Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 22 aprile 2012
Web e liste civiche, Berlusconi organizza il Pdl del dopo Berlusconi. Insieme a Dell’Utri.
Il cambio di strategia, discusso con il senatore e con Scajola, è legato all'accelerazione di Casini per il Partito della nazione. "Faremo una forza di azionariato popolare che impedirà che qualcuno possa dirsi proprietario", spiega Alfano. Si pensa anche a una Fondazione. Spazio alla società civile e alle liste "Forza tutto", offensiva sui social network.
Predellone o sarchiapone? Sarà davvero l’upgrade del Pdl, il tentativo di lanciare definitivamente i berlusconiani nel futuro? Oppure tutti, come ironizzano i detrattori di Alfano, si affannano per indovinare un’idea che per il momento è solo una creatura immaginaria, come Walter Chiari nel famoso sketch? La frenesia con la quale Pier Ferdinando Casini – che ha azzerato i vertici del suo partito, circondato per dire il vero da reazioni tiepide di Fli e Api – sta lavorando per erodere elettorato moderato al centrodestra pare aver acceso una miccia ai piedi di Angelino Alfano, costretto così a correre ai ripari e ad anticipare la mossa che altrimenti sarebbe stata resa nota solo dopo i ballottaggi. Ieri l’ha definita, in poche parole affiancate da molti superlativi, “la più grossa novità della politica italiana” che sarà accompagnata fino alle elezioni 2013 “dalla più innovativa campagna elettorale che il nostro Paese abbia conosciuto”.
Cambio di strategia. L’assaggio del restyling che verrà è stato obbligatorio innanzitutto per ridimensionare subito il “partito della Nazione” o comunque si chiamerà, soggetto che il segretario politico del Pdl ha infatti prontamente definito un prodotto stantio, “da naftalina”. E poi per spingere subito nel pantano il documento dei 29 di Beppe Pisanu, per i quali dal “nuovo” Popolo delle Libertà si avrà buon gioco a far passare come facce piombate dal passato remoto (l’altro primo firmatario del documento è Lamberto Dini) e che peraltro hanno registrato già un buon numero di distinguo pronunciati dai seguaci dell’ex ministro dell’Interno (un po’ come i finiani quando “scoprirono” che andare nel Fli voleva dire togliere l’appoggio al governo).
A questo si aggiunge, tra le tattiche del percorso verso le Politiche del prossimo anno, lo schiribizzo che ha portato Alfano a dire che i vertici collettivi di maggioranza a Palazzo Chigi lo hanno stufato ed è molto meglio proseguire il sostegno a Monti con incontri bilaterali. Sarà più facile spiegare tutto ai propri elettori, un giorno.
Gli organizzatori: Dell’Utri e Scajola. Non c’è solo il nome del partito sotto i ferri dei vertici del Pdl, sigla che al capo non è mai piaciuta. E non è solo Alfano a studiare il piano: lo stesso Silvio Berlusconi, dato per quasi certo un risultato deludente alle amministrative, ha rimesso insieme le energie migliori, quelle di cui si fida di più. Si intende, per esempio, l’intramontabile Marcello Dell’Utri: si sono incontrati ieri pomeriggio ad Arcore, dopo il processo Ruby. Un altro consulente, visto che la stella polare è lo “spirito del Novantaquattro”, è Claudio Scajola: il Cavaliere non lo ha visto, ma lo ha sentito per telefono. L’ex ministro pluridimissionario ha tanta voglia di tornare in prima linea, dopo essere stato in ombra per un po’.
Movimento più che partito. L’idea sarebbe quella di un movimento, più che di un partito. Una fondazione, un soggetto che – al tempo dei sondaggi che spalancano praterie di fronte a Beppe Grillo – allontani dagli elettori l’idea di partito come collettore di privilegi, anche liberandosi di qualche vecchio attrezzo all’ennesima legislatura.
Che anzi ricominci a parlare di un’economia più solidale (oggi stesso Alfano ha spedito di nuovo un messaggio al governo: “Basta tasse”), che magari dia anche qualche servizio gratuito agli affiliati (come l’Arci o l’Acli, come i sindacati) e che si faccia contaminare dalla società civile che per il nuovo Pdl potrebbe chiamarsi soprattutto mondo delle imprese. Anzi: dove gli iscritti sono anche soci. Del partito di plastica, insomma, gettata da tempo la plastica, se ne andrebbe anche il partito. La missione è far dimenticare tutto ciò che riguarda le vicende dell’ultimo governo (e non solo quelle del governo).
Quanto vale Montezemolo. Anche per questo Berlusconi ha incontrato Luca Cordero di Montezemolo, alcuni giorni fa. L’intesa con l’ex presidente di Confindustria potrebbe valere svariati punti percentuali, suggerisce qualche sondaggio. Tuttavia il risultato del faccia a faccia, al momento, non sembra un grande successo. “La strabiliante novità annunciata da Alfano e l’azzeramento delle cariche dell’Udc disposto da Casini non rappresentano un modo né serio né utile di rifondare l’area moderata e liberale della politica italiana, che non può realizzarsi solo attraverso la cooptazione di qualche tecnico o il cambiamento di un nome”, scrive in un editoriale ItaliaFutura, l’associazione presieduta dal presidente della Ferrari. La verità è che Montezemolo non si imbarcherà mai in un’avventura dove ci sia ancora Berlusconi.
La penetrazione sul territorio. La strategia politica passerà, inoltre, da una presenza più capillare del territorio. Ben oltre e ben meglio di quanto hanno fatto i Club delle Libertà inventati dalla Brambilla: si punta a una struttura snella, all’americana: un movimento in stile Tea Party, che protesti e discuta su alcuni argomenti ritenuti centrali, che poggi su comitati elettorali locali. Di nuovo lo “spirito del Novantaquattro”: perché Forza Italia è nata e cresciuta con i circoli.
Da qui le liste territoriali tornate al vecchio “Forza” (Forza Lecco, Forza Piacenza, Forza Emilia Romagna e via andando) sono più di un volano. E sono certo qualcosa di più di iniziative estemporanee: è un esperimento. L’obiettivo è presentarsi con il partitone nazionale affiancato da liste civiche locali che attirerebbero voti che il centrodestra potrebbe perdere.
Tutto questo con buona pace degli ex An, lo stato d’animo dei quali potrebbe essere riassunto daAltero Matteoli: “Il partito moderato c’è già ed è il Pdl” e quindi “non ne serve un altro” (e men che meno il partito della Nazione con Fini).
La campagna web. Infine la comunicazione. Lo “spirito del Novantaquattro”, ancora una volta. Se quasi vent’anni fa l’offensiva arrivò con “L’Italia è il Paese che amo” (incipit della videocassetta spedita ai tg) ora l’avanguardia è per forza di cose rappresentata dai social network: facebook e twitter (per i quali Alfano va pazzo). Su questo certo Berlusconi non può dire granché. Per il compito, oltre ad alcuni giovani del partito (Maria Rosaria Rossi, già nota per essere stata presente alle “cene eleganti”, e Roberto Gasparotti) e al gestore del sito del segretario Davide Tedesco, sarebbe già della partita anche Marco Montemagno: esperto di web 2.0, blog e evoluzione dei media, presidente e amministratore delegato di Blogosfere, consulente di aziende ed enti, è anche molto abile per eventi e presentazioni con una costante interazione con chi ascolta. Quanto a internet – per chi ha più di 70 anni – vale il discorso del Cavaliere e così è pronta l’offensiva tramite sms.
“Rinunciamo ai rimborsi”. Non sarà solo il nome, dunque, a occupare il lavoro di riverniciatura. “Faremo il primo movimento politico del tutto autofinanziato – si è lasciato scappare oggi durante un comizio Alfano – perché noi vivremo solo con il contributo volontario di chi vorrà finanziare le nostre idee, il nostro ideale politico, la nostra azione parlamentare”. Una “forza di azionariato popolare – ha proseguito – che impedirà che qualcuno possa dirsi proprietario”, una “una partecipazione diffusa senza che uno possa dire ‘E’ mio’”. In realtà c’è qualcuno che lo può ben dire, ancora oggi, e continuerà a poterlo dire nel “nuovo” partito. Quel qualcuno non è Alfano.
Cambio di strategia. L’assaggio del restyling che verrà è stato obbligatorio innanzitutto per ridimensionare subito il “partito della Nazione” o comunque si chiamerà, soggetto che il segretario politico del Pdl ha infatti prontamente definito un prodotto stantio, “da naftalina”. E poi per spingere subito nel pantano il documento dei 29 di Beppe Pisanu, per i quali dal “nuovo” Popolo delle Libertà si avrà buon gioco a far passare come facce piombate dal passato remoto (l’altro primo firmatario del documento è Lamberto Dini) e che peraltro hanno registrato già un buon numero di distinguo pronunciati dai seguaci dell’ex ministro dell’Interno (un po’ come i finiani quando “scoprirono” che andare nel Fli voleva dire togliere l’appoggio al governo).
A questo si aggiunge, tra le tattiche del percorso verso le Politiche del prossimo anno, lo schiribizzo che ha portato Alfano a dire che i vertici collettivi di maggioranza a Palazzo Chigi lo hanno stufato ed è molto meglio proseguire il sostegno a Monti con incontri bilaterali. Sarà più facile spiegare tutto ai propri elettori, un giorno.
Gli organizzatori: Dell’Utri e Scajola. Non c’è solo il nome del partito sotto i ferri dei vertici del Pdl, sigla che al capo non è mai piaciuta. E non è solo Alfano a studiare il piano: lo stesso Silvio Berlusconi, dato per quasi certo un risultato deludente alle amministrative, ha rimesso insieme le energie migliori, quelle di cui si fida di più. Si intende, per esempio, l’intramontabile Marcello Dell’Utri: si sono incontrati ieri pomeriggio ad Arcore, dopo il processo Ruby. Un altro consulente, visto che la stella polare è lo “spirito del Novantaquattro”, è Claudio Scajola: il Cavaliere non lo ha visto, ma lo ha sentito per telefono. L’ex ministro pluridimissionario ha tanta voglia di tornare in prima linea, dopo essere stato in ombra per un po’.
Movimento più che partito. L’idea sarebbe quella di un movimento, più che di un partito. Una fondazione, un soggetto che – al tempo dei sondaggi che spalancano praterie di fronte a Beppe Grillo – allontani dagli elettori l’idea di partito come collettore di privilegi, anche liberandosi di qualche vecchio attrezzo all’ennesima legislatura.
Che anzi ricominci a parlare di un’economia più solidale (oggi stesso Alfano ha spedito di nuovo un messaggio al governo: “Basta tasse”), che magari dia anche qualche servizio gratuito agli affiliati (come l’Arci o l’Acli, come i sindacati) e che si faccia contaminare dalla società civile che per il nuovo Pdl potrebbe chiamarsi soprattutto mondo delle imprese. Anzi: dove gli iscritti sono anche soci. Del partito di plastica, insomma, gettata da tempo la plastica, se ne andrebbe anche il partito. La missione è far dimenticare tutto ciò che riguarda le vicende dell’ultimo governo (e non solo quelle del governo).
Quanto vale Montezemolo. Anche per questo Berlusconi ha incontrato Luca Cordero di Montezemolo, alcuni giorni fa. L’intesa con l’ex presidente di Confindustria potrebbe valere svariati punti percentuali, suggerisce qualche sondaggio. Tuttavia il risultato del faccia a faccia, al momento, non sembra un grande successo. “La strabiliante novità annunciata da Alfano e l’azzeramento delle cariche dell’Udc disposto da Casini non rappresentano un modo né serio né utile di rifondare l’area moderata e liberale della politica italiana, che non può realizzarsi solo attraverso la cooptazione di qualche tecnico o il cambiamento di un nome”, scrive in un editoriale ItaliaFutura, l’associazione presieduta dal presidente della Ferrari. La verità è che Montezemolo non si imbarcherà mai in un’avventura dove ci sia ancora Berlusconi.
La penetrazione sul territorio. La strategia politica passerà, inoltre, da una presenza più capillare del territorio. Ben oltre e ben meglio di quanto hanno fatto i Club delle Libertà inventati dalla Brambilla: si punta a una struttura snella, all’americana: un movimento in stile Tea Party, che protesti e discuta su alcuni argomenti ritenuti centrali, che poggi su comitati elettorali locali. Di nuovo lo “spirito del Novantaquattro”: perché Forza Italia è nata e cresciuta con i circoli.
Da qui le liste territoriali tornate al vecchio “Forza” (Forza Lecco, Forza Piacenza, Forza Emilia Romagna e via andando) sono più di un volano. E sono certo qualcosa di più di iniziative estemporanee: è un esperimento. L’obiettivo è presentarsi con il partitone nazionale affiancato da liste civiche locali che attirerebbero voti che il centrodestra potrebbe perdere.
Tutto questo con buona pace degli ex An, lo stato d’animo dei quali potrebbe essere riassunto daAltero Matteoli: “Il partito moderato c’è già ed è il Pdl” e quindi “non ne serve un altro” (e men che meno il partito della Nazione con Fini).
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“Rinunciamo ai rimborsi”. Non sarà solo il nome, dunque, a occupare il lavoro di riverniciatura. “Faremo il primo movimento politico del tutto autofinanziato – si è lasciato scappare oggi durante un comizio Alfano – perché noi vivremo solo con il contributo volontario di chi vorrà finanziare le nostre idee, il nostro ideale politico, la nostra azione parlamentare”. Una “forza di azionariato popolare – ha proseguito – che impedirà che qualcuno possa dirsi proprietario”, una “una partecipazione diffusa senza che uno possa dire ‘E’ mio’”. In realtà c’è qualcuno che lo può ben dire, ancora oggi, e continuerà a poterlo dire nel “nuovo” partito. Quel qualcuno non è Alfano.
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sabato 21 aprile 2012
Soldi nostri. - Massimo Gramellini.
Dice Bossi: quei soldi erano nostri, potevamo farci quel che ci pareva, anche buttarli dalla finestra. Se era un tentativo di migliorare la posizione della Lega agli occhi degli elettori, temo non gli sia riuscito troppo bene. La sua frase rivela semmai lo spirito della Casta e il morbo che ha devastato il rapporto fra partiti e cittadini. Quei soldi, signor Bossi, non sono vostri. Sono nostri. Dei contribuenti che li hanno versati attraverso le tasse, spremendoli dal frutto del proprio lavoro. Sono un prestito che facciamo alla politica e che la politica è tenuta a restituirci con le sue opere e a documentarci con rendiconti precisi. Essendo soldi nostri, non solo ci interessa sapere come li spendete, ma saperlo è un nostro diritto. Altro che buttarli dalla finestra o negli stravizi del Trota. In fondo è la stessa forma di rispetto che pretendiamo dal dipendente pubblico, quando allo sportello ci tratta da postulanti. Ma come si permette? Siamo noi a pagargli lo stipendio, perciò deve mettersi al nostro servizio: persino quando siamo insopportabili (a volte lo siamo anche noi). Così almeno diceva mio padre, impiegato statale. È incredibile, ma forse no, come la Lega abbia mutuato dalla burocrazia di Roma ladrona i difetti che canzonava nei comizi delle origini. La visione proprietaria del bene pubblico e dei fondi della comunità. Quel pensiero molto italiano che ciò che è dello Stato non appartenga a nessuno e quindi chiunque ne possa approfittare. Invece appartiene a tutti: impariamo a difenderlo dai Bossi di oggi e possibilmente anche da quelli di domani. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41 | |
Nuovo partito di centro, l'Udc azzera i vertici. Alfano: "La vera rivoluzione la faremo noi"
Il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa (ansa)
Il segretario del Pdl promette grandi sorprese dopo le amministrative: "Io e Berlusconi annunceremo la più grossa novità che cambierà il corso della politica". Primo passo del partito di Casini verso la nascita di una grande formazione moderata: "Superare la frattura tra tecnici e politici".
ROMA - L'Udc cambia pelle e inizia il suo viaggio verso il Partito della nazione. Il segretario Lorenzo Cesa ha lanciato oggi i lavori della costituente di centro chiedendo subito l'azzeramento dei vertici del partito per "creare una struttura snella". "Si chiede un atto di generosità per il bene del Paese", ha detto Cesa. "Abbiamo azzerato i vertici del partito perché occorre dare un esempio e fare un gesto di generosità con l'obiettivo di dare vita a un nuovo contenitore, con i cattolici, i laici, i riformisti, i liberali e per tutte le persone di buon senso che vogliono rimettere al centro della politica le persone". "Questa - ha aggiunto - è un'avventura che faremo insieme al resto del Terzo polo e al mondo dell'associazionismo che è presente nel Paese".
Tra i primi interlocutori individuati dall'Udc per compiere questo nuovo percorso che si dovrebbe concludere con la nuova formazione centrista provvisoriamente chiamata Partito della nazione, l'ex ministro dell'Interno Beppe Pisanu. "E' sulla nostra lunghezza d'onda", e con la sua iniziativa, ha sottolineato Cesa, può risultare interessato al progetto. L'ambizione dei futuri ex Udc è però molto più vasta. "Il Paese - ha sottolineato Cesa - ha bisogno di un grande partito di centro. Subito dopo le elezioni amministrative, probabilmente l'8 o il 9 maggio, l'Udc convocherà una direzione nazionale per sciogliere il partito e farne nascere un altro. E a settembre lanceremo il nuovo soggetto". A giugno, molto probabilmente a Todi, ci sarà un'iniziativa con tutte le forze politiche e della società civile che vogliono partecipare.
"Abbiamo a lungo sfidato l'isolamento, ma, alla fine, i fatti ci hanno dato ragione ed oggi non si tratta di sentirsi appagati ma di attrezzarci ad una impresa più ambiziosa ed alta", ha puntualizzato Pierferdinando Casini. "Un movimento plurale - ha proseguito - che sappia riunire il meglio della società italiana, che superi la frattura tra tecnici e politici, tra sindacalisti e imprenditori, che parli all'Europa un linguaggio nuovo ed esprima agli italiani un'esigenza di pacificazione nazionale".
Quanto al congresso, Cesa ha chiarito che sarà la direzione di maggio a decidere la data: "Io spero che il congresso sia il prima possibile, magari anche a giugno". Quanto al nome, fa capire che partito della nazione non è quello definitivo. "Decideremo insieme" alle altre forze del terzo polo, ossia fli ed api: "quando si mette su una squadra si decide tutti insieme". Quanto ai soggetti che potrebbero aderire, il segretario Udc ha spiegato: "Siamo aperti a tutte le forze moderate, cattoliche, liberali, riformiste e laiche. Metteremo insieme tutte le persone di buonsenso per rimettere al centro della politica la persona". La chiamata, ha concluso, è "per il Pdl, il Pd e tutto il mondo dell'associazionismo del paese".
Il Popolo della Libertà al momento non sembra interessato, o quanto meno non lo è il suo attuale vertice. "Se il destino dei moderati italiani dovesse dipendere dall'incontro tra Fini, Casini e Rutelli, riuniti nella stanza del presidente della Camera, non credo sarebbe un grande destino", commenta con sarcasmo il segretario Angelino Alfano. "Una stanza - dice ancora Alfano - che non profuma di aria fresca, ma sa di naftalina lontano un miglio". "Subito dopo il balllottaggio delle amministrative - promette invece il segretario del Pdl - io e Berlusconi annunceremo la più grossa novità della politica italiana che cambierà il corso della politica italiana nei prossimi anni e sarà accompagnata dalla più innovativa campagna elettorale che la politica italiana abbia avuto dalla discesa in campo di Berlusconi del 1994".
Resta invece in sospeso il destino di Luca Cordero di Montezemolo. Indicato a lungo come il vero animatore del nuovo centro moderato, indiscrezioni trapelate ieri danno invece l'ex presidente dei Confindustria in approdo al Pdl. "Speriamo che arrivi in politica, sarebbe un segno positivo", replica Cesa. "Se vuole stare con Berlusconi o con noi lo deciderà lui".
Tra i primi interlocutori individuati dall'Udc per compiere questo nuovo percorso che si dovrebbe concludere con la nuova formazione centrista provvisoriamente chiamata Partito della nazione, l'ex ministro dell'Interno Beppe Pisanu. "E' sulla nostra lunghezza d'onda", e con la sua iniziativa, ha sottolineato Cesa, può risultare interessato al progetto. L'ambizione dei futuri ex Udc è però molto più vasta. "Il Paese - ha sottolineato Cesa - ha bisogno di un grande partito di centro. Subito dopo le elezioni amministrative, probabilmente l'8 o il 9 maggio, l'Udc convocherà una direzione nazionale per sciogliere il partito e farne nascere un altro. E a settembre lanceremo il nuovo soggetto". A giugno, molto probabilmente a Todi, ci sarà un'iniziativa con tutte le forze politiche e della società civile che vogliono partecipare.
"Abbiamo a lungo sfidato l'isolamento, ma, alla fine, i fatti ci hanno dato ragione ed oggi non si tratta di sentirsi appagati ma di attrezzarci ad una impresa più ambiziosa ed alta", ha puntualizzato Pierferdinando Casini. "Un movimento plurale - ha proseguito - che sappia riunire il meglio della società italiana, che superi la frattura tra tecnici e politici, tra sindacalisti e imprenditori, che parli all'Europa un linguaggio nuovo ed esprima agli italiani un'esigenza di pacificazione nazionale".
Quanto al congresso, Cesa ha chiarito che sarà la direzione di maggio a decidere la data: "Io spero che il congresso sia il prima possibile, magari anche a giugno". Quanto al nome, fa capire che partito della nazione non è quello definitivo. "Decideremo insieme" alle altre forze del terzo polo, ossia fli ed api: "quando si mette su una squadra si decide tutti insieme". Quanto ai soggetti che potrebbero aderire, il segretario Udc ha spiegato: "Siamo aperti a tutte le forze moderate, cattoliche, liberali, riformiste e laiche. Metteremo insieme tutte le persone di buonsenso per rimettere al centro della politica la persona". La chiamata, ha concluso, è "per il Pdl, il Pd e tutto il mondo dell'associazionismo del paese".
Il Popolo della Libertà al momento non sembra interessato, o quanto meno non lo è il suo attuale vertice. "Se il destino dei moderati italiani dovesse dipendere dall'incontro tra Fini, Casini e Rutelli, riuniti nella stanza del presidente della Camera, non credo sarebbe un grande destino", commenta con sarcasmo il segretario Angelino Alfano. "Una stanza - dice ancora Alfano - che non profuma di aria fresca, ma sa di naftalina lontano un miglio". "Subito dopo il balllottaggio delle amministrative - promette invece il segretario del Pdl - io e Berlusconi annunceremo la più grossa novità della politica italiana che cambierà il corso della politica italiana nei prossimi anni e sarà accompagnata dalla più innovativa campagna elettorale che la politica italiana abbia avuto dalla discesa in campo di Berlusconi del 1994".
Resta invece in sospeso il destino di Luca Cordero di Montezemolo. Indicato a lungo come il vero animatore del nuovo centro moderato, indiscrezioni trapelate ieri danno invece l'ex presidente dei Confindustria in approdo al Pdl. "Speriamo che arrivi in politica, sarebbe un segno positivo", replica Cesa. "Se vuole stare con Berlusconi o con noi lo deciderà lui".
Genova, i 5 Stelle possono costare cari a Doria. Scontro sul fronte delle grandi opere. - di Matteo Muzio
L'outsider uscito vincitore dalle primarie del centrosinistra è favorito, ma i grillini conterebbero su un 5 per cento determinante sull'esito del primo turno. L'opposizione alla Gronda autostradale e al Terzo valico ferroviario potrebbe favorirli.
La campagna elettorale del capoluogo ligure fino a questo punto è stata sonnacchiosa. Come se i contendenti fossero rassegnati all’elezione di Marco Doria, favorito da un centrodestra diviso tra più candidati. Ma per lui potrebbe esserci una difficoltà in più. Un ostacolo che diventa ogni giorno più serio: il Movimento 5 Stelle. Ne sanno qualcosa Giuliano Pisapia e Mercedes Bresso: se il primo, costretto al ballottaggio ma infine vittorioso, è stato fortunato, lo stesso non si può dire della presidente piemontese sconfitta per pochi voti da Roberto Cota. E anche Doria adesso rischia molto per la questione delle grandi opere, il Terzo Valico ferroviario e la Gronda autostradale di Ponente.
Partito da una posizione di totale contrarietà alla Gronda, tanto da dire “per l’opera bisogna pensare all’opzione zero” durante la campagna per le primarie in gennaio, adesso la sua posizione, su pressione di un Pd fortemente favorevole, è diventata più sfumata e nel programma definitivo si dice: “Valuteremo se ci sono le condizioni per considerare l’opera opportuna e compatibile e questo lo si potrà dire solo sulla base degli elementi certi che avremo rispetto alle esigenze della mobilità della città”.
Per Paolo Putti, educatore presso una cooperativa, ex leader dei No Gronda residente nel quartiere di Murta, zona interessata da entrambi i cantieri, quest’affermazione non è affatto una garanzia: “Non dubito della buona fede di Doria, ma con la coalizione che lo supporta, anche un’eventuale sua opposizione verrebbe ribaltata dal consiglio comunale, con un voto favorevole di Pd e Pdl. Noi non abbiamo di questi problemi, dato che diciamo chiaramente che sia la Gronda che il Terzo Valico sono opere inutili e dannose e che farebbero passare 500 camion al giorno in Val Polcevera pieni di materiale di risulta”.
I soldi, continua Putti, potrebbero essere spesi molto più proficuamente per la mobilità e il trasporto pubblico, soprattutto in Val Polcevera: “I pendolari in questi anni hanno subito dei tagli notevoli e con i soldi che si spenderebbero per le due infrastrutture si finanzierebbero non solo autobus e treni per i pendolari, ma anche un miglioramento delle strutture sanitarie, di cui il Ponente ha molto bisogno, avendo al momento pochissimi presidi sanitari e s’introdurrebbe la raccolta differenziata porta a porta”.
Beppe Grillo, durante il suo comizio elettorale in Piazza San Lorenzo, è stato più tranchant, partendo con un chiaro riferimento: “La Gronda la facciamo sì, ma ecologica. Il Terzo Valico lo facciamo sì, ma non si vede”. E se dopo lo spettacolo ha aggiunto: “Doria è una persona seria e perbene, sì, non discuto di questo. Ma non ha un progetto. La prima cosa che ha detto dopo la sua candidatura è: sono contro l’antipolitica. Ma chi te l’ha chiesto?”. Nell’ultimo sondaggio, pubblicato dal candidato del Terzo Polo Enrico Musso, Doria è al 47% e Musso al 23%. Il Movimento 5 Stelle è al 5%, a un’incollatura dal candidato leghista Edoardo Rixi, fermo al 5,4%. E, c’è da scommetterci, la maggior parte dei voti arriverranno dalla Val Polcevera, la zona di Genova interessata dai due cantieri e storico feudo del centrosinistra. Fino ad oggi, perlomeno.
Partito da una posizione di totale contrarietà alla Gronda, tanto da dire “per l’opera bisogna pensare all’opzione zero” durante la campagna per le primarie in gennaio, adesso la sua posizione, su pressione di un Pd fortemente favorevole, è diventata più sfumata e nel programma definitivo si dice: “Valuteremo se ci sono le condizioni per considerare l’opera opportuna e compatibile e questo lo si potrà dire solo sulla base degli elementi certi che avremo rispetto alle esigenze della mobilità della città”.
Per Paolo Putti, educatore presso una cooperativa, ex leader dei No Gronda residente nel quartiere di Murta, zona interessata da entrambi i cantieri, quest’affermazione non è affatto una garanzia: “Non dubito della buona fede di Doria, ma con la coalizione che lo supporta, anche un’eventuale sua opposizione verrebbe ribaltata dal consiglio comunale, con un voto favorevole di Pd e Pdl. Noi non abbiamo di questi problemi, dato che diciamo chiaramente che sia la Gronda che il Terzo Valico sono opere inutili e dannose e che farebbero passare 500 camion al giorno in Val Polcevera pieni di materiale di risulta”.
I soldi, continua Putti, potrebbero essere spesi molto più proficuamente per la mobilità e il trasporto pubblico, soprattutto in Val Polcevera: “I pendolari in questi anni hanno subito dei tagli notevoli e con i soldi che si spenderebbero per le due infrastrutture si finanzierebbero non solo autobus e treni per i pendolari, ma anche un miglioramento delle strutture sanitarie, di cui il Ponente ha molto bisogno, avendo al momento pochissimi presidi sanitari e s’introdurrebbe la raccolta differenziata porta a porta”.
Beppe Grillo, durante il suo comizio elettorale in Piazza San Lorenzo, è stato più tranchant, partendo con un chiaro riferimento: “La Gronda la facciamo sì, ma ecologica. Il Terzo Valico lo facciamo sì, ma non si vede”. E se dopo lo spettacolo ha aggiunto: “Doria è una persona seria e perbene, sì, non discuto di questo. Ma non ha un progetto. La prima cosa che ha detto dopo la sua candidatura è: sono contro l’antipolitica. Ma chi te l’ha chiesto?”. Nell’ultimo sondaggio, pubblicato dal candidato del Terzo Polo Enrico Musso, Doria è al 47% e Musso al 23%. Il Movimento 5 Stelle è al 5%, a un’incollatura dal candidato leghista Edoardo Rixi, fermo al 5,4%. E, c’è da scommetterci, la maggior parte dei voti arriverranno dalla Val Polcevera, la zona di Genova interessata dai due cantieri e storico feudo del centrosinistra. Fino ad oggi, perlomeno.
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Leggi anche il commento a caldo su FB di Giuseppe Bruzzone.
Genova - Oltre 250 mila genovesi rischiano di respirare polveri di amianto a causa dei lavori della Gronda autostradale di Ponente. La denuncia arriva dal comitato “No Gronda” nel ricorso al Tar presentato questa mattina a Genova nello studio dell’avvocato Daniele Granara.
La prevista costruzione da parte di Società Autostrade della galleria autostradale, dal diametro di scavo più grande al mondo, secondo il comitato, « porterebbe in superficie 18 milioni di tonnellate di rocce potenzialmente amiantifere».
«Un rischio di inquinamento atmosferico enorme per otto anni di lavori ipotizzati», denuncia il comitato, secondo cui «la zona più a rischio sarebbe il quartiere di Genova Bolzaneto, dove sono previsti un impianto e un’area di classificazione e stoccaggio delle rocce scavate».
Aggiungo una puntualizzazione della mia amica Rosita . Precisiamo. 250.000 un accidenti, se consideriamo che nella Val Polcevera vengono tutti a sollazzarsi all'Ikea ed alla Fiumara per non parlar del resto, che la centrale del latte è piazzata in mezzo ai cantieri e che il mercato ortofrutticolo ne è addirittura circondato. A questo aggiungi che i camions circoleranno per tutta la città fino a Sori per depositare i veleni prelevati dalle montagne amiantifere che hanno deciso di stuprare, che chi lavora in Valpolcevera porterà a casa la polverina micidiale depositata su auto ed abiti. Vogliamo invitare le vittime passate presenti e future di Casale Monferrato o ce la facciamo a documentarci da soli?
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