martedì 17 gennaio 2012

Abusi sessuali ad Abu Ghraib, ecco le foto stoppate da Obama.



20101029114455768 350x258 20101029114455768



Un sito cinese pubblica le foto dello scandalo, le presentiamo qui, debitamente offuscate, in esclusiva.
Barack Obama non volle che fossero pubblicate, probabilmente proprio a causa del contenuto agghiacciante delle immagini.
La conferma venne da parte del generale Usa, in congedo dal 2007, Antonio Taguba il quale però si disse d’accordo con lo stop richiesto da Obama: «Queste foto mostrano torture, abusi, stupri ed ogni tipo di atti indecenti. Non sono sicuro quale scopo avrebbe la loro pubblicazione, se non quello puramente legale. E la conseguenza sarebbe di mettere in pericolo le nostre truppe, gli unici difensori della nostra politica estera, in un momento in cui ne abbiamo grande bisogno, o quella dei britannici che stanno tentando di garantire la sicurezza in Afghanistan».
Ad aprile, il governo di Obama annunciò che avrebbe pubblicato le foto e che non aveva alcun senso ricorrere contro la sentenza a favore della pubblicazione, vinta dall’American Civili Kiberties Union. Poi la marcia indietro: pressato dai vertici militari, Obama ha cambiato idea e ha detto che la pubblicazione potrebbe mettere in pericolo la sicurezza delle truppe statunitensi. Secondo Obama, comunque i protagonisti di questi atti «sono stati identificati, e sono state adottate misure contro di loro».

Assunzioni clientelari, 7 arresti in Abruzzo indagato il vicepresidente della Regione. - di Giuseppe Caporale


Gli ordini di custodia cautelare, quattro in carcere, tre ai domiciliari, disposti dalla procura dell'Aquila: "Associazione criminale tesa a condizionare l'affidamento di commesse pubbliche". Coinvolto Castiglione (Pdl).


Assunzioni clientelari, 7 arresti in Abruzzo indagato il vicepresidente della Regione
Alfredo Castiglione Vicepresidente Regione Abruzzo

L'AQUILA  -  "Mi rifiuto di pensare che la mia attività sia soltanto quella di distributore di mazzette!". E poi ancora: "... Noi dobbiamo pagare la tangente...". Suonano come una confessione le parole dell'imprenditore Duilio Gruttaduria  -  arrestato questa mattina per tangenti alla Regione Abruzzo insieme ad altre sei persone - pronunciate al telefono con la moglie durante suoi lunghi e interminabili viaggi in auto. Una confessione che gli uomini della squadra mobile di Pescara (guidati da Pierfrancesco Muriana) per mesi hanno registrato e messo a verbale (e che sono alla base della richiesta di misura cautelare).

"Io passo dalla mattina alla sera a fare cose che sono contro legge...", "Io vivo di cose da galera...". E la moglie Anna Teodoro risponde: "... E non è che rischi la galera e poi andiamo al mare... Le cose vanno fatte... E vanno fatte anche bene...". E ancora Gruttadiuria: "Credimi... il 95 per cento delle cose di cui mi occupo sono reati... sono cose vietate dalla legge... Perché di che mi occupo? Mi occupo di favorire che l'Ecosfera vinca le gare...".

E nelle quasi duecento pagine di ordinanza di custodia cautelare il giudice per le indagini preliminari Marco Billi trascrive il rendiconto dei favori che esponenti della pubblica amministrazione (politici e dirigenti) avrebbero ottenuto dal gruppo Grattaduria. C'è il vice presidente della Regione che cerca di ottenere l'approvazione di un progetto in Albania per favorire la compagna, c'è la dirigente regionale Giovanna Andreola, che ottiene assunzioni, consulenze per il marito. Quest'ultima secondo Grattaduria dimostra "l'arroganza del potere..." e si comporta come Caligola (che nominò senatore un cavallo) chiedendo a loro di far assumere con ruoli importanti persone assolutamente non qualificate e inutili. C'è un avvocato sponsorizzato dall'ex braccio destro del governatore Ottaviano Del Turco che deve essere "preso" per "non fare nulla... proprio nulla...".

Secondo la Procura dell'Aquila, dunque, con la complicità di funzionari dell'ente pubblico regionale era stata messa in piedi "un'associazione criminale tesa a condizionare l'affidamento di commesse pubbliche in cambio di partite economiche consistenti in contratti di consulenza e assunzioni clientelari". Le misure riguardano l'imprenditore siciliano  Gruttadauria, Annamaria Teodoro (moglie del Gruttadauria), Lamberto Quarta, Giovanna Andreola e poi Michele Galdi (marito dell'Andreola), Corrado Troiano e Mario Gay. Per i Alfredo Rossini e Antonella Picardi, tutti gli indagati sarebbero coinvolti a vario titolo nella fraudolenta aggiudicazione in favore della società Ecosfera di appalti per milioni di euro.

A far scattare le indagini sarebbe stato proprio il coinvolgimento di Lamberto Quarta, assunto come consulente con un contratto da 70 mila euro l'anno, poco dopo che lo stesso aveva terminato gli arresti domiciliari per un'altra vicenda: quella di Sanitopoli, dove finì in carcere insieme all'ex governatore Ottaviano Del Turco. Secondo gli inquirenti la Ecosfera avrebbe offerto a Quarta un paracadute economico forse a fronte di rapporti già in essere. Il nome dei Gruttaduria finì anche nelle carte dell'inchiesta G8, in quanto proprio una delle società del gruppo era pronta ad assumere il figlio trentenne di Angelo Balducci, Filippo.

I Ros di Firenze intercettarono il fratello di Duilio Gruttaduria, Enzo, al telefono con Diego Anemone, mentre chiedeva come regolarsi con il figlio di Balducci e che tipo di contratto deve fare. Il nome degli imprenditori Gruttadauria, all'inizio degli anni '90, fu al centro di un'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che aveva trovato due numeri telefonici con l'indicazione "ingegnere Gruttadauria" sopra alcune rubriche sequestrate nell'ambito della maxi indagine sulla spartizione degli appalti pubblici in Sicilia sotto il controllo di Cosa Nostra. Proprio in questa inchiesta, assieme ad altri costruttori finiti in carcere, era stato indagato Dino Anemone (poi prosciolto nel 2004), il padre dei due imprenditori romani Daniele e Diego.

Per amore di Cammarata. - di Giampiero Caldarella.



Il sindaco Diego Cammarata si dimette “per amore della città”. Era il sindaco meno amato dagli italiani, l’ultimo dei mohicani rimasto sul trono dopo l’addio della Jervolino che gli contendeva il primato. Lui, il “meno amato”, si dimette “per amore”. Se ne è uscito cornuto e mazziato dopo 10 anni di storia d’amore. E ora che ci farà con quelle corna? Qualcuno gli suggerisce di usarle come tornio per le narici, nel caso periodicamente occorra rifarle per permettere l’ingresso di pulviscolo bianco e polveri sottili. In ogni caso, adesso avrà molto più tempo per pensare ai cazzi suoi. Del resto, Diego è un bell’uomo, a marzo fa 60 anni e pare ancora un giovanotto. Sempre sorridente, bocca larga, sorriso largo, narici larghe e profonde, tasche larghe. E’ la larghezza di vedute che l’ha fottuto.
L’ho conosciuto nel ’94 quando insegnava “Diritto dell’informazione” all’Università di Palermo. Mi ha dato trenta all’esame. Anzi, ora che ci penso, mi pare che ha dato trenta a tutti, tanto a lui che gli costava? Lasciava tutti contenti, pare che si vedeva che era destinato a fare il sindaco. E poi, noi sapevamo che lui aveva studiato in America, che era presidente dello IACP (Istituto autonomo case popolari) dove le graduatorie per gli alloggi non si sono rinnovate per decenni in nome dell’autonomismo e in culo all’automatismo. Sapevamo che gli piaceva il tennis e tante altre belle cose. Perciò quando non veniva a lezione o si faceva un’ora di ritardo su due magari perché erano andati oltre il terzo set, noi non ci stupivamo. Ce la pigliavamo comoda pure noi. Ci facevamo i fatti nostri. E chi parlava? Eravamo quattro gatti e poi lui non si poneva come il professore, faceva il simpatico, era uno di noi. Uno dei libri che portammo all’esame fu “Giudici e telecamere”. A distanza di anni rivedo quel libro e penso ai guai giudiziari del professore Cammarata, tutti vissuti davanti alle telecamere.
Per amore del mare rinunciava all’uso della sua barca “Molla2” (dicono che il nome della barca sia dedicato alla figlia che non brilla per tonicità muscolare) affittandola in nero a sconosciuti che non lo potessero così ringraziare e per lo stesso principio si serviva di un dipendente comunale che durante le ore di servizio faceva lo skipper.
Per amore del verde pubblico fece pulire la strada privata dove si battezzava la figlia dai dipendenti comunali. Non concepiva il concetto di verde privato. Ha fatto bene. Anche il verde come l’acqua dovrebbe essere pubblico. Ci vorrebbe un referendum per difenderlo, ma siccome si finirebbe per aiutare Cammarata, i comunisti, perché sono loro che raccolgono le firme, non lo faranno mai.
Per amore della professione forense creò la “giurisprudenza Cammarata” che gli permetteva di cumulare gli stipendi da parlamentare e da sindaco. Qualcuno si è chiesto se un uomo può amare più di una poltrona. Sembra che lui abbia risposto: “Tranquilli, vedrete che su nessuna delle due poltrone si accumulerà la polvere. Ho narici larghe, io.”
Per amore della giustizia è stato diffamato da alcuni mafiosi che lo accusavano di averlo visto vomitare su un tavolo dell’esclusivo bar della Cuba, con il boss Rotolo che commentava “E’ una cosa schifosa”.
Per amore di Santa Rosalia ha interrotto la tradizione di salire sul carro della Santuzza e dire “Viva Palermo e Santa Rosalia”. Sono anni che Diego non si mette più in mostra perché pensa che l’amore per la città vada consumato più intimamente. Le piazzate non gli piacciono.
Per amore di Silvio, accettò più di cento milioni di euro per salvare il comune di Palermo dalla bancarotta. Lui non li voleva, ma Silvio ha insistito: “Prendili, ti prego, Palermo è la città che amo di più dopo Milano. Marcello mi è testimone”. E lui accettò, per amore della città.
Per amore delle tradizioni riempì il foro italico, la passeggiata a mare, di centinaia di birilli in ceramica realizzati da Parrucca. Qualcuno gli avrà detto che i birilli sono la versione riveduta e corretta dei pupi, solo che sono senza fili, moderni, wireless, moderni. Hanno solo un difetto, come i pupi. Cadono. Anche se sono invisibili.



http://www.santalmassiaschienadritta.it/2012/01/per-amore-di-cammarata.html

La telefonata tra il comandante Schettino della Costa Concordia e la Capitaneria di Porto.




GROSSETO - Il comandante Francesco Schettino ha risposto alle domande del gip durante l'udienza di convalida del fermo in corso al Tribunale di Grosseto. La procura ha chiesto che la misura cautelare venga confermata. Secondo i pm, insomma, il comandante della Costa Concordia deve restare in carcere. La decisione ora spetta al giudice per le indagini preliminari Valeria Montesarchio.


«Ero io al comando della nave» al momento dell'impatto, ha dichiarato il comandante durante l'interrogatorio, durato circa tre ore. L'affermazione di Schettino coinciderebbe dunque con uno dei primi accertamenti investigativi, secondo i quali fu il comandante a decidere la rotta da seguire nei pressi dell'Isola del Giglio.


Indagato. «Per ora gli indagati sono due, il comandante della nave Francesco Schettino, che è in stato di fermo, e il primo ufficiale in plancia Ciro Ambrosio, denunciato in stato di libertà. Valuteremo eventualmente le posizioni di altre persone dopo l'udienza di convalida prevista per Schettino», ha dichiarato ieri il procuratore capo di Grosseto, Francesco Verusio. Schettino, ha aggiunto, «rischia fino a 15 anni di carcere», e «al momento le accuse sono omicidio colposo plurimo, naufragio e abbandono di nave».


Le guardie del carcere di Grosseto hanno l'ordine di controllare spesso come sta Schettino. Non ha manifestato intenzioni sucide, ma è considerato un detenuto a rischio. Il comandante della nave fa i conti con il carico di accuse che gli sono piovute addosso: la responsabilità della sciagura, di quei morti che con l'andare delle ore diventano sempre di più. Il suo avvocato lo ha visto «affranto, costernato, addolorato» e «fortemente turbato».


Schettino è in cella con altri due detenuti. Per lui non è stato disposto il massimo livello di sorveglianza - quello "a vista", con una guardia che 24 ore su 24 lo tiene sotto controllo - ma quello appena un gradino sotto. E ha già ricevuto le visite dello psicologo. Dal penitenziario spiegano che quel tipo di assistenza è una prassi per i neofiti del carcere. Per Schettino, però, «è necessaria una particolare attenzione - ha sottolineato il provveditore toscano all'Amministrazione carceraria, Maria Pia Giuffrida - perchè sta ovviamente attraversando un periodo delicatissimo».


«Tranquillo». Chi ha avuto modo di vedere in carcere il comandante - che ancora non ha avuto colloqui con i familiari - dice che all'apparenza è tranquillo, che non si lascia andare alla disperazione, alle imprecazioni, al pianto. Secondo il suo legale, l'avvocato Bruno Leporatti, «è confortato dalla consapevolezza di aver mantenuto, in quei frangenti, la lucidità necessaria per attuare una difficile manovra di emergenza che, conducendo la nave su un basso fondale, ha di fatto salvato la vita di tante persone». Manovra che in base alle indagini della Capitaneria di porto sarebbe stata invece frutto del caso. Secondo gli investigatori, infatti, la nave, una volta speronato lo scoglio, ha imbarcato acqua diventando ingovernabile. 


«Cosa vuole fare, vuole andare a casa?». Lo domanda con voce alterata l'ufficiale della Guardia costiera di Livorno Gregorio De Falco, al telefono con il comandante Francesco Schettino. La chiamata, il cui audio è stato diffuso dal Corriere Fiorentino, è dell'1,46 di sabato mattina ed è una delle chiamate sequestrate dalla Procura, con il comandante che si lascia scappare anche un «abbiamo abbandonato la nave», prima di ritrattare. E quando la Capitaneria dice che ci sono «già dei cadaveri» Schettino a quel punto chiede «Quanti?». E l'ufficiale: «Deve dirmelo lei!». 


«Sono stato catapultato in acqua». In un altro passaggio dell'audio della conversazione registrata la sera del naufragio tra l'ufficiale della Guardia Costiera e Schettino, quest'ultimo risponde al primo che lo accusava di aver abbandonato la nave: «Non ho abbandonato nessuna nave, siamo stati catapultati in acqua». L'ufficiale risponde: «Va bene, verificheremo successivamente come sono andate le cose...».


Passera: clamoroso errore umano. Il naufragio della Costa Concordia è «un caso drammatico clamoroso errore umano o quantomeno di non rispetto di policy e regole», ha detto il ministro dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture e Trasporti, Corrado Passera, in audizione del Senato, commentando la tragedia.


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=361075477252267&set=a.249629115063571.78361.154141837945633&type=1&theater


Precisazioni.



Noi prostitute teniamo a precisare che i politici non sono figli nostri.


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=281478315239888&set=a.105255916195463.19196.105189266202128&type=1&theater

Vignette.



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=2179637430642&set=a.1016321428469.2601.1838125741&type=1&theater

CLASS ACTION CONTRO BERLUSCONI, LUNGHE CODE PER FIRMARE.


Gli Italiani chiedono i danni all'ex Premier.



Milano – Alle 15 di oggi si sono aperti i banchetti per la raccolta di firme. Lo scopo di tale raccolta è una class action contro Silvio Berlusconi, ritenuto responsabile di aver danneggiato l’Italia. A lanciare l’iniziativa Radio popolare e la rivista Valori, con il sostegno di Federconsumatori. Le accuse mosse al Cavaliere sono: l’assenza di una politica economica, la mancanza di credibilità sulla scena internazionale e l’aver anteposto gli interessi personali a quelli della Nazione. Traffico bloccato dal Vigorelli, dalla Stazione Centrale e dall’universita’ Bocconi, lunghe code ai banchetti per apporre la propria firma. Gli Italiani hanno deciso di chiedere i danni all’ex Premier e con gli interessi.