martedì 13 marzo 2012

STUDENTESSE ITALIANE SQUILLO NEL NIGHT. ROMA, TRA I CLIENTI POLITICI E VIP. - di Angela Camuso




ROMA - Arrestato per associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione il vicequestore Antonio Masala, funzionario della Polfer a Roma Termini. E’ stato ammanettato dai suoi colleghi della Squadra mobile insieme a un ex militante dei Nar (Flavio Serpieri) nonché a un famoso regista di film a luci rosse, Franco Lo Cascio (vincitore in passato dell’Oscar del porno).
I tre, secondo il gip Antonella Capri, che su richiesta del pm Calabretta ha ordinato l’arresto di 10 persone, lucravano sui guadagni di splendide ragazze, straniere e italiane (molte delle quali studentesse) che si prostituivano nelle sale privè di un night club, il Pussycat, che si trova all’interno di un centro commerciale a Pietralata, in piazza delle Crociate.
Così, mentre all’esterno del locale - ufficialmente un’associazione culturale - c’era il via vai di famigliole con le buste della spesa, al Pussycat si intrecciavano freneticamente gli incontri bollenti: tant’è che in un anno avrebbero lavorato nel night circa 400 ragazze.
Le più belle guadagnavano fino a 20mila euro al mese e le prestazioni avevano un prezzo in base al tempo: 75 euro ogni quarto d’ora di sesso, con un bonus gratuito per chi organizzava nottate piccanti con gli amici. Alle ragazze venivano consegnate ogni volta delle fiches colorate, che poi venivano cambiate in denaro a fine serata. Metà dei guadagni andava alle ragazze e l’altra metà ai gestori del night. La macchina da soldi si è inceppata a seguito di una denuncia di una squillo. Dopo una serata di prova, infatti, soltanto alle più avvenenti veniva concesso di lavorare al Pussycat. E le ragazze scartate venivano affidate a due romeni, al momento ricercati, per la sola prostituzione in strada. Dalle indagini, scattate a maggio, è emerso che il poliziotto Masala, ora ai domiciliari, prendeva una percentuale sugli incassi delle ragazze. Il funzionario, separato dalla moglie e anche lei poliziotta, era già incappato in guai giudiziari quando prestava servizio presso un commissariato della Capitale. Era stato così deciso un suo allontanamento da Roma, tant’è che per un periodo Masala aveva fatto il funzionario a Genzano.
Da poco era stato trasferito a Termini in qualità di responsabile degli uffici amministrativi che gestiscono la mensa, la cassa, la contabilità e gli archivi. (ass)

RAGAZZE ITALIANE E STRANIERE. Studentesse italiane e ragazze straniere che si prostituivano, anche di giorno, in un locale all'interno di un centro commerciale a Roma. E all'esterno famiglie inconsapevoli di tutto, che giravano con le buste della spesa. Era ufficialmente una associazione culturale, ma i clienti la chiamavano Pussycat: il locale dove centinaia di giovani squillo si offrivano a clienti facoltosi.
Tra i 'gestori' un vice questore della polizia ferroviaria, un regista di film porno ed un ex militante dei Nar. La squadra mobile ha arrestato sinora 10 persone, accusate a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, mentre altre otto sono per ora solo indagate. Tra le persone finite in manette ci sono anche un vice questore della Polfer e un ex militante dei Nar, Flavio Serpieri, vice presidente dell' associazione culturale 'Le pecore nere', dietro la quale si nascondeva in realtà il locale di squillo.
Negli 'affari' era coinvolto anche un regista di film hard, Franco Lo Cascio, in passato vincitore dell'oscar del porno. Il giro di prostituzione avveniva nelle sale privè del locale, all'interno del centro commerciale, in piazza delle Crociate, nel quartiere Pietralata.
Le ragazze, tutte donne avvenenti, arrivavano a guadagnare fino a 20 mila euro al mese. Ognuna di loro aveva dei gettoni di diverso colore con i quali calcolare l'incasso a fine giornata, in base al tempo trascorso con i clienti: 75 euro ogni quarto d'ora di sesso. E chi organizzava serate piccanti con gli amici, aveva diritto a un 'bonus' gratuito. Alle squillo, circa 400 giovani reclutate ogni anno e fino ai 30 anni, tra cui brasiliane, slave, romene e italiane, veniva garantito un alloggio attraverso alcuni affittacamere. Le più 'scarse' durante le prestazioni erano invece destinate alla strada.
L'indagine, cominciata nel maggio scorso, è partita dalla denuncia di una ragazza italiana, che dopo un anno di sfruttamento aveva deciso di ribellarsi e di raccontare tutto agli agenti. Il locale, ora sotto sequestro dalla Polizia di Stato, di giorno era apparentemente insospettabile e l'ingresso veniva garantito attraverso i soci dell'associazione, che puntualmente presentavano i propri amici, tra cui imprenditori e professionisti di alto profilo, che diventavano clienti del 'Pussycat'.

POLITICI E VIP TRA I CLIENTI C'erano anche politici e personaggi noti tra i clienti del night Pussycat, posto sotto sequestro al termine di un'indagine della Squadra mobile che ha portato all'arresto di dieci persone tra cui l'ex Nar Flavio Serpieri. Secondo quanto si è appreso, peró, nelle carte non sarebbero citati i nomi dei clienti del locale, né sarebbero rientrati nell'attivitá di indagine (perché non sono ravvisabili estremi di reato). Tra i facoltosi frequentatori del locale anche alcuni giornalisti.


lunedì 12 marzo 2012

Il Cardinale con la Bentley Continental da 200.000 €. - di Alessandro Raffa



Di seguito pubblico il testo e le foto che mi ha inviato un mio amico su Facebook: credo non ci sia bisogno di aggiungere altro. 


Ciao Alessandro!
Oggi ho visitato una basilica di Roccamonfina, una bella località in provincia di Caserta.
All'interno del cortile vi era parcheggiata, tra le tante auto di rappresentanza di politici vari, una bella Bentley Continental. Un'auto da 200.000 EUR e più.
Curiosi io ed i miei amici chiediamo informazioni sul proprietario e indovina un po' di chi era questa modesta macchinina?
Di un cardinale! Pensavamo si trattasse di uno scherzo e così abbiamo chiesto conferma alla polizia municipale ivi presente; e ne abbiamo avuta conferma.
Non ancora contento ho chiesto alla persona che ha aperto la bauliera dell'auto in questione, un elegante giovanotto, di chi politico fosse quella bella autovettura e lui (credo si trattasse dell'autista), con un sorriso ha detto: non è un politico, ma un cardinale di Roma...
Insomma, tutti hanno confermato che quella lussuosissima autovettura Bentley fosse di un prete, un rappresentante del Vaticano, quello stesso Vaticano che richiede offerte e pretende di risparmiare sulle rendite del suo (immenso) patrimonio immobiliare.

Credo che per dovere di cronaca sia giusto rendere noto, anche con questo piccolo contributo, che fine fanno i soldi delle offerte alla Chiesa cattolica, l'8 per mille donato loro dai contribuenti e le tasse che vengono loro esentate...

E' una vera vergogna!
Sono a dir poco disgustato ed indignato.


Francesco ALTRUDA



http://www.nocensura.com/2012/03/ricev-pubbl-il-cardinale-con-la-bentley.html 


Il tribunale del Riesame dice sì dissequestrato il sito Vajont.info.

Il tribunale del Riesame dice sì dissequestrato il sito Vajont.info

Accolto il ricorso sul portale dedicato alla strage. Dichiarato illegittimo il sequesto preventivo disposto dopo la denuncia dell'onorevole Maurizio Paniz che si era ritenuto offeso da alcune frasi che riguardavano anche il suo collega Domenico Scilipoti. Cancellate queste, spiega il giudice, il sito potrà tornare visibile.


ROMA - Libertà di stampa e di espressione. Sono concenti troppo importanti perché vi si debba derogare. Per questo il tribunale del Riesame di Belluno ha dichiarato illegittimo il sequestro preventivo del sito vajont.info 1 nella sua interezza e il blocco all'accesso per gli utenti italiani a carico dei provider di casa nostra per "eccessività contenutistica". I giudici hanno comunque disposto la cancellazione della frase offensiva dell'onorevole Maurizio Paniz. A metà febbraio il gip aveva bloccato tutto proprio in ragione della diffamazione al parlamentare e al suo collega Domenico Scilipoti. Il tribunale sottolinea adesso che il blocco degli accessi per gli utenti italiani adottato attraverso il sequestro degli ip e dei dns - si spiega - a carico dei provider italiani, in caso di presunta diffamazione, deve ritenersi eccessivo rispetto al bene giuridico da tutelare. Il sequestro di un sito web - si aggiunge - deve cadere solo su una o più frasi offensive e solo nel  caso in cui le frasi non siano state nel frattempo cancellate. Il sito vajont.Info, eccettuata dunque la frase oggetto della denuncia, su cui permane tuttora il sequestro e che però era già stata cancellata dal titolare del sito, potrà quindi tornare sul web.

Il tribunale ha di fatto accolto il ricorso dei 200 provider di Confcommercio facenti capo all'associazione Assoprovider, proposto con l'avvocato Fulvio Sarzana di Sant'Ippolito. I siti avevano da subito lamentato i rischi per i diritti costituzionali alla libera espressione ed al diritto all'informazione connessi all'esecuzione del provvedimento di quell'ampiezza. "Il tribunale ha tenuto conto dei gravi rischi per i diritti costituzionali alla libera espressione ed al diritto all'informazione connessi all'esecuzione del provvedimento originario del gip". Così ha detto l'avvocato che ha rappresentato l'assoprovider davanti al tribunale del riesame di Belluno ed ha fatto accogliere il suo ricorso rispetto al sequestro del sito vajont.Info. "Appare opportuna ora una riflessione sugli strumenti di inibizione adottati nei confronti dei siti web in misura sempre maggiore da parte degli organi inquirenti italiani", ha concluso il penalista.

LETTERA APERTA. (s) - di Rita Pani.




"Non si può dare il salario minimo agli italiani, o si siederebbero a prendere il sole e mangiare pasta al pomodoro"


In linea di massima, illustrissima signora Ministro Fornero, sono d’accordo con lei. Forse l’unico punto che mi lascia scettica è la scelta degli ingredienti. Fossi stata in lei, e nelle catene d’oro che ama mostrare peggio di una Maria Antonietta con meno classe e più supponenza, avrei detto: "Non si può dare il salario minimo agli italiani, o si siederebbero a prendere il sole e mangiare pasta al caviale a 180 Euro il piatto."


Quanto ha ragione signora Ministro! E che bello, finalmente, sentire in Italia un ministro che parla con cognizione di causa. È vero, troppi ne abbiamo visti di italiani abbronzati anche a Febbraio, col muso ancora sporco di pomodoro e aragosta, venire a parlarci di carestia e sacrifici. Immagini cosa sarebbe questo nostro paese, se per assurdo a tutti fosse garantito di poter vivere esattamente come fate voi, parassiti ingrassati e pur sempre affamati.


Lei vede lontano, signora Ministro, e questa volta ha visto bene, e le riconosco il coraggio della sua arroganza. Lei sa di cosa parla, perché non passa giorno che lei si renda conto di quanto male ha fatto al nostro paese garantire a pusillanimi come voi di poter passare sui nostri cadaveri restando pressoché impuniti. Ogni giorno, dinnanzi ad un nuovo avviso di garanzia, o di un’inquisizione, gli italiani col muso ancora sporco si chiudono a riccio proteggendo il loro sodale che rischia il fastidio di anni di tribunali, per i tempi delle prescrizioni giudiziarie che sono ancora troppo lunghi, e che impediscono di vivere i frutti del proprio lavoro con la dovuta serenità.


Ha ragione signora Ministro. Sarebbe un paese morto il nostro, se si desse ad un lavoratore qualunque, la possibilità di stare in piedi o di sostentare la famiglia senza dover rubare, se tutti avessero un tetto sopra la testa, se le banche prestassero i soldi senza tassi da usura agli imprenditori che altri imprenditori hanno ridotto alla fame. Quale paese potrebbe mai sopravvivere in regime di giustizia sociale?


Ci sono già troppi italiani che hanno approfittato del salario garantito, e per giunta non sono stati nemmeno riconoscenti, non hanno saputo accontentarsi. Hanno dovuto rubare tutto ciò che era possibile rubare, a volte anche a loro insaputa, perché la crisi fa paura più ai ricchi che ai poveri – come disse un suo collega – che i poveri, ci sono già abituati alla povertà. I ricchi avrebbero troppa sofferenza e difficoltà di adattamento alla condizione normale.


Sarebbe bello e umano che lei si vergognasse, ma non è contemplato in questo nostro tempo in cui nessuno, alla fine, le taglierà la testa come la storia insegna e la civiltà – la nostra e non la sua – proibisce. Se le fosse una donna, un essere umano o una persona, con la memoria dei morti che il vostro sterminio ha mietuto e miete quotidianamente, andrebbe in un supermercato a guardare la gente che guarda gli scaffali; le donne che prendono in mano un prodotto e lo ripongono, pensando che in fondo si può fare a meno anche degli spaghetti, illudendosi che al fine se ne avrà agio dimagrendo, ed essendo pronte, d’estate ad andare a prendersi un po’ di sole, che almeno è gratis se non hai la stupidità di pagare per avere un po’ d’ombra da un ombrellone affittato.


Sono orgogliosa di non aver ceduto nemmeno per un attimo alla compassione, davanti alle sue lacrime egocentriche, date dall’emozione di essere davanti a una telecamera, con l’ansia di apparire perfetta stretta nel suo collare d’oro, addobbata come un albero di Natale dai suoi orecchini di diamanti. Lei mi fa orrore: è solo un sicario, pagata dalla mafia dello stato per ultimare lo sterminio che quel verme che vi ha preceduto non ha avuto il coraggio di perpetrare.


Mi piacerebbe finire inneggiando a Piazzale Loreto, ma non lo farò perché ho rispetto di tutti i Partigiani che hanno lottato e sono morti per consegnarci uno stato democratico che noi, colpevolmente abbiamo consegnato alla feccia come voi. Non siamo degni di Piazzale Loreto. Quel che le auguro, signora Ministro, è di arrivare a conoscere una vita di stenti, di non sapere come mettere insieme il pranzo con la cena, e di guardare sua figlia negli occhi con la disperazione che dà sapere di non poterle più garantire un futuro.


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10150858110063098&set=a.292956943097.193235.291472488097&type=1

domenica 11 marzo 2012

Strasburgo condanna l’Italia: non processò Dell’Utri per diffamazione.



Italia condannata per avere salvato Dell’Utri da un giudizio per diffamazione. A stabilirlo è la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che oggi ha condannato il nostro paese per aver violato il diritto del giudice Pierluigi Onorato ad avere accesso a un tribunale che si esprimesse sulla denuncia per diffamazione ai danni del senatore azzurro.

I fatti risalgono al 2002, quando Marcello Dell’Utri, allora deputato, dopo la sua condanna da parte della Corte di Cassazione, rilasciò una serie di interviste in cui affermava che la decisione presa dalla Corte era frutto delle posizioni politiche del giudice Onorato, “un magistrato militante, appartenente a una formazione politica avversa”.

Una lunga serie di dichiarazioni che spinsero Pierluigi Onorato a fare causa a Dell’Utri.

Ma il processo non ebbe luogo perchè il Senato accordò al parlamentare l’immunità sulla base dell’insindacabilità delle sue affermazioni. Nel condannare l’Italia, imponendo un risarcimento aOnorato di 16 mila euro, i giudici hanno sottolineato che “nonostante sia legittimo per uno Stato assicurare l’immunità dei parlamentari affinché possano espletare liberamente la loro funzione, la stessa immunità non può estendersi oltre l’attività parlamentare”.

E’ la quinta volta che l’Italia viene condannata per motivazioni simili.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha già condannato l’Italia 5 volte per casi simili. La prima condanna risale al 2003, quando i giudici stabilirono che il procurtatore di Palmi, Agostino Cordova, aveva il diritto a citare per danni Vittorio Sgarbi.

Altre due sentenze invece hanno stabilito che l’ex sindaco di Bologna Sergio Cofferati aveva diritto a citare Taormina e Bossi per le loro affermazioni sul coinvolgimento dell’ex primo cittadino nella morte del giuslavorista Marco Biagi.

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Mafia, il concorso esterno esiste. Decine di condanne, non solo eccellenti. - di Giuseppe Lo Bianco





Dopo l'annullamento della sentenza contro Marcello Dell'Utri, si riapre il dibattito sul reato "inventato" da Falcone e Borsellino. Che ha portato a pene definitive per decine di colletti bianchi collusi con Cosa nostra e per diversi politici siciliani. Ma anche a processi controversi. Il dibattito spacca anche la magistratura.
Pino Giammarinaro fu assolto perché una norma provvidenziale introdusse l’obbligo per i pentiti di ripetere in aula le accuse, Filiberto Scalone (An) e Gaspare Giudice (Forza Italia) vennero assolti in appello dopo una condanna in primo grado, Calogero Mannino (Dc) ha fatto scuola per la Cassazione: la sua sentenza restringe notevolmente l’ambito di applicazione del reato. E dc sono anche gli unici politici a pagare con una condanna definitiva, Franz Gorgone ed Enzo Inzerillo. La prescrizione di Andreotti non fa storia, perché, nel suo caso, l’imputazione era associazione mafiosa.

Assoluzioni, ma anche molte condanne, da Bruno Contrada e Ignazio D’Antone, a decine di professionisti. Negli anni ’80 era il reato dei colletti bianchi, nell’Italia mafiosizzata di oggi è l’imputazione dei potenti: sono indagati per 110 e 416 bis, tra gli altri, il presidente del Senato Renato Schifani, l’ex ministro Saverio Romano, a Palermo, e a Catania l’editore Mario Ciancio. ”Utile, ma complicato”, come dice il procuratore di Palermo Pietro Grasso, il concorso esterno lo hanno inventato Falcone e Borsellino a metà degli anni ’80, e fu subito polemica tra procura e ufficio istruzione: i pm parlarono di mera contiguità, i due magistrati uccisi nel ’92 lo ritennero un termine inadeguato per descrivere il rapporto tra i boss e la società civile ‘’che conta’’ e nell’ordinanza del maxiprocesso posero le basi per la nascita del concorso esterno in associazione mafiosa: medici, ingegneri, architetti, avvocati e naturalmente politici collusi con le cosche avevano trovato una sanzione penale dall’unione di due articoli, 110, concorso di persona nel reato, e 416 bis, associazione mafiosa.

Da trent’anni il concorso esterno è al centro di una “guerra di religione” tra due culture giuridiche, risolta, finora, dalla Cassazione, in favore dell’esistenza, e dell’applicabilità, di questa fattispecie: se nel ’94, la sentenza Demitry aveva limitato ai casi di sola “emergenza”, e quindi anormalità, della vita dell’associazione criminale la possibilità di riconoscere un “concorso esterno”, nel 2002 le Sezioni Unite scrissero nella sentenza sul giudice Corrado Carnevale, annullata senza rinvio: “Conclusivamente deve affermarsi che la fattispecie concorsuale sussiste anche prescindendo dal verificarsi di nuna situazione di anormalità nella vita dell’associazione’’. Parole autorevoli sia per chi le ha pronunciate, sia per la qualità dell’imputato, in attesa di essere confermate o smentite dalle motivazioni del verdetto di annullamento del processo Dell’Utri.

Ma se l’esistenza, fino a oggi, del 110 e 416 bis è stata progressivamente accettata e confermata, l’ambito della sua applicabilità ha scatenato gli scontri più accesi tra i pm e le fazioni politico-giudiziarie ultragarantiste e persino all’interno degli stessi uffici giudiziari, divisi sulla valutazione in caso di imputati eccellenti: in disaccordo con i colleghi il pm Gaetano Paci lasciò il processo Cuffaro avviato verso un’accusa di favoreggiamento aggravato alla mafia. Sostenne che se al “postino” delle informazioni riservate sulle indagini antimafia, l’ex assessore Mimmo Miceli, si applica il concorso esterno, alla fonte – Cuffaro – non si può applicare un reato minore.

Ma il procuratore Grasso fu irremovibile, e il reato di favoreggiamento diventò la frontiera più avanzata nella lotta alla mafia politica. La Cassazione condannò Cuffaro per favoreggiamento, ma gli sviluppi successivi sembrarono dare ragione a Paci: la procura contestò a Cuffaro il concorso esterno, ma il gip applicò il ne bis in idem, sostenendo che, comunque, se processato, Cuffaro avrebbe dovuto essere assolto: “Non basta la prova di certe frequentazioni con soggetti gravitanti nell’ambiente mafioso – scrive il giudice Anania – poiché tali aspetti potranno essere criticati sotto un profilo morale e sociale, ma non sono sufficienti per scrivere una sentenza di condanna’’.

Eppure gli stessi fatti sono stati qualificati come reato dalla Cassazione, che ha considerato, per esempio, la candidatura di Mimmo Miceli come frutto di un accordo politico-mafioso con il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro. La domanda finale investe uno dei nodi delle inchieste in corso: quell’accordo (e dunque l’accordo politico-mafioso, ove provato) costituisce favoreggiamento alla mafia, come già stabilito dalla Cassazione, oppure qualcosa di diverso e più grave?

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Raid israeliani: 18 palestinesi uccisi. (E nessuno interviene)







Incursioni nella Striscia di Gaza provocano vittime. Una quarantina di razzi e di colpi di mortaio nel Sud d'Israele.


GAZA - Nel terzo giorno di violenze fra Israele e Gaza, tre palestinesi sono stati uccisi nella Striscia dal fuoco israeliano e altri razzi sono stati sparati in direzione delle città israeliane di Ashdod e Ashqelon. Fonti palestinesi hanno identificato l'ultima vittima dei raid israeliani in Adel el-Hassi, 52 anni.
Da venerdì sono stati uccisi a Gaza 18 palestinesi mentre sul sud di Israele sono piovuti 120 razzi con una gittata di 40 chilometri. Adesso cresce il timore che le milizie palestinesi ricorranno anche a razzi con una gittata di 60-70 chilometri. Sulla identità degli ultimi uccisi a Gaza giungono versioni diverse. Secondo Israele si tratta di "miliziani impegnati nel lancio di razzi", come gli altri 15 dei giorni passati. Ma da Gaza fonti mediche precisano che una delle vittime era un bambino di dodici anni.
La tornata di violenze è iniziata venerdì con la esecuzione mirata da parte di Israele del leader dei Comitati di resistenza popolare (Crp), Zuheir al-Kaisy. Secondo Israele, l'uomo era in procinto di lanciare un attacco terroristico dal Sinai verso il Neghev, a nord di Eilat. Mentre Hamas ha assunto un atteggiamento attendista, la reazione armata alla sua uccisione è condotta dai Crp e dalla Jihad islamica, che hanno colpito con i loro razzi una vasta zona di Israele, compresa fra Beer Sheva e Ashdod. Decine di razzi sono stati tuttavia intercettati alla periferia di quelle città dal sistema di difesa israeliano Iron Dome. Nelle retrovie israeliane si teme che i miliziani palestinesi possano sparare adesso missili di tipo Fajr, capaci di raggiungere da Gaza la periferia meridionale di Tel Aviv.
Secondo informazioni stampa ancora non confermate, l'aviazione israeliana avrebbe già colpito oggi un deposito di Fajr. Nel sud di Israele resta elevato lo stato di allerta e 200 mila studenti hanno avuto ordine di restare nelle proprie abitazioni. Hamas, da parte sua, si è rivolto all'Egitto affinché faccia pressioni adeguate per fermare "l'aggressione israeliana". Espressioni di condanna ad Israele sono giunte nel frattempo anche dall'Anp di Abu Mazen.