurobuilding, impresa specializzata in ingegneria naturalistica. L’azienda ha finanziato un gruppo di ricerca composto da tecnici dell’INGV, del CNR, del Politecnico di Bari e dell’Università di Chieti. Assente dal progetto, almeno a livello economico, lo Stato, che nonostante abbia concesso il permesso esclusivo di ricerca nell’area da parte del ministero dello Sviluppo Economico e una valutazione di impatto ambientale positiva del ministero dell’Ambiente, non ha al momento erogato finanziamenti per la ricerca.

Partito nel 2006 con una campagna di rilievi magnetici che ha permesso di confermare la presenza di decine di milioni di metri cubi di fluidi ad alto contenuto energetico, il Marsili Project, il cui investimento complessivo ammonta a circa 2 miliardi di euro, sta ora per entrare nella fase esplorativa. Entro il 2013 l’obiettivo è arrivare alla costruzione di una prima piattaforma di trivellazione, con un pozzo pilota situato a 800 metri di profondità per perforare fino a 2 chilometri all’interno del vulcano. “Entro il 2016 dovrebbe essere operativa la prima unità produttiva che sarà poi affiancata da altre tre piattaforme”, spiega al fattoquotidiano.it Diego Paltrinieri, geologo marino e direttore del progetto, che esclude anche eventuali rischi per l’ambiente marino. “A differenza delle piattaforme per l’estrazione di idrocarburi dove la materia estratta è del tutto estranea all’ambiente circostante, nel caso del Marsili si tratta di un sistema aperto, con acque in continua circolazione. Un’eventuale fuoriuscita non genererebbe impatti rilevanti perché già esiste un’interazione tra le acque calde in pressione e l’ambiente marino, dimostrata anche dalla presenza di diversi geyser sottomarini nell’area”.

“La geotermia offshore è una reale ed importante risorsa energetica tutta italiana, ci sono molti altri vulcani sottomarini da studiare nell’area del Tirreno meridionale” continua Paltrinieri. “Questo settore può contribuire in maniera determinante e in tempi relativamente brevi alla produzione di un’energia pulita, rinnovabile e non proveniente dall’estero, ponendosi anche come una valida alternativa all’energia nucleare.” Secondo le stime di Eurobuilding lo sfruttamento di tutte le caldaie sottomarine dei nostri mari potrebbe arrivare a coprire il 7-10% dei consumi totali di energia entro 30 anni, proiettando l’Italia all’avanguardia della ricerca geotermica mondiale e ridando linfa a un settore che potrebbe di fatto ridisegnare gli scenari della nostra politica energetica.

“Abbiamo nel sottosuolo enormi sorgenti inutilizzate, basta guardare tutta la zona della Toscana fino alla Campania e oltre. Sarebbe importante riuscire a sfruttare queste sorgenti di energia geotermica” dichiarava qualche settimana il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia invitando il governo a puntare di più su un settore in cui, in mancanza di investimenti e politiche di sviluppo adeguate, l’Italia rischia di perdere importanti opportunità economiche oltre che una tradizione di eccellenza.

La conferma che, a quasi un secolo dall’inaugurazione nel 1913 a Larderello della prima centrale del mondo, sul geotermico l’Italia abbia campato quasi solo di rendita arriva dall’ultimo rapporto delGestore Servizi Elettrici (GSE). Primo produttore in Europa e terzo al mondo, nonostante le decine di pozzi attivi individuati in diverse aree della penisola, il geotermico oggi è una realtà solo in Toscana mentre dal 1999 la produzione è cresciuta solo dello 0,1% attestandosi allo 1,8% del totale dell’energia prodotta. Invariato negli ultimi dieci anni anche il numero degli impianti attivi, fermo a 32, mentre nel 2009, scende al 7.6%, raggiungendo il minimo storico dal 1999, la quota di geotermico sul totale dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.

“La geotermia ha un grande potenziale di sviluppo e consentirà di raggiungere più facilmente l’obiettivo del 25% di energia prodotta da fonti pulite (…) Con l’aumento della produzione di energia derivante dall’utilizzo di risorse geotermiche, si contribuirà a ridurre la dipendenza energetica nazionale dall’estero e si concorrerà, inoltre, a contenere le emissioni di gas serra” si legge in un dossier diffuso il 5 aprile sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico. Dopo decenni di immobilismo forse finalmente se ne sono accorti anche loro.




''I documenti sulla trattativa, su B. e su Dell'Utri sono autentici''. di Marco Lillo



26 aprile 2011
. Eccolo qui l’altro “attentatore” alla Costituzione. Antonino Di Matteo – magistrato in prima linea contro la mafia, una vita blindata per le minacce dei boss – con il procuratore aggiunto Antonio Ingroia sta portando avanti le indagini più delicate dell’ultima stagione palermitana come quella sulla trattativa Stato-mafia che vede alla sbarra il generale Mario Mori, o come l’inchiesta sul presidente del Senato Renato Schifani. Insieme a Ingroia è stato accusato di ogni nefandezza negli ultimi giorni e ha accettato di parlare con Il Fatto “solo per ricordare alcuni fatti incontestabili, senza esprimere alcun convincimento personale che riserverò alle sedi opportune”.

Dottor Di Matteo, che effetto le fa essere additato sulle prime pagine dei giornali come un pericolo per la democrazia?
Quando abbiamo iniziato a indagare sulla trattativa tra pezzi delle istituzioni e la mafia eravamo perfettamente consapevoli che saremmo stati esposti a questa reazione. Non siamo sorpresi e continueremo ad andare avanti sui temi posti dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino e non solo: la prima fase della trattativa, coincidente con le stragi del 1992-93, ma anche la seconda fase, nel periodo successivo.

Massimo Ciancimino potrebbe avere mentito su tutto, come ha fatto accusando falsamente il capo dei servizi segreti Gianni De Gennaro?

Noi facciamo i magistrati e siamo abituati a valutare le dichiarazioni sulla base dei riscontri. Nel momento in cui abbiamo avuto la prova che una sua dichiarazione era falsa abbiamo reagito nella maniera più forte possibile, con il fermo per calunnia. Questo non ci fa dimenticare che parti importanti delle sue dichiarazioni sono riscontrate da altre dichiarazioni, da documenti e in qualche caso da intercettazioni. Continueremo a utilizzarle solo laddove ci siano riscontri.

Il falso di Massimo Ciancimino sul nome di De Gennaro non fa saltare anche l’autenticità del famoso ‘papello’ con le richieste di Cosa Nostra?
C’è tanta voglia di buttare anche il bambino con l’acqua sporca. C’è tanta voglia di considerare carta straccia tutto quello che, con grande fatica, è stato acquisito sulla trattativa Stato-mafia. Si dimentica che noi abbiamo sempre disposto accertamenti tecnici complessi che sono stati fatti con grande professionalità e impegno dalla Polizia scientifica. C’è una perizia dei funzionari della Polizia scientifica che hanno deposto nel processo Mori, nella quale è consacrato un dato: alcuni documenti portati da Massimo Ciancimino non sono manipolati e sono stati scritti da Vito Ciancimino di suo pugno.

Quali sono i documenti di Ciancimino che la polizia scientifica considera genuini?
Sono documenti come il cosiddetto “contropapello” (un testo manoscritto nel 1992 da don Vito per addolcire le pretese del papello di Riina, ndr) ma anche le annotazioni che fanno riferimento all’onorevole Silvio Berlusconi e a Marcello Dell’Utri e poi altri documenti in cui si afferma che il Generale Mori e il capitano De Donno avevano dichiarato il falso. La stessa Polizia scientifica che ha scoperto la manipolazione sul documento riguardante De Gennaro, si era espressa in termini altrettanto chiari sulla genuinità dei documenti forniti o sequestrati relativi alla trattativa o contenenti passaggi relativi al presidente Berlusconi e al senatore Dell’Utri.

Politici e giornali berlusconiani affermano che Massimo Ciancimino avrebbe trovato udienza presso la Procura di Palermo perché ha accettato di attaccare Berlusconi.
Io rispondo con i fatti. Massimo Ciancimino viene arrestato nell’ambito di un’altra indagine per riciclaggio nel 2006 e tra i documenti sequestrati c’è una parte di un foglio A4 scritto a penna nella quale si fa riferimento all’onorevole Berlusconi. Nelle intercettazioni effettuate prima dell’arresto ci sono le conversazioni con i familiari nelle quali si parlava di Berlusconi come un finanziatore. Ebbene, Massimo Ciancimino inizia a rispondere alle nostre domande solo nel 2008. Non lo fa spontaneamente ma solo dopo che noi lo chiamiamo a seguito di un’intervista a Panorama . E non parla mai di Berlusconi e Dell’Utri. Solo il 30 giugno del 2009, dopo che noi scopriamo nelle carte del processo contro Ciancimino del quale non ci eravamo occupati, il foglio A4 nel quale si faceva riferimento a Berlusconi e a un triste evento, in un interrogatorio condotto da me e da Antonio Ingroia contestiamo a Massimo Ciancimino quel foglio, che nessuno mai gli aveva contestato. E Ciancimino cosa fa? Prima mente, poi dice che non ne vuole parlare. La cronologia dei fatti dimostra la falsità delle ricostruzioni pubblicate in questi giorni.

Secondo Il Giornale di Berlusconi ci sono altri documenti falsi contenenti il nome di Berlusconi che, a differenza di quanto accaduto con De Gennaro, non sono stati contestati come calunnia da parte vostra a Masssimo Ciancimino.
Abbiamo vagliato con grande attenzione tutti i documenti e abbiamo chiesto il fermo per calunnia solo per quel documento perché avevamo le prove. Se non lo abbiamo fatto per altri documenti è perché questo non è avvenuto. Per la verità, proprio con riferimento a una congerie di documenti nei quali si faceva riferimento all’onorevole Berlusconi, abbiamo avuto l’attestazione della certa riconducibilità a Vito Cianci-mino.

Il centrodestra vi attacca duramente. Vi sentite tutelati dai vostri colleghi magistrati?
Siamo speranzosi e curiosi di vedere se e come prenderanno posizione la Giunta nazionale dell’Anm e il Csm.

Il comportamento di Ciancimino è anomalo: prima fabbrica un falso e poi lo fa scoprire. Voi lo arrestate e lui denuncia i candelotti di esplosivo nel giardino. Qual è il suo movente?
La situazione è estremamente complessa. Mi sorprende la volontà di troppi commentatori e di soggetti con incarichi istituzionali di liquidare tutto come se Ciancimino fosse solo un imbroglione che si mette l’esplosivo a casa.

Non pensa a una messa in scena?
C’è molta superficialità nel dare per certo che l’esplosivo se lo sia messo lui. Noi continuiamo a indagare e l’ipotesi della minaccia a me pare abbia almeno la stessa plausibilità dell’altra.


Marco Lillo (Il Fatto Quotidiano, 26 aprile 2011)

Discorso V Per vendetta (buonasera londra)



Stupendo monologo in linea con i tempi...


martedì 26 aprile 2011

Io sto con Ingroia. - di Beppe Giulietti



No, non ci sto, questo tiro al bersaglio contro il magistrato Antonio Ingroia è davvero disgustoso. Lo attaccano solo perchè ha osato difendere la Costituzione, perchè è stato un allievo di PaoloBorsellino, perchè nelle sue inchieste si è spinto troppo in là, non si è fermato in tempo.

I mazzieri del regime gli hanno già rifilato una bella dose di randellate mediatiche, Giuliano Ferrara ha già annunciato che chiederà le sue dimissioni in diretta tv, forse una troupe di un tg di famiglia lo seguirà, riprenderà il colore dei suoi calzini e lo indicherà come una persona disturbata, un mezzo matto che si è messo in testa di colpire i mafiosi e i loro amici, per informazioni rivolgetevi al giudice Mesiano.

“Poteva pure starsi zitto, non è opportuno…”, questi i sussurri e non solo sussurri dei cerchiobottisti di ogni colore, quelli che quando Berlusconi randella qualcuno riescono solo a dire: “Forse avrà esagerato nei toni, ma anche loro se la sono cercata…”

A tutti costoro vorrei ricordare che da settimane un imputato sta oltraggiando i suoi giudicia colpi di videocassette trasmesse a reti semiunificate, anzi non contento ha persino ordinato di confezionargli una legge per mettere i pubblici ministeri alle dipendenze del governo, per ridurne l’autonomia, per scardinare la Costituzione.
Ogni qual volta la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura, l’Associazione magistrati, i singoli magistrati hanno osato manifestare perplessità e critiche sono stati ricoperti da contumelie, da invettive, da inviti a tenere la bocca chiusa.

In queste ore il giudice Ingroia non ha potuto replicare ai suoi inquisitori, anzi a questo proposito vi proponiamo la lettera che ha spedito alla redazione di Articolo 21: Rivendico il diritto alla libertà di espressione di un magistrato: quando poi si tratta di riforme che riguardano la giustizia quel diritto diventa un dovere. Mancherei a questo dovere se tacessi. Mi piacerebbe che io, come altri miei colleghi messi nel mirino solo perché esprimiamo opinioni, potessimo avere un diritto di replica agli attacchi che spesso riceviamo da alcune reti televisive”

Questa lettera la gireremo alla Autorità di garanzia per la comunicazione, alla Commissione di Vigilanza, al Consiglio di amministrazione della Rai e da loro vorremmo sapere come intendano garantire il diritto al contraddittorio e alla replica anche ai giudici e più in generale a quanti sono e saranno più sottoposti al cosiddetto “metodo Boffo“, ad una sorta di pestaggio politico e mediatico teso a piegarne la resistenza, a imbavagliarli, a mettere in condizioni di non nuocere chiunque continui a pensare che lo stato non sia una delle tante aziende di proprietà del capo supremo.

Qualche tempo fa il ministro Maroni si stracciò le vesti perchè Roberto Saviano aveva parlato delle infiltrazioni mafiose in terra leghista, ipotesi per altro ormai condivisa dall’universo mondo e confermata dallo stesso governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. Per replicare ai pochi secondi di Saviano, Maroni ottenne ore di trasmissione.

Perchè Ingroia non ha potuto replicare? Perchè quelli che ulularono contro Saviano tacciono adesso? Perchè alcune anime candide della opposizione storcono il naso e si girano dall’altra parte? Il diritto negato a Ingroia e a tutti i magistrati italiani riguarderà presto tutti quelli che contrasteranno davvero il disegno di colpire a morte il cuore della Costituzione? Il cavaliere non farà distinzioni e non farà prigionieri, questa volta giocherà davvero la partita della vita.

L’Ocse, l’organizzazione internazionale che si occupa anche della libertà dei media, ci ha fatto sapere di nutrire forti preoccupazioni per le troppe intimidazioni e minacce contro alcuni giornalisti italiani, tra di loro vengono indicati quasi tutti quelli che Berlusconi e Masi vorrebbero eliminare, cancellando quel poco che ancora resta del pluralismo politico ed editoriale nel polo Raiset. Dal momento che l’Ocse non è certo una organizzazione antiberlusconiana sarà davvero il caso di prendere sul serio le loro preoccupazioni e di non lasciare mai solo chi fa sentire la sua voce a protezione e a presidio della legalità repubblicana.

Per questo oggi siamo con Ingroia, e domani con chiunque altro sarà minacciato e colpito con i manganelli mediatici, sia esso un giudice che ama la legalità o un precario che non vuole rassegnarsi alla distruzione della scuola pubblica.



Napoli: aumenta la tassa smaltimento rifiuti.


A Napoli, la tassa sullo smaltimento dei rifiuti urbani, da quando è gestita dalla Provincia, è stataaumentata per ben tre volte.

La tassa si paga per avere un servizio: raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, oltre che di spazzamento delle strade pubbliche. L'Ente non può incassare più di quanto spende per il servizio di raccolta e smaltimento. Ma se non si effettua la raccolta e, ancor più grave, non si procede allo smaltimento dei rifiuti come legge impone? Se lo smaltimento dei rifiuti, come audizioni parlamentari, intercettazioni telefoniche, indagini e processi hanno ampliamene dimostrato, non è stato mai svolto, per diciassette anni, come legge imponeva, i campani, per cosa hanno pagato?

Decreto Legislativo del 15 novembre 1993, n. 507: il mancato svolgimento del servizio rifiuti e quindi determinando una situazione sanitaria di danno o pericolo alle persone o all'ambiente, autorizza, il contribuente, per mezzo domanda scritta a richiedere uno sgravio o restituzione, della tassa.

La Provincia così spiega l'ennesimo aumento della tassa: il governo, dopo aver promesso di togliere la monnezza, non ha stanziato i fondi per i cosiddetti «ristori ambientali», vale a dire la riqualificazione ambientale delle zone che ospitano discariche e impianti per i rifiuti. Rispetto al 2009, i napoletani pagheranno il 70% in più. Una voce «aggiuntiva» quella del costo dei «ristori» che ricadrà sui cittadini; 150 milioni di euro. Napoli, presidente di provincia, Luigi Cesaro, fondatore della Sapna, la società che ha acquisito il compito di gestire l'intera filiera dei rifiuti nella provincia partenopea. Conflitto di interesse. Chi controlla la tariffa della tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani? Violazione delle norme europee, violazione dei diritti umani, violazione della Costituzione e del codice penale e civile. La Campania è totalmente amministrata nella violazione. L'illecito si è impossessato delle istituzioni campane; le procure, insidiano, nei cittadini, dubbi legittimi sul loro onesto operato. La domanda: mancano le leggi a permettere alle procure di intervenire, o nelle procure non tutto viene fatto secondo leggi? L'Unione Europea finge di assecondare i preziosi contribuiti dei cittadini campani, finge di sposarne le lotte, le battaglie. Finge, perchè poi lascia al governo italiano di continuare nell'illecito.

Nel frattempo, il ministro dell'Ambiente sigla un protocollo d'intesa assieme alla Confindustria per avviare ilSistri: il programma per la tracciabilità dei rifiuti. L'accordo tra il Ministero e i rappresentanti dell'industria chiude il periodo di contrattazione e apre al monitoraggio del funzionamento del sistema da parte di un Comitato consultivo che non risulterà in oneri ulteriori per la pubblica amministrazione. Chi fa parte di questo comitato consultivo? Il Sistri insomma nasce sotto una cattiva stella. Chiedere ai cittadini italiani di avere fiducia in chi inquina, come le industrie di Confindustria, rende il Sistri, una misura vana, uno specchietto per le allodole.

In particolare, il SISTRI sarà interconnesso telematicamente con l’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che fornirà, attraverso il Catasto Telematico, i dati sulla produzione e la gestione di rifiuti alle Agenzie Regionali e Provinciali di Protezione dell’Ambiente, che a loro volta provvederanno a fornire i medesimi dati alle competenti Province. Nel caso di Napoli, i dati finiranno in mano a Luigi Cesaro?

Per garantire la tracciabilità dei rifiuti speciali, anche per quanto riguarda il trasporto marittimo e ferroviario, il SISTRI sarà interconnesso con i sistemi informativi della Guardia Costiera e delle Imprese ferroviarie. Inoltre, al fine di ottimizzare la gestione integrata dei rifiuti urbani della Regione Campania, l’art. 2, comma 2 bis, del decreto legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito nella legge 30 dicembre 2008, n. 210, ha previsto la realizzazione del sistema di tracciabilità di tale tipologia di rifiuti, denominato SITRA, meriterebbe un approfondimento a parte. Il Sistri non contribuirà affatto ad eliminare la piaga delle ecomafie. Non serviva il Sistri per conoscere chi produce inquinanti e quindi chi non smaltisce secondo le norme. Il Sistri non aiuterà ad inchiodare i responsabili delle migliaia di discariche mal gestite in Italia, il Sistri non farà pulizia dei parassiti e non darà giustizia ai cittadini. Naturalmente anche questo ricadrà nelle tasche e sulla salute dei cittadini. Nell'attesa dell'inutile Sistri, i rifiuti campani volano verso la Toscana. 'Il conferimento dei rifiuti campani nelle due discariche toscane è controllato, monitorato e garantito nei minimi dettagli e in ogni fase. Non esistono quindi estremi per mettere in dubbio la sicurezza di questa operazione svolta nel rispetto di tutte le norme''. Tiene a precisarlo l'assessore regionale all'ambiente della Toscana, Anna Rita Bramerini, rispondendo a quanto sostenuto in una lettera al presidente della Regione, Enrico Rossi, e a lei stessa da Renzo Macelloni, presidente della Belvedere Spa, la discarica di Legoli che potrebbe accogliere in tutto 4500 tonnellate di rifiuti campani. Anche qui la domanda nasce spontanea: se i rifiuti campani non seguono nessuna differenziazione, come fanno ad arrivare monitorati in Toscana e altrove?

Il governo nazionale non deve avere l'autorità esclusiva ed assoluta nel prendere decisioni che coinvolgono i cittadini. Il governo nazionale non può avere tra i ministri e funzionari di ministro, soggetti coinvolti direttamente in aziende o società collegati ad un servizio pubblico. Le segreterie di partito non possono avere come massimi referenti regionali soggetti accusati, a vario titolo, di appartenenza con la criminalità organizzata. Il governo nazionale non può permettere ad un suo referente istituzionale di fondare società private e quindi di gestire servizi pubblici con i soldi dei contribuenti. Il governo nazionale non può venir meno ad un suo specifico compito: arginare il fenomeno della corruzione e dell'illecito mediante leggi specifiche ed urgenti. Il ministero dell'ambiente e quello dell'economia non possono siglare accordi che prevedano cospicui stanziamenti pubblici a favore di soggetti privati ma ben noti nei loro corridoi e chiamati ad assolvere compiti pubblici, abusando di poteri e poltrone. Il governo viene da noi inteso come maggioranza ed opposizione. Una Nazione cresce e si sviluppa se guidata da una classe politica onesta e laboriosa. Fin quando vivrà nel seno del governo il conflitto di interesse, ogni buon proposito morirà ancor prima di vedere luce. Non occorrono invenzioni futuristiche, occorre venga rafforzata la legge, imposta ed attuata. Inoltre, più importante, le discariche usate dagli enti locali come buche per smaltire i propri rifiuti non possono essere di proprietà privata e non possono essere aree militarizzate, così gli inceneritori e i depuratori. Se il governo italiano pretende dagli italiani il pagamento di tasse preposte all'attuazione di servizi pubblici, aree e aziende, devono essere pubbliche e non private. Viene a mancare la trasparenza.

http://www.agoravox.it/Napoli-aumenta-la-tassa.html

Cernobyl, a 25 anni dal disastro nucleare.



MOSCA - Dalla sicurezza all'informazione, dagli studi medici ad un sarcofago ancora da ultimare dopo 25 anni: il disastro nucleare di Cernobyl sembra una lezione mancata dopo un quarto di secolo, e non solo per il recente bis a Fukushima. Oggi a Kiev si tenterà l'ennesimo bilancio con una maxi conferenza, dopo la messa-lampo del patriarca di Mosca Kirill e la rapida visita alla centrale dei presidenti di Ucraina e Russia, i due paesi più colpiti dalla nube radioattiva (insieme alla Bielorussia). Qualche leader ha già tentato di trarre un insegnamento per il futuro.

Il leader del Cremlino Dmitri Medvedev, erede di quell'Urss che nascose il disastro per tre giorni, si è detto convinto che "la principale lezione" è "dire la verità alla gente, perché il mondo è talmente fragile, e noi siamo talmente interdipendenti, che ogni tentativo di nascondere la verità, di non dire tutto...si risolve in tragedia". E ha condannato la condotta 'irresponsabile dello Stato'' sovietico, "che non trovò subito il coraggio di riconoscere quello che era successo", ha ammonito mentre consegnava al Cremlino l'ordine del coraggio ad alcuni "liquidatori".

In quattro anni l'Urss ne mandò oltre 600 mila per liquidare le conseguenze del disastro, esponendoli a forti dosi di radiazioni con una protezione minima. Lo ha confermato anche alla stampa il gen. Nikolai Antoshkin, comandante dei piloti di elicotteri inviati a gettare tonnellate di sabbia e piombo sopra il reattore numero 4, esploso per un errore umano durante un test di sicurezza, sprigionando elementi radioattivi di una intensità equivalente ad almeno 200 bombe di Hiroshima e dispersisi in un'area di oltre 200 mila kmq. Ricevevano pillole di iodio, una pomata antiradiazioni e una nuova uniforme dopo ogni missione, al termine della quale dovevano lavarsi. Sapevamo che si trattava di precauzioni insufficienti, ma volarono lo stesso. Idem per i 'liquidatori' mandati nel reattore con protezioni minime: ci stavano tra 25 e 60 secondi, ma spesso quei secondi erano letali.

In Russia ne sono rimasti 150 mila ed hanno pensioni mensili dai 2500 rubli (62 euro) a 500 mila rubli (12.500 euro), a secondo del tempo di esposizione. Sono gli eroi sopravvissuti di una tragedia che tutti pensavano non potesse ripetersi. Tantomeno in Giappone. Eppure, dopo 25 anni, la lezione sembra tutta da imparare. Cernobyl fu frutto di un errore umano in una centrale senza adeguati sistemi di sicurezza. Ma l'ultimo dei suoi quattro reattori è stato chiuso definitivamente solo nel dicembre 2000. Nel frattempo le dieci centrali atomiche russe continuano a funzionare con una trentina di reattori in gran parte dell'epoca sovietica, il più vecchio dei quali risale al 1971. Il reattore di Cernobyl fu coperto in sei mesi con un involucro provvisorio di cemento, rinforzato alcuni anni fa, ma ora ha una fessurazione ed è costantemente monitorato per il rischio di crolli. E' rimasto provvisorio per 25 anni, e dovrà attenderne altri quattro prima di essere ricoperto da un nuovo sarcofago in acciaio per il quale la comunità mondiale non ha ancora coperto il budget di 1,5 mld di euro. Un'altra lezione mancata è quella medico-scientifica sulle vittime e gli effetti di Cernobyl.

A 25 anni dalla catastrofe, il bilancio suscita ancora controversie. Le autorità ucraine stimano che un totale di 5 milioni di persone abbia sofferto le conseguenze della tragedia. Per Greenpeace il numero varierebbe da 100 mila a 400 mila. Nel 2005 alcune agenzie dell'Onu (tra cui l'Oms) hanno indicato che sono morte 4000 persone. Ma l'Unscear, la commissione scientifica dell'Onu per gli effetti delle radiazioni nucleari, riconosce solo 31 vittime dirette dell'incidente, tra operatori e pompieri. E nel suo rapporto dello scorso febbraio fissa a 6000 i casi di cancro alla tiroide (di cui 15 mortali), riconoscendolo come unica conseguenza diretta del disastro. Ma il problema è che è mancato lo screening sanitario. "Studi indipendenti condotti in Ucraina, Russia, Bielorussia e in altri Paesi dimostrano che le conseguenze all'esposizione anche a un basso livello di radiazioni sono molto più allarmanti di quello che la comunità internazionale vuole accettare", sostiene Aleksander Glushcenko, un fisico nucleare autore di tre libri su Cernobyl.



Vertice Italia-Francia, Sarkozy: “Creare gruppi europei, sì a Draghi alla Bce”.

Convergenza anche sugli altri temi. Berlusconi cede sulla modifica di Schengen e il presidente francese si dice soddisfatto della scelta italiana d'intervento in Libia. Pronta una lettera per i vertici Ue: necessario un maggiore coinvolgimento

“Un incontro molto positivo”. Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha definito il vertice intergovernativo a Villa Madama con il presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, appena concluso. La convergenza dei due leader sui tanti temi affrontati sarebbe stata totale, secondo quanto dichiarato dal premier italiano nella conferenza stampa a margine. Durante il suo intervento, il premier italiano ha anche accennato alla recente decisione del governo di frenare sull’energia nucleare, nonostante “siamo assolutamente convinti che sia il futuro per tutto il mondo”, ha detto. Berlusconi ha così spiegato il motivo della moratoria governativa: il timore dell’opinione pubblica dopo il disastro di Fukushima avrebbe reso il nucleare “impossibile per anni”. Meglio aspettare “uno o due anni perché si tranquillizzino”, ha concluso. “Tra Italia e Francia ci sono delle tensioni, – ha dichiarato Sarkozy sul merito dell’incontro – non ha importanza sapere di chi è la colpa, ma non hanno motivo di esistere”. Nemmeno sulla gestione dell’immigrazione e sulla questione libica, quindi. Proprio su quest’ultimo punto, il presidente francese ha sottolineato di aver accolto positivamente la decisione italiana di un maggiore coinvolgimento militare. Non si tratterà di bombardamenti, ha chiarito ancora una volta Berlusconi, ma di “inteventi con razzi di estrema precisione su singoli obiettivi militari, dove si possa eslcudere con certezza la possibilità di danni alla popolazione civile”. Un passaggio dell’incontro è stato dedicato anche alla Siria, nuovo fronte caldo di proteste anti-regime. “Siamo molto preoccupati per gli sviluppi e le numerose vittime. – ha dichiarato Berlusconi – Facciamo un appello forte alle autorità di Damasco affinché diano un seguito concreto e immediato alle riforme annunciate”.

Il coinvolgimento in Libia. Durante il vertice, Berlusconi e Sarkozy hanno discusso al telefono con il leader del Comitato nazionale transitorio di Bengasi, Mustafa Jalil, per fare il punto della situazione. Entrambi i leader hanno ribadito ancora una volta la necessità di un appoggio internazionale al Cnt e di un passo indietro di Muammar Gheddafi. Jalil ha ringraziato l’Italia per la decisione di utilizzare i propri veivoli in azioni militari in Libia. Scelta del tutto condivisa anche dal presidente francese che, sin dai primi momenti delle operazioni, aveva richiesto un maggiore coinvolgimento. Una decisione difficile, ha dichiarato Berlusconi, “per il passato coloniale e per i trattati di amicizia siglati con il popolo libico, ma riteniamo che del nostro intervento ci sia bisogno”. Anche perché, ha specificato il premier italiano, era stato richiesto dalla Nato e dagli Stati Uniti. Nessun problema con i vertici della Lega, secondo Berlusconi, nonostante il Carroccio si sia opposto con fermezza. “Ci siamo già sentiti – ha spiegato il premier – e li richiamerò anche tra poco per spiegare la questione”. Ma il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, insiste: “La Lega Nord è contraria alla guerra. Questa è la posizione che porteremo con Umberto Bossi al prossimo Consiglio dei Ministri”. “Calderoli si basa su informazioni complete” è la risposta del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che domani riferirà insieme al ministro degli Esteri,Franco Frattini, davanti alle commissioni riunite Esteri-Difesa di Camera e Senato.

Dichiarazione congiunta sul tema immigrazione. I due leader hanno firmato una dichiarazione congiunta su Libia e Nord Africa, con la richiesta alla Ue di una maggiore cooperazione – anche sul piano degli investimenti – con i paesi della sponda sud del Mediterraneo. Durante il vertice, inoltre, è stata decisa la nomina di due stretti collaboratori di Berlusconi e Sarkozy, che si occuperanno di “affrontare il tema immigrazione, sviluppando i trattati già esistenti”, ha spiegato il premier italiano. Che ha voluto anche porre fine alle polemiche di questi giorni con la Francia a proposito dei permessi temporanei ai migranti tunisini. “Non hanno diritto all’asilo, è un’immigrazione economica, non dovuta a nessuna guerra”, specificava l’Eliseo. Oggi, Berlusconi ha dato pubblicamente ragione al collega francese, riconoscendo lo sforzo della Francia “superiore cinque volte a quello italiano”. “Nessuna accusa quindi”, ha chiarito. Insieme alla dichiarazione congiunta, i due leader hanno firmato una lettera, indirizzata al presidente dell’Unione europea, Herman Van Rompuy, e al presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, con alcune proposte di modifica provvisoria del trattato di Schengen, in situazioni eccezionali, e la richiesta di potenziamento dell’agenzia Frontex, il sistema di pattugliamento europeo delle frontiere esterne. “E’ necessaria la solidarietà di tutti i Paesi della Ue”, ha concluso Berlusconi.

Lactalis-Parmalat, sì a gruppi italo-francesi. “Crediamo nel futuro dei gruppi europei, l’abbiamo sempre detto”, ha spiegato il presidente francese riguardo al capitolo economico dell’incontro. Che, proprio stamattina, ha visto scendere in campo il gruppo d’oltralpe Lactalis con l’opa lanciata per l’acquisto del gruppo italiano Parmalat. Una proposta “non ostile”, ha spiegato Berlusconi, che pure ha ammesso quanto sia singolare che l’iniziativa sia arrivata proprio questa mattina, data dell’appuntamento tra i due Paesi. La strada che Italia e Francia intendono percorrere, nel caso Lactalis-Parmalat e più in generale, è quella di una co-partecipazione. Per raggiungerla, secondo Sarkozy, è naturale “un periodo di tensione, per mettersi d’accordo”. “Voi avete le piccole e medie imprese, noi i grandi gruppi. – ha continuato il presidente – Non c’è bisogno di farci la guerra”. Massima disponibilità da parte della Francia, invece, ad appoggiare la candidatura di Mario Draghi alla presidenza della Banca centrale europea. Il presidente Sarkozy si è detto “molto felice” di sostenere la figura di Draghi, “perché è una persona di grande qualità, e in più é italiano”.