lunedì 21 maggio 2012

Due eroi.



Sono sempre più convinta che questi due eroi non siano stati uccisi dalla mafia, ma da chi con la mafia fa affari.


Commento di Salvatore Latorre:


Il Falcone emise un MANDATO di CATTURA INTERNAZIONALE per un PESCIOLONE ENORME..il ROSARIO GAMBINO..della famiglia GAMBINO (delle tante) che, oltre oceano, ha SOLIDI SPAZO nelle ISTITUZIONI ai livelli piu' ALTI (Corte Suprema)....detto MANDATO mai VENNE ONORATO ed oltre oceano decisero che ROSARIO doveva stare in CARCERE negli STATI Uniti..il ROSARIO era nella PIZZA CONNECTION.......la FARSA del suo recente rimpatrio in occasione della COMMEMORAZIONE delle STRAGI (Capaci e Via D'Amelio), e' un altro MESSAGGIO ben chiaro da chi veramente E' AL GUINZAGLIO di una POTENTISSIMA HOLDING..che ha mostrato Coppola, Lupara e Cannoli per DISTRARRE i MEDIA **del MONDO** sul loro vero potenziale e livello di INFILTRAZIONE.......


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E' arrivato il momento di cacciare i mercanti dal tempio.



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QUEL GRAN “TERUN” DELL’UMBERTO BOSSI.- Pongo


Innanzitutto due premesse: pur usando il termine “terrone” in senso diciamo ironico, sono convinto che, aldilà dei  problemi  secolari tragici e pesantissimi a livello sociale e politico come la mafia, la disoccupazione spaventosa, la frequente malgestione economica, ecc.,  il Meridione italiano ha aspetti meravigliosi, culturalmente, come tradizioni, gastronomia, bellezze naturali ed anche un senso della vita che fa molto bene all’anima.  Ogni tanto, io milanese, vorrei andare a vivere per qualche periodo in Meridione. Seconda premessa: ormai quasi sempre la realtà supera la fantasia. Infatti circa  vent’anni fa, in un programma tv di Funari , “Zona Franca” io  accoglievo ironicamente in musica l’ospite politico di ogni puntata con un ritornello buffo. Quel giorno venne Bossi, un Bossi cinquantenne, forte, convinto, energico e lombardo ed io,  me lo ricordo ancora, gli cantai:
“Adora ‘u pisce spada / cime di rape per contorno / vorrebbe essere il capo / della Cassa del Mezzogiorno / San  Gennaro e San Nicola / tutti quanti si son mossi / mandolini per Umberto Bossi”.
Lui rise di gusto con Funari. Ora, a parte il fatto che l’Umberto è nato il 19 settembre, ovvero San Gennaro,  il resto della sua storia ha dimostrato quanto sia  incredibilmente  un VERO  TERRONE.  In senso chiaramente e ironicamente (forse mica tanto) spregiativo. Da giovane Bossi era precario e senza lavoro:  si sposò nel 1979 con la prima moglie Gigliola Guidali senza avere un lavoro. Ogni mattina, dice l’ex-consorte,  lui usciva di casa dicendo: “Vado a lavorare in ospedale…”  cosa mai accaduta e con  la laurea inesistente, quindi bugiardo. La questione del titolo di studio, da TERRONI ignoranti che non han studiato, è sempre stata  importante per la famiglia Bossi: per Umberto, come detto, niente laurea ma ben tre feste come neo-dottore in medicina (ho anche un’amica che tanti anni fa partecipò ad una delle tre). Per il primogenito Riccardo, ormai 33enne, mancano ancora una decina di esami per ottenerla (ci riuscirà?) e del Renzo-Trota, pluribocciato alla maturità e la sua laurea albanese, stendiamo un velo pietoso. Inoltre sempre da VERI  TERRONI  i Bossi han sistemato ovunque membri della famiglia con lauti stipendi istituzionali italiani e non padani: il fratello di Umberto, Franco Bossi con diploma di media inferiore, ebbe posto di Assistente Parlamentare cioè portaborse, dal 2004 al 2009, per l’europarlamentare Matteo Salvini e stessa cosa per il primogenito Riccardo Bossi portaborse di Franceso Speroni, il tutto con stipendi mensili non da operaio metalmeccanico. Pietà anche per la vera terrona siciliana Manuela Marrone, seconda moglie, insegnante e baby-pensionata (evidentemente allora si poteva però è una terronata) ma non per stare in pensione ma per fondare nel 1998 a Varese la sua scuola privata Bosina, finanziata nel 2010 con soldi statali per 800 mila euro (molte scuole statali non han soldi per la carta igienica) più altri consistenti introiti elargiti recentemente dal tesoriere della Lega.
Sempre da VERI  TERRONI  i pagamenti ancora da parte della Lega al Trota attraverso il suo autista e guardaspalle Alessandro Marmello, di cui  sappiamo e abbiamo  visto i filmati in auto, stile candid-camera, ed anche al figlio Riccardo,  fiumi di soldi  per acquistare e noleggiare macchine, rally, dentisti, rette universitarie, affitti di case, ristoranti e benzina, ristrutturazione della casa di Gemonio e chissà ancora che altro.  Non parliamo solo di soldi e ricordiamo i comportamenti intransigenti  del Senatur- terùn: solo  lui ha sempre deciso, come un BOSS-TERRONE, chi rimaneva e chi era da allontanare dalla Lega, ad esempio il professor Gianfranco Miglio (e senza il minimo dubbio e contestazione  promosse il figlio Trota ai massimi livelli nella Lega, che l’ho sentito parlare nelle interviste è una cosa vergognosa).
Penso si potrebbe andare avanti all’infinito e la magistratura verificherà tutto, però l’impressione è che i Bossi siano proprio dei VERI  TERRONI. E da bravo terrone il Trota-Renzo dove se ne va in vacanza? In Marocco. Minchia, che Terùn!!!

Brindisi: La nuova strategia della tensione. - di Domenico Valter Rizzo


Le immagini di Brindisi riaprono un incubo e non è quello di Capaci e via D’amelio, bensì un incubo più antico: è lo spettro della Stazione di Bologna, quello di Piazza Fontana che si materializza di nuovo.
L’attentato di Brindisi non ha nulla a che vedere con le strategia mafiose degli anni ’90, appare invece sempre più legato da un filo, che pareva spezzato, alla stagione eversiva che ha segnato la storia della Repubblica sin dalle sue origini. Le organizzazioni criminali, quelle pugliesi o quelle che su quel territorio hanno una qualche presenza, possono certamente aver svolto un ruolo nell’esecuzione dell’attentato, ma non possono averlo ideato e non ne traggono alcun beneficio. L’Italia è un paese nel quale storicamente alcune organizzazioni criminali hanno svolto il ruolo di “agenzie” al servizio di un potere che per semplicità abbiamo definito “occulto”.
Le mafie non hanno mai colpito nel mucchio. Le loro azioni stragiste sono sempre state mirate, soprattutto sono state sempre facilmente identificabili, perché un’azione mafiosa è efficace solo se l’attribuzione all’organizzazione stessa è palese. Così è stato in Sicilia, così è stato in Calabria, dove le bombe la ‘ndrangheta le ha messe contro obiettivi simbolici come il Palazzo di Giustizia. La mafia non rivendica come le Br o i Nar, ma lascia una firma inconfondibile, necessaria per ribadire il suo potere.
Un’azione che punta ad una strage – lo ha ribadito in queste ore il capo della Polizia, Manganelli – colpendo un obiettivo assolutamente indifferenziato, non rientra nel modo di operare né delle mafie e neppure delle organizzazioni terroristiche, come le BR o i gruppi anarco-insurrezionalisti. La mafia siciliana a sua volta non ha un gruppo dirigente capace di ideare e organizzare un attentato di questo livello. La pista legata alle mafie, indicata con faciloneria da osservatori a caccia di scontati collegamenti, appare dunque inconsistente. La storia del Paese è segnata da altre azioni stragiste di matrice oscura: stragi “mascariate”, che hanno punti di assoluto contatto con quanto è avvenuto a Brindisi.
Se non siamo dunque di fronte a un’azione mafiosa, siamo di fronte a qualcosa di ancora più pericoloso. Siamo di fronte all’avvio di una nuova stagione di strategia della tensione. Le vittima cercate erano palesemente maggiori; il soggetto: giovani adolescenti; il luogo: una scuola periferica di una cittadina di provincia. Sono tutti elementi che lanciano al Paese un messaggio di terrore assoluto:nessuno, in nessun luogo può sentirsi al sicuro.
L’obiettivo dei “bastardi”, così li ha giustamente definiti il sindaco di Brindisi, che hanno ammazzato Melissa e ridotto in fin di vita Veronica e ferito decine di altri ragazzi innocenti, è scatenare la paura, il terrore, l’angoscia. Il risultato da raggiungere è come sempre riflesso d’ordine, una contrazione della democrazia, una paura che giustifichi e persino chieda un restringimento delle sedi di decisioni, che tagli radicalmente la democrazia. Il progetto dei nuovi registi della strategia della tensione è, come allora, la costituzione di un potere oligarchico, autoritario. La crisi economica devastante, il terrore, sono due ingredienti essenziali per chi persegue questo disegno, ingredienti che possono, assai più rapidamente di quanto si possa credere, fare saltare il sistema democratico che conosciamo, trasformandolo in un sistema oligarchico nel quale resti in piedi solo una vuota democrazia formale. Un progetto vecchio, che l’Italia ben conosce, che ha contrastato pagando prezzi durissimi. La domanda che l’attentato di Brindisi ci pone in maniera feroce è una sola: questo Paese oggi è ancora in grado di difendersi da questo pericolo? Siamo di fronte solo alla prima prova e purtroppo dovremo aspettarci mesi duri, mesi di sangue e di paura. E in questa stagione siamo, purtroppo, tutti troppo deboli.  

Il Deficiente del Senato.


Schif...ani

"Credevo che in una giornata come questa il Paese potesse dimostrare di essere unito" … 
[L’improbabile presidente del Senato, schifani.]

Ha espresso così il disappunto per i fischi ricevuti dall’Inno Nazionale, che ha preceduto la disputa della finale di Coppa Italia Napoli – Juventus, allo stadio Olimpico.

Perché l’idiozia del nostro paese è ormai consolidata al punto di essere tradizione, uso e costume. Un giorno verrà scritta anche sui libri di storia, e non sarà difficile datare la nascita del periodo che magari chiameremo “L’assurdismo”.

Che peccato, signor Deficiente del Senato, non aver colto l’occasione per tacere! Se solo avesse attivato il cervello prima di dar fiato alle fauci avrebbe ricordato come il paese si è immediatamente unito dopo l’omicidio di Brindisi. In tante città di questo paese che si conserva nonostante voi, la gente è scesa per strada a manifestare contro la violenza e contro la criminalità – anche la vostra. Migliaia di cittadini hanno camminato in silenzio per commemorare la vita di una ragazza, sprecata in nome di chissà cosa. Molti altri, nel chiuso delle proprie esistenze hanno trascinato passi stanchi, guardando fuori dalla finestra, come se dal mare potesse arrivare la risposta che stanno cercando, sul senso delle cose, anche le più orribili, quelle che una risposta non l’avranno mai.

Ma vi è ignoto il silenzio, vi è distante il rispetto, siete ormai pregni della vostra arroganza che vi proibisce di comprendere come ancora tra noi – gente normale – ci sia chi non è disposto a indietreggiare.

C’è stato un terremoto, signor Deficiente! Noi lo sappiamo, ce lo diciamo, ce lo raccontiamo. Noi non ridiamo. Non ci freghiamo le mani fiutando l’affare che verrà. Nemmeno voi, in vero, ora che non c’è speranza di vedere il danaro correre a fiumi, dato che non ce n’è, ora che ve lo siete rubato tutto. Noi siamo uniti, a volte anche nel silenzio che rispetta le cose che si possono tacere, come il dolore, non solo per la perdita delle vite umane, ma anche dei pezzi di storia cancellati dalla furia della terra, che si ribella anche lei.

Noi siamo uniti, perché sappiamo che – terremoto! Governo ladro!

Trema la terra, piove, tira vento, scorreggia una formica e la storia se ne va, e sparisce per colpa vostra che non avete investito, che non avete messo in sicurezza i territori, che avete fatto in modo di lasciare che le mafie se li spartissero. Voi che avete lucrato sul cemento, sulle strade impossibili da realizzare, sulle montagne da scavare, sui rifiuti da seppellire.

Il popolo pensante per fortuna è ancora unito, e non lo avrete mai, signor Deficiente del Senato. Siamo uniti del silenzio che ci rigenera, che ci lascia a pensare, che ci impone di ignorare una partita di pallone, sedativo naturale per un popolo da domare.

Se è stato fischiato in uno stadio, pensi un po’ che accoglienza se mai le venisse in testa di andare a fare l’avvoltoio in Emilia, o a Brindisi, o dove la vita arranca sempre più accanita e stanca.

Io, per esempio, le sputerei in faccia.

Rita Pani (APOLIDE)

La figlia di Cammarata sposa un Migliore. Nozze con il sit-in dei cassaintegrati.



Ad attendere la sposa in chiesa non c’era soltanto lo sposo. Fuori da Santa Maria della Catena, tra corso Vittorio Emanuele e la Cala, presenti più di venti ex dipendenti di Migliore. Il matrimonio è quello di Serena Cammarata, figlia dell’ex sindaco di Palermo e Beppe Migliore, attuale amministratore delegato dell’azienda che ha chiuso i battenti sia a Palermo che a Trapani.
“La nostra è una protesta pacifica – ha detto Maurizio Di Salvo, che ha lavorato per il gruppo per ventotto anni – non vogliamo rovinare questa giornata a nessuno, ma ci tenevamo a guardare il nostro titolare negli occhi. Siamo 269 persone finite per strada, con stipendi arretrati e cassa integrazione bloccata. Qui con me ci sono colleghi che lavoravano per Migliore da più di trent’anni, ci sentiamo abbandonati”.
“I miei colleghi hanno venduto l’oro di famiglia – continua - pur di sopravvivvere. E sull’amministrazione straordinaria sappiamo ancora poco e temiamo passi troppo tempo”. All’interno della chiesa, mentre si celebra il matrimonio, ci sono alcuni dipendenti che sono stati ufficialmente invitati. Chi è in strada ha invece lo sguardo della disperazione, dice di essere felice per la coppia, ma di non essere più in grado di gioire per la propria vita: “Come dovrei vedere il futuro della mia famiglia? – si chiede Mario, un altro ex lavoratore dell’azienda – siamo qui sperando che ci venga detto qualcosa, sperando di essere quantomeno rassicurati”. E invece, nel giorno più bello della vita della coppia, non c’è stato spazio né per la protesta, né per le richieste.


http://www.livesicilia.it/2012/05/19/beppe-migliore-si-sposa-e-i-dipendenti-protestano-in-silenzio/