mercoledì 19 ottobre 2011

Il passo indietro è impossibile. Il Cav perderebbe tutto: governo, parlamento, Fininvest. E magari finirebbe in galera.

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I big dell’opposizione, da Casini a Di Pietro, da Vendola a Bersani, s’interrogano sulla destrezza del Cav nello schivare le trappole della democrazia parlamentare - ha affrontato cinquantuno voti di fiducia ed ha subito ben 91 bocciature su altrettanti provvedimenti proposti dal governo - ed è rimasto a galla, irridendo gli avversari per la loro pochezza.

Trovare la risposta ai successi, pur effimeri, del premier non è facile, perché si tratta di moventi multipli, è il caso perciò di esplorare le condizioni peculiari del contesto politico, che rendono inattaccabile, o quasi, in Parlamento, Silvio Berlusconi.

Alla longevità politica del Cav non si può rispondere solo con un’analisi tradizionale sugli equilibri di potere, il bipolarismo imperfetto, i lasciti della Prima Repubblica. Forse non c’entrano niente il governo, la coalizione, il centrodestra, il Pdl e l’alleato fedele leghista, e nemmeno le “seduzioni” di Denis Verdini che riesce a corrispondere ai desideri degli incerti con indubbia bravura.



Silvio Berlusconi non può andarsene come un qualunque uomo politico. Egli assume decisioni o le rinvia sulla base di elementi che sfuggono alla logica cui siamo abituati: non giudica il presente ed il futuro del partito che capeggia, non analizza la salute della coalizione cui appartiene, non è interessato alla sorte della destra o centrodestra. La sua controparte è l’avversario che può spogliarlo dei suoi averi e della sua libertà.

Silvio Berlusconi non può fare alcun passo indietro fino a che il passo indietro significa perdere gli uni o l’altra o entrambi. Chi è sul ciglio dell’abisso e viene invitato ad arretrare di un passo, sapendo che esso segnerà la sua fine, resta incollato al terreno e non si smuove. Anzi, fa di tutto per evitare quel passo. I mezzi, gli strumenti, le iniziative saranno tutti valide; ogni iniziativa diverrà praticabile, ogni azione, spregiudicata o scorretta che sia, verrà presa in considerazione pur di non arretrare.

Fino a quando potrà restare in bilico, ad un passo dall’abisso?

Fino al momento in cui gli sarà dato di trovare un’alternativa, di contrattare l’uscita, di conoscere dove lo condurrebbe il viale del tramonto. Potrebbe “lasciare” o accomodarsi “di lato”, come suggerisce Roberto Maroni, se ci fosse un impegno che lo tuteli dai pericoli che incombono.

L’exit strategy passa dunque attraverso garanzie politiche e giudiziarie. Con le prime egli intende salvare il suo impero economico, la Fininvest, dagli agguati dei suoi successori; con le seconde, intende avere la sicurezza di risolvere i suoi rapporti con la magistratura inquirente e con la magistratura giudicante. Sono in piedi indagini, inchieste e processi. Ci sono filoni d’indagine e procedimenti che potrebbero condurlo alle porte del carcere.

Ma chi mai potrebbe dargli queste garanzie? E’ accaduto che il premier contrattasse con l’opposizione il conflitto d’interesse o la tutela del suo network, ma allora c’era ben poco in ballo, sarebbe bastato accordarsi con il capo dell’opposizione, il più influente e rappresentativo. Ora non è più possibile.
Quanto alle vicende giudiziarie, le Procure coinvolte nelle inchieste e nei processi sono tante, troppe, perché si possa usare la moral suasion.

Occorrerebbe una sorta di impunità ad personam. L’impossibile.

La condizione straordinaria di Silvio Berlusconi non è l’unica ragione dell’empasse. L’altra, legata ancora una volta al premier, ma “estranea” a lui, perché regolata da norme, riguarda il rapporto fra i parlamentari e i capipartito. Silvio Berlusconi, al pari dei leaders degli altri partiti, grazie ad una legge elettorale indecente, può ottenere ciò che vuole dal deputato o il senatore in carica. Lo ha scelto e fatto eleggere. Una nomina, che potrà essere ripetuta a condizione che il nominato abbia dimostrato una fedeltà assoluta.


Silvio Berlusconi, dunque, una potenza di fuoco immensa: controlla un impero economico (assicurazioni, banche, informazione, cinema, settore immobiliare ecc), l’esecutivo e la maggioranza del Parlamento. Tutto questo non basta per governare il Paese, ma basta per proteggere se stesso e i suoi capitali da qualunque agguato, legislativo o giudiziario con un esercito di avvocati-parlamentari.

Se cambiano gli equilibri e la fase di transizione non può essere controllata, direttamente o attraverso persone di assoluta fiducia, può crollare tutto, come un castello di carta.

L’empasse sta proprio qui: il passo indietro può avvenire solo se si realizzano condizioni che, sulla carta, sono impossibili da ottenere.

 

MAURIZIO CROZZA - Ballarò 18/10/2011 - La lettera B

Mediatrade, Berlusconi prosciolto "Uno scandalo le accuse smentite"



Mediatrade, Berlusconi prosciolto "Uno scandalo le accuse smentite"
(ansa)



Esulta il premier per la decisione del gup di Milano Vicidomini. I pm ricorrerano in Cassazione. Il figlio Pier Silvio e Confalonieri rinviati a giudizio. Per loro udienza il 22 dicembre. Ghedini "Il giudice ci ha ascoltato. Ora lo stesso per Mediaset". E a Roma stabilita la data del processo a Marco Milanese per finanziamento illecito ai partiti: udienza il 21 febbraio. 


MILANO - "Adesso tutti mi chiedono se sono soddisfatto, non lo sono perché sono stato accusato di una cosa che non sta nè in cielo nè in terra". Così il primo ministro Silvio Berlusconi commenta il suo proscioglimento dall'inchiesta Mediatrade. "E' un grande scandalo che i pm abbiano portato contro di me accuse che i loro stessi colleghi hanno smentito" ha aggiunto. Per poi sottolineare: "E' il 25esimo processo da cui sono prosciolto".


Il gup di Milano Maria Grazia Vicidomini ritiene che le prove raccolte a carico di Berlusconi, accusato di frode fiscale fino al 2009 e di appropriazione indebita fino al 2006, non siano sufficienti a giustificare l'avvio di un processo penale. Rinviati invece a giudizio tutti gli altri imputati, tra cui il figlio del premier Pier Silvio e Fedele Confalonieri, presidente Mediaset. Per loro e gli altri nove indagati il processo inizierà il 22 dicembre davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Milano. I pm Fabio de Pasquale e Sergio Spadaro 1 impugneranno la decisione del gup su Berlusconi con un ricorso in Cassazione.


GUARDA Mediatrade, storia di un'inchiesta 2


"E' una decisione che è assolutamente in linea con gli atti processuali - commenta Niccolò Ghedini, uno dei difensori del premier - evidentemente il giudice ha ritenuto che Berlusconi non aveva alcuna compartecipazione nè formale nè sostanziale nella vicenda". "Non si tratta di un vittoria - ha aggiunto - ma della decisione giusta di un gip che ha voluto ascoltare le nostre ragioni e prendere una decisione che potrà riverberarsi anche sul processo dei diritti tv di Mediaset". Ghedini ha poi detto di essere "stupito" dal fatto che il giudice non abbia dovuto prendere analoga decisione per il figlio Pier Silvio.


"La decisione del proscioglimento del presidente del Consiglio - afferma Filippo Dinacci, difensore di Pier Silvio Berlusconi - è importante perché va a colpire l'intero impianto accusatorio. Ora si tratterà di portare alla coerente conseguenza tale decisione alla quale non potrà non seguire una assoluzione degli imputati in dibattimento".


LEGGI Tutti i processi del Cavaliere 3


"Una decisione rara - commenta ironico l'avvocato Piero Longo - ma una rondine non fa primavera". Come sostiene anche Ghedini, il proscioglimento del premier non significa "che il clima sia cambiato": "L'accanimento continua - ha detto - basta vedere come hanno ridotto le liste testi nel processo sui diritti tv Mediaset". I giudici di Milano, per il processo Mediaset, stanno infatti cercando di accelerare i tempi perché il reato non cada in prescrizione 4.


Il processo Mediatrade 5 vedrà coinvolti così undici dei dodici indagati. Oltre a Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri, l'imprenditore Frank Agrama (rinviato a giudizio per frode fiscale e appropriazione indebita), Giorgio dal Negro (frode e appropriazione), Daniele Lorenzano (frode e appropriazione), Gabriella Ballabio (frode e appropriazione), Roberto Pace (frode e appropriazione), il banchiere Paolo del Bue (riciclaggio), Giovanni Stabilini (riciclaggio) e i due cittadini cinesi residente a Hong Kong Paddy Chan (riciclaggio) e Catherine Hsu Chun (riciclaggio).


Nel pomeriggio è arrivato anche il commento di Mediaset: "Il gup di Milano - si legge nella nota - ha stabilito che nel procedimento Mediatrade-Rti non si è verificata alcuna appropriazione indebita da parte dell'azionista di maggioranza di Mediaset Silvio Berlusconi". Così, secondo la società, verrebbe a "a cadere l'intero impianto accusatorio". Per questo motivo, si continua dal gruppo, "i rinvii a giudizio degli amministratori di Mediaset per frode fiscale risultano difficilmente comprensibili". "Il dibattimento - scrivono - dimostrerà la totale estraneità anche di Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi rispetto alle accuse ipotizzate".


Secondo l'accusa, gli imputati acquisivano diritti di trasmissione da Mediaset a prezzi gonfiati  per il tramite di società di comodo 6. Il raggiro si attesterebbe "nel periodo 2000-2005 complessivamente in 34 milioni di dollari". 


GUARDA Mediatrade, così si gonfiavano i diritti TV 7


Il denaro veniva "trasferito a partire dal 1999 dalla società Mediatrade, e successivamente da Rti (Reti televisive italiane, ndr), alla società Olympus trading a titolo di pagamento dei diritti". La frode fiscale, invece, sarebbe iniziata secondo la procura nel 2005 e sarebbe andata avanti fino al 2008, per un importo totale di tasse non pagate che si aggira sugli 8 milioni di euro. In un messaggio del marzo 2011 il premier aveva detto:  "Sono tutte accuse infondate" 8.


Marco Milanese dal 21 febbraio in aula. Processo con citazione diretta per il deputato del Pdl, Marco Milanese, ex consigliere politico di Tremonti. L'udienza è stata fissata per il prossimo 21 febbraio davanti al tribunale monocratico di Roma. Milanese, nell'ambito dell'inchiesta su appalti Enav, è imputato di finanziamento illecito ai partiti per la compravendita di uno yacht 9.


Con Milanese sono rinviate a giudizio altre quattro persone. Si tratta dell'imprenditore Tommaso Di Lernia, titolare della Print System e della Eurotec, dell'ad di quest'ultima Massimo De Cesare, dell'ex consulente esterno di Finmeccanica Lorenzo Cola e di Fabrizio Testa, ex presidente di Tecnosky.

http://www.repubblica.it/politica/2011/10/18/news/mediatrade_berlusconi_prosciolto-23429103/?ref=HREC1-8

Firme false, la lista di 1.500 nomi nel pc dell'assistente della Minetti.



Firme false, la lista di 1.500 nomi nel pc dell'assistente della Minetti
Nicole Minetti e Clotilde Strada



I radicali chiedono l'intervento del presidente Napolitano. Formigoni: "Ho vinto col 57 per cento dei voti. Il resto è un'acrobazia da legulei". Il Pd: "Pdl e Lega si assumano le loro responsabilità".


di DAVIDE CARLUCCI e TIZIANA DE GIORGIO


La prova regina, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria e del nucleo operativo che indagano con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo l’hanno trovata nel computer di Clotilde Strada, l’assistente personale del consigliere regionale Nicole Minetti. Nella memoria del pc — lo stesso che i pm Antonio Sangermano e Ilda Boccassini hanno analizzato per conoscere i segreti del “caso Ruby” — c’era un file che potrebbe rivelarsi decisivo per dimostrare che le firme raccolte per la candidatura di Roberto Formigoni alle elezioni regionali del 2010 erano false. È un elenco di 1.500 nominativi, e relativi estremi anagrafici, che risale al 2005, ovvero alle precedenti regionali. 


Firme false, bufera su Formigoni I documenti taroccati I radicali in tribunale con le firme false


Quel che gli investigatori sospettavano da tempo ha trovato riscontro in quel file. Fra i 1.600 testimoni sentiti nel corso delle indagini, infatti, ce ne sono stati alcuni — meno di un centinaio — che hanno disconosciuto non solo le loro firme, ma anche gli estremi delle carte d’identità 
rilasciati per convalidare le loro sottoscrizioni. E le sigle identificative dei documenti personali sono state ritrovate nell’elenco del 2005. Spiegazione: erano le vecchie carte d’identità, nel frattempo scadute, degli inconsapevoli sottoscrittori che nel frattempo le avevano rinnovate. 


Ma non è l’unica sorpresa contenuta nelle informative dei carabinieri. Curiosa è anche la richiesta, da parte del consigliere provinciale pdl Barbara Calzavara, di 220 certificati elettorali al Comune di Milano di persone che di lì a dieci giorni si sarebbero ritrovati nell’elenco a loro insaputa. Altra incongruenza, i due “elenchi fotocopia” per Formigoni e per il Pdl: improbabili firmatari che un giorno sottoscrivono per il listino del governatore e il giorno dopo lo fanno, nello stesso ordine cronologico, per la lista provinciale. Com’è possibile?


Formigoni continua a non scomporsi. E si mantiene ben lontano da un gesto di scuse, chiesto anche da chi si è visto rubare la firma: «La gente di Lombardia ha deciso Formigoni con il 57 per cento, oltre 20 punti di distacco rispetto al secondo — ripete il governatore — questo è il dato che interessa». Il resto sono «acrobazie di legulei». E poi: «C’è un giudice imparziale che alla fine deciderà, prima è inutile chiacchierare».


Ma i radicali controbattono: «Le sentenze arriveranno solo dopo la fine della legislatura di questo consiglio regionale abusivo», dicono Marco Cappato e Lorenzo Lipparini davanti al gazebo allestito in piazza Cordusio, tappezzato con le riproduzioni degli elenchi con le firme fasulle. E rilanciano con una petizione al presidente Napolitano perché il giudizio arrivi in tempi brevi, vista la decisione della Corte costituzionale che autorizza solo il giudice civile a verificare la veridicità delle firme. Decisione, questa, che rischia di allungare a dismisura i tempi del giudizio. I radicali puntano il dito anche sui nomi degli indagati: «Ci sono solo gli esecutori materiali, mancano i mandanti politici». A chiedere a Pdl e Lega un’assunzione di responsabilità è anche il pd Giuseppe Civati. «Non possono continuare a far finta di niente».

http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/10/19/news/firme_false_la_lista_di_1_500_nomi_nel_pc_dell_assistente_della_minetti-23465327/?ref=HREC1-7

Quei dossier segreti di Lavitola tra Cosentino e la Guardia di Finanza.

Quei dossier segreti di Lavitola tra Cosentino e la Guardia di Finanza


Le intercettazioni effettuate nell'ambito dell'inchiesta di Pescara mettono in luce tra l'altro lo stretto rapporto del faccendiere con il coordinatore del Pdl in Campania, per il quale i pm avevano chiesto l'arresto per concorso in associazione camorristica. I sospetti su Milanese, le telefonate al generale Poletti

ROMA - A Valter Lavitola piace la politica fatta coi dossier. Spionaggio e colpi bassi. Il suo mondo è questo. Ci si muove come un pesce. Lo dimostrò nel caso di Fini, della casa di Montecarlo, della falsa lettera prodotta nel paradiso fiscale di St. Lucia. Ora le intercettazioni di Pescara rivelano il suo stretto rapporto con un altro maestro di patacche. Nicola Cosentino, il coordinatore del Pdl in Campania, che i magistrati di Napoli avrebbero voluto arrestare per concorso in associazione camorristica, ma si salvò per il no di Montecitorio. Lui, quello che tramava contro l'attuale governatore Caldoro. Finito pure nell'inchiesta sulla loggia P3, Cosentino riceve i "baci" di Lavitola, insieme si scatenano contro Marco Milanese, allora potente uomo di Tremonti. Promette e porta con sé carte compromettenti il giornalista-faccendiere tutt'uno con Berlusconi. Incartamenti che si procura grazie ai suoi rapporti stretti con alti gradi delle polizie. Sono almeno una sessantina le sue telefonate agli atti con alti ufficiali della Gdf, tra cui il generale Paolo Poletti, vice capo dell'Aise, il servizio segreto civile, "James" come lo apostrofa Lavitola paragonandolo a Bond. Appuntamenti continui, tra un affare in Albania e una manovra per caldeggiare a Berlusconi un loro "protetto", il generale Spaziante.

Bisogna rendere pan per focaccia
(6 novembre 2009 ore 15.45)
Già ci sono sufficienti pezze d'appoggio, a Napoli, per dimostrare come Cosentino tramò contro Stefano Caldoro. Adesso se ne aggiunge un'altra, fattuale. Lavitola, proprio in quell'autunno del 2009 in vista delle amministrative dell'anno seguente, dà carte a Cosentino per giocarsele contro chi lo attacca, come l'allora compagno di partito Italo Bocchino.
Cosentino "Valter, sò Nicola".
Lavitola "Ehi Nick, t'avevo appena chiamato. Ti volevo dire due cose: sulRoma ci sta una porcata in prima pagina che tu saprai no? (il 6 novembre sul quotidiano che fa capo a Bocchino esce la notizia della richiesta d'arresto per Cosentino, ndr.)".
C. "Sì, sì".
L. "Io ti chiederei, se ti è possibile, di chiamare il presidente e scagliarti ufficialmente contro quella checca e poi utilizzare immediatamente quelle cose che ti avevo dato io ieri, perché a stò punto bisogna rendere pan per focaccia".
C. "Sì, sì, ho già provveduto a fare una cosa contro di lui, al presidente gli ho mandato un report che gli è arrivato".
L. "Vabbè, ma telefonalo scusami. Telefonalo e scagliati contro di lui ufficialmente, dammi retta a me, ti prego, fallo".
C. "L'ho fatto già".
L. "Ma ci hai parlato?".
C. "No, gli ho mandato una cosa che lui sicuramente legge".
L. "Telefonalo e fai l'incazzato, dicendo "questo qua mi ha rotto i coglioni", quando ci parli chiamami che subito dopo lo chiamo io".
C. "Ho capito, vabbè".
L. "Fammi sapè Nico', un bacione".

Milanese lavora per incularci
(3 novembre 2009 ore 18) 
Lavitola avanza un sospetto pesante, che ci sia Marco Milanese dietro le fughe di notizie su Cosentino, per fargli perdere la corsa alla presidenza della Regione Campania.
Lavitola "Ti volevo dire, tu con Milanese che rapporto c'hai?"
Cosentino "Buono...".
L. "Vedi che è lui che sta lavorando per incularci...".
C. "Siiiiì...".
L. "Finalmente l'ho scoperto, al 90% va, non voglio dire al 99 per non eccedere in presunzione".
C. "Ah, e perché secondo te?".
L. "Non lo so, questo mo' mi chiedi troppo. Non lo so, però sono quasi certo che chi sta facendo uscire le notizie a Repubblica e al Corriere, eccetera, è lui al 90%, perché con te non posso fa figure di merda che ti dico al 99. E chi sta dando segnali molto negativi sulla tua candidatura utilizzando una serie di cazzi, è lui".
C. "È lui...".
L. "Sì, comunque vediamoci e ti dico".

Ciao james, ho cose interessanti
(12 novembre 2009 ore 13.13)
Sono tante le chiamate tra Lavitola e Poletti. A cominciare da quella in cui lo chiama James.
Poletti "Pronto".
Lavitola "Ciao James".
P. "Oh, come stai?".
L. "Bene, tu come va?".
P. "Eh, sopravvivo, è una giornataccia".
L. "Poi dicono che i servizi non lavorano eh eh...".
P. "Burocrazia ma lavorano... grande burocrazia".
L. "Tutte le cose che mi piacerebbe fare a me, missioni impossibile tipo film non le fai tu".
P. "Per quelle devi andare al cinema".
L. "A me non mi potreste arruolare e farmi fare qualche cosa dal genere?".
P. "Al cinema, io parlo con un regista, ti faccio assume dal regista".
L. "Ci vediamo per piglià un caffè, pago io ovviamente. (... ) Ti voglio raccontà un po' di cose interessanti".

Dove sei? passa subito da me in ufficio
(19 ottobre 2009 alle 17.56)
Lavitola "Comandante...".
Poletti "Dove sei?".
L. "In ufficio".
P. "Io sono di passaggio a piazza San Silvestro, tu puoi passare da me in ufficio subito?".
L. "In ufficio da te subito? Sì. O vengo a piazza San Silvestro".
P. "Però ci devi impiegare tre secondi perché sto veramente...".
L. "Ok io esco, in questo istante...".

So che su di te posso fare affidamento
(3 novembre 2009 ore 11.51)
Tono familiare tra Lavitola e Poletti. Il primo deve concludere un affare in Albania e ne parla ripetutamente con il generale. Che per certo lo sta a sentire.
Segretario "Signor Lavitola? Le passo il generale Poletti".
Lavitola "Pronto? Paolo? Walter... io lo so che ti rompo però".
Poletti "No no no...".
L. "Ti devo dire la verità, io non so che cosa fare, la mattina mi hai detto di andare da lui (Berlusconi, ndr.) per parlare di queste cose, mo' abbiamo fatto una lunga chiacchierata al telefono, io non so che cazzo dirgli, dico la verità comincio ad essere preoccupato. Poi, con quelli lì di fuori, io sono stato lì, ti dico la verità, se è vero il 5% di quello che ho visto io, ci sta da fare bingo, ma un bingo biblico. Però a me, al di là degli affari miei che so che su di te ci posso fare affidamento, però Paolo io ho bisogno di vedere te per sapere se è possibile, scusami se mi permetto, ma vorrei delle risposte certe e definite perché mo' mi sto ficcando in una papocchia... e l'altra è parlare con questo qua prima di giovedì assolutamente, perché se no faccio la figura del buffone, mi scoccerebbe tanto..."
P. "... eh vediamo un attimo che posso fa...".
L. "Ma tu per quella questione dell'Albania mi confermi che si può andare avanti?".
P. "Lì sì, sì, si può andare...".
L. "Paolo scusami se insisto, ma ti dico la verità, mi metto in un pasticcio micidiale, io se non si fosse trattato di te non mi sarei neanche mai...".
P. "L'Albania d'accordo è un fatto...".
L. "Ma pure quell'altra... io non so se ti rendi conto ma è una cosa delicatissima... che poi non era come ti diceva il tuo amico... poi ti dico insomma... il capo lì non se ne sbatteva minimamente i coglioni, anzi non si fida per quei motivi che diciamo noi, io gli ho chiesto cinque volte, no una volta, ti fidi? siamo sicuri? ti fidi?... io gli ho detto che era una cosa tramite te, però Paolo scusami ti ripeto... ci dobbiamo vedere... anche se la mattina presto, la notte, quando te pare... anche se non sei proprio il mio tipo...".
P. "Farò quello che posso... visto che mo' se po' cambia'...".
L. "I tacchi te devi mette... sei più affascinante...".

Il capo ha detto che si fa garante della situazione
(14 ottobre 2009 ore 20.16)
Lavitola si batte come un leone per accreditare il generale della Gdf Spaziante presso Berlusconi e farlo nominare ai vertici della Gdf. Per questo lo fa anche incontrare con lui il 14 ottobre alle 18. Subito dopo parla dell'avvenuto incontro con Poletti, altro suo sponsor.
Lavitola "Hai avuto notizie?".
Poletti "Sì, sì, ho finito mo' la riunione, ... (Spaziante, ndr.) ha trovato la situazione già fatta, nel senso che quello ha detto sì, ma bisogna fa prima quello, poi io mi faccio garante di te, bisogna fa prima quello eccetera eccetera".
L. "Come avevamo scritto noi...".
P. "Esattamente".
L. "E vabbè, ma del vice comandante?".
P. "No, non gli ha detto niente".
L. "Ma il bilancio com'è stato, io mo' sto andando là e non so che cazzo dire".
P. "Il bilancio è stato questo qui...".
L. "Ma lui è restato soddisfatto, non soddisfatto...".
P. "Soddisfatto sì, assolutamente sì".

martedì 18 ottobre 2011

Profumo accusato di frode fiscale Sequestrati 245 milioni a Unicredit.




Sotto inchiesta altri 16 manager. Il reato risalirebbe al 2007-2008 e sarebbe stato commesso con la banca inglese Barclays. L'istituto di credito italiano avrebbe risparmiato.

MILANO - Alessandro Profumo, ex amministratore delegato di Unicredit, è indagato dalla Procura di Milano per frode fiscale nell'ambito del caso 'Brontos'. Con lui, sotto inchiesta, altri 16 manager. E a Unicredit sono stati sequestrati 245 milioni, quantificati come il profitto del reato che sarebbe stato commesso dalla banca tra il 2007 e il 2008 attraverso l'operazione. La presunta maxi frode fiscale sarebbe stata organizzata con la banca inglese Barclays, con interessi travestiti da dividendi.

In base alla normativa italiana, Unicredit avrebbe dovuto pagare le tasse sul 100% degli interessi di deposito interbancario e invece  ha pagato soltanto il 5% sui dividendi dell’apparente operazione «pronti contro termine», perché per legge essi sono deducibili al 95%. Travestendo in dividendi quelli che erano interessi insomma - secondo il procuratore aggiunto Alfredo Robledo - Unicredit avrebbe ottenuto un enorme risparmio di imposte Ires e Irep: al fisco sarebbe così stato sottratto un imponibile di centinaia di milioni di euro.

Il banchiere Profumo è accusato di «dichiarazione fiscale fraudolenta mediante altri artifici» per aver dato il via libera alla richiesta di approvazione dell'operazione. Indagate altre 16 persone, compresi gli allora responsabili in Unicredit spa dell’area Finanza (Luciano Tuzzi), dell’area Affari fiscali (Patrizio Braccioni) e della Direzione Programmazione-finanza-amministrazione (Ranieri De Marchis). Altri tre indagati appartengono invece alla banca inglese Barclays, che avrebbe proposto l'operazione Barclays. 



http://www.repubblica.it/cronaca/2011/10/18/news/profumo-23458258/



Il 15 ottobre segna uno spartiacque.




Assieme a centinaia di migliaia di persone mi sono sentito espropriato di un diritto democratico, quello di manifestare pacificamente contro il Governo e la Banca Centrale Europea, cosi come deciso dai promotori della manifestazione del 15 ottobre.
Un diritto democratico che appartiene a tutti e se altri soggetti pensano che bisogna cercare lo scontro con la polizia e il saccheggio della città hanno il diritto di farsi la “loro manifestazione”.
Ciò che non è tollerabile è quello di usare strumentalmente come scudo protettivo centinaia di migliaia di persone per perseguire vigliaccamente il loro obiettivo.
L'oceanica manifestazione del 15 ottobre è stato oggetto dell'aggressione da parte di gruppi organizzati con un piano preordinato che aveva l'obiettivo di fare fallire, dimostrare l'impossibilità di potere svolgere una pacifica manifestazione con la sua conclusione in Piazza S.Giovanni. 
Ci sono riusciti, hanno raggiunto l'obiettivo ed ora tenteranno una campagna di reclutamento, perchè loro, insieme al Governo e alla BCE, sono i “vincitori” di quella giornata.
Di questo stiamo parlando e non di fantomatiche rivolte e/o di gente incazzata, di disagio sociale che non c'entrano assolutamente nulla. Se il corteo fosse entrato in Piazza S. Giovanni sarebbe successo un macello dalle proporzioni inimmaginabili ed è per questa ragione che vari spezzoni del corteo, dagli studenti a Uniti per l'Alternativa, alla Fiom hanno deciso di deviare per altri percorsi, dal Circo Massimo a Piazza Vittorio.
Non dico nulla sulle responsabilità politiche, la situazione della sinistra, la polizia, che considero scontate perché quello che mi interessa è il futuro di questo Movimento che doveva trovare nel 15 ottobre un momento di crescita e di espansione importante, ed invece, oggi deve fare i conti con un disastro politico.
Da dove ripartire?
Da quel corteo che inveiva contro gli omini vestiti di nero, che urlava “fascisti” e “fuori, fuori dal corteo”; dal corteo di decine di migliaia di giovani che la sera si sono riappropriati della manifestazione tornando alla Sapienza.
Questo Movimento, penso agli studenti, ai Referendum, ai Metalmeccanici hanno fatto della democrazia e della partecipazione un aspetto decisivo, eversivo rispetto ai processi sociali, istituzionali e politici in atto, che oggi deve fare i conti con un soggetto comunque camuffato che teorizza e pratica l'opposto, quello dei commando militari, della negazione della democrazia.
Non ci possono essere ambiguità, perché i guasti che si sono prodotti sono pesanti per tutti e non ci troviamo di fronte alla espressione sbagliata di una parte del Movimento, ma alla sua totale estraneità, alla sua totale contrapposizione. Il 15 ottobre non può che essere uno spartiacque, tanto più con le sfide che avremo di fronte, per la crescita di un Movimento dalle molteplici voci ed esperienze di lotta che ha assunto la  democrazia come pratica  identitaria e dunque non può ne giustificare, ne tollerare ciò che è accaduto.

Gianni Rinaldini