martedì 12 luglio 2011

Palermo, morto il consigliere comunale Angelo Ribaudo




Palermo, morto il consigliere comunale Angelo Ribaudo

Stroncato da un grave male. Aveva 56 anni. Tanti i messaggi di cordoglio su Facebook

PALERMO. È morto questa notte, stroncato da un grave male, il consigliere di Italia dei Valori al Comune di Palermo Angelo Ribaudo. Aveva solo 56 anni. Già molti i messaggi di cordoglio pubblicati sulla bacheca del suo profilo facebook.
Al Comune la camera ardente.


http://www.gds.it/gds/sezioni/politica/dettaglio/articolo/gdsid/165002/



L'avevo conosciuto su face book, una persona splendida.



lunedì 11 luglio 2011

Ponzio Pilato.



Credetemi, non ho ancora capito se il Ponzio Pilato de noatri, Napolitano, quello che si lava le mani e lancia moniti che si perdono nell'etere, ci è o ci fa.

Pertini il piccolo Grande uomo, già avrebbe agito, avrebbe già sciolto le camere e avrebbe dato mandato di formare un governo tecnico ad una persona responsabile e di pluriennale esperienza in attesa di nuove elezioni.

Napolitano, invece, si limita a firmare tutto quello che gli passano sotto il naso e accetta la nomina a ministro della Repubblica di un indagato per mafia.

Stanno travolgendo la nostra Costituzione, la stanno sporcando, fanno leggi inutili o addirittura dannose.

Assistiamo quotidianamente a episodi di corruzione a tutti i livelli, dal più basso al più alto.

Siamo fermi, immoti, l'Italia tutta è bloccata in una terrificante morsa da limbo.
L'economia è statica, non c'è lavoro e quello che c'è è assai precario.

Hanno permesso che tante aziende si trasferissero all'estero per non abbassare il costo del lavoro; per non rinunciare ai loro privilegi, stanno facendo crollare l'intera economia...e nessuno fa niente.

Abbiamo ministri che abitano inconsapevolmente in case pagate da altri, faccendieri che promettono posti di prestigio a chiunque ricambi il favore con regali costosissimi.

E nessuno fa niente.

Abbiamo ministri nominati da un corruttore con il conflitto di interessi, ministri scelti tra faccendieri e amichette di vita privata. E nessuno fa niente.

Siamo senza speranza di riscatto morale ed economico?

Se dobbiamo fidarci di chi ci amministra oggi, non credo che andremo molto lontano, perchè siamo già arrivati al punto di non ritorno!


Fine vita: fermate questi due. di Silvia Cerami


Paola Binetti e Maurizio Gasparri

Con la regia di Gasparri e Binetti, la Camera domani potrebbe approvare il sondino di Stato: una legge medioevale e probabilmente anticostituzionale. Da Veronesi a Ignazio Marino, ecco perché è un obbrobrio.

«Una norma ingiusta», «impietosa», «massimalista sul piano ideologico e fragilissima dal punto di vista giuridico». «Una legge di una gravità inaudita», peggio «anticostituzionale». «Una sopraffazione giocata sulla pelle dei cittadini», «una soluzione irrazionale e in aperto contrasto col principio del rispetto della persona umana», perché «si parla di Stato di diritto, ma qui i diritti vengono violati».

Martedì, dopo due anni di rinvii, la Camera vota sul disegno di legge relativo al testamento biologico e lo scontro si riapre. Il testo non sarà definitivo, perché il provvedimento dovrà essere votato anche al Senato, ma la maggioranza prova la spallata decisiva.

Punto chiave l'articolo 3 del ddl con cui si stabilisce la platea della Dichiarazione Anticipata di Trattamento (DAT) e si affronta la questione dell'alimentazione e dell'idratazione assistita. Per le opposizioni si tratta di una decisione che calpesta i diritti individuali tutelati dalla Costituzione e non riconosce la sovranità della libertà di coscienza.

Ecco le voci di chi si oppone a questa legge obbrobrio.

Umberto Veronesi: «Il Parlamento sta prendendo decisioni che calpestano i diritti individuali tutelati dalla Costituzione italiana e alcuni suoi principi fondamentali , come quelli contenuti nell'articolo 31. Per questo l'alternativa più ragionevole in questo momento é fermare l'iter legislativo : l'assenza di una legge sia un male minore rispetto a una cattiva legge. Il movimento a favore del Biotestamento , che io stesso ho promosso in Italia, aveva auspicato una legge, come forma di tutela ulteriore della volontà della persona e come estensione naturale del Consenso Informato alla Cure , che è già norma in Italia. Ma paradossalmente ora il disegno di legge al voto nega il principio stesso per cui è il biotestamento è nato nelle democrazie avanzate e, unico caso in occidente , dice no all' autodeterminazione dell'individuo rispetto ai trattamenti che vuole o non vuole ricevere. La mancanza di una normativa permetterebbe a tutti , medici e cittadini, malati e famigliari , di decidere in scienza e coscienza a seconda dei casi e delle proprie convinzioni, la propria fede o l'assenza di fede, rispettando così l'unico punto fermo nel dibattito : la volontà della persona e la sua inviolabile dignità . Viviamo in un Paese civile e dovremmo credere nelle nostre capacità di scelta come individui e come comunità. Inoltre siamo aiutati in questo da strumenti condivisi anche a livello internazionale, come il nuovo codice di deontologia medica e la Convenzione di Oviedo sui diritti del malato, che il nostro Paese ha sottoscritto nel 1997».

Emma Bonino, Radicali: «Con questa legge la Camera deciderà che il cittadino non ha diritto di scegliere sulla cosa più difficile e importante della sua vita, cioè sulla propria morte. Eppure noi radicali chiediamo una cosa semplice, quasi banale: che ogni individuo possa scegliere se continuare a vivere ad ogni costo - anche quando si tratta non più di "vita" ma di mera "esistenza" allo stato vegetativo - o se smettere le cure e morire in pace. Chiediamo che sia l'individuo, nella Dichiarazione Anticipata di Trattamento (DAT), a poter elencare - primo - le cure cui vorrà fare ricorso e - secondo - quelle a cui non vorrà essere sottoposto in caso di malattia terminale o di morte celebrale. Grazie al voto di domani la seconda possibilità gli sarà sbarrata: non saremo quindi noi padroni dei nostri ultimi istanti, saranno altri a decidere. Al grido "Nessun altro caso Englaro", stanno per imporre lo stato vegetativo per legge. Da domani ci sarà una libertà di scelta fondamentale in meno per noi e il rischio di un reato in più per i medici».

Ignazio Marino, Pd
: «La legge sul testamento biologico votata alla Camera dei Deputati è una sopraffazione giocata sulla pelle dei cittadini. E' una normativa contraddittoria che il centrodestra ha voluto esclusivamente per ragioni di basso tatticismo politico e con cui si lascia allo Stato il potere di decidere come gli italiani dovranno curarsi nel momento in cui dovessero perdere coscienza, senza alcuna ragionevole speranza di recupero dell'integrità intellettiva. In nome del principio della indisponibilità della vita, l'individuo viene privato del diritto di scegliere le terapie che ritiene di poter accettare e indicare quelle alle quali non vuole essere sottoposto. La legge dello Stato, al contrario, potrà imporre l'accanimento terapeutico sul corpo del malato, anche contro la sua volontà. La legge introduce il testamento biologico ma sarà un pezzo di carta senza valore, infatti non sarà vincolante per il medico, che potrà non tenerne conto, e inoltre troverà applicazione solo per i pazienti che si trovino in stato di "accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale", ovvero che siano praticamente morti. Sarà possibile indicarvi le prestazioni terapeutiche cui si desideri essere sottoposto in caso di perdita di coscienza, ma non quelle che si intende rifiutare o sospendere. Non sarà possibile dire no ad una procedura medica che ritenuta sproporzionata, né ci si potrà sottrarre all'idratazione e alla nutrizione artificiali somministrate attraverso un tubo inserito nell'intestino anche avendo indicato chiaramente in precedenza di non accettarli. Ha ragione chi dice che si introduce il "sondino di Stato". Gli italiani sono sempre stati favorevoli ad una legge che lasci al singolo libertà di scegliere e che garantisca nello stesso modo sia chi decide di avvalersi di ogni tecnologia, presente e futura, sia chi, al contrario, intende rinunciare ad un inutile accanimento. Questo governo non li ha ascoltati»

Antonio Di Pietro, IdV: «Consideriamo qualsiasi norma che impedisce alla persona umana di scegliere cosa fare della propria vita e anche della propria morte ingiusta. E trovo un'anomalia che una legge imponga un obbligo. Ognuno deve poter essere libero di scegliere, senza alcuna imposizione».

Benedetto Della Vedova, Fli: «E' una legge sbagliata, massimalista sul piano ideologico e fragilissima dal punto di vista giuridico. Si prevedono le DAT e li si nega con vincoli irragionevoli. Se questa fosse la legge, dopo i primi inevitabili ricorsi, resterà il principio delle DAT e cadranno i vincoli (ci riflettano i fautori di questo testo). Meglio fermarsi e fare una "soft law" in cui riconoscersi tutti perché non è la legge di nessuno: no all'eutanasia, no all'accanimento terapeutico; decidano i medici secondo il codice di deontologia medica con i famigliari, caso per caso. L'Italia capirebbe».

Pietro Ichino, Pd
: «La libertà di coscienza del cittadino deve essere sovrana. Il governo e il parlamento dovrebbero riconoscere e proteggere, come impone la Costituzione, nella zona tra i due confini - della certezza di vita umana da una parte, della certezza di morte dall'altra -, quella band of reasonableness delle opzioni possibili, all'interno della quale ogni cittadino, cristiano o no, deve poter decidere e agire secondo la propria coscienza. Penso inoltre che la testimonianza di una Chiesa cristiana non debba mai consistere nell'indicare la soluzione giuridico-legislativa specifica da preferire, né tanto meno le concrete modalità dell'impegno politico; penso che essa invece debba educare i cristiani all'esercizio responsabile della propria coscienza, lasciando che proprio quest'ultima resti il punto di riferimento fondamentale per ciascuno di loro nelle scelte politiche, giuridiche, tecniche. Personalmente in una situazione nella quale, come nel caso di Eluana Englaro, fosse ragionevole ritenere irreversibile la mia totale perdita di coscienza, sentirei gravemente lesa la dignità della mia persona se quel corpo venisse mantenuto in vita per lungo tempo».

Flavia Perina, Fli: «E' una legge che non serve a niente, esageratamente prescrittiva. A mio avviso si tratta di una legge bandiera, con cui il Pdl cercare di accattivarsi una certa parte del mondo cattolico. Di fatto tentano di recuperare i valori persi con gli scandali, ma questo manifestino per dire che sono rispettosi, non avrà alcun effetto. Non serve alle persone, alle famiglie, ai malati terminali. E' solo un atto di prepotenza. Due anni fa infatti il presidente della Repubblica rifiutò di controfirmare il decreto su Eluana Englaro e fu allora che si aprì il primo scontro tra Berlusconi e Napolitano».

Ivan Scalfarotto, Pd: «Considero questa legge di una gravità inaudita, perché fa diventare etica di Stato quelli che sono i valori di una parte del Paese. Si privano i cittadini malati del diritto alla propria autodeterminazione e si consegna alla maggioranza una sfera delicatissima che appartiene alla parte più intima di ognuno di noi».

Enzo Raisi, Fli: «E' incomprensibile. Si parla di Stato di diritto e qui i diritti vengono violati. E lo dico da uomo di destra. Una legge così è anticostituzionale. Piuttosto che una situazione del genere avrei preferito un vuoto legislativo. Nei momenti finali della propria vita una persona deve essere libera di decidere, io personalmente non accetterei l'alimentazione forzata perché lascerei la natura al suo corso e questo non significa eutanasia». Gianni Cuperlo, Pd: «La Camera licenzierà una legge ideologica, incostituzionale e lesiva della dignità della persona. Una norma che sottrae al malato la responsabilità di decidere. Il testo prevede una soluzione irrazionale e in aperto contrasto col principio del rispetto della persona umana sancito dall'articolo 32 della Costituzione. E' necessario garantire il diritto di ognuno a essere rispettato se in discussione è la vita e la decisione su di sé. In tanti, nei mesi passati, hanno denunciato i rischi di una legge impietosa e hanno spiegato che a fronte di una brutta legge sarebbe preferibile non legiferare. Ci batteremo per questo ed è bene che le voci si levino alte. Sarebbe un errore grave se la politica, per ragioni di convenienze, chinasse gli occhi di fronte a uno sbrego di civiltà».

Pippo Civati, Pd: «Questa legge dimostra che nel nostro Paese non esiste una destra liberale, non c'è mai la possibilità di costruire un fronte laico. Proprio su questi argomenti la maggioranza, a partire dal caso Englaro, ha dato il peggio di sé».

Marco Cappato, Radicali: «E' una legge contro la Costituzione e ci organizzeremo per cercare di smontarla attraverso i ricorsi individuali, come per la legge 40. Se fossimo in democrazia, un testo del genere non potrebbe passare. E' una legge che va contro l'opinione pubblica, visto che tutti i sondaggi dicono che l'80 per cento degli italiani è a favore del fatto che uno possa scegliere per sé della propria vita. Se passa è solo perché nessuna trasmissione di approfondimento politico ha dato spazio alla questione e nemmeno le opposizioni si sono mobilitate».




Basta torture a chi sta morendo. - di Umberto Veronesi


Umberto Veronesi

«Anche quando siamo prossimi alla fine abbiamo il diritto di non soffrire. E porre fine al dolore di un malato è un gesto dovuto. Da medico». Umberto Veronesi interviene su una questione attualissima.

Pubblichiamo le pagine introduttive del volume "Il diritto di non soffrire. cure palliative, testamento biologico, eutanasia", di Umberto Veronesi, che l'editore Mondadori manda in questi giorni in libreria.

"Io penso che sia necessaria una nuova definizione del termine "eutanasia". Non c'è una vera differenza tra "lasciar morire" (interrompendo l'accanimento terapeutico), "aiutare a morire" (sedando il male e il dolore con dosi sempre più elevate di oppiacei) e "provocare il morire" (somministrando un farmaco o un'iniezione letali). Tutti e tre questi percorsi sfociano, infatti, nella morte. Chiesta o cercata; solo perché la sofferenza ha toccato limiti insopportabili, che sviliscono ogni dignità umana.

E' diritto dell'uomo chiedere la morte, se è stato colpito da una malattia inguaribile e irreversibile? La risposta non può essere che affermativa, perché la vita è un diritto, e non un dovere. Scegliere la morte per evitare sofferenze intollerabili fa parte dei diritti inalienabili della persona, e non si può affermare che la vita è un bene "non disponibile" da parte dell'individuo senza negare il concetto stesso di libertà, sottoponendolo a categorie morali che non possono che essere collettive, e che quindi, di fatto, cancellano l'individuo e negano la sua libera autodeterminazione.

Forse è addirittura giusto e opportuno che scompaia la parola "eutanasia", troppo carica di significati ideologici, che non possono che confondere il discorso. E' ora di porre fine agli schieramenti. Non si tratta di essere "pro vita" oppure di sostenere l'eutanasia. Si tratta di considerare lecita l'anticipazione della morte, se questa è la libera decisione di un essere umano gravemente sofferente.

__img__Non occorre una legge che permetta l'eutanasia, come in Olanda, in Belgio e in Lussemburgo. E' necessario, invece, che l'azione pietosa di anticipare la fine della vita su richiesta del malato inguaribile venga considerata una cura dovuta, e non un atto omicida da depenalizzare. Ovviamente, alla libertà di morire corrisponde specularmente la libertà di vivere. Nessuno può decidere al posto di un altro se una vita è degna di essere vissuta, e il concetto di "qualita' della vita" non può che restare strettamente soggettivo. Questo è vero se si vuole vivere, ed è vero se si vuole morire. In entrambi i casi, tutte le risorse della scienza devono essere messe a disposizione della volontà del malato, che va considerata sovrana e intangibile.

Nel primo caso, quello dell'uomo che vuol vivere nonostante le sofferenze, non deve essere lasciato nulla d'intentato per prolungargli la vita, fosse pure di un'ora soltanto. Nel secondo caso, la scienza deve trovare il coraggio di anticipare la morte decisa e desiderata, e la società civile deve abbandonare il ruolo di guardiana (per conto di chi? Di che cosa?) di una vita torturata e non più voluta. Se diciamo basta alla concezione di eutanasia così com'è stata tramandata nei secoli, diciamo basta a tutta una galassia di vicende oscure, dalle eutanasie clandestine alle interminabili sofferenze dei malati che non ottengono il "permesso" di morire.

Non esiste un'Amnesty International per queste storie di tortura e di negazione dei diritti umani. E per i casi che emergono grazie alla disperata volontà dei tormentati protagonisti, oggi non c'è una risposta di rispetto, ma solo la violenza ideologica dei pareri contrari. Ora bisogna dire: "Basta, silenzio. Diamo la pace a un uomo che ha chiesto di morire. Restituiamo quest'uomo a se stesso".



Stato, mafia e classe politica. di Nicola Tranfaglia


Stato, mafia e classe politica.

Se qualcuno mi viene a raccontare che le trattative tra mafie e Stato sono state l’invenzione di una procura “rossa” e che, nella nostra storia anche recente, non c’è stato mai nulla di simile,avrò la forte tentazione di rispondergli male,magari con una imprecazione.
Basta guardare cosa sta succedendo in questi giorni nelle aule giudiziarie e nei palazzi del potere per rendersi conto che quella è stata una verità storica, di cui purtroppo troppi italiani non riescono a prender coscienza.
Non abbiamo soltanto un ministro, il siciliano Saverio Romano, imputato per associazione esterna a Cosa Nostra, dopo che il sette volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti è sfuggito al carcere soltanto grazie alla prescrizione giudiziaria dopo i processi degli anni novanta.
Ne abbiamo altri due ministri, prima Scaiola e oggi Tremonti, interrogati dalle procure perché hanno acquistato o abitano case pagate da altri. E abbiamo un consigliere politico, l’onorevole Milanese, vicino al superministro dell’Economia,che si fa ristrutturare gratuitamente una casa nel centro di Roma da un’impresa edile amica dello stesso Milanese o di chi altri non sappiamo.
Nello stesso tempo ci sono i vertici della Guardia di Finanza, il corpo che si dedica agli accertamenti tributari dei cittadini normali, che è attraversato da lotte senza esclusioni di colpi che prevedono la diffusione di segreti di stato e altre piacevolezze necessarie a chi condivide il potere del leader populista autoritario.
Quei vertici,a quanto pare, si dividono tra una cordata che fa capo al potente Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio,e l’altra che si riferisce al ministro dell’Economia.
La lotta è aspra e non sappiamo quale delle due cordate prevarrà anche se ormai i rapporti diretti tra Tremonti e Berlusconi sono così peggiorati che il ministro teme addirittura che il leader applichi a lui i noti metodi applicati qualche tempo fa al dissidente Fini e poi al malcapitato direttore dell’Avvenire Dino Boffo.
Del resto quando un ciclo di potere sta per chiudersi e un sistema complessivo di potere entra in crisi- come sta avvenendo sicuramente dopo diciassette anni per il longevo berlusconismo- non c’è da stupirsi che i tecnici servano meno e che i capri espiatori diventino utili e addirittura preziosi nella speranza di allontanare l’inevitabile esito negativo.
Perciò in questo momento è importante che le forze del centro-sinistra non si facciano saltare i nervi, utilizzino tutte le risorse culturali e politiche di cui dispongono per prepararsi ad affrontare il confronto indispensabile per mandare i populisti all’opposizione e a lavorare,con le idee chiare, per la rinascita dell’Italia. Se non ora quando,è il caso ancora di dire.




Multa Mondadori? Pagherà la Rai". - di Giuseppe Giulietti



Marina Berlusconi si è detta sconcertata per l'ovvia sentenza che ha confermato, sia pure con un congruo sconto, la multa a carico di Fininvest per aver " scippato" a colpi di mazzette la Mondadori a Carlo De Bendetti. Purtroppo per loro, i giudici dell'appello non sono stati disponibili a farsi inserire nella sentenza un " emendamento ammazza multa", nè a farsi intimidire dalle tante minacce di queste ore. Naturalmente neppure questa sentenza ,e neppure questa multa serviranno comunque a ripristinare del tutto la legalità violata, dal momento che il malloppo sottratto non sarà restituito ai legittimi proprietari. Berlusconi e i suoi familiari grideranno allo scandalo, ma l'unico vero scandalo resta il gigantesco conflitto di interessi irrisolto che è stato usato e continua ad essere usato per colpire a morte gli avversari, industriali e politici, senza escludere quelli interni, a cominciare dall'odiato Tremonti. Adesso appaiono ancora più chiare le ragioni dello scontro tra Berlusconi e Tremonti, altro che le future prospettive dell'Italia! In realtà il ministro si è rifiutato di inserire nella manovra la norma bidone " ammazza sentenza Mondadori", questo rifiuto ha scatenato la rabbia e la reazione dei mazzieri di arcore che hanno proveduto a sommnistrare una prima razione di bastonate mediatiche all'ex amico ministro. Tra qualche ora saranno servite le nuove razioni di veleni, anzi si chiederà proprio al ministro di confezionare una norma " ad personam e ad aziendam" per aggirare la sentenza o comunque per attenuarne gli effetti. Se proprio non si potrà,basterà far calare ancora di due punti gli ascolti della Rai per recuperare il malloppo, sarà una nuova tassa da scaricare sulle e nelle tasche degli italiani. " Con me non userete il metodo Boffo.." avrebbe detto Tremonti a Berlusconi, dal momento che i berlusconiani, tranne Stracquadanio Giorgio Clelio, hanno sempre negato l'esistenza di un complotto contro l'ex direttore dell'Avvenire. Potrebbe il ministro Tremonti spiegare meglio a cosa si riferisce? Anzi già che si trova perchè non racconta agli italiani qual mano, manina o manona ha inserito, a sua insaputa, la norna " truffasentenza Mondadori" nella sua manovra economica? Se davvero non vuole restare vittima del " metodo Boffo" il ministro dell'economia farebbe bene a correre al più vicino posto di polizia e a raccontare tutto, ma proprio tutto.



Processo Ruby, avvocati di Fede all’attacco: “Competenza al tribunale di Messina”.



“La competenza territoriale del caso Ruby è a Messina”. Così gli avvocati di Emilio Fede si sono difesi nell’udienza preliminare, al tribunale di Milano.Nadia Alecci e Gaetano Pecorella, difensori del direttore del Tg4, hanno spiegato che Fede è nel merito totalmente estraneo alle accuse, e hanno posto al gup di Milano Maria Grazia Domanico la questione preliminare di incompetenza dei magistrati milanesi ad indagare e a giudicare. La ragione dello spostamento a Messina, secondo i legali, sta nel fatto che i pm fanno partire l’attività di induzione e favoreggiamento della prostituzione di Ruby dall’ormai famoso concorso di bellezza di Letojanni (Messina) nel settembre del 2009.

Come ha spiegato l’avvocato Alecci, infatti, “il reato più grave contestato a Fede (ed anche a Lele Mora e a Nicole Minetti, ndr) è l’induzione e il favoreggiamento della prostituzione minorile”. E, ha proseguito l’avvocato, “il primo atto secondo l’accusa che concretizza l’induzione alla prostituzione è il concorso di Letojanni”. Da qui secondo i legali la competenza del Tribunale di Messina. I pm infatti, nel capo di imputazione, spiegano che l’adescamento di Ruby da parte di Fede, Mora e Minetti si verifica nel settembre 2009 in occasione del concorso di bellezza, quando la ragazza aveva 16 anni. I pm nella scorsa udienza avevano già ribadito la richiesta di rinvio a giudizio per i tre imputati.

Anche i legali di Silvio Berlusconi, nel processo a carico del premier per il caso Ruby che riprenderà lunedì prossimo, hanno presentato una questione di incompetenza territoriale. Secondo la difesa del premier, la competenza territoriale si radica a Monza perché la Procura contesta i presunti festini a luci rosse che sarebbero avvenuti ad Arcore, che ricade sotto Monza.

Nell’udienza di oggi è previsto l’intervento dei legali di Chiara Danese e Ambra Battilana, le due ex miss piemontesi di 19 anni che si sono costituite parti civili. Gli avvocati Patrizia Bugnano e Stefano Castrale, legali di Ambra e Chiara (le due giovani non sono presenti all’udienza), hanno parlato oggi davanti al gup per chiedere i danni di immagine, morali e patrimoniali per le due ragazze, che avrebbero partecipato ad un presunto festino hard ad Arcore il 22 agosto scorso. In sostanza i due legali hanno sostenuto l’ipotesi della pubblica accusa e hanno rimarcato come dalle indagini processuali emerge “la cura con cui venivano scelte e selezionate le giovani ospiti dei presunti festini a luci rosse ad Arcore. Gli avvocati Bugnano e Castrale hanno inoltre sottolineato che “gli atti dell’inchiesta sono tali e tanti per cui si impone il rinvio a giudizio”.

All’udienza è presente anche l’avvocato Egidio Verzini, legale di Ruby, che è parte offesa nel procedimento. L’avvocato Verzini, prima di entrare in aula, ha spiegato ai cronisti che il 22 luglio, quando è fissata una conferenza stampa con lo stesso avvocato e la giovane marocchina, “parleremo anche della strategia processuale”. Il legale infatti non ha ancora deciso se Ruby sarà o meno parte civile nel processo sui presunti festini a luci rosse ad Arcore e non ha ancora sciolto la riserva su una eventuale costituzione di parte civile nel procedimento a carico di Fede, Mora e Minetti.