mercoledì 29 giugno 2011

Manovra, Pdl e Lega infilano il processo breve nella bozza di Tremonti.



Nelle 83 pagine del documento licenziato durante il vertice di maggioranza, riportati interi stralci della legge ideata per garantire l'impunità al premier

Ecco perché erano tutti d’accordo, ecco perché dentro questa finanziaria c’è qualcosa che rende coesa la maggioranza e mette fine addirittura alla proverbiale arroganza di Tremonti. Nelle ultime venti pagine della bozza della manovra economica, che il consiglio dei ministri si appresta ad approvare entro giovedì, c’è qualcosa di molto caro al Caimano: il processo breve. Ovvero la legge che cancella non solo la maggior parte dei processi del presidente del Consiglio, ma anche altri 100 mila, secondo i dati di Csm e Anm dei mesi scorsi.

Nella bozza, che ricalca la norma ad personam già approvata dal Senato e alla Camera in attesa di ultima lettura, c’è scritto che il count down per evitare l’annullamento dei processi scatta dalla richiesta di rinvio a giudizio. I dibattimenti, nella stragrande maggioranza dei casi, devono durare, in ciascuno grado, due anni. Ma, tra le pieghe della manovra economica è inserito anche un nuovo cavillo a cui probabilmente hanno contribuito gli avvocati di Silvio Berlusconi. In caso di provvedimenti giudiziari che, secondo una parte coinvolta, sono frutto di violazioni, o in caso di ritardo nella conclusione di un processo, è previsto un indennizzo pagato dal ministero competente (Giustizia, Difesa, Economia). C’ è anche una precisa scansione: “Per ciascun giorno di ritardo è liquidato un indennizzo di euro 2,50, che può essere equitativamente ridotto fino a euro 2,00 o elevato fino a euro 3,00; l’indennizzo può essere ridotto fino a euro 0,50 quando il procedimento cui l’istanza di equa riparazione si riferisce è stato definito con il rigetto delle richieste del ricorrente, ovvero quando ne è evidente l’infondatezza”. La questione economica, legata alla giustizia, è stata inserita per rendere organica una legge (il processo breve) incompatibile con un provvedimento finanziario. Ma il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, firmerà una manovra che contiene una furbata nella furbata?


La nostra manovra: tagli alla spesa dello Stato senza toccare il welfare.



Riteniamo necessario rendere note la posizione e l’azione dell’Idv in relazione alla manovra economica che il governo si accinge a presentare, e più in generale in relazione a una necessità generale del nostro Paese.
Vogliamo partire da un’esigenza reale: servono 40 mld per riportare i conti dello Stato, non dico in regola, ma almeno in una situazione tale da poter essere accettati dagli organismi della comunità europea a ciò preposti. Servono questi 40 mld, e allora un’opposizione seria e concreta non può limitarsi a dire tutto il male possibile di ciò che questo governo ha fatto di sbagliato o non ha fatto, oppure a esprimere tutte le critiche possibile rispetto alla manovra di questo governo, se questa dovesse andare in una direzione opposta rispetto alla doppia esigenza di far quadrare i conti e rilanciare lo sviluppo.
L’Idv vuole farsi carico di fare proposte, condividere preoccupazioni e anche aiutare a risolvere i problemi, cosa che fa storcere il naso a coloro che avrebbero preferito vedere in noi soltanto dei pierini della politica capaci di contestare ma non di proporre soluzioni. Abbiamo voluto presentare oggi questo documento di sintesi, perché è con questo quadro di riferimento che andremo a valutare le proposte governative. Nei giorni scorsi abbiamo assistito a una crocefissione continua del ministro dell’Economia Tremonti, sia a destra che a sinistra, senza che nessuno abbia ancora letto la sua proposta. Noi, se necessario, lo crocefiggeremo, ma prima vogliamo leggere la proposta. Vogliamo vedere se la proposta del ministro Tremonti, che mi pare sia in questo momento una realtà esterna al governo, possa trovare qualche punto in comune con la nostra, e laddove i punti in comune ci fossero, noi non diremo che abbiamo aderito alla proposta di Tremonti, ma prenderemo atto del fatto che Tremonti in qualche caso ha aderito alla proposta dell’Idv. Sarebbe assurdo che per far dispetto a lui noi dicessimo no a tutto, anche alle nostre proposte.
Stabilita questa filosofia d’azione e d’opposizione della nuova Idv. Passo sinteticamente a illustrare le nostre proposte: ovviamente dietro ogni rigo c’è un progetto esecutivo, fatto di disegni di legge, di interventi emendativi e di tutta una serie di emendamenti che proporremo al testo del governo.
Quando arriverà in Parlamento, la proposta del governo sarà per noi solo uno scheletro sul quale innestare con i nostri emendamenti la nostra controproposta. Salvo che ci siano corrispondenze, nel qual caso la voteremo.
Tre sono le linee sulle quali intendiamo sviluppare la nostra azione: riduzione dei costi della politica, riduzione delle spese ordinarie della pubblica amministrazione e misure fiscali.

Intendiamo intervenire sui costi della politica in modo drastico: eliminazione dei vitalizi ai parlamentari nazionali e regionali, dimezzamento del numero dei parlamentari, eliminazione dei rimborsi elettorali ai partiti, eliminazione delle Province, rivisitazione dei bilanci delle authority, che prendono i soldi da quelli che controllano ma li utilizzano solo per le casse dello Stato. Vanno rivisitate anche talune authority che producono più carta che controlli. Siamo per l’abolizione del credito. Ovviamente abbiamo sentito dire che nella manovra ci deve essere una forte riduzione delle auto e dei voli blu. Abbiamo sposato in pieno questa linea mettendo le stesse cifre della relazione Brunetta. Anzi, qualcosa in meno.

Nella nostra proposta c’è la riduzione dei livelli istituzionali: per intendersi comunità montane e consorzi vari, come anche la soppressione di diversi enti inutili.
Per quanto riguarda il blocco delle consulenze, noi vogliamo riportare l’attività della pubblica amministrazione all’interno della pubblica amministrazione, perché abbiamo scoperto che nel ‘99% dei casi le consulenze servono solo a sistemare qualche trombato e qualche trombone, o per fare uscire in modo formalmente lecito denaro dalla pubblica amministrazione e dall’erario.
Noi crediamo che la pubblica amministrazione abbia al proprio interno le competenze e le capacità per poter decidere cosa fare. E se non ce le ha, cambia le persone, trovando chi queste capacità ce le ha. Ma sempre al proprio interno. Noi, ad esempio, riproponiamo una cosa che io avevo proposto in modo forte e duro quando ero ministro delle Infrastrutture: l’eliminazione degli arbitrati.
Ho letto oggi che forse il ministro Tremonti oltre a ridurre le spese elettorali, che noi vogliamo eliminare e quindi certo non voteremo contro la riduzione, vuole stabilire anche un’altra incompatibilità, quella dei professionisti a fare i giudici tributari. La voteremo senz’altro. E’ nel nostro progetto. Non vogliamo che ci siano conflitti d’interesse a qualsiasi livello. Non vogliamo che ci siano più consulenze e incarichi esterni.
Per quegli enti territoriali che resteranno, dato che noi vogliamo eliminarne molti, invece dei 25mila addetti ai consigli d’amministrazione attuali, sicché in molti casi gli enti servono per produrre consigli d’amministrazione e degli attuali 4500 membri dei consigli sindacali, noi vogliamo fare l’amministratore unico. Almeno invece di 25mila ne abbiamo 1500.
L’idea che ogni Regione si fa il suo palazzetto di rappresentanza in giro per il mondo mi sembra un giochino allo sperpero. Quando mancano i soldi, bisogna pensare prima a sistemare le cose fondamentali. Quel che viene rappresentato come una promozione molte volte promozione non è. Domani sera a Bruxelles ci sarà una manifestazione al parlamento europeo per evidenziare la qualità degli ulivi della Puglia. E’ bello se ci va il presidente. Spero di poterci andare pure io. Se però questo si trasforma in 100 ulivi da portare in giro, io vorrei che di tutto questo ci fosse una forte riduzione. Non vogliamo eliminare la promozione, ma facciamola dentro al parlamento, come domani la si fa al parlamento europeo, non comprando un immobile e assumendo 50 persone come in altri casi è avvenuto.
Da questo impegno sulla riduzione dei costi della politica contiamo di risparmiare oltre 6 mld di euro. Abbiamo un forte impegno sulla riduzione della spesa della pubblica amministrazione che, piaccia o non piaccia, va fatta. Ora io non so come si comporterà questo governo. Però l’unica cosa che non accetteremmo sarebbe l’ipocrisia di dire “facciamo una manovra da 40 mld con impegni che partiranno nella legislatura prossima, quando o non ci saremo più noi, o se ci saremo non dovremo più rendere conto dopo pochi mesi agli elettori”. Questa furbata di non prendere impegni adeso per rinviarli a dopo le prossime elezioni è una furbata vetero-democristiana, da prima repubblica, che non possiamo accettare.
Abbiamo previsto anche la riduzione delle spese militari, delle spese per le missioni, perché abbiamo pensato di eliminare alcune missione e di ridurne altre. Anche questa idea che noi ancora oggi paghiamo per poter accedere alla Rete mi pare del tutto fuori dalla realtà.
Un grosso impegno dovrà esserci anche per le spese correnti della pubblica amministrazione. Noi vogliamo riportare il budget di palazzo Chigi al Tesoro. So che è una riforma fatta dal governo Prodi, ma non è una buona ragione per tenersela. E’ bene che quel budget lo controlli il Tesoro con la sua ragioneria dello stato e non sia fuori di ogni controllo come oggi.
Abbiamo intenzione di ampliare e anche obbligare l’unione tra comuni fino ai 20mila abitanti per tutto quel che riguarda i servizi.
Per quanto riguarda le misure fiscali, è possibile un grosso contrasto per l’evasine e l’elusione, che può essere fatto anche prevedendo un nuovo livello di redditometro come anche interventi sulla sanatoria per gli immigrati. Noi siamo certamente favorevoli a portare dal 12,5% al 20% la tassazione delle rendite finanziarie. Se il governo lo farà, noi saremo d’accordo. Anche per quanto riguarda il gioco va aumentata la tassazione. Tutto questo deve produrre anche un intervento sulle agevolazioni fiscali: vogliamo tenere indenni solo casa, famiglia, lavoro e pensioni.
Oltre a questa manovra economica che porta complessivamente circa 40 mld, noi abbiamo intenzione di intervenire a monte, sullo stock del debito. Fino a quando questo rimane a una misura tale per cui quel che incassa lo Stato non basta per pagare gli interessi passivi, è chiaro che non riusciremo mai a rilanciare lo sviluppo. Prevediamo un grosso intervento sulla cartolarizzazione dei ruoli esattoriali, circa 400 mld di euro di cartelle esattoriali non riscosse. Crediamo che la cartolarizzazione sia ormai ineludibile.
Vogliamo poi tornare alle dismissioni sia della partecipazioni statali, sia delle partecipazioni territoriali, sia di tutto quel che arriva agli immobili.Vogliamo tornare alle dismissioni anche rilanciando un grande piano per le liberalizzazioni. Il governo delle libertà di Berlusconi non le ha fatte. Alcune le avevamo fatte noi con Bersani e io vorrei continuare su quella via con interventi molto specifici: la privatizzazione delle camere di commercio, degli ordini professionali, la liberalizzazione dei servizi postali, tutta una serie di riforme sull’autotrasporto, un piano generale completo per quanto riguarda l’approvvigionamento delle energie, le gestioni stradali e aereoportuali.

Voglio fare una riflessione finale: 40 mld bisogna trovarli, non condividiamo l’idea di trovarli soltanto per finta e sulla carta e non possiamo accettare l’idea che a pagare siano le fasce sociali più deboli. Per questo abbiamo previsto un grosso impegno contro l’evasione fiscale, sulla speculazione finanziaria, sugli sprechi e sulla spesa pubblica corrente. Sappiamo che dopo questo governo non ci sarà più, tra 18 mesi o tra 18 giorni ci sarà un nuovo governo che dovrà assumersi la responsabilità di far quadrare i conti. Chi oggi sta all’opposizione deve sapere che può andare al governo da un momento all’altro e quindi non può illudere i cittadini soltanto con i no a tutto. Deve dire la verità: che per l’irrazionalità, per la schizofrenia, la irresponsabilità dei governi che si sono succeduti in questi anni oggi siamo in una situazione di pre-Grecia. Prima di cadere nel dramma della Grecia, chi ha il coraggio di assumersi la responsabiltià di governare deve avere anche il coraggio di tagliare le spese improduttive e di fare tutti quegli interventi che possono risanare il bilancio.
Questa è la posizione dell’Idv e con questa posizione ci accingiamo, nei prossimi giorni a valutare il provvedimento del governo. Senza sconti e senza preconcetti, men che meno nei confronti del ministro Tremonti che invitiamo fortissimamente a fare il suo dovere: far quadrare i conti senza fare sconti.

Leggi la manovra.

http://www.antoniodipietro.com/2011/06/la_nostra_manovra_tagli_alla_s.html


Economia, Idv presenta la sua contromanovra economica.



L'Italia deiValori ha presentato, in una conferenza stampa alla Camera dei deputati, la sua contromanovra economica. Un piano da 40 miliardi, ha detto il presidente del partito Antonio Di Pietro, “necessario” e pensato per rimettere a posto i conti pubblici. Ce lo chiede l’Europa, ma ancor prima “la matematica”.

Una manovra, quella illustrata da Di Pietro, che prevede l'azzeramento del deficit italiano entro il 2014 ma supportata con una crescente riduzione dei carichi fiscali concepiti per equilibrare i tagli.

La proposta dell’Italia dei valori, si concentra su tre settori di intervento per ridurre la spesa delle pubbliche amministrazioni e per recuperare i finanziamenti necessari al fine di ridurre il carico fiscale che grave sulle imprese e, soprattutto, sulle famiglie. Primo, la riduzione dei costi della politica; secondo, la riduzione delle spese ordinarie della pubblica amministrazione; terzo, le misure fiscali.

Interventi decisi ed efficaci, quelli dell’Idv, studiati per non far pesare tutto lo sforzo sulle solite categorie di cittadini. Ovvero dipendenti, pensionati, famiglie numerose.

Obiettivo, l'azzeramento del deficit con una scala di importi che va dai 20mld nel 2012 ai 26 per il 2013, 40mld per il 2014 e altrettanti nel 2015. La riduzione dei carichi fiscali su imprese e famiglie è prevista in 8.285 milioni per il 2012, 12.274 per il 2013, 13.204 per il 2014 e 18.054 per il 2015.

Secondo il piano dell’Italia dei valori, queste somme dovranno essere utilizzate in due direzioni: 1) sopprimere dall'imponibile Irap il costo del lavoro; 2) introdurre il 'fattore famiglia' per elevare la No tax area per i contribuenti che hanno coniuge e figli a carico, prevedendo inoltre un incremento degli assegni familiari per i contribuenti con carichi familiari ma fiscalmente incapienti.

Tra le misure per la riduzione dei costi della politica, l'eliminazione del vitalizio per i parlamentari nazionali e regionali, il dimezzamento del numero dei parlamentari, l'eliminazione dei rimborsi parlamentari ai partiti, eliminazione dei contributi all'editoria, abolizione delle province, riduzione delle auto blu e dei voli di stato.

Per la riduzione della spesa della pubblica amministrazione, il piano Idv prevede, la razionalizzazione della spesa sanitaria, la soppressione dei finanziamenti per il ponte sullo stretto di Messina, la riduzione delle spese militari e delle missioni all’estero, la riduzione delle spese per i sistemi d'arma.

Sul fronte delle tasse, la manovra si concentra anzitutto su un deciso contrasto all'evasione fiscale e all’elusione: nuovo redditometro, sanatoria per gli immigrati, tassazione del 20% per le rendite finanziare (esclusi i titolo di Stato), riduzione della deducibilità per le banche, aumento dei canoni di concessione, aliquota unica per il prelievo erariale unico (Preu) pari al 15%, riduzione delle agevolazioni fiscali con l'esclusione di quelle relative a casa, famiglia, lavoro e pensioni.

La manovra Idv non trascura le liberalizzazioni, prevedendo un piano che si ispira alla relazione annuale svolta dal presidente antitrust Catricalà. Auspicando, in sostanza, liberalizzazioni nel campo degli ordini professionali, dei servizi postali, fino all’apertura del trasporto ferroviario passeggeri, alle gestioni autostradali e servizi aeroportuali, ai servizi bancari e finanziari.

http://www.italiadeivalori.it/interna/6157-manovra-idv-presenta-la-sua-contromanovra-economica


Patto di stabilità e no tasse, la Lega vince la manovra ma deve cedere sul decreto rifiuti. - di Davide Vecchi.

Il Carroccio incassa la modifica del Patto di stabilità per i comuni virtuosi (quasi tutti al nord). Quindi annuncia che firmerà il decreto sulla monnezza per risolvere l'emergenza in sei mesi. Sorride anche Tremonti che ha ottenuto di non abbassare le imposte. E il Cavaliere ottiene di spalmare i 47 miliardi. Risultato: la stangata vera sarà affare di chi governerà nel 2013.

Umberto Bossi ha dovuto cedere sui rifiuti di Napoli, ma ha incassato ciò che neanche immaginava: la modifica del Patto di stabilità per i comuni virtuosi. Silvio Berlusconi è riuscito a convincere Giulio Tremonti a scaglionare i 47 miliardi di manovra così da farli pesare sostanzialmente su 2013 e 2014. Infine, il ministro dell’Economia l’ha spuntata sul taglio delle tasse: non ci sarà. Non ora almeno. E anche buona parte degli altri provvedimenti previsti nella manovra non saranno attuati nell’immediato, ma solo a decorrere dal 2012-2013. Insomma, tutti sconfitti e tutti vincitori. Il vertice di maggioranza è servito sostanzialmente a sancire un patto (comunque precario) di non belligeranza intorno al premier e a confezionare una polpetta avvelenata al governo che verrà dopo l’attuale. Chi siederà a Palazzo Chigi dal 2013 erediterà la manovra pensata da Tremonti. Basta guardare gli scaglioni per rendersi conto dell’allegro scaricabarile affidato ai posteri: dei 47 miliardi previsti, due riguardano l’anno in corso, cinque il 2012, mentre per gli anni 2013 e 2014 sono previsti per la correzione dei conti i restanti 40 miliardi suddivisi in due trance da 20 miliardi ciascuno. E così i tanto sbandierati tagli ai privilegi dei parlamentari, l’aumento dell’età pensionabile per le donne, il congelamento degli stipendi della pubblica amministrazione e tutti i correttivi decisamente impopolari. Tutto rimandato a partire dal 2013 o dal 2014.

La bozza giovedì arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri e, salvo imprevisti, sarà licenziata senza sorprese dall’esecutivo così come è stata confezionata oggi. Il pericolo vero, quella Lega (a parole) sul piede di guerra e pronta ad abbandonare Berlusconi, è stato reso inoffensivo con la concessione della modifica del Patto di stabilità per i Comuni virtuosi. Per lo più, inutile dirlo, amministrazioni del nord. Bossi ha incassato volentieri, quasi sorpreso, ma ha dovuto cedere sul decreto per l’emergenza rifiuti a Napoli. Il senatùr ha dato la disponibilità temporanea ad aprire “i confini” delle regioni del nord ai camion carichi di spazzatura campana. Sei mesi, non di più. Con la base la giustificazione è pronta: serviva un atto di responsabilità perché la Ue ha minacciato di multare l’Italia se non risolve a breve il problema. Per buona pace di Roberto Calderoli che, dopo aver suggerito al governatore Stefano Caldoro di accordarsi solo con le regioni del Sud, adesso dovrà inserire la marcia indietro. Non è la prima volta, non sarà di certo l’ultima. Soltanto ieri aveva minacciato: “O nel decreto c’è scritto che i rifiuti potranno essere portati solo nelle regioni confinanti alla Campania, in modo che restino lì, oppure quel decreto non passerà”. Anche il dl d’emergenza sarà approvato senza grosse difficoltà al Consiglio dei ministri di giovedì. Bossi vuole chiudere subito.

“Fin quando non sarà approvata la manovra il governo rimane a rischio”, ha detto il leader del Carroccio. Anche perché Tremonti ha garantito che la bozza può essere modificata, “sono ben accetti i contributi di tutti”, ha detto il titolare di via XX Settembre durante il vertice. Ed è stato Berlusconi a insistere affinché si chiuda giovedì, senza far slittare il Cdm a settimana prossima, come invece chiesto da alcuni ministri. Unica concessione è stata quella di portare il Consiglio dei ministri dal mattino al pomeriggio di giovedì. Il premier si è detto soddisfatto del risultato del vertice. “Una presa in giro, una farsa drammatica” ha invece gridato Pierluigi Bersani. “La manovra così è soltanto una presa in giro per l’Italia”, ha detto il segretario del Pd criticando in particolar modo la suddivisione in scaglioni. Con lui la levata di scudi si è levata dall’intero Partito Democratico. E dall’Idv. “Il rinvio dei tagli è una furbata vetero-democristiana”, ha tuonato Antonio Di Pietro. La bozza della manovra pare dunque trovare tutti d’accordo su un unico punto: dal 2013 al governo molto probabilmente ci sarà l’attuale opposizione.




Denunciò il racket, ora lo sfrattano «Mi darò fuoco alle 9 davanti casa». - di Alessandro Chetta


Drammatica lettera dell'ex imprenditore Luigi Orsino:
lo Stato tradisce le vittime della camorra, la faccio finita.

NAPOLI - «Davanti all’ultimo insulto mi cospargerò di benzina e mi darò fuoco». La minaccia di Luigi Orsino va purtroppo presa molto seriamente. L'ex imprenditore che si dice «tradito dallo Stato» dopo aver denunciato la camorra, domani, mercoledì 29, verrà sfrattato dalla sua abitazione di viale delle Acacie a San Sebastiano al Vesuvio. L'insano proposito di farla finita è affidato ad una lettera. Si legge: «Cari amici, purtroppo devo dire che la burocrazia di questo Stato malato ha deciso di recarmi l’estrema offesa. Domani (mercoledì 29, ndr) alle ore 9 l’ufficiale giudiziario accompagnato dalla forza pubblica mi getterà in strada. Non avendo dove andare - prosegue - e non avendo disponibilità economiche dovrò restare per strada».

PIGNORAMENTO - Orsino fa riferimento al corto circuito burocratico in base al quale non essendosi ancora chiuse le indagini sul suo caso, in atto da circa due anni, ora si procede al pignoramento della casa, più volte rimandato nel corso degli ultimi mesi. Immobile che sarà messo all'asta per debiti che Orsino non riesce a ripianare dopo il dissanguamento del patrimonio causato proprio - racconta - dalle richieste estorsive.

CONTO ALLA ROVESCIA - La missiva innesca un disperato conto alla rovescia fino all'arrivo dell'ufficiale giudiziario, domattina. Si conclude così: «Si sequestrano i beni dei camorristi non quelli delle vittime che a rischio della vita hanno denunciato i malavitosi. Siete tutti invitati ad assistere alla mia fine, senza nuocere a nessuno se non a me stesso, davanti all’ultimo insulto mi cospargerò di benzina e mi darò fuoco».

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2011/28-giugno-2011/denuncio-racket-ora-sfrattanomi-daro-fuoco-9-casa-190973479865.shtml


martedì 28 giugno 2011

Dite la verità al Paese. - di Emanuele Macaluso.


Il clima politico è diventato veramente torbido. Domenica Il Riformista ha fatto un titolo, che qualcuno ha definito “criptico”. Diceva: «A giovedì». Era semmai allusivo, ma chiaro.
Giovedì si riunisce il Consiglio dei ministri e noi, nella nota che supportava il titolo, mettevamo in forte evidenza il fatto che in quella occasione il ministro Giulio Tremonti avrebbe posto tre temi: la manovra di 45 miliardi; la bozza della legge delega sul fisco; la nomina del governatore della Banca d’Italia.
Osservavamo che il ministro avrebbe chiesto una deliberazione complessiva su tutto il pacchetto, come un voto di fiducia sul suo operato. Non abbiamo sbagliato se leggiamo bene quel che è successo tra domenica e lunedì. Anzitutto, l’incredibile e brutale sortita del sottosegretario Guido Crosetto, ex responsabile economico di Forza Italia, uomo di fiducia di Silvio Berlusconi: «La manovra del ministro Tremonti è roba da psichiatria». Il portavoce del presidente del Consiglio dice che si è trattato di «un’uscita a titolo personale». Ridicolo.
La verità è quella che ormai tutti sanno, anche nel Pdl: Berlusconi è nel pallone. Nella stessa giornata loda l’operato del suo ministro (tiene i conti pubblici sotto controllo) e conferma la necessità della manovra, poi dice, o fa dire dai suoi uomini, il contrario.
Oggi, prima del Consiglio dei ministri, è stata convocata una riunione della maggioranza e, udite! udite!, il Pdl e la Lega, con il contorno di Scilipoti, hanno finalmente scoperto la collegialità, nel tentativo maldestro (l’ha ben capito la Marcegaglia) di cambiare le carte in tavola.
Sulla cosiddetta riforma fiscale c’è silenzio. Sia chiaro, il paese è con le spalle al muro, e ieri è stato toccato un nuovo record per lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi: la differenza tra i due andamenti si attesta a 222 punti base, otto in più rispetto a venerdì. Nuovo record. Ed è con le spalle al muro sul terreno sociale: non c’è sviluppo economico e le nuove generazioni sembrano tagliate fuori dai processi produttivi.
La responsabilità di questa situazione va ricercata in un fatto incontrovertibile: il governo racimola la fiducia alle Camere, ma non ha forza politica per governare. La guerriglia all’interno della maggioranza coinvolge interessi generali, come quelli che emergono nella Napoli ancora sepolta dai rifiuti. Tutto si svolge solo sul terreno del potere tra persone e gruppi violentemente contrapposti. Anche la nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia è giocata su questo terreno. E vi partecipano attivamente anche gruppi editoriali e persone che non sono nella maggioranza.
Per fortuna la cosiddetta P4 di Bisignani non è in grado di mobilitarsi, ma altre lobbies, meno chiassose e più potenti, sono, come in altre occasioni, in campo.
Su un giornale di destra, “Il Tempo”, dove si leggono anche analisi e ragionamenti, si parla di un «Pdl balcanizzato». La Lega non è da meno. Il problema però riguarda tutti. Una maggioranza e un governo balcanizzati possono governare un paese in crisi che ha bisogno di una guida forte e autorevole?
Una risposta seria dovrebbe darla non solo l’opposizione, ma coloro che nella maggioranza sono ancora in grado di dire la verità a se stessi e al paese.




Vignali non molla, Comune assediato Lancio di uova: cariche della polizia.


Ancora proteste, ancora la richiesta di dimissioni del sindaco che non ha più una maggioranza. E' saltato il numero legale della seduta, ma lui scrive una lettera alla città: "Non è per restare attaccato alla poltrona, ma devo portare a termine una serie di lavori. E devo ottenere nuovi finanziamenti"

Un ciclone che ha travolto tutto e tutti. Una bufera dopo la quale una città intera, Parma, stenta a riprendere fiato. Oggi sono tornate in piazza trecento persone, ancora una volta un raduno quasi spontaneo sotto ai portici dove ha sede il Comune. Pare non ci sia niente da fare. Il sindaco Pietro Vignali non molla.

Nonostante si sia ripetuta la scena di venerdì: la polizia che carica la folla che vuole salire in Comune. Una situazione che ormai ha raggiunto il limite, una guerra tra Vignali e una parte della sua città che non lo vuole più come sindaco. Anche a costo di farsi arrestare.

L’ex pr delle discoteche, berlusconiano di ferro, conoscente di Nadia Macrì Sara Tommasi, continua però a ribadire di non pensarci nemmeno a mollare. Resta lì, nel suo ufficio. Non importa se con l’operazione Green money atto secondo sono finiti in manette tre dirigenti comunali e il comandante della polizia municipale. Non importa se la tangentopoli ha fatto dimettere due assessori e spaccato la maggioranza (dato che Pdl e Parma civica hanno dettato le proprie condizioni per sostenere ancora la giunta Vignali) lui continua a guardare avanti a schiena dritta. Non importa se il Comune è oberato dai debiti, 500 milioni e passa, e dalle inchieste giudiziarie. Il Titanic affonda, ma il comandante fa finta di niente. Neppure suona l’allarme.

Vignali, non cede: ha deciso di andare avanti. Seppur acciaccato e perdendo pezzi per strada, vuole portare a termine il suo mandato. Nel pomeriggio ci doveva essere anche un consiglio comunale, ma è mancato il numero legale. Carabinieri e polizia antisommossa sono costretti a garantire l’incolumità dei consiglieri. Ogni riunione finisce per essere (oppure neppure cominciare, come oggi) blindata.

Non importa nemmeno che a ogni avvenimento pubblico che comportasse la presenza del primo cittadino si sia dovuto annullare, in quanto avrebbe comportato proteste e rivolte più o meno civili. No, Vignali vuole andare avanti. Per il bene della città, dice. Per concludere quello che è in piedi a metà e tirare fuori Parma dai debiti.

Per giustificare la sua scelta ai cittadini, sempre più infuriati (basta aprire Facebook per leggere tormentoni ironici sulla sua famosa affermazione dopo gli 11 arresti per corruzione Non sapevo), scrive una lettera a tutti i giornali. “Se rimango ancora in carica, non è per l’attaccamento alla poltrona o per la mia carriera politica, ma soltanto per ottenere i finanziamenti e approvare i piani industriali che sono necessari per pagare le imprese, per non lasciare a metà i cantieri di opere fondamentali su cui sono stati già spesi milioni di euro, per mettere definitivamente in sicurezza il sistema delle società partecipate – spiega -. Diversamente tutto questo sarebbe a rischio. Sto parlando di pochi passaggi amministrativi che sono il frutto di un lunghissimo lavoro con le banche, con il territorio, con il Governo, che sarebbe irresponsabile abbandonare ora. Lasciare oggi sarebbe la soluzione più facile, almeno personalmente. Ma la peggiore per la città. Spero che tutti, la città, il consiglio comunale, la maggioranza e l’opposizione, lo comprendano. La mia maggioranza ha dato indicazioni precise e responsabili in questo senso, sottolineando la necessità di un percorso condiviso con le forze sociali ed economiche e con la stessa opposizione consiliare. Esiste la loro disponibilità a condividere un’agenda di fondamentali priorità? Certo, non avrei mai pensato di dover dire queste parole per parlare della mia esperienza di amministratore”.

Un appello che suona quasi come un invito ai poteri forti di Parma di lasciarlo lavorare per l’ultimo anno. A tutti non è scappato che il vento, in città, è cambiato e che anche gli industriali che l’hanno sempre sostenuto hanno lasciato il sindaco da solo con le sue gatte da pelare. Così come molti della sua squadra, dimissionari o comunque decisi a prendere le distanze da un progetto politico che si è dimostrato un fallimento. E in cambio di un po’ di tranquillità, per concludere i progetti iniziati senza causare morti e feriti per strada, Vignali promette di sparire per sempre: “Sento il dovere in queste ore, dopo i fatti che hanno scosso e sbigottito tutti noi, di rivolgermi ai parmigiani per dire checonsidero in dirittura d’arrivo la mia vicenda di amministratore di questa città: nel 2012 non mi ricandiderò alla carica di sindaco. Ne sono profondamente addolorato. Essere sindaco, però non è soltanto un onore, ma anche una grande responsabilità a cui non intendo sottrarmi e lasciare oggi senza guida questa città avrebbe conseguenze gravissime. Un’esperienza che ha assorbito completamente più di dieci anni della mia vita. Ci ho messo anima e corpo, tutto il mio impegno, tutte le mie capacità prima come assessore e poi come sindaco. Lo voglio dire: non mi sono risparmiato, e sono convinto di aver anche lavorato bene. Ci siamo trovati in mezzo al fiume mentre arrivava la piena di una crisi economia pesantissima, con le finanze pubbliche svuotate, in uno scenario politico sempre più deteriorato. Ma con le famiglie e le imprese che guardavano a noi per essere aiutate e sostenute. Allora mi sono reso conto che era necessario invertire la rotta, che quell’idea di città che avevamo tutti perseguita, non era più sostenibile in un mondo completamente cambiato. Innanzitutto mi sono reso conto che era impossibile realizzare la metropolitana, e che era molto difficile, ma ormai imprescindibile, riprendere il controllo di una mole di investimenti che il Comune aveva già programmato negli anni precedenti la crisi, ma che rischiavano, in questo nuovo contesto, di trascinare come una zavorra il Comune a fondo. Nonostante quello che si continua a dire la situazione finanziaria del Comune, di STT, Parma Infrastrutture sono sotto controllo. Manca solo l’ultimo passo”.

Vignali insiste anche sul fatto di non aver avuto assolutamente sentore di quando stava succedendo e di cosa stessero facendo i suoi dirigenti con i soldi pubblici: “Ci sono stati errori? Certamente sì. I fatti di questi giorni lo dimostrano. Non ne sapevo nulla e ho provato a dirlo alla città. Ma mi rendo conto che oggi c’è il rischio che si faccia di tutta l’erba un fascio, e che quindi sia lesa la credibilità dell’intera amministrazione, e compromesso il lavoro della mia giunta e dei dipendenti di questo Comune che in questi anni hanno lavorato tanto e bene. Ritengo pertanto che sia giusto fare un passo indietro, ma non scappare davanti alle responsabilità. La città era in mezzo a un guado pericoloso, ora siamo a un passo dalla riva. Voglio portarla su quella riva, poi lascerò”.

(r.p.)

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