mercoledì 16 novembre 2011

Ran Raffaele, in corso perquisizioni. Un fermo. Don Verzè indagato per bancarotta.






L’inchiesta sulle vicende del San Raffaelegiunge a un punto di svolta. Dalle prime luci dell’alba sono in corso perquisizioni in una ventina di uffici, anche della presidenza, di alcuni degli indagati nell’inchiesta milanese sullabancarotta di oltre un miliardo che coinvolge i vertici dell’ospedale fondato da don Luigi Verzè. Le toghe puntano a fare luce sull’esistenza di presunti fondi neri e anche il prete-manager è finito sotto la lente degli investigatori per concorso in bancarotta.

Gli uomini della Guardia di Finanza sono al lavoro per acquisire materiale e documenti utili alle indagini che, nelle ultime ore, hanno portato ad allungare la lista degli indagati e a far scattare le manette per Piero Daccò, l’intermediario per consulenze e rapporti d’affari dell’ospedale, accreditato come molto vicino a Comunione e Liberazione. Il suo fermo è stato trasformato nella notte in arresto per pericolo di fuga. Anche lui, come don Verzè e gli altri è indagato di concorso in bancarotta. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire i movimenti che hanno portato alla voragine finanziaria di oltre un anno e mezzo, a a partire dai movimenti di denaro ritenuti sospetti. Come svela il Corriere della Sera, ciò che per il momento è chiaro alla procura di Milano è il meccanismo: la Fondazione San Raffaele paga (molto) più del dovuto i suoi fornitori che in un secondo momento restituiscono parte della somma in contanti. Così la Fondazione si sarebbe procurata enormi somme di denaro nero che l’ex barccio destro di don Verzè Mario Cal (il vicepresidente che il 18 luglio, durante i giorni della bufera giudiziaria, si è suicidato) avrebbe consegnato proprio a Daccò. Per destinazioni ancora sconosciute alla stampa.

Tra gli indagati, sempre per il meccanismo delle restituzioni in nero al San Raffaele, figurano anche i due costruttori Pierino e Giovanni Luca Zammarchi (padre e figlio) che hanno avuto lavori in appalto dalla struttura sanitaria per decine di milioni di euro. I due sono stati interrogati a lungo ieri dai titolari delle indagini.

Così, dopo circa sette mesi da quel 23 marzo, quando venne dichiarata la crisi finanziaria dell’istituto, le indagini sembrano arrivare a un punto di svolta dopo la decisione del Tribunale di Milano che il 28 ottobre, al posto del fallimento del colosso finanziario, ha optato per il concordato preventivo accettando (seppure con molti distinguo) il piano di risanamento presentato dallo Ior(la banca del Vaticano) e dall’imprenditore genovese Vittorio Malacanza.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/16/raffaele-corso-perquisizioni-fermo-verze-indagato-bancarotta/171050/

La Calunnia The Barber of Seville. - Simone Alaimo.



GRANDISSIMO SIMONE!
Il brano sembra composto per lui.

martedì 15 novembre 2011

Napolitano: su lavoro alt raccomandazioni e favoritismi.




'Assunzioni siano trasparenti, Italia offra a giovani opportunita''.


Giorgio Napolitano


ROMA - L'Italia ''deve diventare il piu' rapidamente possibile un Paese aperto ai giovani, deve offrire opportunita' non viziate da favoritismi e creare per il lavoro sistemi assunzione trasparenti'' che smentiscano ''la convinzione che le raccomandazioni servano piu' dell'impegno personale''. Lo ha detto il presidente Napolitano.

Bisogna ''creare per il lavoro - ha detto Napolitano - sistemi assunzione trasparenti che creino un vero ascensore sociale smentendo cosi' la convinzione che le raccomandazioni servano piu' dell'impegno personale''. Bisogna, ha concluso, ''smontare la convinzione secondo cui le occasioni siano riservate a certi ambienti''.

Mettere al bando le raccomandazioni, riconosce l'impegno personale, mettere ''al centro delle politiche il riconoscimento del merito e' necessario, non significa solo proporre equita', significa crescita'', ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano incontrando i ''nuovi cittadini italiani''. Occorre dare ai giovani ''opportunita' non viziate da favoritismi'', da raccomandazioni, far vedere che le buone occasioni non sono riservate ''a certi ambienti''.
IMMIGRATI CI AIUTANO A PORTARE FARDELLO DEBITO  - Gli immigrati, i loro figli che diventano italiani aiutano l'Italia a "portare il fardello del debito pubblico, che senza di loro sarebbe ancora più difficile sostenere", ha detto Giorgio Napolitano in una cerimonia al Quirinale. Il presidente della Repubblica ha ricordato che senza di loro l'Italia oltre ad essere più vecchia "avrebbe meno potenzialità di sviluppo". I figli di immigrati nati in Italia sono oltre mezzo milione, quelli che studiano nelle nostre scuole sono 700 mila, ma ancora pochi ottengono la cittadinanza.
Giorgio Napolitano ha chiesto più comprensione per "I bambini nati in Italia che fino ai 18 anni si trovano privi della cittadinanza di un paese al quale ritengono di appartenere, e se ne dispiacciono, se ne meravigliano, perché si sentono italiani come i loro coetanei. Lo stesso sentimento - aggiunge il capo dello Stato - provano coloro che sono arrivati in Italia da piccoli: ritengono di avere diritto ad un trattamento che riconosca il loro percorso di vita ed educativo". C'é ormai, fa osservare, un'ampia disponibilità dell'opinione pubblica a fare questo passo. "Questa dei bambini e dei ragazzi è la principale questione che rimane aperta all'interno dei vari progetti di riforma della legge sulla cittadinanza" ha detto Napolitano al Quirinale durante la cerimonia annuale riservata ai 'nuovi cittadini''. Negli ultimi venti anni, ha detto, il numero di stranieri residenti in Italia è aumentato di dodici volte, ma gli immigrati che hanno ottenuto la cittadinanza sono rimasti "relativamente pochi", anche se negli ultimi dieci anni il ritmo è aumentato. Per fortuna ormai nella comunità nazionale "i figli degli immigrati non contano solo per il numero, ma anche per le capacità che esprimono". Erano già pochi e sono sempre meno coloro che considerano negativa la presenza dei figli degli immigrati a scuola con i loro figli. Quasi tutti, ha concluso Napolitano, hanno compreso che in realtà "si tratta di una sfida e di una fonte di stimoli fruttuosi".

Spread a quota 530, Btp al 7% Piazza Affari giù in picchiata.




Si alza la tensione sul debito sovrano italiano. Il rendimento dei titoli di Stato decennali vicino alla soglia del 7%. Il differenziale con la Germania torna sopra il livello di guardia.


MILANO - Seduta in rosso per le Borse del Vecchio continente trascinate al ribasso da Milano che cede oltre il 3%. Perdite anche per Londra (-1,08%), Francoforte (-2,13%) e Parigi (-1,96%). Gli investitori sono allarmati dalla crescita dei rendimenti dei titoli di Stato che rischia di aggravare la crisi del debito pubblico in Europa. In mattinata il differenziale di rendimento tra i titoli decennali tedeschi e italiani si è allargato fino a tornare sopra la soglia dei 531 punti e portando i Btp oltra al 7%. Percorso inverso per i Bund, che continuano a scendere sotto l'1,8%. Nuovo record anche per lo spread tra i titoli tedeschi e francesi arrivato a 172,6 punti. 

In Germania, però, l'indice Zew che misura le aspettative per l'andamento dell'economia per i sei mesi a venire è sceso a novembre a -55,2 punti, con un calo di 6,0 punti a novembre. Si tratta del livello più basso dall'ottobre 2008. Gli analisti si aspettavano un calo più limitato a -52,8.

Le tensioni si sono abbattute anche su Wall Street: ieri sera la Borsa americana ha chiuso in calo con il Dow Jones che ha perso lo 0,6%, lo S&P 500 lo -0,9%, il Nasdaq lo -0,8%. Andamento debole stamattina anche per le Borse asiatiche 1: Tokyo ha chiuso in calo  dello 0,7%. 

Il nervosismo dei mercati si riflette anche sull'euro che si è  indebolito nei confronti del dollaro ed è scambiato a 1,35. Poco mosso il petrolio, è in calo l'oro a 1.769 dollari all'oncia.

Mario Monti, incaricato dal presidente della Repubblica di formare un nuovo governo, incontrerà in mattinata gli esponenti dei due principali partiti italiani, Pd e Pdl, mentre il pomeriggio verrà dedicato alle parti sociali. Al termine degli incontri Monti, che ieri sera ha detto di vedere necessario per le riforme un arco temporale fino a fine legislatura (primavera 2013), potrebbe sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri a Napolitano.

Tra i titoli sotto osservazione Finmeccanica 2 che ha annunciato un rosso, nei primi nove mesi dell'anno, di 767 milioni di euro: il titolo è stato sospeso per eccesso ribasso, per poi tornare in contrattazione.



http://www.repubblica.it/economia/finanza/2011/11/15/news/vola_lo_spread_con_i_btp_al_6_8_piazza_affari_apre_in_picchiata-25022888/?ref=HREA-1

Ricordando Lillo l'ispettore rivela: ''quelle pallottole erano per me''.





Fu riconosciuto da tre latitanti durante un sopralluogo a Ciaculli, dopo qualche giorno  arrestammo il capomafia di Villabate. I mafiosi si convinsero che ''la colpa'' era di Lillo, ma quelle indagini le avevo promosse io: se avessero saputo la verita' i killer avrebbero cambiato bersaglio.
di Pippo Giordano*

Oggi ricorre l'anniversario della morte di Lillo ed io voglio ricordare gli ultimi istanti che lo vidi in vita.
I ricordi li sintetizzo in due immagini che sono rimasti scolpiti nella mia mente, oltre che nel cuore. La prima, è l'immagine di un ragazzo disteso e privo di vita su una lastra di marmo: giovane, troppo giovane per morire. La seconda che ha il sopravvento sulla prima è l'ultima volta che lo vidi in vita, euforico e sorridente.
Era felice, raggiante, oserei dire esultante quel sabato, quando innanzi al portone della Mobile di Palermo nel salutarci gli avevo detto: “Lillo, lunedì vediamoci prima, perché dobbiamo iniziare le indagini “pi pigghiare u Papa” (Michele Greco). Stessa cosa avevo detto all'altro componente la mia pattuglia. Già, la mia pattuglia che aveva osato profanare il santuario di Ciaculli; che si era intrufolata in quel territorio di esclusivo predominio dei Greco e della più potente squadra di killers di Cosa nostra, capitanata da Scarpuzzedda.

Il lunedì mattina del 15 novembre '82 avevo l'appuntamento con Lillo, ma la domenica 14 la tragedia. Lillo fu barbaramente assassinato da killers di Cosa nostra.

Il periodo trascorso con Lillo, fu relativamente breve: poco più di due mesi. Due mesi di intensa attività per catturare un capo famiglia. Lillo ed io eravamo poco loquaci e durante il nostro appostamento le ore scorrevano in silenzio, riempite solo dalla dolce visione della Conca d'Oro. Oggi, riflettendo, concludo che eravamo Davide contro Golia rappresentato dalla furia omicida di Cosa nostra. E fu in quei prolungati silenzi che nacque la nostra amicizia. Il là lo diede Lillo facendomi una confidenza davvero sconcertante, che riguardava il nostro ambiente di lavoro. Da quel giorno ci dicemmo tanto senza nemmeno profferire parola. I nostri sguardi erano colmi di tristezza per la “confidenza”: tristezza che sparì allorquando vedemmo il latitante, uscire da quella villa. La nostra testardaggine di non mollare, era stata premiata; erano giorni e giorni, addirittura settimane, che eravamo lì appostati.

Lillo, era un ragazzo eccezionale, portatore di sani principi e di rispetto per la divisa che indossava: credeva ciecamente che fare il proprio dovere non era un obbligo ma una necessitate virtutem: la confidenza era la prova del nove. 
Ed io, oggi, non perdo occasione, durante gli incontri con ragazzi delle scuole o nei pubblici dibattiti, di far risaltare le doti morali di Lillo. Non mostrò mai paura Lillo, nemmeno quando lo intercettarono. Eppure, io stesso tentai di convincerlo a non partecipare la blitz per la cattura del mafioso. Lillo era un giovane Siciliano con una bagaglio di onestà da far invidia ai colleghi anziani: era stimatissimo dal dirigente Ninni Cassarà e dell'intera Mobile palermitana.

La decisione di assassinare Lillo fu un infausto errore di Cosa nostra, perché gli fu addebitata una colpa non sua, se di colpa possiamo parlare. L'errore scaturì sol perché incontrò tre latitanti di Cosa nostra nell'agro di Ciaculli, mentre faceva il sopralluogo insieme a Cassarà: i tre latitanti conoscevano molto bene Lillo. Da quell'incontro, i mafiosi di Ciaculli si convinsero che l'arresto del capo famiglia di Villabate, avvenuto qualche giorno dopo dal sopralluogo, fosse stato originato da Lillo. Ed invece, Lillo non c'entrava affatto. Il promotore della complessa indagine ero io. Infatti, fui io che insistetti per sdoganare quel territorio teatro della mia crescita giovanile e fui io che raccolsi le notizie per avviare le investigazioni. Le pallottole che colpirono a morte Lillo Zucchetto, dovevano essere indirizzate a me: se avessero saputo la verità, i killers avrebbero cambiato bersaglio.
Cosa nostra, dopo l'agguato, fece circolare la voce che Lillo fu eliminato per una storia di donne. Falso! Io stessi accertai l'infondatezza della “voce” compiendo un'indagine riservatissima.

Nel concludere, esprimo un desiderio, Ossia, che il comune di Sutera, paese natio di Lillo, nel trentennale della morte, organizzi un evento pubblico in ricordo di Lillo, affinchè io possa essere presente e ricordare la figura esemplare e morale di Lillo. Mi piacerebbe, anche, andare nelle scuole di Sutera, per poter raccontare ad alunni e studenti, il sacrificio di un giovane Siciliano, immolatosi per la legalità. Sinora ho “raccontato” di Lillo, ai giovani delle scuole del nord, di Palermo e Catania e continuerò a farlo: Lillo, deve vivere attraverso le mie parole. Lui avrebbe fatto lo stesso.

*ex ispettore della Dia e della Squadra Mobile di Palermo



http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=746

L'ex socio di B, la moglie di Cassina e quella truffa milionaria all'Europa.




Il complesso monumentale del '500 della chiesa dell'Itria ad Agrigento, trasformato sulla carta in albergo a 4 stelle. Una truffa all'Unione Europea da 2 milioni e 220 mila euro. Sullo sfondo la moglie dell'ex padrone degli appalti palermitani Luciano Cassina e Salvatore Simonetti, ex socio di Paolo Berlusconi.
di Giuseppe Lo Bianco
Una chiesa monumentale del '500 trasformata, sulla carta, in un albergo a 4 stelle, una truffa alla Ue di 2 milioni e 220 mila euro, la moglie dell'ing. Luciano Cassina, ex ras degli appalti di Palermo, imparentata con Luigi Pirandello, e infine un imprenditore legato ad ambienti mafiosi che viene dalla stagione di Tangentopoli con un socio importante, Paolo Berlusconi, nella Coge, finita nell'inchiesta, archiviata, sui mandanti occulti delle stragi legati al filone mafia e appalti: e' una storia complessa, che mescola inchieste antiche e truffe miliardarie recenti, quella portata a galla dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo che, su ordine del procuratore aggiuntoLeonardo Agueci, ha sequestrato il complesso monumentale del '500 della chiesa dell'Itria, gioiello rinascimentale di Agrigento, di proprieta' della Itria srl, una societa' dell'ing. Salvatore Simonetti, originario di San Giuseppe Jato il cui nome compare nella richiesta di archiviazione del gip di CaltanissettaGiovambattista Tona sulle stragi mafiose del '92 contro Falcone e Borsellino.

Una chiesa del '500 da trasformare in un albergo a 4 stelle grazie ai fondi europei del Por Sicilia, ma senza alcuna autorizzazione del Comune e della Soprintendenza per i beni culturali. Cio' non ha impedito alle societa' Itria srlAgricola Va­lera Srl, entrambe di Palermo, di incassare oltre un milione di euro (dei 2,2 chiesti) giustificati prospettando spese in realtà non sostenute affatto o solo in minima parte e documentate anche con false dichiarazioni di "stato avanzamento lavori", false perizie giurate e falsi progetti. Falso, perche' non onorato, e' stato anche il contratto di acquisto della chiesa, pagata 500 mila euro con sette assegni post datati, consegnati alla signora Giovanna Amoroso Garofalo e mai incassati; per cui la moglie dell'ing. Cassina, assistita dall'avv.Rosa Salvago, vuole rientrare in possesso della chiesa ed ha avviato la conseguente iniziativa giudiziaria.

Cassina contro Simonetti, dunque, due nomi simbolo di due diverse stagioni delle inchieste sugli appalti: originario di San Giuseppe Jato, come Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra, Simonetti e' citato nell'ordinanza di custodia cautelare Trash: il suo compaesano Siino lo indica come l'uomo che ha tentato di indurlo a tacere sulle responsabilità dei due imprenditori agrigentini. Secondo Siino, Simonetti contattò sua moglie sostenendo che Salamone e Miccichè erano disposti a pagare se avesse omesso di fare i loro nomi. Un'altra citazione arriva dalla Dia che, scrive il gip di Caltanissetta nel decreto di archiviazione delle stragi, ''accertava che Salvatore Simonetti non era imparentato con i Simonetti di San Giuseppe Jato (Giovanni e Domenico), già noti alle autorità giudiziarie palermitane perché vicini a Cosa nostra e prestanomi di Riina e deiBrusca; tuttavia egli risultava essere stato cointeressato in diverse società insieme a soggetti già sottoposti ad indagine per reati connessi all'organizzazione "Cosa nostra", come i già menzionati Salamone e Miccichè e comeGiovanni Gentile, legato al noto capomafia di Trapani, Vincenzo Virga. In proposito va rilevato che Gentile era uno dei soci della Im.Pre.Get. s.r.l., altra società che confluì nella Tunnedil s.c.a.r.l. per il lavoro sulla galleria di Favignana''.

L'imprenditore viene citato perche' socio della Co.Ge., una societa' che fa capo a Paolo Berlusconi (che in questa storia non c'entra nulla), finita nel mirino delle indagini sulle stragi. E proprio della Co.Ge Siino parlo' nel '98 come di una societa' raccomandata dal ''patto del tavolino'', l'accordo tra mafia, politici e imprenditori per la spartizione degli appalti. ''Co.Ge. mi fu raccomandata – ha detto Siino – Salamone mi disse che faceva capo a Berlusconi''.



http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=745

domenica 13 novembre 2011

Epitaffio di un Leader...




“Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo
onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo.
Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini?
... Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale.
La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto.
Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto.
Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei.
Presso un popolo onesto, sarebbe stato tuttalpiù il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico.
In Italia è diventato il capo del governo.
Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori;
mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare.”


Elsa Morante.
1945 .
Lettera su Benito Mussolini.


http://5magazine.wordpress.com/2010/03/18/8498/