Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 2 giugno 2011
Berlusconi ''rimprovera'' la scrutatrice.
Berlusconi: “In parlamento ci occuperemo di Annozero”. Poi nomina Alfano segretario. -
Restano coordinatori La Russa, Verdini e Bondi. All'attuale ministro della Giustizia va invece la guida politica. Mentre si attendono le sue dimissioni, per la successione sono pronti in quattro: Lupi, Cicchitto, Vito e Longo. Intanto il premier attacca "la tenaglia dei media" e sul referendum dice: "Lasceremo libertà di voto"
Il premier parla a tutto campo: dalla leadership nel 2013 (“Ancora non sappiamo chi sarà il candidato premier”), alla riforma della giustizia (“Rimane assolutamente in campo”) fino alle indicazioni di voto per il referendum del 12 e 13 giugno: “Lasceremo libertà di voto”, ha spiegato Berlusconi senza specificare a quale dei quattro quesiti si riferisse. Sul referendum si è verificato anche un piccolo incidente con uno dei portavoce del Popolo Viola, Gianfranco Mascia: “Lo sa che i referendum la spazzeranno via? Berlusconi, si farà processare?”, ha chiesto Mascia prima di essere portato via a forza dalla sicurezza.
Il nome di Angelino Alfano è stato votato all’unanimità dall’ufficio di presidenza del Pdlconfermando la volontà del premier di rinnovare il partito per “tornare più forte di prima (Leggi l’articolo). E’ stato lo stesso Silvio Berlusconi a leggere al termine della riunione un dispositivo in cui viene introdotta la carica che sarà ricoperta dall’attuale ministro della Giustizia. Ora toccherà al Consiglio nazionale, in previsione per giugno, modificare lo statuto del partito che al momento non prevede la figura del “segretario nazionale”. ”Mi dimetterò da ministro della Giustizia non appena il consiglio nazionale mi immetterà nell’esercizio della funzione e non prima del decreto sul codice antimafia e di quello sulla semplificazione dei riti dei processi civili”, ha precisato Alfano nel corso della conferenza stampa con il presidente del Consiglio.
Ma chi è destinato a prendere il posto di Guardasigilli? “Abbiamo valutato varie personalità, ma non è il momento di fare nomi”, ha detto il premier. In realtà i nomi che circolano sono quattro: il ciellino Maurizio Lupi, attuale vice presidente della Camera che incontrerebbe però le resistenze della Lega; il fedelissimo capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, iscritto nel 1980 alla loggia massonica P2 con la tessera 2232; il senatore Piero Longo, avvocato difensore del Cavaliere insieme a Niccolò Ghedini; infine il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito che lascerebbe il suo dicastero a Claudio Scajola, ex ministro dimissionario allo Sviluppo economico.
A fianco di Alfano, gli attuali coordinatori del Pdl: Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi. Che manterranno le loro cariche, nonostante quest’ultimo avesse presentato le sue dimissioni subito dopo la disfatta del centrodestra ai ballottaggi. Il segretario Alfano sarà “l’unica guida politica” del partito, mentre i tre coordinatori avranno competenze settoriali. La Russa si occuperà di propaganda, Verdini di organizzazione e Bondi di filosofia dei valori. Il potere e le deleghe dei tre saranno trasferiti al segretario, che poi procederà all’assegnazione dei rispettivi settori di competenza. Un annuncio previsto proprio durante la riunione di oggi, dopo le indiscrezioni che si sono susseguite tra ieri e stamattina.
Critica la posizione di Alessandra Mussolini: ”Alfano? Penso che così litigheranno in quattro – ha detto la deputata intervenendo a La Zanzara su Radio24 – Serviva un atto di coraggio per cambiare veramente. Così ne sposti uno e ne scontenti cento. O si faceva un unico coordinatore oppure così è una babele. La batosta presa non ci ha insegnato niente, resta tutto così com’è. O dai anche all’elettore un’idea di meritocrazia oppure…“ Commentando il nuovo organigramma del Pdl, la nipote del Duce ha aggiunto: “Berlusconi non è finito ma ci vuole un cambiamento. Bondi, poverino, non citiamolo perché si dimette. La Russa invece si occuperà del ministero della Difesa: meno risate finte in tv e si occupasse di più delle questioni militari che in questi giorni purtroppo sono attuali”. Fini? “Fini – continua la nipote del Duce – è una persona allucinante: poteva stare nel Pdl senza tanto casino e oggi avrebbe avuto le sue soddisfazioni, invece è andato a fare la spalla muta di Casini”.
mercoledì 1 giugno 2011
Calcio scommesse, 16 arresti tra cui Signori Indagati Bettarini e Cristiano Doni.
L'inchiesta partita da una denuncia della Cremonese. Gli inquirenti hanno scoperto l'esistenza di una "organizzazione criminale" che tentava, corrompendo i giocatori, di falsare le partite e scommettere sul risultato finale senza rischi. Così facendo, secondo il Gip Guido Salvini, sono stati influenzati i campionati di serie B e Lega Pro. L'Atalanta rischia di vedersi cancellare la promozione in A
L’ordinanza del Gip, Guido Salvini, ricostruisce l’indagine che ha portato stamani all’arresto di 16 persone, tra cui l’ex capitano della Lazio e attaccante della nazionale, Beppe Signori, e a iscrivere nel registro degli indagati 44 persone per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva. Tra questi anche Stefano Bettarini e Cristiano Doni, storico capitano-bandiera dell’Atalanta. La squadra bergamasca rischia di vedersi cancellare la promozione in A appena conquistata. Doni, infatti, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, è l’uomo di riferimento dell’associazione per falsare le partite dell’Atalanta. In particolare gli incontri con Ascoli, Padova e Piacenza.
Alcune delle persone coinvolte nell’inchiesta “indicavano nel capitano dell’Atalanta Cristiano Doni uno dei calciatori che avevano realizzato la combine unitamente al difensore del PiacenzaGervasoni Carlo”, scrive il Gip per la partita Atalanta-Piacenza del 19 marzo scorso che finì 3-0, risultato che era “l’obiettivo dell’organizzazione” che aveva scommesso sul match. Il gip segnala inoltre la “seconda rete di Cristiano Doni su calcio di rigore assegnato per un fallo di Gervasoni”, il difensore del Piacenza. Sulla partita scommise anche Stefano Bettarini, soprannominato “il bello”. In un sms intercettato l’ordine: “Fai 1852 al Bello (Bettarini Stefano) 1 Atalanta i soldi li ha Angelo lui è in attivo”. L’incontro di calcio Atalanta-Piacenza, prosegue il gip, “veniva pianificato in Bologna e precisamente in via Bassi 7, presso lo studio Professionisti Associati”. Su quella partita Beppe Signori “ha investito 60.000 euro”.
Il sistema era piuttosto semplice ma ben organizzato. Una sorta di società in cui la testa, composta da Signori e controllava due settori separati: uno dedicato a corrompere i giocatori, l’altro a gestire le scommesse. E, “quasi un sodalizio nel sodalizio”, ci sono “più gruppi di scommettitori” che ne “costituiscono un punto di riferimento stabile”. Gruppi “omogenei” che “anticipano quasi sempre il denaro necessario per pagare i giocatori corrotti”. Cosi facendo l’organizzazione riusciva a “manipolare contemporaneamente anche cinque partite” anche grazie a un “tariffario di massima per la compera” degli incontri. Secondo quanto scrive il Gip nell’ordinanza, il giro d’affari e l’attività dell’associazione, crea “un terreno fertile per l’insinuazione di elementi di una criminalità organizzata ai più alti livelli”. Nella misura di custodia cautelare, infatti, si segnala “la presenza tra gli investitori e scommettitori di alcuni gruppi dai contorni incerti, quale quello degli zingari”, a capo del quale c’era Almir Gegic detto “lo zingaro”, slovacco arrestato nell’operazione. Inoltre era presente anche un gruppo albanese. Il gip spiega che “sono investiti da questi gruppi per ogni partita truccata capitali dell’ordine delle centinaia di migliaia di euro” di cui non è nota la “provenienza”, dunque non si possono “escludere fatti di riciclaggio”.
Lungo il viale del tramonto. - di Arturo Meli
Questa volta è una disfatta. Non ci sono sotterfugi, divagazioni, manipolazioni mediatiche che possano nascondere la realtà. Il berlusconismo crolla. Lo investe un moto di rigetto, da Milano a Napoli, che segna il tramonto di un’era politica. Il volto del Paese è cambiato. Tuttavia, il premier tenta di rimpicciolire il risultato. Non può negare la sconfitta, ma scarica su altri le responsabilità Nega che sia stato investito da questo esito disastroso il suo modo di governare. Attribuisce l’insuccesso a fattori locali, alle modeste qualità dei candidati messi in campo. Può essere comprensibile il tentativo di allontanare le realtà spiacevoli. Ma tutto ciò diventa patetico quando in questa umana debolezza cade un capo di governo, un leader. L’incapacità di dire la verità anche a se stesso è impressionante. Berlusconi sembra vivere in un mondo a parte. Si racconta la sua favola. Ma ormai ha raschiato anche il fondo del barile.
La vittoria del centrosinistra può avere molti padri, e già si vede la corsa a chi riesce a intestarsela per primo. Ma la sconfitta del centrodestra ha già un’accertata paternità, quella del Cavaliere. E’ difficile da spiegare come, in appena due anni, sia riuscito a dilapidare il patrimonio che aveva accumulato nelle ultime elezioni politiche. Certo, ci sono tutte le promesse non mantenute, c’è la crisi economica. Ma il discorso va oltre. Le ragioni vanno ricercate all’interno del berlusconismo, negli intrecci privati e personali inconfessabili, nella volgarità e rozzezza degli ultimi comportamenti, nel disprezzo sistematico delle regole e degli istituti di garanzia, nel discredito di cui soffre il Paese anche sullo scenario internazionale. Né si può trascurare l’indignazione suscitata sul terreno dell’etica privata e pubblica. C’è, in questo risultato elettorale, anche il caso Ruby, con le feste indecenti di Arcore, i misteriosi bonifici, i favori accordati alle compiacenti olgettine. Il risentimento popolare è diventato ribellione politica. Anche tra chi vota abitualmente centrodestra sono sorti i dubbi, e si è manifestato il rifiuto al momento di andare alle urne. L’inganno si è rivelato. Il rapporto seduttivo si è incrinato. E, con il crollo della fiducia in Berlusconi, è crollato anche Bossi. La sconfitta non è solo a Milano. Investe tutto il Nord, la fortezza del centrodestra, il suo serbatoio di voti.
Berlusconi e Bossi. Due debolezze che dovrebbero risollevarsi insieme. Ma è impresa assai difficile. Al principio, è naturale, prevale la prudenza. Almeno ufficialmente, il Cavaliere e il senatur non si scoprono. Ma per la Lega c’è l’esigenza primaria di ricostruire un rapporto con la base, di recuperare l’identità perduta. E, lungo questa strada, il rischio di entrare in rotta di collisione con il premier è reale. C’è chi prevede che il Caroccio chiederà la nomina di un vicepremier, il superministro dell’Economia Tremonti, mettendolo in rampa di lancio per il “dopo”. Ma Berlusconi è ancora convinto di avere lui il coltello dalla parte del manico. Certamente si muoverà. Però, con qualche trucco pirotecnico, ben difficilmente accettando di porre concretamente sul tavolo il tema della sua successione. Si parla nel Pdl di usare le primarie per scegliere i candidati. Ma dovrebbe valere anche per il candidato premier? E’ impensabile questo metodo per un partito a struttura cesarista, legato al destino di uno solo, condannato alla mancanza di ogni dibattito interno. Tuttavia, nemmeno il Pdl è il partito di un tempo. Con la crisi, si sono messe in moto correnti strutturate e agguerrite in lotta tra loro, si agitano pezzi di oligarchia che cercano di salvare almeno una parte del patrimonio. Anche tra i berluscones si è incrinato il mito del Cavaliere invincibile. E, del resto, anche sulla Lega soffia un insidioso venticello. Oggi, il Carroccio assomiglia sempre meno alla monarchia assoluta di un tempo..
Tracciare uno scenario ben definito è al momento prematuro. Ci sono i referendum di metà giugno. C’è, subito dopo, il 19 giugno, il pratone di Pontida e, a seguire, la verifica in Parlamento sulla maggioranza “allargata” e i nuovi sottosegretari imbarcati al governo. C’è, inequivocabile, la crisi economica, e si parla di mettere mano a una manovra di quaranta miliardi di euro. Come può il premier limitarsi al piccolo cabotaggio, chiuso nel suo bunker? Il berlusconismo sta finendo. Una nuova strada è possibile. Bisogna guardarsi, però, dalle insidie del suo arroccamento finale. Dagli ultimi frutti avvelenati di un carisma autoritario al tramonto.
http://www.libertaegiustizia.it/2011/05/31/sul-viale-del-tramonto/
“Nessuna mediazione sui principi”. di Massimo Vanni
«È una bella giornata per presentare questo libro», premette la presidente di Libertà e Giustizia Sandra Bonsanti. E le vittorie di Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli diventano al cinema Odeon la scenografia per un secondo dialogo – dopo quello raccolto nel libro edito da Laterza «La felicità della democrazia» – tra il presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky e il direttore di Repubblica Ezio Mauro. «Questi giorni segnano la fine di una degenerazione della democrazia, sta a noi controllare che non si torni indietro», rileva Zagrebelsky. «Il pericolo più grave non è che qualcuno metta in discussione la democrazia ma che attacchi la sua sostanza», risponde Mauro.
È un secondo dialogo incalzato dallo storico Paul Ginsborg, oltreché dalla giornalista Bonsanti. E nonostante la complessità della materia tantissimi “cercatori di felicità” sono arrivati all´Odeon ieri pomeriggio: platea piena (330 posti), alcune decine nel loggione. Con in prima fila il presidente della giunta regionale Enrico Rossi.
A Ginsborg piace quando il dialogo, nel libro, «diventa dibattito». Soprattutto all´inizio: «Mauro si dice sicuro nella nostra democrazia, dice che nessuno oggi, qui, nel mezzo dell´Europa attenterebbe alla democrazia. Zagrebelsky fa notare che una volta si misuravano i progressi della democrazia, oggi invece si misurano i regressi», annota lo storico. Anche lui, Ginsborg, ha scritto sullo stesso tema («La democrazia che non c´è», pubblicato da Einaudi) e immagina una democrazia quotidiana, che riconquista uno spazio alla politica, oggi protesa invece a consumare tutto dentro il palazzo.
Zagrebelsky non gradisce la parola “berlusconismo”: «Questi anni non sono il prodotto di una idea politica tanto da arrivare ad un “ismo”». E a Bonsanti che chiede del populismo, il presidente emerito replica: «Abbiamo avuto una vicenda degenerativa abbastanza normale». Sulla degenerazione però nessun dubbio: «Basta pensare alla legge elettorale, con la quale chi sta in basso conferma le scelte dall´alto». E invece «nessuna mediazione è possibile sui principi» di fondo della democrazia, dice Zagrebelsky. Citando pure Gianfranco Miglio e la sua teoria del ciclo democratico («50-60 anni, tre generazioni»).
Mentre per il direttore di Repubblica «il populismo può essere una tentazione per tutta l´Europa: non è solo un problema italiano, è un impasto di forte tradizione e novità pericoloso perché seducente in un momento di disorientamento delle persone». E´ però il populismo, annota il direttore Mauro, di una «destra al cubo, una destra reale, alla quale si contrappone una sinistra che non sa bene neppure cos´è».
Leggi l’intervista a Zagrebelsky.
http://www.libertaegiustizia.it/2011/06/01/nessuna-mediazione-sui-principi/
Mai più alle urne con questa legge.
“Mai più alle urne con questa legge”, l’appello di Libertà e Giustizia lanciato a giugno scorso, ha raccolto il sostegno di molti intellettuali e l’adesione convinta di numerosi cittadini. Ora però serve una grande mobilitazione.
Libertà e Giustizia e Valigia Blu rilanciano l’idea di un’alleanza della società civile, singoli cittadini e movimenti organizzati, pronti a farsi promotori di una campagna di sensibilizzazione attraverso il web, gli organi di informazione, le piazze.
Un impegno diretto, per sostenere la raccolta firme e organizzarsi in comitati, sull’esperienza positiva del referendum costituzionale 2006.
Il tema del resto, come si ricorderà, è stato al centro di discussioni che hanno visto la denuncia di Ilvo Diamanti, la proposta di Massimo Salvadori su La Repubblicae l’appello di 42 politici e studiosi pubblicato sul Corriere della Sera.
Ridateci la nostra democrazia è il fulcro dell’iniziativa. Ridateci la sovranità che ci appartiene, perché vogliamo riprenderci il diritto di scegliere chi ci rappresenta in Parlamento. Un diritto che è stato cancellato dalla legge Porcellum e che priva il popolo elettore del più elementare e insostituibile potere di contare nelle decisioni della politica.
Contro questa legge elettorale possiamo già contare sul sostegno di alcuni politici di diverse appartenenze. L’invito è ora rivolto a tutte le segreterie di partito e a tutti i parlamentari che al di là dello schieramento intendano darsi da fare per restituire ai cittadini il diritto di avere un Parlamento di eletti e non di nominati, e cancellare un premio di maggioranza così abnorme da forzare il quadro politico, come avviene oggi in Italia, caso unico nel panorama europeo.
Per rilanciare la nostra iniziativa abbiamo scritto un appello al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che vi invitiamo a sottoscrivere: Presidente ci aiuti a tenere viva la nostra Democrazia!
A tutti, ancora una volta, chiediamo di aderire alla mobilitazione anche su facebook cliccando “mi piace” sulla pagina “ridatecilanostrademocrazia”, più saremo più potremo fare pressione sul Parlamento e sui partiti.
Libertà e Giustizia e Valigia Blu si rivolgono inoltre a tutti i gruppi editoriali, alle tv e alle radio pubbliche e private, soprattutto la Rai che dovrebbe essere al servizio dei cittadini più che dei politici, ai giornali, ai siti Internet e ai blog, per sostenere la mobilitazione e darle la visibilità necessaria a raggiungere il maggior numero di persone.
Ok dalla Cassazione si voterà anche sul nucleare.
Si vota il referendum sul nucleare. La Corte di Cassazione accoglie l’istanza presentata dal Pd e sollecitata anche dall’appello di Libertà e Giustizia che chiede di trasferire il quesito sulle nuove norme appena votate nel decreto legge omnibus: quindi la richiesta di abrogazione rimane la stessa, ma invece di applicarsi alla precedente legge si applicherà appunto alle nuove norme sulla produzione di energia nucleare (art. 5 commi 1 e 8). La decisione è arrivata a maggioranza dal collegio dell’Ufficio Centrale per il referendum della Cassazione, presieduto dal giudice Antonio Elefante.
Libertà e Giustizia, con l’appello firmato dai garanti aveva messo in guardia dallo “scippo dei referendum”. In un sistema di democrazia rappresentativa, si legge nell’appello, “esiste sempre il pericolo che il cittadino rimanga troppo distante dai palazzi di governo, diventi spettatore passivo e sempre più scettico. I referendum sono uno dei pochi meccanismi al di fuori delle elezioni che gli permettono di far sentire la propria voce”. Il pericolo, non fosse intervenuta la Cassazione, era che il governo Berlusconi liquidasse il referendum sul nucleare, mettendo così a gravissimo rischio il raggiungimento del quorum per gli altri due.
I giudici della suprema Corte hanno detto “no”. Dovranno però essere ristampate le schede, visto che i quesiti andranno riformulati in base al testo del decreto omnibus. Secondo indiscrezioni trapelate ieri dal Viminale, i tempo tecnici per rifare tutto il materiale entro il 12 e 13 giugno ci sarebbe, ma mancano ancora conferme ufficiali. Per trovare l’unico precedente simile, bisogna riandare indietro nel tempo al 1978 quando il via libera definitivo alla consultazione su legge Reale e finanziamento pubblico dei partiti arrivò a dieci giorni dalla scadenza (anche in quel caso era stata cambiata in extremis dal Parlamento la legge oggetto dei quesiti) senza comprometterne l’esito. Altro problema è poi rappresentato dal voto degli italiani all’estero, che hanno già iniziato a votare per corrispondenza sulle schede ormai superate con il vecchio quesito.
“Si afferma la forza serena della Costituzione contro il tentativo giuridicamente maldestro di raggirare il corpo elettorale, cioè 40 milioni di cittadini”, ha commentato l’avvocato Gianluigi Pellegrino che ha sostenuto per il Pd le ragioni referendarie davanti alla Cassazione.